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Marco Lai
Non c'è nulla di meglio di Arsenal-City
07 ago 2023
07 ago 2023
In un Community Shield di alto livello alla fine ha avuto la meglio la squadra di Arteta.
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Marco Lai
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Javier Garcia/Shutterstock
(foto) Javier Garcia/Shutterstock
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Il Community Shield non è il più celebre e ambito trofeo europeo, ma ogni anno riesce comunque a ritagliarsi uno spazio importante rappresentando di fatto l’inizio della stagione calcistica. Si tratta però di una partita che meglio di qualsiasi altra si presta a farci trarre conclusioni affrettate: un anno fa di questi tempi in seguito al 3-1 rifilato dal Liverpool al Manchester City si diceva che Haaland sarebbe stato un flop e che il grande trasferimento di mercato dell’estate britannica fosse in realtà Darwin Nuñez ai Reds; circa 365 giorni dopo sappiamo che il norvegese ha segnato ben 52 gol in 53 partite trascinando i suoi allo storico Treble, mentre l’uruguaiano ha mostrato più ombre che luci.

Nella gara giocata ieri a Wembley si sono affrontate il Manchester City – ormai un habitué di questa competizione – e l’Arsenal, due squadre che presentano numerose similitudini, ultimo dei quali il condiviso interesse per Declan Rice che ha dato vita a una vera e propria asta vinta dai Gunners per una cifra intorno ai 120 milioni di euro. Nel corso dell’ultima stagione le squadre di Guardiola e Arteta si sono rivelate nettamente superiori alla concorrenza dando vita a una stimolante lotta per il titolo conclusasi con la vittoria dei campioni in carica, che hanno vinto principalmente grazie ai due scontri diretti. Uno degli elementi che più ha caratterizzato e avvicinato Manchester City e Arsenal è stata la scelta di schierarsi con il cosiddetto box midfield (o 3-2-2-3 per semplificare con i numeri), un modulo molto in voga nell’ultimo periodo che ha permesso ai due allenatori spagnoli di trovare i giusti equilibri seppur partendo da necessità diverse.

Nella partita di ieri pomeriggio però nessuna delle due squadre ha riproposto questa soluzione, in parte per fare fronte ad alcune assenze importanti e in parte per sorprendere l’avversario. Nei primi venti minuti è stato il Manchester City ad avere maggiore controllo del pallone ma senza quasi mai riuscire a rendersi pericoloso a causa dell’ottima pressione portata dall’Arsenal. La squadra di Guardiola costruiva con una struttura 4+2 che vedeva Walker e Akanji sugli esterni, Ruben Dias e Stones da centrali, e Rodri e Kovacic (nuovo acquisto per sostituire Gundogan, andato al Barcellona) in mediana. Da notare come il portiere Ortega spesso si posizionava in linea con i due centrali per avere un uomo in più in costruzione.

La struttura dell’Arsenal era invece un 4-1-3-2 atto a fare densità centralmente e organizzato in questo modo: Havertz (da numero 9 per l’assenza di Gabriel Jesus) pressava Stones curvando la propria corsa per eliminare la traccia su Walker e costringere il City a giocare centralmente o sulla sinistra; Odegaard faceva ombra su Kovacic ma era pronto a pressare Dias quando riceveva; Rice da trequartista seguiva a uomo Rodri; Saka e Martinelli occupavano una posizione intermedia per coprire centralmente ed essere pronti a uscire sull’esterno sui terzini avversari; Partey stava perlopiù a zona in copertura della difesa ma a volte si alzava per marcare Kovacic quando Odegaard si alzava su Dias.

Il piano di Arteta si è rivelato particolarmente efficace riuscendo a limitare l’impatto di Rodri e Kovacic, e costringendo il Manchester City a costruire maggiormente sulla fascia sinistra, il lato più debole in costruzione considerando che Dias (105 palloni toccati) non ha certo la proprietà in uscita di Stones (78) e che Akanji fa sempre tanta fatica con la palla tra i piedi quando viene schierato da terzino sinistro. In poche parole, il City non è riuscito a sfondare come suo solito per vie centrali ed è stato costretto ad allargare il gioco sugli esterni dove spesso incontra più difficoltà.

Una possibile soluzione per il City sarebbe stata quella di coinvolgere di più Alvarez (titolare al posto di De Bruyne) nello sviluppo dell’azione, abbassando la sua posizione per fornire una linea di passaggio in diagonale e creare un due contro uno ai lati di Partey. La squadra di Guardiola, però, non è riuscita molto a coinvolgere l'attaccante argentino.

Se la fase di non possesso dell’Arsenal è stata intensa e di alto livello fin dal primo minuto, la fase di possesso ci ha messo di più a carburare: troppo spesso l’unica soluzione contro il pressing del City è stato il lancio lungo verso un isolato Havertz. Con il passare dei minuti i "Gunners" hanno però preso fiducia e sono riusciti anche a creare due grandi occasioni sprecate dall'attaccante tedesco, la prima delle quali è nata proprio grazie ai vantaggi costruiti con la prima costruzione. La volontà di Guardiola era quella di pressare in maniera speculare con Haaland e Alvarez sulle punte; Grealish e Bernardo sui terzini; e Kovacic da trequartista su Partey. La posizione di Rice ha però creato qualche grattacapo al Manchester City. L’ex West Ham si allargava sulla sinistra in posizione da terzino, obbligando Bernardo a uscire su di lui e a lasciare libero Timber (titolare sulla sinistra al posto dell’infortunato Zinchenko) sfruttando la posizione alta e larga di Martinelli a bloccare Walker.

A quel punto Guardiola ha chiesto a Rodri di alzarsi su Rice, ma la contemporanea marcatura di Kovacic su Partey creava una voragine tra le linee di difesa e centrocampo, spazio in cui Havertz poteva abbassarsi per ricevere e dare respiro ai suoi.

La prima grande occasione capitata tra i piedi del tedesco arriva però al 25’ in seguito a una costruzione 3+1 con Rice da difensore centrale contro il 4-4-2 del Manchester City. La superiorità numerica sulla prima linea permette a Saliba (temporaneamente in posizione di braccetto destro) di sfruttare una delle sue qualità migliori, ossia condurre con tempo e spazio per poi servire verticalmente un compagno. Saka viene dentro attraendo la pressione di Dias, White prende l’ampiezza del campo e, servito da Saliba, prende di sorpresa un imperfetto Akanji prima di scaricare centralmente per Havertz, che va vicino al vantaggio.

La seconda occasione per l’ex Chelsea arriva un quarto d’ora dopo in seguito a un altro inserimento, stavolta di Saka, alle spalle di Akanji. Il difensore svizzero l’anno scorso si è rivelato a sorpresa una pedina importante nello scacchiere di Guardiola grazie alla sua duttilità, ma i tanti momenti di blackout – come quello che ricorderanno bene i tifosi dell’Inter nella scorsa finale di Champions League – spiegano la scelta del Manchester City di investire 90 milioni per Gvardiol.

Nei primi 20 minuti della ripresa succede poco. L’episodio più degno di nota avviene al 64’ quando Guardiola sorprende tutti e inserisce Cole Palmer per un impalpabile Haaland ben tenuto da un imponente Saliba. La scelta dell’allenatore catalano sembrava andare nella direzione di dare più fluidità e imprevedibilità all’attacco, come testimoniato anche dall’ingresso di Foden e De Bruyne per Grealish e Kovacic. I cambi hanno permesso a Bernardo di abbassarsi e di avere una posizione più libera in campo: lo vediamo al fianco di Rodri, braccetto sinistro, difensore centrale, ma anche in pressione sul vertice basso avversario; è l’uomo ovunque del City, l’Arsenal fa fatica a leggere i suoi movimenti e inizia a concedere qualcosa agli avversari.

Le scelte di Guardiola si sono rivelate molto azzeccate. Nel giro di 12 minuti i due subentrati, Foden e Palmer, sfiorano il gol del vantaggio al 70’, per poi trovarlo al 76’ e andare vicini al raddoppio all’82’. Il gol dell'1-0 è stupendo ed esemplifica con chiarezza ciò che l’allenatore catalano stava cercando con i suoi cambi: costruzione a 3 con Bernardo Silva da braccetto sinistro, movimento incontro di Foden nello spazio liberato dal portoghese che costringe Partey a uscire forte su di lui, controllo da urlo del trequartista inglese che conduce per 30 metri prima di servire (con l’aiuto di un rimpallo) sulla destra Palmer, che si sposta il pallone sul sinistro e trova una perla a giro dove l’ottimo Ramsdale non può arrivare. Un'azione che fa chiedere se il sostituto di Mahrez il City non ce l’abbia già in casa, anche se Guardiola dopo la partita è sembrata più possibilista su una sua eventuale cessione in prestito.

La partita però non è finita: Arteta per tentare l’all-in finale mette dentro Nketiah, Smith Rowe e Vieira che si aggiungono a Tierney e Trossard entrati un minuto prima. L’arbitro Attwell assegna 8 minuti di recupero, in linea con le nuove norme sul recupero che ripercorrono quanto visto ai Mondiali in Qatar, ma uno scontro alla testa tra Walker e Partey prolunga la gara fino al 103’.

Minuto 101, Saka batte sul primo palo un calcio d’angolo respinto da Rodri, il pallone torna al numero 7 che serve Trossard, finta di crossare di prima con il destro per spostarsela sull’altro piede facendo saltare a vuoto Alvarez, tentativo di tiro disperato con il sinistro che probabilmente sarebbe finito lontano di parecchi metri dalla porta, deviazione sulla gamba di Akanji e Ortega, preso in contro tempo, battuto. È 1-1, il risultato più giusto per quanto si è visto in campo. Ai rigori ha la meglio la squadra di Arteta che va a segno con Odegaard, Trossard, Saka e Vieira, mentre nel City sono decisivi gli errori di De Bruyne e Rodri.

È prematuro e affrettato trarre conclusioni da una singola partita, specialmente se giocata ad agosto prima dell’inizio del campionato. L’Arsenal parte da una base solida a cui ha aggiunto dei pezzi di spessore come Rice, Timber e Havertz che nonostante un buon esordio hanno ancora bisogno di tempo per poter essere integrati al meglio nei meccanismi di Arteta. Il Manchester City è invece in una situazione molto particolare e per certi versi instabile per via del mercato: ancora non è chiaro se resteranno o meno Bernardo Silva e Walker come dichiarato da Guardiola in conferenza stampa. Rimane il fatto che Arsenal e Manchester City per qualità e varietà di soluzioni rimangono il meglio di ciò che ha offrire oggi il calcio internazionale, e sarà difficile non vederle combattere per la Premier League anche nella stagione che sta per iniziare.

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