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Il tacco di Okaka, Totti e la differenza tra calciatori e tifosi
06 nov 2025
Una riflessione a partire dal gol di tacco di Okaka con la maglia del Ravenna.
(articolo)
6 min
(copertina)
IMAGO / Insidefoto
(copertina) IMAGO / Insidefoto
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88esimo minuto di Ravenna-Ascoli, zero a zero, girone B di Serie C, chi vince sale al secondo posto in classifica, chi perde resta al palo. Il Ravenna batte una rimessa laterale a sinistra, sulla trequarti, e mette subito una palla in area. Il cross teso passa davanti a difensori e attaccanti e sul secondo palo ci arriva Da Pozzo, che prova a prendere in controtempo il portiere dell’Ascoli, Vitale, che però ha un grande riflesso e prima di finire fuori dall’inquadratura stoppa il pallone con la mano destra. La palla resta lì, quasi sulla riga di porta, e l’attaccante ascolano Enrico Oviszach, che aveva ripiegato e viene colto di sorpresa dalla parata, non riesce a rinviarla, anzi cadendo sulla schiena sembra fermarla in una specie di conchetta polverosa. Giusto a portata di Stefano Okaka, che la mette dentro di tacco.

Con il Ravenna, Okaka ha già segnato 4 gol in 5 presenze (meno di 100 minuti in totale). L’ultimo gol risaliva al marzo del 2023, con la maglia del Basaksehir, nelle ultime due stagioni non ha proprio giocato a calcio.

Poi Okaka si leva la maglietta, salta i cartelloni pubblicitari e corre sotto la tribuna, salutando con la mano come se, rimasto sulla banchina, stesse salutando qualcuno a lui caro correndo dietro al treno che li sta separando. Con la maglia termica attillata - dello stesso colore di quella che aveva sopra, che se non sbaglio è rosso veneziano - sembra ancora più grosso, con le spalle larghe e spigolose come quelle di un personaggio dei videogiochi. E come l’immagine della prima Lara Croft anche Stefano Okaka, e più in particolare Stefano Okaka che segna di tacco, sembra uscito direttamente dalla nostra memoria. E nessuno può convincermi che non sia anche un po’ per questo che Okaka mette dentro quel pallone di tacco: per praticità, certo, perché era il modo più rapido e sicuro per colpire il pallone visto che era di spalle, ma anche per citare se stesso. Come forma di giusta autocelebrazione.

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