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Francesco La Luna
Ode al derby di Calabria
24 nov 2023
24 nov 2023
Due tifosi rivali raccontano Catanzaro-Cosenza.
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Francesco La Luna
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A distanza di 33 anni dall’ultima volta, domenica pomeriggio tornerà a disputarsi in Serie B il derby tra Catanzaro e Cosenza. Così come quelli giocati in Serie C, anche a questo derby sarà applicata la tessera del tifoso, che impedirà ai gruppi della Curva Nord del Cosenza (che hanno deciso di non tesserarsi) di partecipare a questa partita. Per quanto accesa sia la rivalità tra le due squadre, e quindi i relativi rischi legati alla sicurezza, dispiace vedere una parte importante del tifo amputato da questo palcoscenico, soprattutto dopo mesi in cui politici e istituzioni hanno fatto a gara per definire la partita come «una grande occasione per il calcio calabrese». Forse si sarebbe potuto tentare di giocare questo derby senza tessera del tifoso, se l'occasione era considerata davvero così grande? Oltretutto dopo che nessuno degli ultimi incroci aveva fatto registrare scontri.

In ogni caso si tratterà di un momento storico per il calcio calabrese, per il quale la rivalità tra "aquile" e "lupi" rappresenta uno dei patrimoni più grandi. Per l'occasione due nostri autori, Emanuele Mongiardo (catanzarese) e Francesco La Luna (cosentino), ripercorrono la storia del derby cercando di aprire una porta verso il suo significato per le due tifoserie.

Le origini della rivalità tra Catanzaro e Cosenza

di Francesco La Luna

Al momento della nascita a un cosentino vengono insegnate due cose: ama il Cosenza, odia il Catanzaro. Sono sicuro che anche dall’altra parte sia così e non credo sia solo per una questione di campanile. C’è per esempio la divisione politica delle tifoserie: di sinistra quella rossoblù, tendenzialmente di destra quella giallorossa. Di qui i gemellaggi ad hoc: Brescia-Catanzaro e Atalanta-Cosenza, Genoa-Cosenza e l’amicizia Catanzaro-Sampdoria. Insomma, è un derby sentito da qualsiasi punto di vista.

Per trovare l'origine della rivalità bisogna tornare al derby disputato al Ceravolo nel 1984, il primo dopo vent’anni. Rispetto all’ultima volta tante cose erano cambiate: a Cosenza si erano formati i Prima Linea ‘78, il primo gruppo ultras organizzato, sorti da una costola di Autonomia Operaia. Dall’altra parte, invece, erano nati gli Ultras Catanzaro 1973. Pare che il primo, storico, parapiglia tra le parti sia scattato durante un concerto del gruppo new-wave londinese Sound, tenutosi al Ceravolo nel 1984. Così, quando pochi mesi dopo arrivò il derby, ai cosentini venne teso un vero e proprio agguato fra sassaiole e, secondo la leggenda, signore catanzaresi che dai balconi lanciavano vasi di fiori ai tifosi ospiti che passavano sotto le loro finestre.

È l’inizio del derby che conosciamo oggi e che in Calabria non ha eguali, come rimarcano con orgoglio entrambe le tifoserie. Certo, sia cosentini che catanzaresi non nutrono affetto nei confronti dei reggini, ma a Cosenza il derby con gli amaranto lo sente soprattutto la generazione nata negli anni ‘80, perché con loro combattevamo per andare in Serie A.

Alle latitudini del Castello Normanno-Svevo il derby è solo quello col Catanzaro: sentito, acceso, un odio calcistico viscerale, che portò il qui presente a seguire un anonimo playoff di Serie C tra Catanzaro e Feralpisalò solo nella speranza di vedere i giallorossi eliminati all’ultimo secondo (cosa che poi effettivamente avvenne, grazie al grande Elia Legati). Ogni primavera ho seguito le peripezie di chirillà (cosentino per "quelli là") ai playoff, finché l’anno scorso non hanno fatto il solco in C e mi è toccato pure fargli gli auguri per la promozione.

Perché Catanzaro-Cosenza è il vero derby di Calabriadi Emanuele Mongiardo

La prima volta in cui andai allo stadio era il 2003, Catanzaro-Fermana, Serie C1 girone B. Quel giorno imparai il primo coro della mia vita, sulle note di Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri. Ovviamente era indirizzato ai tifosi del Cosenza e non ci vuole molta fantasia per immaginare il testo. È in quell’occasione appresi che “Noi siamo il Catanzaro”, e che quindi odiamo il Cosenza. I rossoblù giocavano in Serie D: io, bambino di sei anni, probabilmente non sapevo nemmeno dove fosse Cosenza, ma per accendere la rivalità dentro di me era bastato ascoltare quel coro e farmi raccontare da mio padre con chi ce l’avessero i tifosi. Certo, esiste una certa dose di rivalità anche con le altre squadre calabresi. Il Crotone, però, ha raggiunto il professionismo solo in epoca recente, e non viene considerato del nostro stesso lignaggio. Con la Reggina, invece, l’inimicizia è soprattutto politica, dettata dai moti di Reggio del ’70, le violenti proteste per la scelta di Catanzaro come capoluogo di regione. I loro rivali, poi, sono i dirimpettai messinesi.

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Catanzaro-Cosenza è il vero derby di Calabria. La rivalità risale agli anni ’80. Fino a quel momento, i rapporti tra le tifoserie e le città erano stati piuttosto cordiali. Non si dimentichi, d’altra parte, che nella scelta di Catanzaro come capoluogo di regione furono decisivi politici di Cosenza come il socialista Giacomo Mancini. Era capitato persino che, a causa dell’inagibilità del Ceravolo, il Catanzaro disputasse delle partite al San Vito, incontrando anche la simpatia del pubblico di Cosenza, che aveva così modo di godere di partite di Serie A. Pare che in una di queste occasioni, un Catanzaro-Cagliari del 1982/83, parte del pubblico cosentino abbia iniziato a tifare contro i giallorossi. Esiste quindi un filone secondo cui la rivalità deriverebbe da quella partita, anche se da Cosenza tendono a negare e fanno risalire tutto al derby del 1984, come ha detto Francesco.

Al di là di come la si pensi sulle origini, è in quel periodo che la rivalità si infiamma. Poi, dal 1990, a causa delle diverse categorie d’appartenenza, Catanzaro e Cosenza non si incontrano per ben diciotto anni (fa eccezione una gara di Coppa Italia nel 1997). Bisogna aspettare dicembre 2008 per assistere nuovamente al derby.

Una coreografia che non ho dimenticato

di Francesco La Luna

Ricordo che nel 2008 si giocava il giorno dell’Immacolata. Non ero allo stadio, mia madre non me lo permetteva nonostante qualche timida insistenza di mio padre. Visto che vietarono la trasferta a chirillà, però, la Rai decise di mandare in chiaro la partita sulla rete locale. Non una grande notizia, in realtà: fu uno 0-0 squallido. Quella partita, però, riuscì a segnalarsi comunque per qualcosa.

Era la splendida coreografia, ancora oggi reperibile su YouTube, della Curva Sud: eravamo appena tornati fra i professionisti, in C2, dopo l’ingiusto fallimento del 2003, pilotato solo per far spazio alla Fiorentina o Florentia Viola che dir si voglia. Dopo aver srotolato l’iconico bandierone a strisce rossoblù orizzontali lungo tutta la sud, la coreografia mostrava un lupo che si aggira, digrignando i denti, per il bosco, con bandierine rosse e blu ai lati. A quella partita non c’ero, ma ne posseggo il biglietto, regalo di compleanno (insieme a tutti gli altri di quella stagione) che mi fecero per i miei 26 anni. Sul bigliettino c'era scritto: “Sarebbe dovuto toccare a te esserci molto più che a me”. Lo custodisco in uno scrigno, a Cosenza: rimane forse il regalo più bello che abbia mai ricevuto.

Un derby che non ho dimenticato

di Emanuele Mongiardo

Ricordo bene quel derby di cui parla Francesco, che immagino fosse tra i tanti tifosi del Cosenza che schiumavano di rabbia a causa di un episodio accaduto all’intervallo tra primo e secondo tempo. Ai tifosi del Catanzaro era stato vietato di raggiungere lo stadio via terra, ma chi ha detto che non potessero arrivarci in altri modi? Ad un certo punto in cielo comparvero dei deltaplani che si avvicinarono al terreno di gioco e lasciarono cadere un lungo striscione. La scritta era inequivocabile: “Le aquile vi sovrastano sempre”. Le immagini dei tifosi del Cosenza intenti ad imprecare con lo sguardo rivolto verso l’alto rimangono tuttora uno dei reperti più esilaranti che si possa trovare su YouTube.

Dalla stagione 2008/09 Catanzaro e Cosenza si sono affrontate dieci volte in campionato. Ben sette di questi confronti si sono conclusi con un salomonico pareggio, spesso dopo partite soporifere, che hanno dato la stura alle solite maldicenze.

Prima di quest’anno, l’ultimo incrocio risaliva alla primavera del 2018. Vivere la rivalità senza affrontarsi di anno in anno è una condizione tipica di molti derby di provincia. Di sicuro ci si impegna di più nel gufare le partite del rivale, un’esperienza abbastanza frustrante contro il Cosenza e contro la proverbiale fortuna del suo presidente. Senza la possibilità di sfidarsi sul campo, ci devono pensare le tifoserie a disputarlo a distanza, il derby. Lo scorso anno, mentre Cosenza si mobilitava per contestare il suo patron a suon di “Guarascio vattene”, nella curva del Catanzaro qualcuno pensava di dedicare uno stendardo ai cugini con la scritta “Guarascio resta”, con tanto di aureola dietro la testa del presidente.

I tifosi, però, non si trovano solo in curva. Il primo sostenitore dei giallorossi è il capitano della squadra, Pietro Iemmello, catanzarese di nascita, che quando militava nel Foggia, dopo un gol al San Vito esultò sotto la curva del Cosenza mimando il volo dell’aquila. Il Catanzaro lo scorso anno ha guadagnato la promozione in B a marzo. La sera della festa, con il microfono in mano, Iemmello non si è potuto esimere dal lanciare un coro contro Cosenza. Insomma, anche a distanza di categorie il pensiero della rivalità rimane sempre acceso.

Vivere il derby, a Cosenzadi Francesco La Luna Il bello di tifare per il Cosenza è che non tutti gli anni giochi il derby, il brutto di tifare per il Cosenza è che, quando c’è il derby, l’ansia sale non appena l’arbitro decreta la fine della partita precedente. Immaginatevi quest'anno. Dal triplice fischio della partita contro la Reggiana, ormai quindici giorni fa, non ho avuto che un pensiero: c’è ru derby.

È un pensiero che annulla qualsiasi altra preoccupazione, tranne la scaramanzia, forse la cosa più importante in un derby. Nel febbraio 2015 il Cosenza vince la semifinale di andata di Coppa Italia Serie C contro il Pontedera, arrivando a un passo dalla finale. Un risultato storico, non fosse che la domenica ci sarebbe stato il derby al Ceravolo. Al triplice fischio, la squadra si reca dagli ultras per esultare, ma c’è solo un imperativo: «A Catanzaro, vinciamo a Catanzaro! A Catanzaro, vinciamo a Catanzaro!». La stessa cosa accadde nel 2017, dopo una vittoria per 1-0 contro la Juve Stabia. In entrambe le occasioni abbiamo perso il derby. Sarà stato un caso, ma sono stato contento di non sentire, dalle telecamere di DAZN, lo stesso coro alla fine della partita contro la Reggiana due settimane fa.

Penso che l'aforisma che traduca meglio il sentimento di chi vive il derby a Cosenza, di chi cioè non può viverlo ogni anno, l'abbia pronunciato il filosofo francese François de La Rochefoucauld: l’attesa attenua le passioni medie e aumenta le grandi, diceva.

Il 28 agosto del 2016 fa un caldo boia. Vado a casa di Simone, mio amico fraterno, perché non ho l’abbonamento a Sportube: avrei voluto vedere la partita con mio padre in chiaro, ma per problemi di ricezioni sono costretto ad abbandonarlo. Io e Simone ci conosciamo da vent’anni. Nel corso del tempo, abbiamo costruito un gruppo di amici molto stretti composto da nove persone in totale. Io e lui in quegli anni lì siamo i più legati al Cosenza: lui, da sempre tifoso viscerale, io giornalista in procinto di diventare ufficio stampa della società. Allora, insieme, guardavamo il sorteggio dei calendari, in attesa del derby. Quell’anno era capitato alla prima giornata.

Fischio d’inizio, la tensione, come ogni volta, scende. Il Catanzaro prima ancora di cominciare il campionato aveva esonerato l’allenatore, Alessandro Erra, e aveva messo in panchina, per la partita più importante della stagione, il tecnico della Berretti. Il primo tempo, anche a causa del caldo, finisce 0-0, anche se il Cosenza aveva avuto diverse occasioni. L’unica vittoria in un derby che avessi vissuto era arrivata proprio al Ceravolo, perché in casa, da quando sono nato, non ne avevamo vinto mezzo. Allora ci speriamo.

Inizia il secondo tempo. Corner dalla destra, batte Criaco, incorna Caccetta. Gol. Siamo avanti noi. L’esultanza è contenuta, perché anche l’anno precedente eravamo passati in vantaggio ma alla fine avevamo pareggiato. Stavolta, però, chirillà in campo non ci sono. Corner dalla sinistra, batte Mimmo Mungo, incorna Gambino. 2-0. Ora ci crediamo davvero, ce la facciamo, questo lo vinciamo. Vedo Simone uscire dal balcone e gridare con tutta l’aria che ha in corpo. Chissà se papà alla fine è riuscito a vedere la partita e sta esultando anche lui o se sta dormendo. Punizione laterale dalla destra, Caccetta di testa. 3-0. L’urlo arriva da tutto il mio quartiere, da tutta via Panebianco. Ne sono certo, ha gridato anche papà. Vedo Simone al mio fianco saltare sul letto, mentre io ho le mani in testa e gli occhi lucidi. Abbraccio Simone e aspettiamo il fischio finale fumando sul balcone, mentre i nostri nel settore ospiti si esibiscono in un trenino da Capodanno che avevano già fatto nell’altra vittoria, quella in Coppa Italia del 2014, che sfasciò l’ambizioso Catanzaro di Moriero e Diomansy Kamara. Si va allo stadio ad accogliere i calciatori, Caccetta viene portato in trionfo, Canaletta, storico ultrà Cosenza, da sempre critico nei confronti di Mister Roselli, gli bacia la pelata davanti a tremila persone.

È una notte di festa. È la notte più bella.

Vivere il derby, a Catanzarodi Emanuele Mongiardo

Mi ricordo bene il derby di cui parla Francesco. Ero a lavoro, non avevo Sportube e ho dovuto arrangiarmi come potevo, ascoltando la radiocronaca della partita sul telefono. La nostra squadra era da Serie D più che da C, non mi aspettavo molto di diverso rispetto alla sconfitta, eppure l’annuncio di ogni gol del Cosenza mi entrava nel petto come una coltellata. Lavoravo in uno stabilimento e per fortuna ancora prima del fischio finale è arrivato il momento di chiudere gli ombrelloni ad evitarmi di ascoltare fino all’ultimo quella agonia.

La partita di ritorno si è giocata un giovedì di dicembre. Io per caso mi trovavo dalle parti di Cosenza, ma non allo stadio: ho frequentato l’università a Rende e quella scritta sul muro “Sei bella come un 3-0 a Catanzaro” nei pressi delle aule mi infastidiva ogni mattina. Mi infastidiva per la mia fede, certo, ma anche per la sua banalità da caption da social network. Gli sfottò di una rivalità sono un'altra cosa.

Come all’andata, non avevo nessuna aspettativa per quel derby, era come dover assistere all’esecuzione di un proprio caro condannato alla pena capitale. Il Catanzaro ci arrivava da ultimo in classifica. Il Cosenza era passato in vantaggio a metà secondo tempo. L’incubo si stava materializzando, due sconfitte su due nei derby e un campionato destinato a culminare con la retrocessione. Subito dopo il gol, il cameraman stacca dalla partita per riprendere il settore ospiti. Per rincuorare la squadra, gli ultras espongono uno striscione: “Ci sono battaglie che si vincono con il cuore, avanti aquile!”. Per tutta risposta, i tifosi di casa si lanciano all’unisono in un coro: “Serie D! Serie D! Serie D!”.

Il fatto di non essere mai scesi tra i dilettanti è qualcosa che i tifosi del Catanzaro rinfacciano alle altre calabresi: soprattutto ai cosentini, che di dilettantismo ne hanno masticato parecchio e che amavano così tanto la loro squadra da averne avute persino due nello stesso campionato di Serie D, FC Cosenza e Cosenza 1914. Mentre il San Vito continua a invocare la Serie D, però, un difensore rossoblù sbaglia a respingere un lancio innocuo e regala il pallone a Icardi, centrocampista del Catanzaro, libero di entrare in area e di servire il bosniaco Basrak, che solo davanti al portiere non sbaglia. La partita sarebbe finita 1-1, il Catanzaro avrebbe salvato la sua dignità e soprattutto, a fine stagione, anche la categoria (con i playout).

Come lasciava intendere lo striscione degli UC (gli Ultras Catanzaro), i derby hanno una logica propria, i valori tecnici a volte diventano relativi. Questo lo sanno tutti quelli che hanno vissuto una rivalità cittadina o simile. Quello che è diverso, con il derby di Calabria, è che, nonostante abbia spesso avuto una squadra migliore, il Cosenza sia riuscito a vincerlo solo con le versioni peggiori del Catanzaro. Mi piace allora pensare che, il più delle volte, il risultato contro il Cosenza venga determinato da una sorta di complesso nei nostri confronti: potranno essere più forti, ma quelli a cui tremano le gambe nei derby sono loro.

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