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Estremi difensori
27 mag 2016
27 mag 2016
La finale di Champions League sarà anche la sfida tra Jan Oblak e Keylor Navas.
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La Champions League finora ha impedito al campione in carica di ripetersi al secondo anno, ma ha paradossalmente creato un terzetto di casi nei quali la stessa finale si sia ripetuta a due anni di distanza. Dopo la celebre vendetta del Milan sul Liverpool dopo la sanguinosa Istanbul, passando per la doppietta 2009-2011 del Barcellona sul Manchester United, adesso è l'Atletico Madrid ad avere ora l'opportunità per rovesciare la supremazia cittadina sancita dal Real nella rocambolesca finale di Lisbona di due anni fa.

Cosa è cambiato

L'Atletico Madrid si presenta a San Siro con una rosa radicalmente cambiata, dalla finale di Lisbona ad oggi Simeone ha dovuto salutare Courtois, Diego Costa, David Villa, Arda Turan, Miranda, Mario Suarez e Raul Garcia. Sostituendoli con Oblak, Gimenez, Savic, Saúl Ñíguez, Griezmann, Ferreira-Carrasco, Augusto Fernandez e Torres. Anche il Real Madrid è cambiato molto, a cominciare dai tre allenatori ruotati in meno di un anno, ma sopratutto ha perso Angel Di Maria che a Lisbona fu probabilmente il migliore in campo. Invece, quello che due anni fa sarebbe stato il capro espiatorio madridista in caso di sconfitta, il capitano Casillas (autore di un'imperdoabile uscita in occasione del gol di Godin) è stato lentamente accompagnato fuori dallo spogliatoio e degnamente sostituito dal costaricano Keylor Navas.

La scellerata uscita di Casillas che rischiava di costare la Décima al Real.

I due nuovi portieri delle squadre madrilene arrivano a giocarsi la finale di Milano attraverso percorsi che presentano affinità. Keylor Navas e Jan Oblak sono stati acquistati nell'estate del 2014 dopo essere esplosi in differenti competizioni a eliminazione diretta. Il Mondiale in Brasile ha messo in luce il portiere della Costa Rica (eliminata ai quarti dall'Olanda, e solo ai calci di rigore) che al termine della manifestazione ha firmato un contratto con il Real, venendo da 5 stagioni in club di secondo livello come Albacete e Levante.

Oblak invece è uno dei tanti sventurati ad essere passati attraverso la maledizione di Bela Guttmann: dopo aver eliminato la Juventus in semifinale di Europa League il portiere sloveno ha chiuso la propria avventura al Benfica con la sconfitta in finale ai rigori contro il Siviglia. Il suo trasferimento all'Atletico Madrid è costato 16 milioni di euro e lo ha collocato al quinto posto nella graduatoria dei portieri più pagati nella storia, dietro soltanto a mostri sacri come Buffon, Neuer, De Gea e Peruzzi.

La scalata

Keylor Navas arriva a quasi 30 anni a giocarsi la partita più importante della carriera, e lo fa a meno di un anno di distanza da quello che forse è stato il momento più difficile della sua carriera. Quando, cioè, nell'estate del 2015 il Real Madrid ha puntato fortissimo sull'acquisto di De Gea, un accordo con il Manchester United che prevedeva proprio Navas come diretta contropartita. Il 31 agosto qualche intoppo burocratico ha impedito il doppio trasferimento: il Real Madrid ha successivamente pubblicato un comunicato ufficiale in cui precisava minuto per minuto tutte le colpe delle tardive negoziazioni dello United. I dati della trattativa di Navas sono giunti a destinazione del Real 2 minuti dopo la mezzanotte, e gli addetti dei Blancos hanno trovato il server già chiuso e impossibilitato a registrare una nuova trattativa, definitivamente saltata.

Keylor Navas ha successivamente raccontato di essere esploso in un pianto appena tornato a casa dalla moglie: «Quel 31 agosto è stato uno dei peggiori giorni della mia carriera. Ho pianto, vicino a mia moglie, quando la finestra di calciomercato si è chiusa. Sono umano e in quel momento mi è crollato tutto intorno». Non è difficile rintracciare in tutta l'operazione di mercato una certa sfiducia dell'ambiente del Real nei confronti della figura di Keylor Navas come titolare. Forse il crollo di nervi è stato dovuto proprio a questo: «Era una situazione complicata. Io volevo giocare e venire superati da altri nelle scelte è qualcosa di difficile da interpretare. Alle 19 di quel giorno il mio agente mi disse: "Devi prendere un aereo", e io ero pronto a partire».

Eppure Navas nella sua prima stagione al Real (da riserva) non era andato poi così male.

Sviscerare di nuovo questa situazione a distanza di mesi è piuttosto singolare, considerando che Navas è considerato da molti come uno dei migliori al mondo di questa stagione. Erick Lonnis, portiere della Costa Rica ai Mondiali del 2002 (titolare contro il Brasile), ha detto di lui: «Questo di Keylor lo vedo come un sogno sportivo, mediatico, nazionale, che è diventato realtà e che bisogna vivere più intensamente possibile. Vedendo ciò che ha passato è come quando guardo mia figlia, mi sembra una bugia che sia mia figlia. La stessa cosa è con Keylor al Real: siamo dei privilegiati che vivono questo sogno insieme a lui».

Sembrerebbe fortissima in patria l'eco delle imprese sportive di Navas che soltanto 6 anni fa, a 24 anni, difendeva ancora la porta del club nel quale è cresciuto, il Deportivo Saprissa, e ha compiuto una scalata verticale in età già piuttosto avanzata. Navas ricorda di aver visto, quando aveva appena cinque anni, un portiere dodicenne compiere una gran parata e che quello è stato il momento in cui ha deciso in che ruolo giocare: «È un'immagine che non dimenticherò mai. Quando vidi quel portiere promisi a me stesso che sarei diventato come lui».

A sedici anni è passato al Deportivo Saprissa per duemila dollari, dopo aver fatto il portiere nella scuola calcio dell'ADEFIP di San Isidro e, prima ancora, quando giocava nel suo quartiere, l'attaccante: «Gli piaceva giocare fuori dall'area e per questo motivo gioca bene con i piedi», ricorda Guillermo Trejos, direttore dell'ADEFIP.

I momenti migliori del Deportivo Saprissa (con Navas in panchina) al Mondiale per club del 2005, il primo vero dopo l'esperimento del 2000.

Si svincolò dal Saprissa a 24 anni per sbarcare in Europa nell'Albacete in Segunda División e dopo una sola stagione passò al Levante nella massima serie: «Fu un periodo duro, ero riserva di Gustavo Munúa, ma ho superato i momenti difficili. Essere secondo mi demotivava, ma Dio era con me». Dieci presenze complessive nelle prime due stagioni ma poi l'esplosione dopo l'estate del 2013, la nomina come miglior portiere della Liga 2013-14, i Mondiali in Brasile in cui fu nominato per 3 volte uomo-partita, il Real Madrid e la presa della porta dei Blancos fino alla finale di Champions.

Navas esterna molto spesso in questo modo la sua profonda fede religiosa.

Oblak (1993) è più giovane di Navas ma la sua gavetta non è stata meno difficoltosa. Nel 2003 entra a far parte dell'Olimpija Lubiana, club della capitale della sua Slovenia: alla stessa età di Donnarumma, nel 2009-10, debutta e totalizza 33 presenze che lo portano al Benfica dopo aver rifiutato un contratto con l'Empoli nella stagione precedente.

Da lì, però, inizia una serie di prestiti che lo faranno dubitare delle proprie possibilità di sfondare nel grande calcio: «Dopo la sua partenza per il Portogallo ci sentivamo sempre. Era molto infelice perché non giocava e voleva tornare a casa. Per fortuna non ha mollato, gli piace lavorare e ha il coraggio di mettere la testa dove altri non la metterebbero per paura», ha raccontato il preparatore dei portieri ai tempi dell'Olimpija.

Oblak per un anno e mezzo non vede il campo, fino al 15 gennaio 2012 in cui debutta in Primeira Liga con l'União de Leiria. Sedici presenze in quella stagione e ventotto in quella seguente al Rio Ave lo fanno ritornare alla base, dove parte come secondo di Artur e conclude la stagione come titolare, finalista in Europa League e acquistato con una cifra record dall'Atletico Madrid.

I migliori interventi di Oblak con la maglia del Benfica.

L'investimento che la dirigenza dell'Atletico ha fatto su di lui per fargli raccogliere l'eredità prestigiosa di Courtois e De Gea è sembrato ingiustificato quando, nei primi 6 mesi, Oblak ha perso subito il posto da titolare lasciando spazio a Miguel Ángel Moyà. Il portiere sloveno ha recuperato la sua posizione di titolare soltanto negli ottavi di finale di ritorno in Champions League contro il Bayer Leverkusen, a seguito di un infortunio dello stesso Moyà. Per poi tenersi stretto il posto fino alla finale di quest'anno.

Skillset

Gabelo Conejo, portiere della Nazionale costaricana ai Mondiali di Italia '90, dice di Navas: «Assomiglia a Casillas per i suoi riflessi e a Victor Valdés nel gioco con i piedi». Navas è alto 1,83 metri per 78 chilogrammi di peso e tra i pali è un portiere fortissimo e assolutamente completo. Abbina riflessi straordinari ad uno strapotere fisico che gli permette di essere estremamente esplosivo con le gambe ed essere efficace in qualsiasi tipo di parata e nella gestione degli uno contro uno con l'attaccante.

Le misure di Navas sembrerebbero insufficienti per un portiere di alto livello, se non fosse che dispone di un'esplosività nelle gambe che gli consente di compiere efficaci interventi su violenti tiri a mezza altezza o sotto la traversa allo stesso modo - e forse meglio - di un portiere di 10 centimetri più alto. In tutto questo il costaricano è aiutato dalla sua capacità di allungare ulteriormente il corpo attraverso l'uso della mano di richiamo.

Keylor Navas è talmente abituato all'uso della mano di richiamo che talvolta ne abusa perfino sulle palle basse, situazioni nelle quali eccelle per natura anche grazie alle misure da normotipo. In generale il suo stile non è perfettamente ortodosso: spesso su una palla bassa conclude l'esecuzione dell'intervento con la pancia a terra, particolare che i preparatori dei portieri italiani considerano un difetto tendenzialmente da eliminare.

Navas ha inoltre una vastissima gamma di soluzioni per risultare vincente dall'uno contro uno sull'avversario: è molto abile a capire se temporeggiare e chiudere straordinariamente bene lo specchio della porta in una posizione intermedia tra il tiratore e la linea di porta o se invece, in situazioni differenti dove ha più tempo, lanciarsi più direttamente verso l'avversario e addirittura riuscire a leggere già in anticipo la direzione della conclusione.

Qui Navas capisce che ha tempo e possibilità per andare direttamente addosso a Nili Perdomo del Las Palmas e capisce che il suo avversario andrà direttamente al tiro. Esce così aggressivo anche perché sa di avere un paio di compagni alle spalle a proteggergli la porta.

Navas è inoltre talmente forte nelle uscite basse - anche su cross bassi laterali - che spesso riesce a prevenire queste situazioni togliendo in anticipo la palla dai piedi dell'attaccante: in alcune circostanze interviene in maniera poco elegante con le gambe in avanti a protezione del corpo, non si capisce se per il fatto che non sempre è pulito nei gesti tecnici o se invece utilizza un po' di malizia per difendersi dall'attaccante avversario.

Oblak non è molto più alto di Navas, 188 centimetri per 83 chilogrammi, ma ha una struttura fisica differente, più longilinea. Questo si traduce in qualità fisiche e conseguentemente tecniche differenti tra i pali: Oblak non ha la stessa forza esplosiva nelle gambe di Navas ma compensa con una eccellente capacità di coprire la porta allungando le braccia. È piuttosto frequente vedere il portiere sloveno compiere interventi distendendo gli arti superiori e contemporaneamente bloccando il pallone, altro fondamentale in cui spicca. In compenso fa un po' più fatica rispetto a Navas a effettuare interventi con palla lontana dal corpo, proprio per mancanza di esplosività.

Questo è un tipo di intervento abbastanza usuale per Oblak, neanche stilisticamente troppo corretto per il modo di portarsi la palla al petto ma quasi sempre efficace.

L'abilità nella presa in allungo rende Oblak uno dei portieri più aggressivi e spesso efficaci al mondo nelle uscite alte. È strano notare come, nonostante Oblak sembri un portiere decisamente propenso a prendersi responsabilità sulle palle alte, Keylor Navas nella Liga abbia un dato statistico per 90 minuti superiore allo sloveno sia nelle uscite totali (2,35 contro 2,08) che in quelle di pugno (0,41 contro 0,32). In Champions League la situazione si inverte, con Oblak che prevale con 2,25 uscite per 90 minuti rispetto alle 2 nette di Navas che però ne effettua più di pugno (0,70 contro 0,32), dimostrando statisticamente quella che spesso è una scelta ampiamente percepibile a vista e che maschera qualche incertezza nella presa alta. Il dato della Champions è comunque pesantemente spostato dalle 4 partite in trincea dell'Atletico contro Barcellona e Bayern, contrapposte alle ultime 4 del Real in cui ha sempre avuto il possesso favorevole (addirittura in quella persa a Wolfsburg ha il dato più alto, 58,2%) con una media del 55,3%.

Le differenti scelte nella costruzione del gioco che Real e Atletico fanno si riflettono in maniera evidente sul gioco con i piedi dei rispettivi portieri. Il Real Madrid in questa stagione ha spesso mostrato un'evidente disconnessione nella trasmissione del pallone (e con differenti soluzioni provate) ma nonostante tutto ha sempre insistito nella costruzione dal basso:

Il primo periodo di Benitez: nonostante la presenza di Kroos più vicino ai centrali (con Modric più avanti) in questo caso è Casemiro ad abbassarsi per dare un'opzione ai centrali anche senza una vera e propria salida lavolpiana.

Zidane invece ha inizialmente rinunciato a Casemiro, per poi rendersi conto della sua imprescindibile importanza nell'assetto difensivo. Lo ha però perennemente alzato oltre la linea dei costruttori bassi di gioco (Modric e Kroos generalmente, come in questo caso nel ritorno contro il Wolfsburg) che faticavano però in questo modo a innescare l'azione e lo rendevano totalmente inutile in fase di possesso.

Ma mentre in situazioni come i retropassaggi i difensori del Real Madrid si aprono per dare un'opzione pulita al portiere, e non costringerlo a ricorrere per forza ai lanci lunghi, l'Atletico costruisce l'azione solo contro squadre schierate particolarmente basse (magari quelle della parte destra della classifica della Liga), rinunciando spesso volontariamente a trasmettere il pallone dal portiere ai centrali. Anzi, invitandoli ad alzarsi per compattare i reparti sulla seconda palla derivante dal rinvio lungo di Oblak, quasi sempre diretto centralmente a Torres o verso Saúl Ñíguez. In finale, probabilmente, Oblak insisterà proprio sul lato destro per sfruttare il duello aereo favorevole di Saúl con Marcelo (come faceva anche il portiere del Wolfsburg, Benaglio, che lanciava quasi sempre dalla parte di Bruno Henrique).

Il Real non ha un pressing particolarmente organizzato e Godin avrebbe l'opportunità di abbassarsi, ma rinuncia volontariamente perché sa che il piano gara dell'Atletico prevede quasi esclusivamente palle lunghe.

Non stupisce, quindi, che la lunghezza media dei passaggi di Oblak (46 metri nella Liga, 45 in Champions) sia decisamente superiore a quella di Keylor Navas (37 metri in Liga e 35 in Champions) e che ovviamente il portiere del Real abbia una percentuale di successo maggiore (prevale per 64% a 47% in campionato e per 66% a 51% in coppa).

Nonostante Conejo abbia paragonato Navas a Victor Valdés per l'abilità con i piedi, e nonostante lo stesso Navas abbia detto di giocare «bene con entrambi i piedi, è una delle mie qualità», i suoi disimpegni a terra si limitano generalmente ad appoggi semplici verso uno dei due centrali. Anche nei rilanci lunghi verso un elemento del tridente - seppur effettuati a volte anche con il piede sinistro - Navas tende a calciare con il busto arretrato e con il pallone che si alza molto a campanile, e molto spesso anche la gittata non è corretta, soprattutto in situazioni dinamiche.

Il costaricano ha invece una buona precisione in un tipo di rilancio: quello verso un terzino che si è alzato a seguito dell'allargamento dei due centrali, che è però sconsigliabile perché è un invito ad un agevole pressing avversario vicino alla linea laterale, con la squadra che ha tempo per organizzare gli uomini in pressione mentre il pallone fluttua lentamente in aria.

Il lancio di Navas verso il terzino Nacho Fernandez è preciso, la ricezione avviene però praticamente sulla linea di metà campo e il controllo non riesce a trasformarsi in uno stop a seguire in avanti, rimanendo statico. La Real Sociedad può così pressare efficacemente sulla linea laterale.

L'efficacia sui rilanci lunghi tenderebbe ad essere favorevole a Oblak, pur non disponendo di una tecnica superiore a Navas né di sponde più efficaci di quelle del Real. Semplicemente il portiere sloveno va al rilancio trovando sempre una squadra molto compatta nella zona della palla. I centrali del Real che si abbassano (e spesso anche Kroos, e molte volte anche in compagnia di Modric) e si allargano impediscono a Navas di trovare una squadra corta ad aggredire il rinvio lungo che i merengues utilizzano quasi sempre come opzione di riserva alla costruzione dal basso.

Essere decisivi

Il manifesto del contributo decisivo di Oblak alla seconda finale dell'Atletico in 3 anni è il rigore parato a Müller (e la successiva ribattuta di Xabi Alonso) nella semifinale di ritorno a Monaco di Baviera. Il gesto tecnico del rigore parato è in realtà un velleitario esercizio di retorica eroica verso il portiere che, senza una qualche imprecisione del tiratore, il rigore non lo parerebbe praticamente mai. Eppure paradossalmente senza quel rigore l'Atletico - che aveva iniziato il match in una condizione psicologica di assoluta sudditanza nei confronti del Bayern - difficilmente sarebbe uscito vivo da una partita che più di ogni altra ha messo in crisi il suo assetto difensivo. Il rigore che doveva dare lo slancio definitivo al Bayern ha in realtà sbloccato psicologicamente l'Atletico: e un po' di merito è anche di Oblak.

Per la verità quella non è sicuramente stata la migliore partita della sua carriera: in un paio di occasioni la sua presa solitamente ferrea ha funzionato a intermittenza, e la sua consueta aggressività sulle palle alte è diventata eccessiva in occasione del gol di Lewandowski, dove il portiere dell'Atletico non aveva l'opportunità di intervenire ma dove invece il suo accenno di movimento lo ha fatto rimanere colpevolmente a metà strada.

Le abilità di Oblak sono state determinanti nei bunker costruiti dall'Atletico per resistere agli assalti di Barcellona e Bayern. L'ordine difensivo e la ferocia agonistica dei colchoneros hanno fatto sì che non abbia dovuto compiere una quantità esagerata di parate, e anche quelle poche effettuate non sono state particolarmente spettacolari o proibitive. Il portiere sloveno, nonostante la linea difensiva a volte schiacciata perfino nell'area piccola, non ha tuttavia diminuito il volume delle sue uscite nelle quali a volte partiva da una posizione praticamente coincidente a quella di un centrale difensivo. Oblak non ha nemmeno avuto paura di compiere diversi interventi di pugno con la palla molto lontana dal corpo e travolgendo un avversario, pur consapevole di trovarsi in un'area affollata da molti compagni ma anche da molti avversari pronti a raccogliere la respinta ed eventualmente ribattere in rete.

Il contributo offerto da Keylor Navas nel cammino nel percorso che ha portato il Real in finale è stato magari inferiore, alla luce di sorteggi fortunati e partite in cui a prescindere dal risultato finale la squadra di Zidane ha comunque controllato il possesso. Il costaricano, però, è stato fondamentale nell'arginare i tentativi di rimonta della Roma (che è forse la squadra che nonostante tutto ha messo più in difficoltà i merengues) neutralizzando due clamorose occasioni capitate a Dzeko e Salah grazie alla sua straordinaria capacità di chiudere lo specchio della porta nell'uno contro uno e un'altra a Florenzi in tuffo. Contro il Manchester City, negli ultimi decisivi minuti della partita di ritorno, Navas è stato costretto a una doppia uscita di testa fuori area che ha confermato le sue abilità nelle letture di queste situazioni e anche una certa dose di sangue freddo.

Il peso che avranno Oblak e Navas sulla finale lo decideranno le situazioni di gioco, il coraggio, le giocate individuali e gli episodi. Una delle due belle storie di questi due numeri uno si concluderà con il più prestigioso titolo continentale, l'altra dovrà aspettare e superare uno dei tanti momenti difficili che si trovano sulla strada di chi come mestiere sceglie quello di portiere.

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