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Marco D'Ottavi
Oggi, ieri, domani, Arsène
30 mag 2017
30 mag 2017
Come ogni anno recensiamo la stagione dell'Arsenal attraverso le facce di Wenger. Sarà l'ultima volta?
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Marco D'Ottavi
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Nel film Ricomincio da capo Bill Murray si trovava costretto a ripetere la stessa giornata in un loop che ricorda terribilmente l’Arsenal di Arsène Wenger. Murray interpretava un meteorologo egocentrico e insopportabile che dopo aver provato in tutti i modi ad uscire dalla continua ripetizione del giorno 2 Febbraio riusciva infine a spezzare l’incantesimo grazie ad percorso di crescita che l’aveva portato a migliorare sé stesso. Ovvero quello che Arsène Wenger non ha fatto.

Se la stagione 2016/2017 dell’Arsenal non è finita uguale e identica alle precedenti dieci stagioni, sarà ricordata quanto meno come una sua versione più scura, depressa, una stagione consapevole che la fine è inevitabilmente più vicina. Ma quanto vicina? Dopo 21 anni per la prima volta l’Arsenal è arrivato dietro al Tottenham, la rivale più sentita, e soprattutto per la prima volta ha mancato l’accesso alla Champions League. A raddrizzare la barca è arrivato il trionfo in FA Cup, che sembra più un impiccio, la postilla che ti costringe a rivedere i tuoi giudizi, come un fidanzato che sta per essere mollato e si presenta con un mazzo di fiori all’appuntamento suscitando un moto di tenerezza che forse lo salverà. Non lo sappiamo ancora cosa sarà di Wenger, la decisione verrà presa in questi giorni, ma è proprio questa impossibilità di razionalizzare l’Arsenal quello che in un modo o nell’altro tiene a galla Wenger; quello che gli permette di restare lì, appigliato, solo perché lui è Arsène Wenger e quello è il suo Arsenal, una storia troppo lunga per finire con un è stato bello, ma dobbiamo dirci addio. Una squadra che non sa se deve essere contenta per dieci anni al top o per i dieci anni successivi vissuti comunque al quasi top, o triste per quest’ultimo periodo che ha preso i tratti della continua barzelletta; una squadra che non sa se deve rivoluzionare con la ghigliottina o affidarsi alla sicura lentezza dei processi democratici, che però possono essere troppo lenti. E mentre Wenger è ancora al suo posto, come abbiamo fatto anche lo scorso anno, ne approfittiamo per raccontare la stagione della sua squadra attraverso le sue facce. Forse sarà l’ultima volta, forse no, non è davvero importante. Con Granit Xaha

L’11 Giugno, mentre il mondo guarda gli Europei francesi, l’Arsenal (e quindi Wenger) definisce l’acquisto di Granit Xaha per una cifra tra i 40 e i 45 milioni di Euro. È il primo botto del mercato di Premier League, un mercato che ridefinirà il concetto stesso di mercato, con spese oltre il miliardo di Euro e con l’acquisto di Pogba, che diventa il giocatore più caro della storia del calcio. L’11 Giugno però l’inerzia pare tutta a favore dell’Arsenal, che compra subito, spende tanto, ma compra sicuro. Xaha è infatti uno dei giovani centrocampisti più promettenti d’Europa, una figura che manca in rosa con la sua doppia capacità di interdire e costruire. Ma già in uno dei primi allenamenti in maglia Arsenal, Xaha messo accanto a Wenger sembra aver perso le certezze che lo accompagnavano. Non vi sembra che i due si somiglino terribilmente? Anche nello sguardo: uguale, con gli occhi strizzati per vedere meglio in lontananza. Ma vedere cosa? Forse tutti gli altri obiettivi di mercato mai arrivati? Perché dopo l’arrivo dello svizzero il mercato dell’Arsenal si è bloccato. Mentre indossa un cappellino da baseball con la stessa inadeguatezza con cui Trump portava quello con il famoso slogan Make America great again è consapevole del fatto che tutto quello che riuscirà a fare sarà comprare Mustafi per 41 milioni di Euro il 30 Agosto? Nella foto qui sopra stava scritta la stagione difficile di Xaha e quella di Wenger, ma c’era un bel sole e nessuno l’ha voluto capire. 14 Agosto 2016 - Arsenal vs Liverpool 3 a 4 – 1a giornata

Si potrebbe agevolmente mettere su un calendario con Wenger che si mette le mani in testa disperato in base al mese. Dicembre: le cose possono ancora risollevarsi; Marzo: oramai fuori di tutto; Aprile: disperazione totale. Ad Agosto, dopo che il Liverpool gli ha segnato quattro gol in ventitré minuti in casa, la mano in testa è interrogativa: non capisce perché la sua difesa dovrà fare acqua da tutte le parti anche quest’anno. Più che la sconfitta, è proprio il concetto a non andargli giù: come si può essere così Arsenal prima di Ferragosto? 24 Settembre 2016 – Arsenal vs Chelsea 3 a 0 – 6a giornata

Questa foto rappresenta il punto più alto toccato da Wenger in questa stagione, ma allo stesso tempo è la sua più grande disfatta. Mi spiego. Il 24 Settembre l'Arsenal trita il Chelsea con due gol nei primi 15 minuti, un dominio pressoché totale del gioco e la conquista del quinto successo consecutivo in Premier, candidandosi come una delle favorite alla vittoria del titolo. Ma mentre Wenger si gode la classica grande vittoria della sua squadra di fine Settembre inizio Ottobre, Conte negli ultimi minuti di quella partita schiera per la prima volta i suoi soldatini con il 3-4-3 che gli farà vincere la Premier League. Guardateli mentre si stringono la mano alla fine della partita: Conte è già proiettato al futuro – a come migliorare la sua squadra – mentre Wenger sta piatto, di spalle, la mano che spinge verso l'indietro, convinto che niente possa cambiare come il maglioncino blu che indossa da vent'anni, sempre uguale, convinto che tutto quello che va bene oggi debba continuare ad andarlo anche in futuro. È in questo momento che il Chelsea inizia la sua corsa verso la testa della Premier mentre l'Arsenal di Wenger inizia ad essere il solito Arsenal di Wenger. 18 Dicembre 2016 – Manchester City vs Arsenal 2 a 1 – 17a giornata

Tra il 13 e il 18 Dicembre l'Arsenal viene sconfitto 2 a 1 prima dell'Everton e poi dal Manchester City. In entrambe le occasioni passa in vantaggio e si fa recuperare due gol nel secondo tempo. Dopo la partita Wenger va davanti ai microfoni e dice «È stata una settimana orribile», horrible dice. E sembra dirlo anche in questa foto, mentre fissa Guardiola con la giacca a vento due misure più grandi e il naso rosso. Orribile come sempre sotto Natale, mentre tutto intorno è più bello, più magico, e l'Arsenal inizia a scavarsi la tomba: è dal 2004 che la squadra di Wenger perde almeno una partita importante a Dicembre, o mentre è lanciata verso la testa della Premier, o mentre le cose in Champions sembrano mettersi bene. Dicembre per Wenger è il mese dell'autolesionismo, dei cappotti troppo grossi, del naso rosso, delle braccia larghe di chi non ha capito.

RT TotallyMUFC: Arsenal fans: The gift that just keeps giving

October: We're gonna win the league December: Sac… pic.twitter.com/4G9ygEaRtJ — ️️️ (@DybaIinho) 11 aprile 2017

Tifosi dell'Arsenal a Dicembre, il mestiere più difficile del mondo. L'11 dicembre ci sono 3 punti a separare il Chelsea primo e l'Arsenal secondo, il 31 i punti sono diventati 9. A fine stagione i punti sono diventati 18 e Dicembre è il mese che dovete andarvi a guardare se volete capire il perché. 15 Febbraio 2017 - intervista post sconfitta per 5 a 1 col Bayern Monaco

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In questa foto Arsène Wenger sembra un uomo distrutto sul punto di scoppiare in un pianto disperato. La sua squadra ha appena perso per 5 a 1 l'ennesimo ottavo di finale contro un'avversario più forte, in questo caso il Bayern Monaco, e lui deve andare davanti ai microfoni e spiegare i motivi di una sconfitta così larga. Guardandola mi sono chiesto per la prima volta se non avessi sbagliato prospettiva: se per caso non fosse l'Arsenal ad essere inadeguato per Wenger più che il contrario. Dopotutto Wenger ha vinto. Ha vinto quando aveva Henry, ha vinto quando aveva Viera, ha vinto quando i suoi Invincibili erano giocatori migliori di quelli che allena oggi. Qual è stato il momento in cui l'alsaziano ha perso l'occasione per dire "ok, adesso basta, fate voi", quel esatto momento che molti allenatori vincenti sono in grado di cogliere? Io, personalmente, lo faccio risalire all'estate 2011, nel momento in cui non è stato in grado di trattentere Fabregas, che per Wenger era come un figlio. Quel giorno avrebbe dovuto avere la forza di lasciare l'Arsenal invece di immergersi in questa spirale depressiva che nell'inverno del 2017 ha toccato il suo punto più basso. Perché dietro questa faccia, dietro gli occhi rossi, le rughe sempre più marcate, i capelli bianchi come uno spettro, dietro a Wenger che sembra uno straccio c'è il periodo peggiore della storia dell'Arsenal. Tra il 31 Gennaio e il 18 Marzo arrivano sei sconfitte in otto partite, l'Arsenal perde in casa col Watford e fuori col Chelsea dicendo addio ai sogni di Premier League. Perde per DUE volte 5 a 1 contro il Bayern Monaco, certificando la profondità dello scarto esistente tra i migliori club e la sua squadra, tra i migliori allenatori e lui. Le uniche due vittorie arrivano contro club semi professionistici, così ironico da sembrare finto. È il punto di non ritorno. Le contestazioni – che nel corso degli anni erano state sempre minimali e precise – esplodono. Nasce addirittura il movimento #WengerOUT per non rinnovargli il contratto in scadenza. Intermezzo: i migliori cartelli "Wenger Out" Siccome l'Arsenal è l'Arsenal, anche le proteste più sacrosante finiscono per diventare qualcosa a metà tra i movimenti di opinione e i meme. La protesta dei tifosi è presto uscita dall'Emirates (secondo la legge per la quale tutti siamo tifosi dell'Arsenal) per finire nei luoghi e nei momenti più improbabili del pianeta. Questi alcuni dei migliori: - All'Ultra Music Festival di Miami

- Alla partita valida per le qualificazioni alla Coppa del Mondo tra Nuova Zelanda e Fiji

- Ad una marcia di protesta contro il presidente sudafricano Zuma

- A Piazza San Pietro dietro al Papa. Questo voglio credere che non sia vero

- Questo va guardato fino in fondo

- In campionato completamente diverso, durante una bufera di neve

- Una foto di classe in Australia

- Ad un incontro di Wrestling

20 Febbraio 2017 – Sutton vs Arsenal 2 a 0 – Ottavi di finale FA Cup

Mentre l'Arsenal gli crollava intorno come un castello di carta sotto il peso dell'aria entrata da una finestra aperta, Wenger è costretto a scendere negli inferi dei sobborghi di Londra. La natura inclusiva della FA Cup mette la sua squadra di fronte al Sutton United Football Club, una formazione impegnata nella quinta categoria del calcio inglese, nel loro stadio da 5000 posti. Guardate l'ironia di questo scatto. L'allenatore del Sutton è un inglese cinquantenne che svolge questo mestiere gratuitamente e che porta i capelli pettinati a spazzola col gel. La giacca azzurra che indossa con entusiasmo fa ribrezzo se opposta all'elegante completo di Wenger. Sembra una puntata di Ciao Darwin, non si capisce chi dei due sia più ridicolo. Lo scatto in sè è perfetto: cattura Wenger in un momento di assoluto disprezzo per tutto quello che gli sta intorno. Se avesse potuto mandarci il maggiordomo ad allenare questa partita l'avrebbe fatto senza battere ciglio. La sua squadra vince 2 a 0 senza brillare e il palcoscenico lo prende tutto il Sutton, con il suo stadio minuscolo e i tifosi appollaiati fuori, con i suoi spogliatoi piccoli e lerci, con il suo portiere obeso che mangia un panino. In questa atmosfera da fiera di paese Wenger rimane impassibile, si preoccupa per il terreno sintetico prima, si congratula con gli avversari per la loro tenuta mentale dopo. Questo sforzo di apparire professionale, in un contesto puramente dilettantistico, di essere rigido anche nel breve attimo che la vita di allenatore di una grande squadra ti concede di non essere rigido, ecco questo sforzo spiega Wenger meglio di tante partite della sua squadra. 23 Aprile 2017 – Arsenal vs Manchester City 2 a 1 dts – Semifinale FA CUP

Questa foto riprende il genuino moto di felicità di Wenger per l’accesso della sua squadra alla finale di FA Cup. Rappresenta la piccola vittoria di un uomo all’ultima spiaggia, che prova a mantenere in piedi il suo matrimonio dopo anni di incomprensioni. È curioso come il successo sia arrivato schierando la difesa a tre – prima volta in venti anni di Arsenal – una mossa che può sembrare una rivoluzione tattica, ma che è solo il tentativo disperato di dimostrare al mondo di non essere finito, come un uomo di mezza età che prova goffamente ad imparare i passi del tango, una cosa che però non serve a nulla se non al proprio ego ferito.

30 Aprile 2017 – Tottenham vs Arsenal 2 a 0 – 35a giornata

La verità è che Wenger non può cambiare perché non ha nulla da cambiare. Non lo salverà il 3-4-3 di Conte, nemmeno Oxlade-Chamberlain nel suo ruolo più consono o Ozil e Sanchez alle spalle di Giroud. Contro il Tottenham – per rimanere fedele alla nuova scoperta della difesa a 3 – ha schierato Monreal e Gabriel ai fianchi di Koscielny, come in un brutto film dell’orrore. Kane e Delle Alli hanno semplicemente disposto dell’Arsenal come volevano e lo scarto finale di soli due gol è l’unica cosa positiva che Wenger si porta a casa. Questa immagine sembra tratta da una rappresentazione teatrale il cui scopo è portare lo spettatore ad immedesimarsi con il dramma di Wenger. Iniziamo dagli assistenti in prima fila: quelli di Pochettino sono tutti concentrati verso un solo punto, quello presumibilmente dove si sta svolgendo l’azione, uno di loro è anche colto nell’atto di prendere o controllare degli appunti. Ora guardate quelli dell’Arsenal: sono in tre e guardano in tre direzioni diverse. Non ne faccio una questione di competenze, è difficile immaginare che un assistente dell’Arsenal sia un incapace, e neppure del momento: la foto deve essere stata scattata quando la partita non aveva più nulla da dire. Eppure il simbolismo è evidente: Wenger non è più un leader, non ha più credibilità, non ha più niente. È stato svuotato da vent’anni di Arsenal, vent’anni di calcio ad alto livello che sinceramente non credo siano più possibili per un allenatore, uno qualunque. La testa bassa, le mani giunte, se non è una resa questa io non lo so cos’è una resa. Guardando questa immagine viene voglia di abbracciarlo e portarselo a casa con voi. La miglior cosa che può accadere a Wenger - a questo punto - è che non gli rinnovino il contratto. Che l’Arsenal lo metta da parte il più silenziosamente possibile, senza consentirgli di accanirsi su sé stesso. Perché se c’è una cosa che è oramai chiara è che il primo problema di Wenger non è l’Arsenal, ma Wenger stesso. 27 Maggio 2017 – Arsenal vs Chelsea 2 a 0 - Finale di FA Cup

Voglio essere estremamente onesto. Ho scritto la maggior parte di questo articolo prima della finale di FA Cup prevedendo che l’Arsenal non ce la potesse fare, una previsione rivelatasi errata. Ma questo cambia qualcosa di tutto quello che ho scritto fin qui? Alzando questa coppa Wenger è diventato il primo allenatore della storia a vincere sette FA Cup, un record che se ci pensate bene fa schifo. Nessuno vuole vincere tante FA Cup, nemmeno Wenger probabilmente. L’espressione sibillina che vediamo sul suo volto mentre alza per la settima volta un trofeo che è – a tutti gli effetti – un premio di consolazione è quella di chi crede di averci fregato. In finale ha vinto continuando con la sua rivoluzione di cartone, la difesa a tre, Alexis Sanchez; ma Wenger che è francese lo sa che una rivoluzione può essere borghese, pura logica del profitto. Le rivoluzioni ideologiche non gli appartengono più, l’idea che abbiamo dell’Arsenal non gli appartiene più. Recentemente Mourinho ha detto che “i poeti non vincono i titoli”. Una frase cinica, che può andar bene a lui e al suo Manchester United, ma che non può valere per una squadra come l’Arsenal, che non può accontentarsi di chiudere una stagione con un titolo. L’Arsenal è la squadra di tutti, è l’idea che il calcio è identità, e che l’identità è bellezza, e la bellezza la fanno i poeti. Questa idea ci è entrata dentro proprio grazie a Wenger, ma nessun poeta è eterno, lo abbiamo capito pure troppo bene.

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