
A meno di mezz’ora dalla fine, l’Everton stava perdendo in casa 0-1 con il Lione. Fekir su rigore. Frustrati forse da un inizio di campionato al di sotto delle aspettative, i giocatori dell’Everton hanno perso il controllo e se la sono presa con quelli del Lione. Cominciamo col dire che, all’inizio del casino scoppiato a un passo dalla tribuna del Goodison Park, c’è Ashley Williams, capitano dell’Everton e della Nazionale del Galles, che aveva torto marcio.
Williams, che comunque ha 33 anni, un'età in cui di solito si ha smesso da tempo di litigare giocando a calcio, ha spinto il portiere portoghese, Antonhy Lopes, dopo che era saltato intercettando una palla vagante, che Williams non avrebbe mai potuto prendere. Williams lo ha spinto infastidito per il semplice fatto che Lopes stesse facendo il suo lavoro. Una provocazione troppo plateale per restare impunita, ma quando i giocatori del Lione sono venuti a confrontarsi con lui, Williams non ha abbozzato. Secondo il Guardian sono stati coinvolti “approssimativamente 20 giocatori”.
I riflettori, o meglio i social network, se li è presi però un tifoso dell’Everton. Quello che ha colpito Lopes allungando il braccio destro, mentre con il sinistro teneva in braccio un bambino. Molto probabilmente suo figlio.
In realtà gli spettatori ad avvicinarsi per colpire i giocatori del Lione sono stati due. Un ragazzo con le mani tatuate, e il tizio con il figlio. Che adesso l’Everton vuole bandire a vita da Goodison Park.
L’accaduto ricorda il celebre scontro tra Eric Cantona e Matthew Simmons, il tifoso del Crystal Palace contro cui Cantona si è scagliato il 25 gennaio 1995. Anche se in quel caso, ad oltrepassare la barriera fisica e simbolica che separa il terreno di gioco dagli spalti era stato Cantona, mentre ieri è stato l’anonimo tifoso dell’Everton a prendersi una libertà che non doveva. Quel caso finì male per tutti: Cantona ha preso otto mesi di squalifica (Brian Clough chiedeva però che gli venissero tagliate “le palle”) mentre Simmons, che aveva già avuto problemi con la legge per aver rapinato una pompa di benzina e picchiato con un bastone l’inserviente originario dello Sri Lanka, ha vissuto una vita ancora più difficile. Dopo il fatto sono stati pubblicati il suo indirizzo e il numero di telefono. «Ho molta paura, la gente mi chiama a tutte le ore del giorno e della notte. Pensano che sia io ad avere torto», diceva Simmons. La ragazza lo ha lasciato, il capo lo ha licenziato e degli sconosciuti lo hanno picchiato per strada. Nel 2011 è stato arrestato di nuovo, per aver preso a pugni l’allenatore del figlio piccolo durante una partita.
Ovviamente, il tifoso dell’Everton ha sbagliato su più livelli e qualcosa mi dice che oltre a restare anonimo ancora per poco tempo, pagherà probabilmente il più possibile. Senza compatirlo oltre, vorrei rendere omaggio - analizzandolo - a quel momento che rimpiangerà a brevissimo se non altro come forma di ribellione (folle, è bene ripeterlo) nei confronti dei limiti di classe invisibili che la nostra società ci impone ogni giorno.

Qui il tifoso si avvicina da dietro, imprecando. Il figlio sembra tenere in bocca un ciuccio. Come si vede, il padre ha dovuto superare almeno due persone (il ragazzo in felpa che ride e lo steward) per avvicinarsi. Non se li è solo trovati lì a portata di mano. Da notare anche il colore paonazzo, tipico di quando la nostra faccia è irrorata di sangue e il cervello è troppo impegnato a non farci venire un ictus per formulare qualche pensiero razionale. Il bambino innocente sembra guardare in camera.

Il tizio allunga due volte la mano su Lopes. La prima volta spinge la sua testa prendendolo per la fronte. Un gesto di confidenza eccessiva ma che non può arrecare nessun danno. Questo non è un pugno, al contrario di quello che dicono gli utenti di Twitter indignatissimi. Liberissimi di indignarsi, per carità, ma non questo non è un pugno. Intanto il braccio di Calvert Lewin è teso in direzione del corpo di Lopes, forse per colpire, forse per separarlo da Mirallas, di cui si intravede il numero di maglia. Intanto Williams e Tete, poco più sotto stanno cercando strapparsi la testa reciprocamente. Tete sembra proiettato verso terra.

Questo è un secondo momento. Dopo aver spinto via la faccia di Lopes, il tizio ha allungato nuovamente il braccio in direzione del portiere portoghese. Che non ha fatto niente per meritare neanche semplicemente l’antipatia di nessuno, se lo aveste dimenticato. Tom Davies, il tipo biondo in maglia Everton vagamente rinascimentale alle spalle di tutti, sembra sorridere. Tete adesso sembra aver avuto la meglio su Williams.
Va notato che la mano del padre è aperta, anche in questo caso non si può parlare di pugno. La spalla, come da manuale del pugilato, è ben protesa in avanti, ma la mano è aperta. Il bambino è molto dietro, per bilanciare il movimento del braccio destro ma forse anche per proteggerlo. Certo, non è questo il modo né di educare il proprio figlio, né di fare a botte.

In quest’ultima immagine possiamo notare come il sangue stia lasciando i tessuti facciali del tizio anonimo e anzi, non vorrei spingermi troppo in là con l’interpretazione del fotogramma in questione, ma ho l’impressione che un velo di pentimento si sia sovrapposto alla rabbia semplice istintiva (oppure alla paura, e se quell’uomo stese davvero cercando solo di proteggere suo figlio?). Tom Davies non è più divertito, adesso sembra preoccupato, sempre alla maniera contemplativa dei dipinti a tempera su muro. Il braccio in maglia bianca, forse di Diakhaby, lo indica e colpevolizza. È un braccio lungo, che sarebbe anche potuto arrivare a suo figlio. Chissà se ci ha pensato.
Poco sotto si vede il ragazzo con le mani tatuate arrabbiatissimo ma sotto controllo, con Tousart a portata di mano. Avrebbe potuto soffocarlo con una presa da dietro o colpirlo sulla nuca, se avesse voluto, e invece si è comportato bene. Tutto sommato. Tousart allarga le braccia verso Ashley Williams, cercando forse di comunicare la gratuità del momento.
Finito. Tutti i media inglesi ne hanno parlato e l’Everton ha sporto denuncia contro il tifoso. La polizia del Merseyside ha aperto un’indagine e ha chiesto informazioni a chiunque riconosca il tifoso anonimo. Pensate all’ironia di fondo: quel tizio pensava di venire in aiuto di uno dei suoi giocatori anche se Ashley Williams aveva chiaramente torto, come solo gli amici più fedeli e coraggiosi fanno nei litigi comuni. E aveva anche il figlio in braccio, si sarà sentito doppiamente coraggioso. Adesso invece dovrà spiegare al figlio quanto è stato stupido quel giorno. E invece Ashley Williams, solo ammonito, dieci minuti dopo ha pure segnato il gol del momentaneo pareggio, esultando proprio lì dove aveva litigato (per giustizia divina, l'Everton ha comunque perso e il momento tremendo di Koeman continua).
«Non credo questo faccia parte dell’atmosfera inglese» ha detto Lopes al Guardian. Ma ha aggiunto anche che «non è successo niente di che. Mi è sembrato abbia risvegliato il pubblico, sembra essergli piaciuto».