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Emanuele Mongiardo
È stata la notte di Hakan Calhanoglu
05 feb 2024
05 feb 2024
Il derby d'Italia è stata la partita della definitiva consacrazione per il centrocampista turco.
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Emanuele Mongiardo
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IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
(foto) IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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Il meraviglioso lancio di mezzo collo per Dimarco a metà del primo tempo si è preso la copertina dell’ultimo Derby d’Italia tra Inter e Juventus, ma scegliere una sola azione per riassumere la partita di Calhanoglu di ieri sera è più difficile di quanto sembri.

Si potrebbe menzionare un’apertura di prima, in corsa, col piede debole per Darmian, oppure la rapidità con cui ha trovato la coordinazione per calciare al volo e colpire il palo esterno quasi da fermo. Gli amanti dei dettagli e dell’applicazione difensiva, poi, avranno di certo apprezzato la lucidità con cui al 94’, dopo un calcio d’angolo di Chiesa, non si è limitato a spazzare ad occhi chiusi, ma ha spedito la palla il più lontano possibile in fallo laterale per far alzare la squadra, quasi da giocatore di rugby in cerca della touche. Calhanoglu, ormai, è uno dei migliori metodisti della Serie A e, probabilmente, d’Europa. I trequartisti o le mezzali che si reinventano registi non sono una novità, ma quando si abbassano tendono a specializzarsi in un particolare tipo di compiti, di solito la regia. Calhanoglu, invece, in queste ultime due stagioni si è rivelato un centrocampista completo, non uno specialista. Lui che ad inizio carriera sembrava uno stoccatore capace di giocare solo a ritmi alti, perfetto per squadre come il Leverkusen di Schmidt o il primo Milan di Pioli, si è riscoperto vitale per una squadra come l’Inter di Inzaghi capace di interpretare qualsiasi registro di gioco. La prestazione di Calhanoglu è stata un compendio di tutti i suoi pregi, ma anche del modo peculiare in cui sia lui che la squadra intendono il ruolo di metodista. Il copione della partita era chiaro a tutti sin da prima che la partita iniziasse: la Juventus avrebbe lasciato il pallone all’Inter nella speranza di colpire in ripartenza o comunque di mantenere viva la contesa il più a lungo possibile. Consapevole che al centro avrebbe trovato pochi spazi, l’Inter ha preferito sviluppare soprattutto lungo le catene laterali. La Juve si abbassava nel suo 5-3-2 e lasciava ai difensori nerazzurri l’opportunità di avanzare. Attivare Bastoni e Pavard, i terzi di difesa, per farli avanzare e combinare sulle fasce era la chiave con cui l’Inter avrebbe dovuto cercare di aprire il blocco juventino. Calhanoglu non si è limitato a distribuire palla verso di loro, ma lo ha fatto anche servendoli con i giri giusti.

Nell’esecuzione di un passaggio non basta scegliere il destinatario giusto: la velocità con cui viaggia il pallone e il modo in cui arriva tra i piedi di chi riceve fanno la differenza. Calhanoglu, in questo senso, è bravissimo a mettere in ritmo i compagni con i suoi passaggi. Ci sono state un paio d’aperture eseguite con l’esterno del destro per Bastoni che hanno consentito al difensore di prendere campo già col primo controllo, favorito dalla qualità con cui il pallone era uscito dal piede del turco: Calhanoglu aveva scelto di usare l’esterno non per un vezzo, ma perché con una traiettoria ad uscire il pallone avrebbe facilitato la giocata successiva del compagno. Le caratteristiche di Calhanoglu, le istruzioni di Inzaghi Quei passaggi sono un piccolo saggio sulla sua qualità balistica, e al contempo dimostrano la sua padronanza dei principi di gioco di Inzaghi. Se a distanza di più di un anno dalla prima volta possiamo dire che l’esperimento di trasformarlo in metodista è stato un successo è perché Calhanoglu più che un gestore di gioco o un regista fantasioso, un esecutore di ciò che l’Inter prepara durante la settimana. Lui ci mette del suo, soprattutto grazie alla qualità con cui colpisce il pallone, ma Inzaghi è stato bravissimo a fornirgli delle tracce di gioco chiare, che Calhanoglu potesse seguire senza dover inventare chissà cosa, per non perdersi nel nuovo ruolo ed esaltare le sue qualità. Si prendano come esempio la precisione e la frequenza con cui gioca lungo. Inzaghi si è ritrovato un giocatore eccezionale a livello balistico ma senza troppa fantasia. La sua capacità di lanciare andava sollecitata con i movimenti di chi gli stava intorno. Il fendente per Dimarco non è stato l’unico lancio di difficile esecuzione della sua serata. Ce ne sono stati almeno altri due in cui la qualità del suo piede ha fatto la differenza, ma in cui è stato altrettanto evidente come i movimenti dell’Inter gli avessero suggerito quelle soluzioni. Intorno al 60’ Danilo aveva seguito un movimento incontro di Thuram, svuotando uno spazio sul centro destra della difesa juventina: Barella dalla seconda linea si era fiondato in quello spazio. I giocatori dell’Inter sanno sempre far muovere gli avversari per creare nuovi spazi da attaccare in corsa. Dal contrasto tra Danilo e Thuram la palla era rotolata tra i piedi di Calhanoglu: il numero venti, conoscendo a memoria i principi tattici che muovono i suoi compagni, già prima di ricevere sapeva che avrebbe trovato il movimento profondo di Barella. L’esterno con cui lo pesca, poi, è un virtuosismo tutto suo.

Allo stesso modo, qualche minuto prima, la consapevolezza di avere sempre dei compagni a sostenere gli attacchi in ampiezza gli aveva permesso di effettuare un’apertura in corsa quasi alla cieca per Darmian, peraltro col mancino, il piede debole.

Quell’azione era partita da un filtrante di Bastoni per il turco rivolto spalle alla porta. Dopo essersi girato, prima che Locatelli potesse aggredirlo, Calhanoglu aveva già eseguito lo scarico per Lautaro e si era mosso in avanti per chiamare all’argentino la chiusura del triangolo.

Le corse per sganciarsi in avanti sono piuttosto inusuali per un metodista, ma per Calhanoglu e l’Inter sono una costante. Inzaghi gli offre l’opportunità di interpretare in maniera dinamica il ruolo, non da classico centrocampista posizionale: per l’avversario che lo aggredisce, in questo caso Locatelli, è sempre difficile assorbire una corsa alle spalle. In questo modo Calhanoglu riesce a ricevere frontalmente e in movimento, la sua situazione di gioco preferita. Il fatto che la Juve fosse lunga in campo, spaccata tra i pochi giocatori deputati ad attaccare ed un nutrito blocco di difendenti, non ha fatto altro che facilitare la vita di una squadra che ama sviluppare in corsa come l’Inter. Simone Inzaghi si è dichiarato estimatore di lunga data di Calhanoglu. Dopo l’arresto cardiaco di Eriksen agli Europei del 2021 pare che avesse chiesto in prima persona a Marotta di puntare sul turco, appena svincolato dal Milan. Con grande onestà, però, ha ammesso di averlo scelto come mezzala, non di certo come regista. Se Calhanoglu si è immerso nel nuovo ruolo con questa naturalezza, è perché Inzaghi ha costruito un sistema incredibilmente fluido, in cui la differenza tra metodista e interno di centrocampo è più sfumata: il principio comune, per ogni giocatore, è la volontà di muoversi alle spalle degli avversari e farsi trovare negli spazi che si creano di volta in volta, senza occupare il campo in maniera rigida. Così, vertice basso e mezzala arrivano a pensare quasi allo stesso modo, il sistema di gioco viene interpretato secondo la stessa logica. È giocando frontalmente e quasi sempre in movimento che Calhanoglu, in modo tutto suo, è diventato un regista di alto livello. Inzaghi, dal canto suo, lo ha aiutato riducendo al minimo quelle situazioni che avrebbero potuto rendere scomoda la sua interpretazione. D'altra parte, è quello che dovrebbe sempre fare un allenatore: nascondere i limiti dei propri giocatori esaltandone i punti di forza. Così, in prima costruzione, non è importante che Calhanoglu sia poco abile spalle alla porta, perché il gioco di Inzaghi prevede che si abbassi tra i difensori formando quasi una linea a quattro, con uno dei braccetti che diventa terzino. Se poi deve proprio eseguire il primo controllo di spalle, ci saranno subito una mezzala o Lautaro pronti a venire incontro per fornirgli uno scarico immediato e non lasciarlo in una situazione – quella del gioco di spalle, appunto – che non ama. Oltre alle qualità in fase di possesso, Inzaghi ha potuto contare su un centrocampista sempre disponibile in fase difensiva: non solo uno specialista del pressing, come si era dimostrato ai tempi del Bayer Leverkusen, ma anche un giocatore di grande resistenza, piuttosto veloce nei recuperi all’indietro. Forse le qualità senza palla sono l’aspetto più sorprendente del nuovo Calhanoglu, che sembra quasi divertirsi in fase difensiva quando cerca di recuperare palla in scivolata, ormai uno dei suoi fondamentali preferiti. Nella partita più importante, Calhanoglu ha certificato il suo status in Serie A. Adesso manca l'Europa. Senza Brozović, che la scorsa stagione agì da vertice basso ai quarti contro il Benfica e in finale contro il Manchester City, questa volta non ci sarà nessuno a contendergli il posto di regista nelle eliminatorie europee. La Champions League è la competizione dei grandi centrocampisti per eccellenza e Calhanoglu ha la possibilità di affermarsi definitivamente come uno di loro.

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