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Ode al talento difensivo di Matteo Darmian
20 mar 2024
Un'altra grande prestazione contro il Napoli per uno dei difensori più sottovalutati del campionato.
(articolo)
8 min
(copertina)
IMAGO / Nicolo Campo
(copertina) IMAGO / Nicolo Campo
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Ok, mettetevi nei panni di Darmian. Hamed Traoré prova a ipnotizzare Bisseck con dei doppipassi e al tempo stesso lo fa indietreggiare fin dentro la propria trequarti. Voi indietreggiate, pronti a coprire le spalle di Bisseck e, in caso, assorbire l’inserimento di Oliveira proprio nello spazio tra voi due. Con la coda dell’occhio, però tenete d’occhio Kvaratskhelia largo a destra (dal vostro punto di vista), come terreste d’occhio una tigre nell’angolo opposto della stanza: non importa se sembra addormentata o se sta giocando con un gomitolo di lana, una tigre è una tigre.

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Traoré la passa a Kvaratskhelia, all’altezza del limite dell’area. E Kvara non ci pensa sopra neanche un secondo, vi punta in diagonale. Kvara, pur in una stagione sfortunata che ne ha in parte ridimensionato l’aura di giocatore inarrestabile, resta uno dei giocatori più imprevedibili e pericolosi del campionato. Vi può saltare rientrando sul destro - e continuare a correre in orizzontale finché gli si apre davanti un angolo di tiro - oppure lungolinea sul sinistro - andando direttamente al cross, oppure curvando verso il cuore dell’area avvicinandosi alla porta come un grande predatore alla propria preda ferita. Avete giocato più di 500 partite tra i professionisti e di giocatori del genere non ricordate neanche quanti ne avete affrontati, queste cose le sapete, ci siete abituati ormai.

Kvara vi punta e rallenta, un piccola pausa impercettibile quasi, che voi però percepite come il pericolo di un imminente dribbling sul destro, come da prima opzione. Allora rallentate anche voi, vi piantate sul piede sinistro, anzi, pronti a chiudere lo spazio in orizzontale. Ma Kvara riaccelera subito, strappa verso il fondo ed è così veloce e potente a dispetto di quei calzettoni bassi che sembrano voler proprio dissimulare la sua velocità e la sua potenza, che voi riuscite a malapena a stargli dietro.

Sapete che Kvara può passare anche se marcato da vicino, può scivolarvi al lato come un serpente con la palla incollata al piede, correre sulla riga di fondo come un equilibrista. L’ideale sarebbe prendere contatto con il suo corpo, spingerlo in direzione opposta all’area di rigore, provare ad avvicinarvi alla palla. Ma non fate in tempo a reagire che è Kvara a prendere contatto con voi, ad allargarsi per tenervi a distanza dalla palla. Provate a difendervi allargando il braccio sinistro davanti al suo petto, correndo il più veloce che potete verso la palla, ma Kvara ha allargato anche le gambe per tenervi dietro al suo bacino e a quel punto inciampate. Vi sentite come se avesse provato ad afferrare un fantasma, una nuvola di vapore a forma di ala sinistra georgiana.

Cadete. Succede, gli uomini cadono, si sa, l’importante è rialzarsi, si dice. E invece no. L’importante è come si cade. C’è modo e modo, di cadere. Voi cadete a terra, faccia in avanti, ma in qualche modo usate il vostro corpo come una barriera che scorre sul prato a fianco di Kvara. Lui sembra stupito, perde una frazione di secondo e poi prova a farvi passare il pallone davanti, in uno spazio strettissimo che mentre il pallone ci si avvicina già non c’è più, perché siete arrivati sulla riga di fondo, alla fine del campo.

Ma in quello spazio, prima che il pallone esca, ci sono le vostre mani. Il vostro braccio destro che vi serve, in teoria, per tenere il busto un minimo eretto. Allora lo togliete, rinunciate all’unico appoggio che avete e ruotate all’indietro, incurvate la schiena a occhi chiusi e tirate in fuori il petto. La palla esce, forse la sfiorate forse no, sicuro non con le mani. Kvara protesta, ma timidamente, è uno dei giocatori più corretti del campionato, voi comunque vi indignate. Anche voi però siete uno dei giocatori più corretti che la Serie A abbia visto negli ultimi anni e anche al massimo della vostra veemenza il massimo che riuscite a far uscire dalla vostra bocca è un suono: “ehhhh” oppure “ohhhh”. Anche Kvara se ne va subito, non è tipo da aprire discussioni e fare scenate. Nessuno offende l’altro, questo sì è davvero un semplice fraintendimento. L’arbitro vi richiama e vi date la mano, ma forse non ce n’era neanche bisogno.

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Ha ragione Dario Saltari, scrivere di calcio spesso equivale a “cercare di tirare fuori il sangue da uno sport fatto di niente”. Però quanto è dolce quel sangue quando riusciamo a tirarlo fuori. Viviamo in un’epoca di calcio megalomane, di calciatori megalomani come le archistar, per cui un gol non è solo un gol e un dribbling non è mai solo un dribbling, ma devono essere anche monumenti al proprio talento. Ma in piccole cose come in quella caduta di Darmian, in quella specie di scivolata di testa, che io trovo la stessa dolcezza che trovo negli sprint con cui Mbappé sembra bruciare i fili d’erba sotto i suoi piedi, nelle serpentine storte e illeggibili di Musiala.

Sono i due lati della stessa moneta. E a me la moneta piace tutta intera. Qual è la kriptonite di giocatori imprevedibili, sempre in controllo del pallone, che possono fare più o meno tutto quello che vogliono quando lo vogliono? Sono difensori che riescono a opporsi ai loro tentativi senza demordere, senza farsi bloccare le gambe dai loro incantesimi, senza sottomettersi a quel tipo di talento. Sono difensori come Darmian, disposti a fare quel che è necessario, a metterci il corpo o la faccia, se serve.

Non che Darmian abbia poco talento. Non avrebbe avuto la carriera che ha avuto e non sarebbe stato così importante nell’Inter di Conte, prima, e in questa di Simone Inzaghi. Il suo talento però è meno specifico, meno assoluto in certe cose. Ma è anche più completo, sia difensivo che offensivo. Per questo, anche, ha giocato e può giocare praticamente in tutti i ruoli della difesa a quattro e a cinque. E probabilmente se avesse trovato sulla sua strada un allenatore che avesse voluto provarlo a centrocampo avrebbe fatto bene anche quello. Ma è tutto proporzionale e se da una parte ammiro la grandezza dei migliori, dall’altra ammiro forse di più la grandezza di giocatori come Darmian, che quanto meno mi danno l’illusione di essere più vicini a me, l’illusione dell’immedesimazione.

Nella stessa partita in cui più volte ha dovuto misurarsi con un talento ipertrofico come quello di Kvaratskhelia, tenendo botta, Darmian ha anche segnato un gol importante, l’unico della sua squadra, con uno dei tanti inserimenti in area che deve fare per far muovere l’Inter come piace a Inzaghi. Ma è soprattutto uno dei difensori più tecnici e puliti che il campionato italiano abbia visto negli ultimi anni. Sottovalutato, forse, perché non è il tipo di difensore che domina e sovrasta fisicamente gli avversari, ma sempre con gli occhi sulla palla, sempre attento e preciso nell’uno contro uno anche contro avversari che sembrano fatti di gomma.

Ricordo una scivolata di un anno fa eseguita contro il Porto, per fermare Galeno sparato a tutta velocità in fascia. Darmian è sceso su un ginocchio, è slittato per qualche metro agganciando la palla e si è rialzato ruotando nella direzione opposta alla corsa di Galeno. Interventi di questo tipo sono uguali e contrari - per difficoltà, efficacia, importanza - ai dribbling dei trequartisti esterni più creativi.

Non devo certo convincervi io della straordinaria ordinarietà di un giocatore come Darmian, ma vorrei condividere con voi un altro dettaglio che ho a cuore.

Viene dal gol che Darmian ha segnato nell’ultimo derby che il Torino ha vinto con la Juventus, nell’aprile 2015 (2-1). Quagliarella controlla e gestisce un pallone sul lato destro del campo, qualche metro prima della riga di fondo. Ha addosso Bonucci e torna indietro, alza la testa e vede Darmian arrivare dal lato opposto del campo. La palla gli rimbalza incontro e Darmian la controlla di piatto sulla riga del limite dell’area e nel momento stesso in cui il suo piede tocca la palla quella si impenna e viaggia verso il dischetto.

Un altro giocatore si sarebbe fermato, avrebbe rallentato, insomma l’avrebbe data per persa. I giocatori della Juventus, anche, sono disorientati da quel controllo così impreciso. Lichtsteiner al centro dell’area sta ballando un valzer abbracciato a Maxi Lopez, Bonucci corre sulla riga di porta mentre Pirlo trotterella verso il centro dell’area come se niente di quello che gli succede intorno lo riguardasse. Buffon ci mette un po’ a muoversi dalla porta. Darmian invece corre dietro al pallone senza soluzione di continuità, come se lo avesse fatto apposta. Oppure, come se un errore potesse far parte del processo dall’inizio, come se non pretendesse da sé la perfezione e, allora, fosse pronto ad accogliere l’errore. A trasformarlo a proprio favore.

E in effetti quello stop sbagliato diventa un auto-assist. Darmian arriva sulla palla proprio mentre sta per toccare terra, anticipando Buffon e la mette in porta da pochi passi. Il dettaglio che da quel giorno di aprile del 2015 mi permette - mi illude - di conoscere Darmian, di sapere che tipo di persona sia, e di rivedermici almeno in parte (una versione migliorata di me, diciamo) è questo: quando Darmian controlla male la palla, quando capisce che se l’è allungata troppo e chissà se l’ha persa, non ferma la sua corsa ma apre la bocca e scopre i denti. Un piccolo gesto, quasi invisibile, il segno di un minimo disappunto. Che era il massimo disappunto che si poteva permettere.

La carriera di Darmian ha avuto degli intoppi, dei momenti difficili. Ai tempi di Manchester, quando non giocava ormai quasi per niente con Mourinho, ha persino ucciso un piccione con una pallonata durante un’amichevole estiva (un altro dettaglio troppo umano per essere dimenticato). Oggi però è uno dei giocatori più importanti della migliore squadra italiana, uno dei più solidi mentalmente e tecnicamente a disposizione di Spalletti in Nazionale. Sarebbe bello riuscire a vivere le cose che non vanno come lui, mostrare appena appena i denti, con una piccola smorfia, senza smettere di correre, senza togliere gli occhi dalla palla.

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