«Tutti i grandi prima o poi perdono. Ma questo pensiero non mi sfiora quando entro nell’ottagono. Non posso pensarci. Penso sempre che sono l’Aquila e che devo afferrare qualcosa».
Con queste parole - dopo aver distrutto Edson Barboza il 30 dicembre 2017 durante l’evento UFC 219 - Khabib Nurmagomedov si rivolgeva alla stampa accalorata nel chiedergli conto del suo dominio. Il fighter russo stava costruendo la sua leggenda con un record immacolato e tra le righe era possibile intuire cosa sarebbe accaduto meno di tre anni dopo: «Continuerò così, distruggerò i miei avversari e mi prenderò la cintura. Il mio sogno è di ritirarmi da imbattuto e indiscusso campione UFC, diventare uno dei migliori pesi leggeri di sempre. È per questo che la gente si interessa tanto a me». In quel momento il suo record era di 25 vittorie e nessuna sconfitta, eppure qualcuno nutriva ancora dei dubbi sulle sue qualità. Oggi viene spontaneo chiedersi come sia stato possibile dubitare anche solo per un momento della grandezza di Khabib Nurmagomedov.
Contro Justin Gaethje si è consumata l’ultima esibizione di superiorità di un fighter arrivato a un livello mentale e atletico che forse non rivedremo mai più, avvenuta nel bel mezzo di una pandemia che ha stravolto la vita di molte persone e soprattutto ha strappato a Khabib quella che era la persona più importante della sua di vita, sia a livello umano che professionale, il padre Abdulmanap, scomparso il 3 luglio 2020 in una clinica di Mosca per la Covid-19.
Le questioni che anticipavano l’incontro
Justin Gaethje arrivava al main event di UFC 254 da campione ad interim della categoria Pesi Leggeri, avendo demolito, giusto lo scorso a maggio, il leggendario Tony Ferguson, che veniva da 12 vittorie consecutive ma che, a causa di bizzarre coincidenze, aveva visto saltare più volte (ben cinque) il match contro Khabib, con “colpe” equamente condivise. Gaethje aveva distrutto Ferguson dimostrando in maniera netta di essere non solo il miglior sfidante possibile per il fighter russo, ma anche di avere le qualità necessarie per batterlo nell’ottagono. Un pensiero forse figlio della volontà di vedere Nurmagomedov competere contro un avversario di pari livello, visto il dominio incontrastato che lo aveva portato negli ultimi anni a essere inavvicinabile per chiunque. Ovviamente c’erano delle contingenze che portavano a credere che l’incontro tra i due potesse essere aperto: la scomparsa del padre, mentore e coach, quanto avrebbe influito sulla preparazione di Khabib? E quanto la durezza di Gaethje e la pesantezza dei suoi colpi avrebbero potuto mettere in difficoltà l'avversario? Molti si chiedevano anche se il sambo di Nurmagomedov sarebbe stato sufficiente a dominare il wrestling di Gathje... Tutte domande legittime, considerando lo scontro di stili che i due avrebbero portato nell’incontro.
Khabib d'altra parte non ha nascosto le difficoltà del momento, rilasciando interviste in cui parlava apertamente della scomparsa del padre e di quanto lo avesse provato. Anche in passato, Nurmagomedov è stato trasparente riguardo la sua vita da fighter, ha ammesso che i colpi presi in gabbia fanno male e che la cosa più difficile con cui avere a che fare in carriera sono stati gli infortuni (che lo hanno tenuto fuori due anni di seguito); dopo l’incontro con McGregor si scusò persino per aver mostrato quella che per lui non era la sua parte migliore.
Khabib aveva lasciato intendere che quello contro Gaethje sarebbe uno dei suoi ultimi incontri in carriera, anche se non aveva anticipato che fosse l'ultimo, come invece ha detto a fine combattimento. Lo aveva promesso alla madre prima di entrare nell'ottagono e, con grande probabilità, questo deve aver caricato ancora più di aspettative la sua prestazione: il suo obiettivo a quel punto è diventato quello di offrire la miglior prestazione in carriera, proprio per il suo ultimo incontro, così da essere ricordato come uno fra i più grandi di sempre. Missione compiuta.
Un incontro che non lascia dubbi sulla sua grandezza
Si poteva pensare che i colpi più difficili da gestire per il russo sarebbero stati i ganci larghi dall’esterno e soprattutto i fenomenali leg kick di Gaethje. Tuttavia, come capita sempre contro Khabib, ogni tattica usata per fermarlo porta con se delle falle: ad esempio, i calci dell’americano sarebbero stati abbastanza veloci da evitare i single-leg takedown di Khabib? I takedown del russo sono l’incubo di ogni suo avversario, anche i lottatori attrezzati per gestirli finiscono per modificare il proprio stile di combattimento pur di evitare di avere a che fare con il grappling asfissiante di Khabib, e fin da subito Gaethje ha tenuto una posizione molto bassa, cercando di impostare la distanza ideale. Ma ha solo tardato l'inevitabile.
Dopo un minuto intero passato a studiarsi, il primo a colpire è stato l’americano, con un leg kick sinistro interno che ha scomposto la granitica guardia di Khabib. A quel punto il russo ha tentato di anticipare l’azione successiva dell’avversario con un gancio destro, subendo però un overhand che lo ha costretto a ricominciare da capo. I pugni di Gaethje sono fra i più potenti della categoria, tuttavia fin dall’inizio Khabib non ha mostrato nessun timore, anzi a tratti è parso addirittura sfrontato, ma non per presunzione: è stato il suo modo di pressare e tagliare le distanze, togliendo allo stesso tempo spazio e possibilità di contrattacco all’avversario.
Khabib è rimasto composto, mostrando di essere migliorato a tal punto da diventare un fighter diverso, propositivo ed aggressivo anche in fase di striking, soprattutto con il jab sinistro. Gaethje, dal canto suo, ha provato a portare l’incontro dove voleva: ha colpito l’avversario con un altro pesante leg kick, si è difeso bene sia su un tentativo di Khabib di afferrargli la gamba sia sul successivo attacco al corpo, liberandosi con un lavoro di underhook. Mentre Gaethje cercava il colpo risolutore con il gancio destro, però, un colpo che gli aveva regalato la vittoria contro Edson Barboza e James Vick, Khabib continuava a controllare, grazie all’aggressività del suo jab sinistro, e a cercare con calma e pazienza di accorciare le distanze verticalmente. Anche quando i pesanti colpi dell’americano andavano a segno, Nurmagomedov incassava senza battere ciglio, rendendo ancora più evidente e tangibile l'aura di invincibilità che lo circonda nell’ottagono.
Col passare dei secondi Gaethje è riuscito a leggere meglio il jab dell’avversario, costringendolo a cambiare strategia: il russo a quel punto ha provato a portare dei montati con il braccio avanzato per disorientare l’avversario. È stata una fase dell’incontro favorevole a Khabib, che è riuscito a controllare l’avversario acquisendo sicurezza e riuscendo ad andare a segno con una ginocchiata, un paio di buoni uno-due col jab e col diretto.
Nurmagomedov è un fenomeno nel togliere energie ai suoi avversari semplicemente accennando al forcing verso la parete: sanno che lì è inarrestabile e quindi devono continuamente fare attenzione non solo a non essere portati a terra, ma neanche a parete. L’americano ha passato questa fase del round a muoversi lateralmente, molto vicino alla gabbia, prima di capire che la pressione di Khabib si stava facendo troppo alta, recuperando quindi di nuovo il centro dell’ottagono per rifiatare e piazzare l’ennesimo buon leg kick.
Khabib però non ha accusato minimamente i colpi del suo avversario. I suoi uno-due si sono fatti sempre più frequenti, il jab andava praticamente sempre a segno: la sua maturità e la spregiudicatezza in fase di striking sono state davvero degno di note, stupefacenti, soprattutto considerando la qualità del suo avversario in fase di stand-up, in molti avevano immaginato una vittoria di Khabib ma in pochi avrebbero puntato su una gestione così efficace del proprio striking.
Gaethje è comunque riuscito ad andare a segno più volte col gancio sinistro, nel corso del primo round. Nurmagomedov però è sembrato acquisire nuove energie a ogni colpo incassato, anziché il contrario: dopo aver subito un gancio e un diretto con tanto di schiocco dei guanti, si è avventato sull’avversario con veemenza, costringendolo ad alzare il ritmo, non dandogli la possibilità di riprendere fiato. L’americano è stato costretto sulla difensiva, una condizione a cui probabilmente non era abituato: anche contro i suoi avversari più pericolosi infatti era riuscito a dettare i tempi in fase d’attacco. Khabib invece, pur non essendo uno striker puro, è riuscito a invertire il rapporto di forze, complice probabilmente il rispetto (o il timore) di Gaethje nei confronti del suo grappling.
Nonostante l’attenzione dell’americano, a quaranta secondi dal termine del primo round, Khabib è riuscito in un double-leg takedown con una facilità disarmante. La strategia in queste situazioni è sempre la stessa: pressione, testa a terra, gambe avanti per imprigionare in un triangolo le gambe dell’avversario in modo da non fargli utilizzare l’esplosività addominale, l’uscita laterale o il colpo di reni. Gaethje, che sulla carta avrebbe dovuto avere la risposta al sambo di Khabib, si è ritrovato come tutti gli altri avversari, schiacciato a parete, con lo sguardo perso nel vuoto e senza possibilità di reazione.
Khabib ha avuto il tempo di passare in knee slide mentre controllava le braccia del suo avversario, Gaethje ha provato a tenere la mezza guardia, ma appena Khabib ha spostato il peso, prima da una parte e poi dall’altra, è arrivato senza difficoltà in full mount. A soli dodici secondi dal termine del round ha anche tentato una armbar per cui non c’era tempo né spazio. I cartellini dei giudici al termine del primo round daranno la ripresa a Gaethje, due su tre, una scelta difficilmente comprensibile, ma - alla luce di quanto accaduto poco dopo - di nessuna importanza.
Il secondo round è ripartito come il primo: Gaethje abbassato sulle gambe e Khabib ad aggredire con doppio jab e diretto. All’aggressione con colpi di braccia del russo, lo statunitense ha risposto ancora con degli ottimi leg kick, riuscendo a togliere la base e intorpidire Khabib. Dopo un minuto e mezzo, all’ennesimo leg kick, Khabib è andato sulle ginocchia dell’avversario affondando dal nulla un double-leg come se fosse la cosa più normale del mondo. Gaethje ha risposto anche bene con uno sprawl, ma a seguito di un rapido underhook, Nurmagomedov è riuscito ad arrivare alla schiena, mettendo i ganci. Fenomenale.
È proprio la posizione che non voleva concedere Gaethje, consapevole come da lì il russo ha costretto alla sconfitta sia Conor McGregor che Dustin Poirier. L’americano ha scelto quindi di concedere la monta, girandosi. Khabib però è implacabile: con le gambe molto in alto chiama la sinistra in uscita, abbassa il braccio sinistro di Gaethje e riesce a eseguire un triangolo dalla monta, prima di girarsi schiena a terra. Chiunque conosca le tecniche di grappling sa bene come nelle sottomissioni una delle cose più importanti, insieme alla stabilizzazione e al controllo, sia la ricerca dell’angolo giusto. Khabib è stato in grado di trovare un angolo perfetto non appena si è girato, premendo con la coscia la giugulare dell’avversario. Immediatamente dopo ha afferrato la gamba per girare ancora di più. A quel punto Gaethje ha ceduto, ma l’arbitro probabilmente non se ne è accorto subito ed è svenuto.
Khabib, quasi dolcemente, lo ha liberato dalla presa ed è andato verso il centro dell’ottagono, segnalando al proprio angolo di limitare i festeggiamenti. Giunto al centro dell’ottagono si è accovacciato in posizione prona, quella tipica di preghiera, prima di scoppiare in un pianto liberatorio. Poco dopo è stato raggiunto da Gaethje, che ha regalato una delle immagini sportive più belle dell’anno; gli ha accarezzato la testa e - come rivelato poi alla stampa - gli ha detto di aver reso suo padre Abdulmanap orgoglioso.
Come promesso alla madre, Khabib ha lasciato i guanti al centro dell'ottagono e ha annunciato il ritiro ufficiale. L’unica richiesta è stata quella di vedere il proprio nome allo spot numero uno nella classifica pound for pound. Una richiesta, dopo tutto, non eccessiva.