
Il torneo ATP 250 di Belgrado, inizialmente previsto nell’ultima settimana prima delle ATP Finals di tennis (cioè dal 2 all'8 novembre), non si disputerà a Belgrado. È stato spostato ad Atene, sui campi dell’OAKA Arena del Panathinaikos. In fin dei conti un cambio geografico nemmeno troppo estremo, e in fin dei conti cosa sposta nell’equilibrio del tennis mondiale lo spostamento di un torneo così piccolo? Nell’ultima settimana prima delle ATP Finals tendenzialmente si disputano tornei privi di big, quelli cioè che hanno terminato la stagione o che saranno impegnati a Torino la settimana dopo, e sono più il terreno di caccia di tennisti di bassa classifica alla ricerca di punti.
È un discorso che sembra non avere pieghe, se non fosse che il torneo di Belgrado è stato spostato dalla Serbia da Novak Djokovic, la cui famiglia possiede il torneo stesso. Una questione all'apparenza incomprensibile, se si pensa a quanto Djokovic sia importante in Serbia, e quanto sia speso in questi anni per il suo Paese. Come si spiega allora?
È un discorso che parte da lontano. È noto l'approccio olistico alla vita di Djokovic, un aspetto che probabilmente ha avuto una serie di ricadute sorprendenti: dalle opinioni anti-scientifiche sui vaccini alla credenza secondo cui con i pensieri positivi si possa purificare l’acqua fino alla tesi delle "piramidi" bosniache di Visoki.
Se da un punto di vista scientifico il pensiero di Djokovic è sempre stato piuttosto tortuoso, definiamolo così, da quello politico invece le cose sono sempre state più lineari. Djokovic è da sempre vicino al nazionalismo serbo e più volte si è fatto vedere con personaggi coinvolti nel genocidio di Srebrenica (che le autorità serbe definiscono ufficialmente un "crimine deplorevole") e con il politico separatista serbo-bosniaco Milorad Dodik, o si è espresso con il famoso slogan nazionalista per cui il Kosovo è Serbia, chiodo fisso della destra serba dalla sconfitta nelle guerre balcaniche degli anni '90.
Ma cosa c'entra tutto questo con il torneo di tennis di Belgrado? Secondo i media greci, Djokovic a giugno ha incontrato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ad Atene durante una visita, e lì hanno discusso della possibilità di spostare il torneo da Belgrado ad Atene, dove il tennis manca dal 1994. Non un fulmine a ciel sereno quindi. La cosa più interessante però è che Djokovic e Mitsotakis si sono rivisti ad inizio agosto al santuario ortodosso dell’isola di Tinos, luogo non casuale vista l'importanza politica che la religione ortodossa ha sia per i greci che per i serbi. Secondo il sito greco ekathimerini, Djokovic sarebbe addirittura pronto a spostare la sua residenza in Grecia.
Il motivo potrebbe essere fiscale: dal 2013, infatti, la Grecia ha introdotto il cosiddetto "visto d'oro" che permette a persone di nazionalità diverse da quelle dell'Unione Europea di prendere residenza in Grecia in cambio di investimenti. In sostanza è possibile prendere la residenza greca senza la necessità di risiedere in Grecia, per l’intero nucleo familiare, in cambio di investimenti che vanno dai 250.000 agli 800.000 euro in proprietà immobiliari greche o addirittura depositando 500.000 euro nelle banche greche o investendo le già citate cifre in bond governativi.
Va detto però che Djokovic ha già la residenza in un Paese particolarmente vantaggioso da un punto di vista fiscale, cioè Montecarlo (come tanti tennisti), e quindi forse per spiegare questo cambio di residenza bisogna andare oltre. Che motivo c'è allora di spostare il torneo di Belgrado, di proprietà della famiglia Djokovic, notoriamente nazionalista serba, in Grecia? Si può trovare qualche risposta nel panorama politico serbo, estremamente complesso e sfaccettato.
Dal 2014 al potere in Serbia c’è, prima da primo ministro e poi da presidente, Aleksandar Vucic, dalle tendenze autocratiche ed autoritarie e dai rapporti molto stretti con la Russia e Vladimir Putin, anche se meno di quanto si pensi nel mondo occidentale. Per dire: la Serbia si è rifiutata di applicare sanzioni per la guerra in Ucraina, è vero, ma nel 2025 Vucic si è espresso, in una visita nel Paese martoriato dalla guerra, a favore della sua integrità territoriale.
Djokovic è un eroe nazionale serbo, e con Vucic condivide molte idee politiche: i due storicamente hanno sempre avuto un ottimo rapporto, tanto che Vucic nemmeno un anno fa ha annunciato la creazione di un museo dedicato al campione nella sua Belgrado in vista dell’EXPO 2027.
Eppure le motivazioni per cui il torneo viene spostato da Belgrado ad Atene sono proprio legate a Vucic. La famiglia Djokovic, in una nota, ha fatto sapere infatti che la situazione nella capitale serba non rende possibile lo svolgimento del torneo. Dal 3 novembre 2024 infatti sono in corso numerose proteste in Serbia, nate dal crollo di una tettoia alla stazione di Novi Sad che ha causato la morte di 16 persone. Dallo sconcerto della popolazione, e dall’emergere di come la ristrutturazione della stazione, avvenuta da poco, fosse stata fatta in maniera superficiale per via della corruzione dilagante che probabilmente ha coinvolto i contractor cinesi che l’avevano finanziata ed eseguita, è emersa una lunga protesta di piazza guidata dalle università serbe e che va avanti da mesi.
Un problema non da poco per il repressivo governo serbo, che si presenta come liberale agli occhi dell’Unione Europea dove almeno ufficialmente vorrebbe entrare ma che in Serbia si preoccupa di controllare l’informazione e reprimere l’opposizione. Il Partito Progressista Serbo (nomen omen), il partito di Vucic, non è niente più che un partito nazionalista-populista di destra, privo di una vera e propria ideologia se non quella legata al nazionalismo serbo, un partito contenitore di diverse istanze più che una vera e propria guida ideologica.
Il Partito Progressista Serbo è sempre riuscito a districarsi tra le varie crisi che hanno scosso il suo consenso, ma questa sembra diversa. A fianco dei manifestanti si sono schierati diverse persone molto in vista in Serbia, tra cui l'allenatore di basket, Zelimir Obradovic, e il famoso regista Emir Kusturica.
Approfondisco la situazione di quest'ultimo solo per rendere un po' più chiaro il contesto politico serbo, che forse dall'Italia non è facilissimo leggere. Noto regista, autore di capolavori come Il tempo dei gitani, Kusturica è in fondo anche lui un nazionalista (anche se spesso si è schierato contro le sue espressioni più estreme e scioviniste) oltre a un nostalgico della Jugoslavia - due cose che dovrebbero essere in contrasto tra di loro ma che in Serbia convivono tranquillamente. Per dire, Kusturica ha costruito da zero il villaggio di Andricgrad in Bosnia, intitolato al Nobel per la letteratura Ivo Andric (ormai tra i miti serbo/yugoslavi), nella parte di Bosnia chiamata Republika Srpska, contesa tra serbi e bosniaci e con prevalenza etnica dei serbi stessi. Il villaggio è stato finanziato dai soldi del governo di Vucic, all’epoca ancora in buoni rapporti con il cineasta serbo, e tra i suoi cittadini onorari figura anche Novak Djokovic.
Il problema è che, così come Kusturica, anche Djokovic si è schierato con gli studenti. Per questa ragione il regista è stato oggetto di forti critiche sui media controllati dal governo, e la stessa sorte di conseguenza è toccata anche al tennista-eroe nazionale. La domanda a cui nessuno può rispondere ancora è semplice: può un governo populista mettersi contro il mito che trascende tutti i serbi?
Non è una scelta semplice ma per Vucic è diventata necessaria, forse anche perché la popolarità di Djokovic era diventata scomoda. E così il nome di Djokovic è iniziato a sparire nelle menzioni del presidente: prima attraverso la censura di alcuni bambini che parlavano dell'appoggio di Djokovic alle proteste, poi attraverso l'accusa assurda che abbia origini kosovare fino a quella - che conosciamo bene - per avere la residenza a Montecarlo (tutto il mondo è paese).
Il 24 volte campione Slam non si è tirato indietro, supportando pubblicamente su X la causa degli studenti e portando la politica anche a Wimbledon, con l’esultanza dopo la vittoria con Flavio Cobolli che mimava quella dei manifestanti e indossando una felpa con sopra scritto “Students are champions” sugli spalti del derby serbo di basket Stella Rossa - Partizan Belgrado.
Manifestazioni di questo tipo potrebbero essere genuine, ingenue, ma viene spontaneo chiedersi se non possano essere anche l'inizio di un eventuale futuro da politico. Impossibile?
Da un punto di vista politico Djokovic è molto più eterodosso di quel che si pensa. Secondo lo scrittore bosniaco-americano Aleksander Hemon, Djokovic “spazia nelle aspettative di quello che sin da piccolo pensa sia il ruolo dell’eroe nazionale”. Non che sia una giustificazione per farsi le foto con criminali di guerra serbi, ma per comprendere al meglio quella parte del mondo e chi è nato lì non la si può scindere dalla tragedia della guerra dei Balcani e dai rimasugli che ha lasciato un po' ovunque in quelle zone. “Non è capace di immaginarsi al di fuori di quell’identità nazionalistica che è diventata di fatto la nazione stessa”, ha scritto sempre Hemon.
Sono frasi che non chiariscono del tutto le idee di Djokovic su un possibile futuro in politica, che sembra ancora molto sfocato all'orizzonte. Va detto che, per il panorama politico serbo, Djokovic è molto meno estremo di quanto forse si pensa in Italia. Più che la Grande Serbia, se potesse, forse Djokovic riporterebbe indietro la Jugoslavia. Il tennista di Belgrado incarna la Serbia internazionale e di successo, ma contemporaneamente ortodossa e patriottica, la stessa identica immagine che Vucic vuole dare alla sua autocrazia dai mille volti e dai mille pensieri. Più estremo di Nole è il padre Srdjan, un supporter feroce del presidente. Padre e figlio, però, non sono stati sempre d’accordo, forse anche per le sue dichiarazioni ben oltre il limite della razionalità.
È probabile poi che, politicamente, Djokovic non abbia nemmeno le idee così chiare, e questo spiegherebbe molte delle credenze di cui si parlava ad inizio articolo. Viene in mente il “nazismo magico” di cui parlava Giorgio Galli, una tendenza che in realtà accomuna molte frange di estrema destra, sempre attratte dall'esoterismo. In Serbia, spiega sempre Hemon, questo tipo di attrazione ha coinvolto per esempio Nikola Tesla, su cui negli anni '90 “c’erano fantasie di cui parlavano politici di primo piano per cui Nikola Tesla avesse lasciato in eredità alla Serbia dei laser in grado di distruggere gli aerei NATO, e tanta gente ci credeva nonostante fosse un’assurdità”.
È da vedere come proseguirà la storia politica in Serbia di Novak Djokovic, tra la questione della sua residenza in Grecia e gli scenari di politica interna che si potrebbero aprire nel caso in cui le proteste contro Vucic diventino ancora più forti. Razionalmente si potrebbe dire che scendere in campo a Djokovic non conviene ma è davvero possibile spiegare Djokovic in termini esclusivamente razionali?