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Federico Principi
Oltre i limiti
30 ago 2016
30 ago 2016
Max Verstappen è il talento più cristallino della Formula 1, ma anche il più controverso.
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Federico Principi
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Il Gran Premio del Belgio ha rappresentato la punta dell’iceberg nelle polemiche su Max Verstappen. Se il suo talento naturale non può essere messo in discussione, le ambiguità di alcuni atteggiamenti potrebbero a lungo andare condizionare la sua serenità nel lungo periodo e quella di tutto l’ambiente automobilistico. Verstappen rappresenta per la Formula 1 di oggi una risorsa tanto rara quanto pericolosa.

 

 



 

Max Verstappen si è presentato in Formula 1 nelle prove libere del Gran Premio del Giappone 2014 all’età di 17 anni e 3 giorni. In quel momento correva in Formula 3, ma non avrebbe dovuto passare attraverso campionati più competitivi per fare gavetta: circa un anno dopo la Toro Rosso lo chiamava già come pilota titolare in Formula 1. Come tutti i giovani talenti che bruciano le tappe, Verstappen ha diviso il pubblico tra chi sostiene la necessità che un indiscutibile talento debba subito essere messo nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale, e chi, con un po’ di invidia, guarda sempre con diffidenza a chi salta i passaggi intermedi.

 

https://www.youtube.com/watch?v=kbJL5Vdr6Yw

I migliori highlights di Verstappen dal campionato europeo di Formula 3 del 2014.



 

Carlos Sainz, compagno di Verstappen nel 2015 e nelle prime 4 gare del 2016, in un’intervista dello scorso anno ribadiva infatti con orgoglio il fatto che Helmut Marko – il talent scout della famiglia Red Bull – lo avesse costretto a vincere il campionato di Formula Renault 3.5 per debuttare in Formula 1 nel 2015, sottolineando indirettamente la diversità di trattamento riservata a Verstappen. Esteban Ocon invece, senza invidia, alla domanda su quali siano i migliori talenti del futuro della Formula 1 ha recentemente risposto: «Verstappen e Vandoorne», mentre il giovane olandese era ancora in Toro Rosso, segno che ritenesse probabilmente già pronti entrambi per il salto nella massima categoria.

 

 



 

Se da un lato un salto di qualità così ampio come quello di Verstappen può caricare ancor di più di autostima un pilota, dall’altro la mancanza della gavetta può far mancare la necessaria consapevolezza per gestire i delicatissimi equilibri della Formula 1. Il rapporto con il rischio, non tanto più della pelle ormai quanto piuttosto quello nelle scelte prestazionali in pista, fa parte di questo tipo di situazioni ambigue rispetto a cui Verstappen sta mostrando un approccio un po’ naif.

 

Verstappen è stato spostato dalla Toro Rosso alla Red Bull alla quinta gara del 2016, promosso dalla squadra satellite alla casa madre.

, in Spagna, risultando il più giovane vincitore di sempre, ma ha poi commesso tre clamorosi errori nel weekend di gara successivo a Montecarlo, di cui uno in Q1 e uno in gara, molto pesanti e che gli hanno causato il ritiro.

 



 

L’ex pilota Jacques Villeneuve, forse il più grande detrattore mondiale di Verstappen dal punto di vista comportamentale, si è espresso così a fine gara: «È veloce ma commette troppi errori. Un altro pilota sarebbe già stato spedito a casa. Ma è amato dalla Red Bull, è amato dal pubblico, è amato da tutti. Se imparerà dai suoi errori allora potrà diventare un campione, ma se deve andare oltre i limiti per essere veloce significa che non è abbastanza veloce».

 

Villeneuve ha messo al centro dell’attenzione l’eventualità che le manovre di Verstappen non siano solo frutto dell’indiscutibile talento, ma anche di un surplus di rischio e incoscienza che l’olandese mette nelle sue azioni. Dopo l’incidente a Montecarlo 2015 con Grosjean l’olandese ammise con umiltà di aver modificato la propria concezione del limite, ma nel 2016 ha nuovamente alzato l’asticella del rischio per sé stesso e per i suoi avversari.

 

Le capacità tecniche di guida che spiccano in Verstappen sono infatti principalmente il passo gara con le gomme più dure (che perdonano più di quelle più morbide eventuali oltrepassamenti del limite) e soprattutto le capacità di mantenere l’equilibrio della vettura nonostante staccate profondissime, fondamentali nel corpo a corpo sia in attacco che in difesa, che riflettono bene l’altissima soglia del rischio che percepisce e sulle quali possiede un talento forse unico al mondo. Per questo Verstappen esce quasi regolarmente vittorioso dai duelli fisici in pista, e molto spesso con

corrette dal punto di vista regolamentare e difficilissime dal punto di vista tecnico.

 


Dal Gran Premio di Spagna: Raikkonen nel finale attacca Verstappen ma l’olandese, pur stando davanti, non ha ancora iniziato a premere sul freno come invece ha già fatto il ferrarista. Verstappen in staccata è davvero impressionante.


 

Il passaggio in Red Bull, la vittoria in Spagna e le successive gare capolavoro -

,

 e soprattutto

 - hanno però instillato nella testa di Verstappen la convinzione che il potere contrattuale che detiene nell’ambiente Formula 1 si sia ampliato, sentendosi in qualche modo legittimato a compiere manovre che molti piloti, tra cui l’ex Martin Brundle, hanno definito “da formule minori”.

 

Nell’azione qui sotto – al Gran Premio di Ungheria – si vede bene come, mentre Raikkonen lo punta, Verstappen gli conceda inizialmente l’interno per poi sterzare improvvisamente e chiudere l’interno dove il finlandese era giustamente andato. Verstappen si è difeso dicendo che aveva iniziato a impostare la curva successiva. La realtà è che ha chiuso l’interno molto prima di approcciare la curva, percorsa molto più lentamente del solito perché ovviamente non poteva sterzare presto dopo aver chiuso altrettanto presto l’interno. Questo episodio rientrerebbe chiaramente nella casistica del “doppio cambio di direzione” in difesa, vietato dal regolamento, ma stupisce che commissari così severi ultimamente come quelli della Formula 1 non abbiano nemmeno messo sotto investigazione Verstappen in quella circostanza. Anche se va precisato che – come gli arbitri di qualsiasi sport – i commissari cambiano in ogni gara, ma un minimo di linea di continuità di giudizio andrebbe comunque garantita.

 


Raikkonen rompe anche una parte dell’ala per colpa del comportamento di Verstappen e compromette il passo gara per tutta la parte finale.





Qui sotto invece Verstappen, all’ultimo Gran Premio del Belgio, compie una manovra leggermente diversa ma molto simile nel principio di base. La vittima è sempre Raikkonen: invitato ad andare verso l’interno il finlandese prende la scia e sterza verso la porta inizialmente aperta, che Verstappen puntualmente chiude dopo la decisione presa da Raikkonen. Come in Ungheria, anche in Belgio l’olandese ha compiuto la propria mossa dopo quella dell’avversario, quando invece il pilota davanti dovrebbe prendere per primo una traiettoria e quello che segue regolarsi di conseguenza per sferrare l’attacco. Un comportamento tanto scorretto quanto difficile da mettere in pratica, anche tecnicamente, oltre che infinitamente pericoloso, soprattutto nel lungo e velocissimo rettilineo del Kemmel.

 



 

 



 

Mentre la direzione corsa è finita sempre più nell’occhio del ciclone dell’opinione pubblica per eccessivo interventismo nelle fasi di gara nel corpo a corpo (tra cui la più che discutibile penalizzazione a Rosberg per un sorpasso proprio ai danni di Verstappen

) è parso quantomeno singolare che sui comportamenti di Verstappen non sia mai stato nemmeno aperto un procedimento.

 

Il sospetto che Verstappen goda di una certa copertura è piuttosto forte. Alcuni sostengono che il padre Jos abbia preteso e ottenuto dalla Red Bull un contratto differente da tutti quelli sottoscritti per tutti i giovani portati in Formula 1, compreso Sainz, fatto esordire in contemporanea. Quando fu intimato all’olandese di far passare proprio Sainz a Singapore, il teenager rispose con un secco “No!”, fu difeso pubblicamente dal team principal Franz Tost e non fu mai messa in discussione la sua posizione. Arrivato già alla Red Bull, al Gran Premio di Hockenheim nel terzo stint era nettamente più lento del compagno Ricciardo e lo ha lasciato passare senza problemi: sembrerebbe essere arrivato un ordine di scuderia e stavolta Verstappen non ci ha pensato due volte a non contraddirlo, dimostrando di essere anche un po’ paraculo. Del resto un po’ come tutti gli uomini di successo.

 

La cupola di vetro che l’ambiente gli ha costruito intorno gli permette di sentirsi parte del gioco attraverso le proprie regole e non quelle del gioco stesso. La stessa soglia del rischio che percepisce sarebbe molto più alta del normale anche per via delle spalle coperte, che gli consentono di sperimentare, di andare oltre il limite senza il rischio di essere messo in discussione, anche nei casi in cui commetta un errore.

 

Al Gran Premio del Belgio Verstappen si era infatti reso partecipe in modo più o meno attivo del triplo contatto con Vettel e Raikkonen

, ma almeno in quel caso le colpe maggiori sembravano da attribuire al tedesco della Ferrari. A metà gara ha però sfoderato un comportamento per ben due volte scorretto nei confronti di Raikkonen, che l’olandese ha avuto la faccia tosta di commentare così: «Sono stati molto aggressivi con me alla prima curva, hanno distrutto la mia gara, dopodiché io non volevo lasciarli passare perché loro mi avevano danneggiato in precedenza». Tra l’altro dimostra di essere in malafede anche perché, se proprio doveva prendersela con qualcuno il bersaglio doveva essere Vettel e non Raikkonen, schiacciato incolpevolmente a sandwich nella prima curva.

 


Raikkonen avrebbe già passato Verstappen ma l’olandese si difende andando lungo in staccata, buttando fuori Raikkonen e perdendo la posizione in pista,. Posizione che il direttore di corsa Charlie Whiting gli restituirà incredibilmente, ordinando al ferrarista di lasciar passare Verstappen e di ripristinare le posizioni assunte in precedenza.


 

Sembra quasi che Verstappen gareggi seguendo un codice d’onore speciale anziché le regole della Federazione Internazionale, che si senta protagonista di corse le cui regole sono le stesse di quelle clandestine all’alba. Non è tanto il tentativo più o meno scientifico di trasgredire le regole a preoccupare, quanto la mancata repressione dei comportamenti scorretti che rischia di far degenerare le corse di Formula 1 in risse da saloon. Allo stesso modo in cui, per esempio, il permissivismo nei confronti delle manovre scorrette di Hamilton in partenza ha creato lo spirito di rivalsa di Rosberg e il duello al Gran Premio di Austria, ben oltre i confini regolamentari e che rischia di ripetersi all’infinito finché i due lotteranno per il Mondiale.

 

Non è poi neanche la prima volta che Verstappen agisce facendosi giustizia da solo. Alla prima gara della stagione, quando ancora vestiva la tuta della Toro Rosso, si era innervosito perché Sainz gli era passato davanti con un undercut alla sosta ai box. Richiamando più volte il team, invano, a prendere una decisione di farlo passare, Verstappen aveva deciso di risolverla a modo suo tamponando lo spagnolo alla penultima curva, anche se poi ha avuto lui la peggio.

 







 

Il fatto che si parli così tanto di Max Verstappen, che si siano create fazioni numerose, sia di adulatori che di detrattori, è di per sé un elemento molto positivo per la spendibilità del brand della Formula 1. Molti elementi negli ultimi anni hanno contribuito a far scemare l’interesse del pubblico di massa verso la categoria e il fenomeno-Verstappen, in tutti i suoi risvolti, sembra fatto su misura per creare appeal mediatico.

 

Jacques Villeneuve, tuttavia, ha espresso un giudizio che riflette i pensieri maliziosi di una parte di pubblico: «Forse vogliono creare una superstar e gli fanno fare quello che vuole. Anche io, adesso che parlo male di Verstappen, rischio che mi tolgano il pass e che non possa più entrare nei circuiti».

 

Al di là dell’ironia, il fatto che buona parte del pubblico pensi che effettivamente Verstappen venga esageratamente pompato da tutto l’establishment nasconde una difficoltà di vendibilità del prodotto molto più marcata di quello che sembri.

 

Recentemente, alla domanda di un mio amico su cosa ci sia di interessante nella Formula 1 attuale, ho provato a rispondere che seguendo le gare approfonditamente ho imparato ad apprezzare diversi tipi di talento di un pilota: la capacità di marcare tanti giri consecutivi tutti sullo stesso tempo, la capacità di mandare in temperatura le gomme, di adattarsi a diversi tipi di pneumatici in piste e asfalti differenti e così via. Elementi più che nobili, ma che necessitano di una ricerca da vero insider. Il pubblico medio in generale cerca per lo più due situazioni principali: l’incertezza nel duello tra almeno due differenti scuderie e le battaglie corpo a corpo, nelle quali non basta neanche più il DRS per renderle affascinanti in tutti i casi.

 

Ultimamente mi è capitato anche di leggere un post in cui veniva osannato Nigel Mansell perché al Gran Premio di Portogallo del 1989 era virtualmente squalificato ma raggiunse Senna dopo qualche giro prima di speronarlo con una manovra totalmente oltre il limite, compiuta di proposito. Ho letto uno stuolo di commenti la cui voce, più o meno unanime, richiamava all’attuale mancanza dei

.

 


Il curvone era troppo veloce per tentare un attacco in quel punto, praticamente senza una staccata.



 

Ho capito in quel momento – e Bernie Ecclestone lo aveva capito molto prima e meglio di me – che la grande maggioranza del pubblico che segue la Formula 1 ha una concezione estremamente virile della figura del pilota. Una concezione che fatica a distinguere un pilota 

da uno

, la

dalla

, l’

dall’



 

È diffusa l’idea che

significhi avere la supponenza di non farsi problemi a compiere una scorrettezza, che sia positivo trasgredire consapevolmente e a testa alta le regole. Se ci mettiamo l’irritazione che la parte opposta di pubblico (compresa quella avversaria a Verstappen, quella ferrarista o quella che tifa Mercedes) prova per l’olandese abbiamo già creato un fenomeno controverso e dibattuto. Se a tutto questo aggiungiamo oltretutto che è un teenager dotato anche di un grande talento, capace di attrarre anche i più specialisti addetti ai lavori che si interessano alle sue prestazioni sportive in senso stretto, ecco che il terzo campionato consecutivo dominato dalla Mercedes diventa improvvisamente interessante per la sola presenza di Verstappen nelle prime file dello schieramento.

 

L’invocazione alla presenza di tanti Verstappen è però un pericolo per la Formula 1 moderna. Sarebbe bello, piuttosto, che il gusto contemporaneo iniziasse ad amare quel lavoro costante e sotto traccia che team e piloti fanno per tutto il weekend, per niente banale e che crea piccole-grandi differenze di performance, frutto dell’evoluzione naturale di questo come di altri sport che sembrano apparentemente diventati rigidi, schematici, ripetitivi, aridi di emozioni, ma sui quali invece si creano tante micro-situazioni che fanno le grandi differenze tra chi emerge e chi rimane “nel gruppo”. Eppure proprio in questi ultimi giorni in molti post sono comparsi commenti del tipo: “Se ci togliete anche Verstappen, la Formula 1 torna ad essere una noia mortale”.

 

Il fatto che sia necessario tutelare in questo modo comportamenti palesemente illeciti da parte di un fenomeno dimostra che la Formula 1 faccia fatica ad andare avanti, che sia popolata di passatisti che inneggiano – a proprio comodo a seconda delle singole situazioni – ora al

degli anni Settanta-Ottanta, ora al

degli anni Cinquanta. Il

del Terzo Millennio sembra una figura da denigrare, specchio di una Formula 1 sempre più lontana dalla gente e sempre più complicata dal punto di vista tecnico-regolamentare.

 


Nelson Piquet picchiava in questo modo Salazar ed è proprio questo il cliché di pilota apprezzato da una gran parte di pubblico.



 

La Federazione Internazionale dovrà gestire con delicatezza questa situazione. Se da un lato dovrà preservare un sicuro talento come quello di Verstappen, dall’altro un eccessivo permissivismo potrebbe rivoltarsi contro la stessa FIA, con il rischio di perdere ulteriore credibilità se dovessero ripetersi ancora altre mancanze di investigazioni su manovre chiaramente fuori dal regolamento. Soprattutto la speranza è quella che l’interesse e la spettacolarità delle gare di Formula 1 crescano di pari passo alla cultura sportiva del pubblico, con una maggiore trasparenza nei regolamenti tecnici.

 

Siamo ancora capaci di apprezzare questo sport senza il bisogno di creare situazioni ambigue, polemiche vischiose e pericolosissimi corpo a corpo sulla pista?

 

 

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