Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Matteo Nucci
Ognuno ha il suo toro
14 gen 2019
14 gen 2019
Lo scorso settembre ad Albacete, dopo essere stato ferito a un occhio dal toro, Paco Ureña ha deciso di tornare nell'arena.
(di)
Matteo Nucci
(foto)
Dark mode
(ON)

Il 14 settembre scorso, nella Plaza de Toros di Albacete, il pubblico di appassionati che partecipa al rito dei tori si è trovato a vivere uno di quei momenti unici, altamente drammatici, che rendono la tauromachia una cerimonia rituale fuori dal tempo e per questo non inscrivibile fra i fenomeni storici con un inizio e una fine all'interno delle cose che si susseguono fra i capricci dell'umanità. Era appena entrato nell'arena il quarto toro della tarde. Il pubblico osservava con scarsa attenzione. Chi ha partecipato a una corrida sugli spalti della

di Albacete sa bene il motivo. Dopo i primi tre tori, qui come in alcune

dei dintorni, fino all'Andalusia più vicina, quella di Almeria, si usa offrire una pausa al pubblico che si è identificato con la tragedia dell'uomo e dell'animale. Come ovunque in Spagna e in ogni Paese che ancora celebri il rito tauromachico (la Francia del sud, per restare in Europa), dopo il terzo toro si mangia.

 

E da queste parti, per mangiare, viene concessa una pausa. L'atmosfera conviviale prende il sopravvento su quella tragica. Panini zeppi di prosciutto divino passano di mano in mano. Cartate di salumi e formaggi. Dolcetti. Vini e bevande fresche, ghiaccio e long drink casalinghi. Se vi capita di passare da queste parti, non perdetevi una corrida. Se non altro per partecipare a questo simposio in cui - caso unico nel mondo spettacolarizzato dei nostri tempi (quelli, sì, contingenti e destinati a essere spazzati via) - il pubblico si unisce, si conosce, scambia doni, scambia pane e vino, come nelle grandi cene antiche che la messa cristiana ricorda ogni volta nella simbologia eucaristica.

 

Ma il 14 settembre scorso, appena la ventina di minuti dedicata al convivio si esauriva e uomini e donne sugli spalti riprendevano a concentrarsi sulla messa laica rappresentata dall'unione di uomo e animale, in pista è accaduto qualcosa che ha improvvisamente ribaltato ogni aspettativa, mettendo le migliaia di spettatori di fronte a se stessi, inchiodandoli di fronte alle loro responsabilità, di fronte alle loro scelte, alla loro stessa umanità, così come può capitare solo nel dramma tauromachico.

 


 





 


 



 


 





 


 





Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura