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Fabio Barcellona
Oddo ha cominciato bene
18 dic 2017
18 dic 2017
La partita con l'Inter ha confermato quanto di buono aveva fatto vedere Oddo da quando siede sulla panchina dell'Udinese.
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Fabio Barcellona
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A porre fine all’imbattibilità in campionato dell’Inter di Spalletti alla fine è stata l’Udinese di Massimo Oddo. Da quando si era seduto sulla panchina dei friulani al posto di Luigi Delneri, dopo l’iniziale sconfitta interna contro il Napoli, comunque limitato a solo 8 tiri in porta, Oddo era riuscito ad ottenere due vittorie, contro Crotone e Benevento, oltre a un pirotecnico successo per 8-3 contro il Perugia in Coppa Italia. La partita con l’Inter era una specie di test, dopo aver vinto contro degli avversari alla portata, per misurare il reale miglioramento dell’Udinese portato dal cambio di allenatore.

 



Sia in Serie B che nel suo disastroso esordio in Serie A, Massimo Oddo aveva privilegiato il 4-3-2-1 per il suo Pescara. Aveva fatto poche eccezioni, nell’ultimo confuso periodo della passata stagione prima dell’esonero, giocando con la difesa a 3.

 

Il 4-3-2-1 di Oddo si caratterizzava per la fluidità delle posizioni delle mezzali, degli esterni e persino il teorico centravanti (come in occasione dell’esperimento di Caprari come prima punta). La fluidità delle posizioni offensive rispecchiava, in campo, il calcio che aveva in testa il tecnico, che più volte ha dichiarato di desiderare un calcio di principi e non di schemi. Per Oddo non esistevano giocate prestabilite, ma un calcio offensivo libero, fluido, che centra sulla tecnica e sulle letture individuali dei calciatori la ricerca dei tempi e degli spazi della manovra, finalizzata alla verticalizzazione.

 

Quello del Pescara era un calcio che nei momenti migliori esprimeva una fase offensiva estremamente varia e brillante, ma l’estrema fluidità aveva anche grosse controindicazioni, già evidenti in Serie B, che hanno portato al disastro del Pescara in Serie A. Le transizioni difensive erano sempre di qualità piuttosto scadente, scontando il disordine creato nella precedente fase d’attacco. Anche la fase offensiva non era immune da difetti, soffrendo l’assenza di un canovaccio a cui aggrapparsi quando la scarsa vena dei singoli ingolfava la manovra.

 

Prima di lui, Luigi Delneri aveva impostato l’Udinese secondo un 4-4-2 che, in fase difensiva, si tramutava in un prudente 4-5-1 grazie al ripiegamento sull’esterno della seconda punta, Lasagna o Perica. L’Udinese giocava un calcio molto diretto e atletico, che in fase di non possesso adottava una zona pura, per la verità non particolarmente impermeabile, e una fase offensiva che preferiva sviluppi esterni e il gioco in transizione.

 

Sin dalla prima partita Massimo Oddo, nonostante i soli 5 giorni di lavoro alle spalle, ha deciso di modificare radicalmente l’aspetto tattico della sua squadra, scegliendo un nuovo modulo di gioco, abbandonando la difesa a 4 e puntando decisamente sul 3-5-2.

 

Da un punto di vista difensivo la difesa a 3 di Oddo si trasforma in fase di non possesso in uno schieramento a 5 su palla centrale; su palla laterale, invece, l’Udinese può disporsi con una linea a 4 anche se più frequentemente l’esterno del lato forte sceglie di rimanere basso. Oddo ha anche abbassato il baricentro della squadra e abbandonato la zona pura in favore di una strategia in cui si mira alla gestione degli spazi: l’Udinese adesso cerca di rimanere il più possibile compatta, in posizione medio-bassa, proteggendo il centro del campo e traslando lateralmente il proprio 3-5-2 per intasare il lato forte.

 


Il centrale Stryger Larsen “spezza” la linea per controllare più da vicino l’avversario diretto.


 

In fase d’attacco i friulani giocano un calcio che, dopo le prime fasi di costruzione bassa, cerca velocemente la verticalità. Gli sviluppi della manovra sono orientati dai movimenti delle 2 punte e delle catene esterno-mezzala. I due attaccanti si muovono vicini e in posizione centrale, coordinando reciprocamente i movimenti e, innescati da un passaggio verticale venendo incontro al pallone, ricercano combinazioni strette e rapide tra di loro.

 

Gli esterni e le mezzali si distribuiscono invece gli spazi esterni e profondi dello schieramento offensivo. Se ad occupare l’ampiezza e la profondità sono gli esterni che si alzano, le mezzali rimangono più basse e interne; viceversa se gli esterni assumono una posizione più prudente, le mezzali attaccano gli spazi profondi ai fianchi delle due punte. È un attacco che tende a svuotare il centro e ad aggredire gli spazi creati dai movimenti delle punte, che segue direttrici abbastanza rigide e vincolate da un set di movimenti stabiliti.

 


L’esterno Adnan si alza, la mezzala Jankto si abbassa.


 



Contro l’Inter, Massimo Oddo non ha abbandonato i principi di gioco mostrati nelle sue prime partite alla guida dell’Udinese, adattandoli però alla specificità dell’avversario. In fase di non possesso, in maniera controintuitiva rispetto alle caratteristiche dell’Inter, il tecnico dei friulani ha disposto uno stretto controllo dei centrocampisti nerazzurri, favorito dal fatto che il suo triangolo di centrocampo si adattasse “a specchio” a quello degli avversari. Le mezzali, Barak e Jankto, hanno sempre orientato la propria posizione per marcare gli interni avversari e il mediano Fofana ha seguito da vicino il trequartista dell’Inter, Brozovic. Con i due attaccanti stretti a proteggere il centro, Oddo ha concesso all’Inter l’uscita del pallone verso D’Ambrosio e Santon, invitando di fatto gli avversari a sviluppare la manovra sull’esterno, dove generalmente i nerazzurri riescono ad avanzare grazie alle combinazioni tra i terzini e gli esterni.

 

Se all’inizio del match il piano era quello di uscire aggressivamente con gli esterni sui terzini avversari, scalando alle spalle tutte le marcature, progressivamente l’atteggiamento dell’Udinese si è fatto più prudente. Sulle uscite del pallone verso i terzini scivolavano verso l’esterno le mezzali, coprendo così di fatto l’intera ampiezza del centrocampo con i tre centrocampisti e tenendo fissa una linea di 5 difensori che riusciva contemporaneamente a coprire l’ampiezza e la profondità.

 


Le marcature in mezzo al campo dell’Udinese.


 


L’adattamento della strategia difensiva a partita in corso ha funzionato bene, dimezzando il numero di tiri concessi all’avversario nella ripresa e creando i presupposti per l’ottimo secondo tempo dei friulani.

 


La palla si muove verso il terzino D’Ambrosio. Jankto lascia il centro e scivola sul terzino nerazzurro. Dietro la linea a 5 rimane compatta.


 

Anche in fase d’attacco Oddo ha aggiustato il suo 3-5-2 in previsione della partita che avrebbe, con ogni probabilità, dovuto affrontare. Sino alla partita contro l’Inter, l’Udinese aveva schierato 2 punte pure, disposte vicine e in orizzontale, e per innescare le previste combinazioni tra le due punte era necessario consolidare il possesso con la costruzione bassa e alzare il baricentro della squadra. Contro i nerazzurri era prevedibile che l’Udinese avrebbe avuto qualche difficoltà sia a costruire con pazienza dal basso che ad alzare il proprio baricentro, abbastanza da rendere efficace l’innesco delle giocate tra i due attaccanti. Quindi, in previsione di un match da giocare essenzialmente in transizione, Oddo ha scelto di disporre i suoi giocatori offensivi in verticale, scegliendo De Paul e la sua tecnica come raccordo alle spalle del centrocampo avversario su cui appoggiarsi per risalire il campo e i tagli profondi di Lasagna per allungare la difesa nerazzurra e provare a sfruttare gli spazi ampi.

 

La posizione e la prestazione di De Paul sono stati fondamentali per le fortune offensive dell’Udinese, che è riuscita a produrre 2 xG più il rigore realizzato dallo stesso calciatore argentino. Le ricezioni del trequartista hanno consentito alla squadra di alzarsi e hanno dato il tempo ai letali inserimenti delle due mezzali, Barak e Jankto, come in occasione dello splendido terzo gol dei friulani.

 


Il terzo gol dell’Udinese: De Paul riceve tra le linee e fornisce il tempo dell’inserimento a Jankto, che verrà servito esternamente e andrà al cross e a Barak che finalizzerà centralmente.


 



L’ottima stagione a Pescara in Serie B, e il gioco brillante e divertente, avevano portato Massimo Oddo al centro dell’attenzione. Considerato come uno dei più promettenti giovani allenatori italiani, le sue idee si erano scontrate con il cinismo e la brutalità della Serie A italiana. La scorsa stagione Oddo aveva terminato la sua esperienza nella massima serie senza nemmeno una vittoria e la generale impressione che, al netto del basso livello della rosa a disposizione, la fedeltà ai suoi principi di gioco fosse stata una scelta ingenua e superba, pagata a caro prezzo e indice dell’immaturità dell’allenatore.

 

L’Udinese ha concesso presto una seconda chance ad Oddo che la sta sfruttando al meglio, ottenendo 4 vittorie in 5 partite ufficiali, compreso l’ultimo prestigioso successo in trasferta contro l’Inter. Oltre a risultati, a sorprendere è anche l’impostazione tattica dell’Udinese: in assoluta controtendenza con la sua precedente esperienza, Oddo ha ideato una squadra compatta, dal baricentro basso e che gioca un calcio d’attacco piuttosto diretto e rigido, molto diverso da quello palleggiato e molto libero impostato a Pescara.

 

Il tecnico dei friulani ha tracciato il disegno tattico dell’Udinese adattandolo alle caratteristiche dei sui calciatori. Ha impostato la difesa a 3, favorendo Danilo (più a suo agio alle spalle di due marcatori) e assecondando le qualità di Widmer e Adnan, esterni difensivi in difficoltà se impiegati come terzini puri. Ha inoltre abbassato il baricentro della squadra per ovviare ai problemi della difesa della profondità sempre presenti con Delneri, ottenendo al contempo spazi in avanti da attaccare sfruttando a meraviglia le doti atletiche e tecniche delle due interessantissime mezzali delle Repubblica Ceca: Jankto e Barak, dotati di grande corsa, inserimento e capacità di finalizzazione. A completare il centrocampo, che deve spesso coprire l’intera ampiezza del campo con soli 3 giocatori, c’era un altro giocatore di grande corsa e atletismo come Fofana, impiegato come mediano.

 

Anche l’attacco posizionale è ritagliato sulle qualità delle due mezzali, con le due punte vicine e strette che liberano spazio per gli inserimenti da dietro di Jankto e Barak, e un gioco che, una volta consolidato il possesso basso, tende ad arrivare velocemente alla conclusione.

 

Inoltre, la partita con l’Inter e le prime variazioni sul tema del 3-5-2, hanno mostrato la capacità di Oddo di adattare il disegno generale alle esigenze della singola partita. Alla fine della partita con l’Inter, Oddo, che ama molto parlare di calcio giocato in conferenza stampa, ha rivendicato la coerenza del suo percorso di allenatore, ricordando, a ragione, il suo rifiuto di un sistema di gioco migliore a priori e la centralità dei calciatori nella costruzione del suo gioco. Paragonando l’Udinese al suo vecchio Pescara, ha sottolineato come i friulani abbiano calciatori dotati di grande forza e corsa, capaci di risalire velocemente e in maniera diretta il campo partendo da un prudente baricentro basso, capacità che invece non aveva a disposizione la passata stagione e che forzava gli abruzzesi a avanzare verso la porta avversaria palleggiando con continuità.

 

La Serie A ha dato una nuova possibilità a uno degli allenatori giovani più interessanti del panorama italiano e Oddo sembra davvero che la stia sfruttando al massimo, mostrando una maturità e una capacità di adattamento alle situazioni e ai suoi giocatori, che erano stati messi fortemente in dubbio dalla disastrosa esperienza in massima serie con il Pescara.

 

 

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