Al centro sportivo del PSG, un bambino di 13 anni guarda con ammirazione Ronaldinho e Anelka allenarsi: anche lui ha la tuta dei parigini, gioca nelle giovanili già da due anni. È il 2001, gli emiri qatarioti sono oltre ogni possibilità di immaginazione, meno di un sogno. Più o meno la stessa probabilità di avverarsi del sogno del tredicenne Steven, che guardando quei due grandi giocatori divertirsi, pensa: “perché non io?”.
Circa 10 anni dopo, un fondo qatariota acquista il PSG e Steven, che di cognome fa N’Zonzi, è un calciatore professionista del Blackburn, in Premier League. Gli inglesi sono stati acquistati pochi mesi prima da Venky’s, controllata del gruppo indiano VH, colosso dell’industria del pollame, sbandierando un sogno che potrebbe già in qualche modo chiudere il cerchio: nel mercato invernale si favoleggia infatti l’acquisto di Ronaldinho (e Beckham). Nel frattempo, però, la nuova proprietà aveva esonerato Allardyce a metà stagione, una mossa apparentemente illogica. Non arrivano i grandi giocatori promessi, c’è un’aria strana intorno alla squadra, e il mercato estivo del 2011 sarà soprattutto ricordato per un assurdo spot in cui i giocatori del Blackburn mangiano pollo Venky’s nello spogliatoio. È l’inizio della fine per i Rovers, che retrocederanno rovinosamente a fine stagione, e una brutta battuta d’arresto per Steven.
Il sogno di diventare calciatori professionisti è di per sé estremamente difficile da realizzare, e diventare grandi giocatori, come Ronaldinho e Anelka, è quasi ai limiti dell’impossibile: Steven si può accontentare di quello che ha fatto e può essere orgoglioso del suo percorso tortuoso e di aver superato molte difficoltà. Ma il suo sogno non è ancora pienamente realizzato: non è ancora al livello dei campioni che vedeva da bambino.
L’inglese
Il 19 maggio 2015 N’Zonzi dovrebbe ricevere il premio di giocatore dell’anno alla festa di fine stagione dello Stoke City: non si presenta, adducendo motivi personali. Non può presentarsi, in realtà: quel giorno infatti era stato trattenuto dalla polizia per accertamenti, a seguito dell’accusa di aver aggredito la moglie. In quel momento tutti i sacrifici di una carriera sembrano poter svanire nel nulla: ma spesso nella vita di N’Zonzi gli eventi sono ingannevoli, le conseguenze mutevoli.
Di sacrifici, in effetti, ne aveva fatti molti. A 14 anni è stato mandato via dal PSG perché troppo alto e magro, e per lo stesso motivo ha cominciato a giocare da attaccante, nel suo girovagare per le giovanili delle squadre francesi: la questione del fisico che inganna (definizione di Monchi, Ds del Siviglia) rimarrà centrale nella sua carriera. L’ingresso nel calcio professionistico passa per Amiens: dopo due anni giocati nella seconda squadra, in quinta divisione, Steven ha esordito tra i professionisti, in Ligue 2, a 19 anni, raccogliendo solo 3 presenze, e poi ha firmato il primo contratto da professionista: niente che facesse pensare a un grande giocatore, non almeno un predestinato.
Un goffo N’Zonzi, alle prime presenze estive nel Blackburn, si fa rubare il pallone da Okaka.
Tutto il tempo perso quando il suo fisico si stava sviluppando, riesce a recuperarlo in pochi anni: diventa titolare nell’Amiens, e vari club inglesi si interessano alle sue qualità (si parla subito di “nuovo Viera”: un paragone sballato ma che arriverà fino ad oggi). La spunta il Blackburn: a soli 21 anni, e con la sola esperienza della Ligue 2, l’allenatore Allardyce lo ritiene già pronto per giocare da titolare.
Utilizzato davanti alla difesa in un doble pivote, o da interno di centrocampo, i tre anni di N’Zonzi a Blackburn scorrono senza highs and lows: è fisicamente prestante, dall’alto del suo metro e novanta, ma non è dominante, perché poco muscolare; è intenso a sufficienza, ma non estremamente dinamico; è tecnicamente valido, ma non ha la costanza nel servire assist dalla trequarti. Un utile mestierante di centrocampo, ed è così che viene acquistato dallo Stoke City, in seguito alla retrocessione dei Rovers, per 3,5 milioni di sterline: in ogni caso una bella plusvalenza per il club che aveva speso solo 500mila sterline per il suo trasferimento dalla Ligue 2.
Con Tony Pulis continua l’addestramento a un calcio molto fisico, e N’Zonzi impara a usare il proprio corpo, spesso impiegato da interno di centrocampo, ruolo che preferisce ma per il quale è richiesta un’intensità fisica sopra la norma in Premier. Ormai non c’è più traccia del paragone con Vieira, è evidente a tutti che N’Zonzi non ha quel dominio fisico, con e senza il pallone. N’Zonzi è un false friend in Premier League: viene usato in sistemi che ne sfruttano solo le caratteristiche fisiche evidenti, che sono allo stesso tempo le sue minori qualità.
La sua specialità è ricevere tra le linee: qui poi ci mette anche uno splendido tiro da fuori area, nell’ultima partita di Gerrard con il Liverpool.
L’unico ad accorgersene è Mark Hughes, che sostituisce Pulis alla guida dello Stoke e decide di cambiare la squadra: da un calcio fisico al passing game. Si parla addirittura di “Stokelona”, per evidenziare il cambio culturale, e viene acquistato anche un giocatore made in Barcelona come Bojan. Nel nuovo sistema, N’Zonzi finalmente fiorisce: nessuno come lui è in grado di aprire linee di passaggio in ogni zona di campo, preferibilmente dietro la linea di centrocampo avversaria.
La sua vera natura non è quella del centrocampista difensivo, ma del giocatore taglialinee: con i suoi passaggi, con le conduzioni palla al piede e con la sua abilità nel posizionamento. Insomma, il centrocampista perfetto per ridurre la velocità di gioco dello Stoke: paradossalmente, grazie al cambio di sistema, N’Zonzi comincia a correre di più, tanto da risultare a fine 2014 il giocatore con più miglia percorse in Premier. Si tratta del percorso di chi è sempre in movimento per garantire una linea di passaggio al compagno, muovendosi in verticale e in orizzontale su una vasta zona di campo. In questo video, tutti i pregi e i difetti di N’Zonzi nello “Stokelona” in poco più di un minuto: si fa trovare due volte libero dietro la linea di pressione avversaria, conduce bene palla al piede e scende ad aiutare la costruzione bassa. Ma non ha molta intensità fisica e si impegna poco nella chiusura delle linee di passaggio, tanto che trotterella mentre il passaggio di Fabregas gli scorre a lato.
Finalmente le qualità di N’Zonzi vengono sfruttate, e anche la sua fisicità non viene più storpiata: addirittura Hughes lo posiziona spesso fuori area in occasione dei calci piazzati, e gli concede grande libertà di movimento, senza chiedergli troppo lavoro in fase difensiva. C’è sempre un holding midfielder a proteggergli le spalle, permettendogli di pressare più in avanti. Proprio quando sembrava essere ormai nel sistema più adatto alle sue qualità, N’Zonzi decide di lasciare: da tempo cercava una squadra con maggiori ambizioni, e nonostante l’impegno di Hughes nel trattenerlo, nell’estate 2015 decide di trasferirsi al Siviglia.
Lo Spagnolo
Le lacrime del Ds Monchi, sul pullman del Siviglia appena uscito dal King Power Stadium di Leicester, nascondono varie storie, sintetizzate dall’eliminazione dalla Champions League agli ottavi di finale. Appena prima, però, Monchi si era diretto al centro del campo, a partita finita, guardando nel vuoto: e chissà se in quel momento pensava che a chiudere il suo sogno europeo da tifoso sevillista era stato un suo pupillo. Monchi aveva firmato la sua condanna europea quasi due anni prima: quando aveva acquistato N’Zonzi, l’uomo che ha sbagliato il rigore a 10 minuti dalla fine della partita di ritorno.
N’Zonzi non è un duro: basta guardarlo in questa intervista surreale (con domande tipo “Qual è il miglior paese per rimorchiare?”) per capire la sua normalità.
Il Siviglia era una destinazione bizzarra per un centrocampista ormai radicato nella Premier: ma nessuna delle grandi squadra inglesi credeva in N’Zonzi (probabilmente perché troppo poco “inglese” per quel campionato). Monchi invece sì: lo seguiva dai tempi del Blackburn, secondo lo stesso giocatore, se non addirittura dai tempi dell’Amiens. Nel giorno della presentazione del nuovo acquisto, il Ds sottolineò subito che N’Zonzi “tiene mucho fútbol”, non è il giocatore solo fisico da piazzare davanti alla difesa.
Appena arrivato a Siviglia, durante l’estate vive momenti durissimi: non si adatta al clima andaluso, arrivando quasi a svenire per il caldo, e contrae la salmonellosi (“ho pensato che fosse la fine”), e viene espulso nella partita d’esordio: il quotidiano El País ad ottobre 2015 titola già “El calvario de N’Zonzi”. Emery ha raccontato che N’Zonzi non riusciva ad abituarsi alla città e chiedeva di essere ceduto, e di averlo mandato via per tre giorni per chiarirsi le idee. Almeno viene assolto dall’accusa di aver aggredito la moglie: insomma, tempi difficili.
Nel Siviglia, forse N’Zonzi si aspettava di trovare un calcio più aperto e simile alle sue inclinazioni: invece non solo Emery lo utilizza immediatamente per le sue doti fisiche, posizionandolo sulla trequarti per i rinvii dal fondo in modo da sfruttarne le doti aeree (diventa così il terzo miglior saltatore della Liga, con 3.4 duelli aerei vinti per 90 minuti), ma lo spinge a lavorare molto sulle sue capacità difensive, mai davvero sviluppate. Lo sistema nel doppio pivote, una barriera umana in cui svetta Krychowiak, vero centrocampista difensivo. N’Zonzi ha più libertà di muoversi, ma non troppa: le tre mezzepunte dettano i passaggi tra le linee, e in caso di difficoltà non è lui a salire, per creare una linea di passaggio, ma Banega ad abbassarsi nella propria metà campo. Con Emery, insomma, N’Zonzi non è il riferimento principale nella propria metà campo, né con la palla né senza. In una squadra che non fa del possesso la sua cifra stilistica, il centrocampista francese è poco coinvolto sia nel far salire la palla che nel cercare soluzioni sulla trequarti (così come il suo compagno di zona, Krychowiak), ma più a garantire la compattezza e l’equilibrio della squadra. Pressione, bloccare le linee di passaggio, ritorno in linea: questi i tre concetti principali difensivi per Emery, e in questo aspetto N’Zonzi migliora notevolmente, passando da 0,81 (allo Stoke) a 1,96 passaggi intercettati per 90 minuti