Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Matteo Gagliardi
Nostro Signore Moratti
06 nov 2013
06 nov 2013
In diciotto anni di presidenza ha curato i malati, ha lasciato partire i figliol prodighi, ha ignorato i maldicenti e ha protetto sempre i suoi tifosi: una breve sintesi della divinazione morattiana.
(di)
Matteo Gagliardi
(foto)
Dark mode
(ON)

Una sera di diciotto anni fa Emilia Bossi aspettava per cena suo marito che non era ancora rincasato. Aveva un brutto presentimento, così un po’ per l’attesa e un po’ per il brutto presentimento accese la televisione. «Mi aveva promesso che non l’avrebbe fatto», ricorderà molto più tardi. In tv vide Massimo Moratti che annunciava l’acquisto dell’Inter. Era il 18 febbraio 1995. Aveva comprato la squadra da Ernesto Pellegrini per settanta miliardi di lire. «Sono fortunato», ricordò in occasione del centenario del club, il 9 marzo 2008: «L’Inter è un grandissimo regalo che mi è stato offerto». I soldi spesi e le poche vittorie importanti hanno reso l’“Inter di Moratti” nei primi anni della sua storia una squadra naturalmente predisposta all’irrisione. Prima del capolavoro di Mourinho c’è stata poca stima nei confronti della figura del presidente-tifoso ma quello che Moratti è riuscito a fare con la sua Inter va al di là del bene e del male calcistico, delle magliette rosse milaniste, di Marco Branca e del Triplete; nei diciott’anni di presidenza Moratti ha lasciato un’impronta nei portafogli dei giocatori e anche nei loro cuori. Eto’o, prima di andare via da quell’Inter, ha ringraziato «tantissima gente e in primo luogo il presidente». Disse: «Se c'è un Dio in terra, Moratti è Dio». E l’Inter lo strumento della sua misericordia.

Il passaggio di consegne tra Pellegrini e Moratti.

La divinatio Morattiana inizia ancor prima di acquistare la società, quando pensa di comprare un giocatore visto su VHS. «Qualcuno che aveva subodorato ciò che stava accadendo mi inviò una cassetta con una partita dell’Under 21 per farmi vedere Ortega. Ortega non mi entusiasmò. Vidi invece questo terzino che faceva delle cose che non avevo mai visto, con un dribbling e una forza fisica impressionanti. E così, contrariamente a quello che accade a chi prende una società, che guarda subito ad acquisti in altre zone del campo, pensai a quel terzino e appena arrivato all’Inter dissi che per me quello era il primo giocatore da prendere.» Era Javier Zanetti, acquistato dal Banfield per cinque miliardi di lire, meno di quanti ne ha spesi Moratti per un altro dei suoi primi acquisti: Salvatore Fresi (sette miliardi). Il cambio al vertice avviene alla 20esima giornata di Serie A. Alla prima apparizione in tribuna di Moratti presidente, Berti al quarto minuto segna il gol vittoria contro il Brescia. Dal tredicesimo posto, l’Inter recupera sette posizioni qualificandosi all’ultima giornata anche per la Coppa Uefa. Metà gesto eroico e metà tutto inutile, perché a settembre, ai trentaduesimi di finale, Carrasco, bomber del Lugano, con una doppietta, sbatte i nerazzurri fuori dalla competizione. Non è passato neanche un anno e l’“Inter di Moratti” è pronta per le prese per il culo. L’anno dopo chiude al settimo posto, una posizione più in basso rispetto al precedente. Arriva Roy Hodgson, ex CT della Svizzera, e resta sulla panchina per due anni. Moratti acquista Roberto Carlos per dieci miliardi dal Palmeiras e Marco Branca dalla Roma: per metà Delvecchio più sei miliardi. Il brasiliano ritenuto da Hodgson “indisciplinato tatticamente” viene mandato via l’anno dopo. Sostituito con Pistone. Moratti, sulla cessione di Carlos, fece un po’ di resistenza ma poi decise di assecondare l’allenatore: bisognava dargli fiducia. Il “Cigno di Grossetto” invece gioca tre stagioni con i colori nerazzurri e nel 2002 viene premiato con il ruolo di capo degli osservatori. Pirelli diventa non soltanto lo sponsor ma anche azionista della squadra. Moratti e l’Ad di Pirelli Spa Marco Tronchetti Provera, ottimi amici, stipulano un contratto triennale. L’Inter incassa quindici miliardi per le prime due stagioni e un premio a crescere o diminuire in base ai risultati raggiunti nella terza. «Noi e la Pirelli stiamo lavorando per fare dell’Inter una società vincente», disse Moratti. Il timore del calcio italiano in quegli anni viene dall’Oltremanica. «Le squadre inglesi dopo aver “saccheggiato” Di Matteo e Vialli», si legge sui giornali: «Hanno costretto gli altri club a reperire fondi per la campagna acquisti e per rinnovare le loro infrastrutture». Per questo motivo Moratti prende Djorkaeff, Zamorano e Kanu. Appena arrivato in squadra, dopo la vittoria alle Olimpiadi di Atlanta con la Nigeria, a Kanu venne diagnosticata una grave insufficienza cardiaca derivata da una malformazione della valvola aortica. All’Ajax nessuno se ne era accorto. Moratti invece di rimandarlo indietro per inadempienza, paga l’operazione al giocatore in una clinica di cardiochirurgia a Cleveland. Dopo quattro ore d’intervento, le prime parole del giocatore sono state: «Moratti è il mio secondo padre». Qualche anno dopo disse in un’intervista: «Ho sempre avuto molta fede in Dio, Massimo Moratti è il suo strumento». Kanu gioca fino al 1999 collezionando soltanto dodici presenze. Moratti non voleva separarsi da quel figlio ma Kanu non riuscendo a trovare spazio in squadra, chiese di andarsene e venne accontentato. Nel 2000 è nata la “Kanu Heart Foundation” per raccogliere soldi in favore dei bambini malati di cuore in Africa e Moratti è uno dei garanti della fondazione. Caso simile è quello di Khalilou Fadiga che l'Inter prese nel 2003. Gli erano state trovate malformazioni cardiache e così com’era stato fatto per il nigeriano viene escluso dal ritiro e sottoposto alle cure mediche che gli salvarono (forse) la vita. Intanto sul campo Hodgson ha chiuso al terzo posto il campionato 1996-1997, ed è arrivato a giocarsi la finale di Coppa UEFA il 21 maggio contro lo Shalke 04. Potrebbe essere il primo trofeo dell’“Inter di Moratti”. Finiti i tempi supplementari con il punteggio di 1 a 1, Zanetti viene sostituito dall’allenatore per far tirare un calcio di rigore a Berti. L’argentino s’infuria con Hodgson, poi si pente e va a fare pace. Moratti due giorni dopo la partita esonera Hodgson, poi si pente e lo richiama nel ’99.

Moratti e Zanetti.

Quella 1997-1998 è la prima stagione importante della carriera di Moratti. Fa una campagna acquisti da centoventi miliardi: il più costoso Ronaldo, quello più amato Recoba («la sua mania»). Ronaldo viene preso dal Barcellona per cinquanta miliardi e presentato a Milano il 25 luglio 1997. Sbarcato in Italia il “Fenomeno” disse: «Non mi paragonate a Pelé». Quell’anno vinse pallone e scarpa d’oro. Recoba viene acquistato per sette miliardi dal Nacional. Alla guida della squadra c’era Gigi Simoni. La stagione si apre con il debutto di Ronaldo e la doppietta di Recoba contro il Brescia, il 31 agosto 1997. Moriero lustra la scarpa al “Chino” e Ronaldo va a dargli una pacca sulla schiena. Il campionato finisce con il fallo di Iuliano contro la Juventus il 26 aprile 1998. IFFHS elegge l’Inter di quell’anno la “prima squadra del mondo” in base ai risultati nazionali e internazionali. La Juventus è al 14esimo posto, subito dopo il Bologna Calcio. Moratti vince il suo primo trofeo in Europa, la Coppa Uefa, in finale a Parigi contro la Lazio. Sono le 22:37 del 6 maggio 1998, e il presidente viene issato sulle spalle e i giocatori sotto di lui allungano le braccia per toccarlo. Con una grossa sciarpa nerazzurra si piega gentilmente e accarezza Zé Elias, Colonnese, Djorkaeff e tutti gli altri, più che può. Grazie a questa stagione Simoni vince la “Panchina d’oro”. Due ore dopo la premiazione a Coverciano, però, riceve la telefonata che lo informa del suo esonero da allenatore dell’Inter. «Mi rendo conto che il calcio è crudele», disse Moratti: «ma abbiamo dovuto prendere questa decisione». Il triumvirato in panchina Lucescu – Castellini – Hodgson fa infuriare i tifosi che contestano apertamente e per la prima volta le scelte del presidente. Moratti non sopporta le critiche e il 6 maggio 1999 si dimette. «Lascio per l’amarezza.» Prima di abbandonare la guida della sua squadra ci tiene a tranquillizzare i tifosi: «La compagine azionaria rimane inalterata e garantisco la prosecuzione del progetto di sviluppo della società». Nel consiglio resta Giacinto Facchetti, scelto dall’ex presidente per stare accanto a Hodgson e alla squadra in quel momento difficile. Il 15 luglio Moratti non resiste più, ritira le dimissioni e torna a essere il presidente dell’Inter: «Le dimissioni non sono state un giochetto o un gesto buttato lì, tanto per fare un po’ di scena», chiarì: « All'inizio di maggio ho pensato che dimettersi fosse un passo giusto, anche per me stesso. Per vedere e per capire… E per fare dell'Inter la più forte squadra del mondo. Prima o poi ce la faremo!» Per questo in estate Moratti chiama ad allenare lo juventino Marcello Lippi. Giuseppe Bergomi non rientra nei piani di Lippi e dopo 756 presenze con la maglia interista viene mandato via: Moratti gli offre un ruolo da dirigente, ma Bergomi rifiuta. Insieme all’allenatore arriva Vieri, prelevato dalla Lazio per settanta miliardi più i venti di Simeone (in un primo tempo la trattativa sarebbe dovuta essere ottanta miliardi più Nicola Ventola). I tifosi contestano la scelta di prendere uno juventino e mandar via oltre Bergomi anche l’amatissimo argentino. La coppia Vieri-Ronaldo è il regalo del presidente ai tifosi, ma l’esperienza biennale di Lippi è disastrosa: nello spogliatoio tensioni tra tutti, soprattutto tra l’allenatore e Baggio. A inizio campionato 2000-2001 Marcello Lippi disse in conferenza stampa: «Fossi il presidente manderei via subito l’allenatore e prenderei i giocatori e li attaccherei tutti al muro e gli darei dei calci nel culo a tutti perché non esiste giocare in questa maniera». E il magnanimo Moratti viene incontro a questa richiesta e lo esonera. Della parentesi di Tardelli si ricorda l’acquisto di Greško per quattordici miliardi e il lancio del motorino dal secondo anello di San Siro. Nel febbraio 2001 scoppia lo scandalo passaporti. Sono coinvolti sette club tra serie A e B, tra cui l’“Inter di Moratti”, con il caso-Recoba. Si rischiano penalizzazioni in termini di punti. La società si dichiara estranea alla faccenda. L’accusa in processo chiede la pesante squalifica di Recoba fino al giugno 2003 e l’inibizione del direttore tecnico Oriali e dell’amministratore delegato Ghelfi fino alla stessa data. La multa alla società sarebbe di tre miliardi. La disciplinare invece dimezza tutte le richieste dell’accusa e proscioglie Ghelfi. Il 2002 si apre con “un gesto d’amore”. Vieri, Ronaldo e Recoba scelgono di ridursi lo stipendio. «In un momento come questo», disse il “Chino”, dopo aver firmato nel 2000 un contratto da otto miliardi a stagione (Ronaldo firmò per sei e mezzo): «Vogliamo fare un gesto per il nostro presidente». Un’ottima iniziativa, soprattutto da parte di Recoba che aveva sempre detto: «Per discutere il contratto con Moratti ci mettevo cinque secondi. È una persona troppo buona per il mondo del calcio». Quando i giornali hanno chiesto ai giocatori a quanto effettivamente stessero rinunciando, rispose Vieri: «Non conta l’importo, conta il gesto». La riduzione fu tra il 5 e il 10%.

Ronaldo davanti a tre coppe non sue.

Il 5 maggio 2002 è una data storica per l’Inter e non solo per la sconfitta contro la Lazio e lo scudetto alla Juventus all’ultima giornata. L’Olimpico è quasi totalmente nerazzurro, visto il gemellaggio tra le due tifoserie. Cragnotti anni dopo disse: «Intuii che c’era qualcosa di strano prima della partita. Vidi Moratti e Tronchetti Provera arrivare allo stadio senza tensione. Erano euforici, abbracciavano tutti come se avessero già vinto». Al primo gol di Vieri, Moratti si fa il segno della croce. Peruzzi si è lasciato sfuggire il pallone dalle mani e il bomber nerazzurro ha potuto segnare con facilità. Pareggia Poborsky e festeggia soltanto lui in tutto lo stadio lanciando un pugno alla Curva Nord ammutolita. Sul calcio d’angolo di Recoba, Di Biagio di testa porta di nuovo l’Inter in vantaggio. Greško con un retropassaggio in area piccola favorisce l’intervento di Poborsky che pareggia di nuovo. Simeone di testa segna il 3 a 2 e senza festeggiare, rimane immobile e chiude gli occhi e forse piange. Grazie a un orrore della difesa la Lazio si porta sul definitivo 4 a 2. Dagli spalti volano seggiolini in campo, il gemellaggio tra le tifoserie s’incrina, e Ronaldo è in lacrime in panchina. Prima del match il "Fenomeno" aveva assicurato che avrebbe segnato per ringraziare Moratti. «Se non ci fosse stata quella banda di truffatori», ricordò Moratti post-Calciopoli: «avremmo vinto con qualche punto di vantaggio». Se il presidente con queste parole cercava di proteggere la sua squadra, è stato l’allenatore Hector Cúper a dargli addosso: «Sarebbe bastato vincere contro la Lazio dipendeva tutto da noi e abbiamo buttato al vento la nostra occasione». L’anno è importante anche perché segna la fine dell’esperienza di Ronaldo all’Inter che dopo 1835 giorni, dopo quella partita con la Lazio, viene ceduto al Real Madrid. «Ho chiesto a Ronaldo in un pranzo molto tranquillo a casa mia, di dirmi la vera ragione della sua volontà di andar via, e di non attribuire la colpa di questo a Cúper. E invece ribadì che dipendeva dal suo rapporto con Cúper e quindi la mia scelta di non mandarlo via lo metteva in condizioni difficili, visto che ripete ancora adesso che quella fu la vera ragione». Dopo il 5 maggio, il magnanimo Moratti non caccia Cúper confermandolo anche per la stagione 2003-2004, sperando sia quella buona. Viene acquistato van der Meyde. Nella sua autobiografia l’ex calciatore racconta dell’esperienza all’Inter come la prima svolta negativa della sua carriera. Dopo aver militato nell’Ajax passare a una grande «multinazionale» per lui era uno shock. È lì che iniziò a bere più del solito. Ciò che spaventava di più il giocatore era il giro di soldi all’interno della società. «Moratti», scrive il calciatore olandese: «allungava dopo ogni vittoria 50 mila euro a giocatore». È forse a causa dei ricchi premi del presidente che la moglie di van der Meyde, collezionatrice di animali, una sera fece trovare al marito un cammello nel garage. Un pareggio a Brescia segna la fine in panchina di Cúper il 19 ottobre 2003. Moratti sceglie come nuovo allenatore Zaccheroni, sulla panchina della Lazio quel 5 maggio. L’annata mediocre e l’infortunio di Vieri fanno infuriare i tifosi. Vieri l’anno dopo viene ceduto al Milan e nel 2012 riceve dall’Inter 1 milione di euro per “i danni psicologici” nati dai pedinamenti della società nerazzurra. Altre contestazioni alla dirigenza, per i risultati in campionato e in Europa. Moratti il 20 gennaio 2004 si dimette per la seconda volta lasciando l’incarico di presidente al suo vice Giacinto Facchetti. Restò proprietario del club, ma scelse il suo uomo più fidato per metterci la faccia. Facchetti rimase fino al 2006 anno della sua morte.

Il Chino Moratti e l'Imperatore Provera.

L’Inter vince la Coppa Italia, la Supercoppa italiana e l’anno dopo un’altra Coppa Italia. Il 2 aprile 2006 in Curva Nord appare lo striscione: «Noccioline e banane la paga per l’infame». Zoro, il giocatore del Messina vittima dell’offesa provò a lasciare il campo ma venne trattenuto dai calciatori in campo. Moratti intervistato sull’episodio spiegò: «In questo caso il razzismo non c’entra, è stata soltanto una manifestazione di stupidità da parte di un gruppo che pensa di essere stato ingiustamente danneggiato per quello che accadde nella gara di andata. Per questo motivo non temo assolutamente la squalifica del campo. Gli ultrà ce l’avevano con la persona». Facchetti si scusò con Zoro a nome della società. Il 26 luglio 2006 dopo lo scandalo Calciopoli la FIGC assegna lo scudetto a tavolino all’Inter. Il 14esimo. Moratti disse: «Mi sono bevuto un bicchiere di Champagne». Ad agosto l’“Inter di Facchetti” vince l’ultimo titolo della sua storia, un’altra Supercoppa italiana. Il presidente muore per un tumore al pancreas i primi di settembre, Massimo Moratti lo ringrazia di aver «onorato l’Inter, e con lei tutti noi», ritirando l’unica maglietta della storia del club: la 3. Nessuno è presidente dell’Inter fino al 4 novembre quando Moratti decide di ritornare. Appena in tempo per guidare la sua Inter agli ottavi di finale contro il Valencia. Dopo il 2-2 a Milano la squadra allenata da Mancini non riesce ad andare oltre lo 0 a 0 al Mestalla. Al termine della partita Marchena a centrocampo tira un calcio a Burdisso, ne nasce un parapiglia. Arriva dalla panchina Navarro e nella mischia colpisce l’argentino dell’Inter in volto prima di scappare. Lo inseguono Maicon, Cordoba e proprio Burdisso. I calciatori cercano di prenderlo con scivolate da dietro. Navarro si rifugia negli spogliatoi indenne mentre alcuni giocatori interisti e anche l’allenatore Mancini lo aspettano fuori. Le squalifiche furono pesantissime. Il ministro dello Sport Giovanna Melandri definì lo spettacolo al Mestalla «mortificante». Moratti interrogato sulla questione rispose: «La reazione del ministro è stata istintiva, forse riportata male dai media, perché non tiene conto della situazione per come è avvenuta. È un po’ troppo un’autocritica nei confronti della squadra italiana e il peso di un ministro è notevole in termini internazionali, non ci aiuta», poi scherzò: «Credo che in Champions League ci saranno altri calciatori che avranno così modo di giocare». In serie A si conia l’espressione “Inter dei Record”, la squadra di Mancini vince con cinque giornate di anticipo il campionato. L’unica inseguitrice era la Roma. L’11 marzo 2007 nel derby della madonnina accadde l’irreparabile. Ronaldo acquistato dal Milan segna contro la sua ex squadra mettendo le mani dietro le orecchie durante l’esultanza. Da quel momento il rapporto tra Moratti e Ronaldo si distrugge. L’ex Fenomeno ricordando il suo presidente disse: «Lui ha sempre avuto una passione folle, senza limiti, ma per fare affari ci vuole un'altra testa». Moratti gli risponde a distanza: «Lo abbiamo rivenduto al doppio della cifra, quando non era più integro. È stata una delle migliori cose che abbiamo fatto, un'ottima operazione a livello societario». Alcune malelingue riferirono che dopo il gol del “Fenomeno” nel derby Moratti avesse detto: «Pezzo di merda». L’11 novembre 2008 viene ucciso il tifoso della Lazio Gabriele Sandri, in Curva Nord stavolta si srotola uno striscione bellissimo, e ai funerali a Roma del tifoso biancoceleste insieme ad Abete e Veltroni, si presenta anche Massimo Moratti. Il campionato, complici le dichiarazioni dell’allora presidente della Roma, Rosella Sensi, è estremamente teso. Gli “aiutini” sporcano l’immagine brillante post-Calciopoli dell’“Inter di Moratti”. La moglie di Franco Sensi disse: «La Roma meritava di vincere lo scudetto, ma c’era un centenario da onorare». Moratti l’ha onorato portando Adriano Celentano a San Siro. «Mi hanno detto che canti la sera», disse il musicista e il presidente senza indugi prese il microfono e stonò Sei rimasta sola. Poi come per scusarsi della prestazione ha detto: «Cantare con Celentano è come giocare con Pelé: Fantastico!» Recentemente a “Inter Channel” Moratti ha dichiarato che quello scudetto è stato il più bello della sua carriera da presidente. A fine anno Recoba finisce in prestito al Torino. L’amore tra il giocatore e il suo presidente era arrivato al termine. Moratti aveva altri interessi: gli undici milioni di euro a stagione di Ibrahimović. In Europa però anche il campione svedese steccava come tutta la squadra di Mancini, per questo ancor prima della fine del campionato girarono voci che stesse arrivando José Mourinho. Il portoghese è il nuovo allenatore il 2 giugno 2008. Recoba torna dopo il prestito al Torino per ripartire a fine campionato in direzione Panionios. Burdisso andò alla Roma. Il giocatore argentino ricorda ancora oggi un episodio struggente della sua storia con l’“Inter di Moratti”. A quel tempo la figlia era malata di leucemia e: «Non c’era una via di mezzo», dice il calciatore: «O stavo con lei in Argentina, oppure giocavo con l’Inter. Poi ho parlato con Moratti e anche a lui ho spiegato che ero disposto a restare senza una squadra e senza soldi. Lui mi ha risposto senza parole: si è commosso. Lì ho capito che avevo di fronte l’uomo con il cuore più grande che ho trovato in Italia. “Nicolas”, mi disse: “Fai quello che vuoi: l’Inter è a tua disposizione”».

Al centro lo Special One.

La prima annata di Mourinho si chiude con il 17esimo scudetto. In estate, Moratti lascia andare Ibrahimović al Barcellona e rinforza la squadra con Milito, Thiago Motta, Eto’o, Lúcio e Sneijder. Un’annata leggendaria. Tutto perfetto tranne Balotelli. Il giocatore «con le sue problematiche», come disse Moratti, aveva un rapporto complesso con i tifosi della Nord. Il 20 aprile 2010 lanciò la maglietta sul campo di San Siro dopo una vittoria storica con il Barcellona. «È un suicidio pubblico», disse il presidente: «Ma voglio tenerlo perché ha un talento straordinario». Balotelli recentemente ha affermato che se potesse tornare indietro non lo rifarebbe più. La sera del 22 maggio 2010 è l’hapax dell’“Inter di Moratti”. Milito con una doppietta regala dopo 45 anni la 55esima Coppa dei Campioni all’Inter. Durante l’intervista post gara Moratti con la medaglia al collo disse: «Credo che il presidente non debba averla, me l’hanno data per simpatia». L’anno dopo la campagna acquisti di Moratti è più sobria. Mourinho partito tra le lacrime dei tifosi viene sostituito da Benítez che vincerà altri due trofei. Il rapporto termina ai principi di dicembre dopo le accuse di Rafa alla presidenza, in un momento di euforia per la vittoria del Campionato del Mondo per Club, in cui disse: «quattro acquisti a gennaio o me ne vado via». Moratti tuonò: «Non è il momento di chiedere adesso» e lo punisce con l’esonero. Si parla di “risoluzione consensuale del contratto”. Un anno dopo il presidente disse: «Dopo il Triplete abbiamo fatto un anno buono, abbiamo cambiato allenatore e chi è arrivato aveva un po’ di fastidio nel ricordare quello che avevamo fatto. E noi dovevamo far finta di dimenticarcelo». Il 29 maggio 2011 l’Inter sconfigge il Palermo e vince la Coppa Italia, che per l’occasione viene chiamata “Coppa del 150° anniversario dell’Unità d’Italia”. È l’ultimo trofeo vinto dall’“Inter di Moratti”. Il 1° luglio viene resa pubblica una relazione di Palazzi nella quale si parla di un coinvolgimento nello scandalo Calciopoli-bis da parte dell’Inter. A Facchetti, morto da cinque anni, si contesta l’illecito sportivo. Moratti rispose a Palazzi: «Un attacco assolutamente inaccettabile. Grave coinvolgere Facchetti, non c’è alcun elemento nuovo, tutto è stato già giudicato». Il procuratore federale rilevò la prescrizione delle violazioni commesse e Abete disse poco velatamente che avrebbe preferito che qualcuno avesse rinunciato alla prescrizione. Nel Derby del 24 febbraio 2013 un altro ex in campo: Balotelli. In Curva Nord sono apparsi gli striscioni: «La nostra maglia hai buttato, Balotelli infame e ingrato da noi sempre sarai insultato», «Balotelli non riconosci tua figlia? Allora è un vizio di famiglia» e «Balotelli sei solo un povero uomo di merda milanista». Per qualche secondo anche una grossa banana gialla. Moratti a fine partita ha detto: «Devo fare i complimenti al pubblico, si è comportato molto bene, ha evitato di fare cose antipatiche, ha fatto cose da stadio, normali». Al termine del campionato dopo un pessimo 3 a 1 contro la Lazio sono comparsi in Curva Nord dodici striscioni sui quali erano trascritte altrettante domande rivolte al presidente Moratti. I tifosi chiedevano spiegazioni sulla maglia rossa, sull’ultima campagna acquisti, sui i giovani della primavera venduti, sui medici del Triplete… L’ultima domanda era: «Perché chi va via dall’Inter parla sempre bene di Lei… ma male dell’Inter?» Lui all’uscita dallo stadio come per rispondere a quell’ultima domanda ha detto: «Anche io da tifoso li avrei messi, è stata una contestazione civile, non posso essere risentito». Nel giugno di quest’anno il bilancio dell’“Inter di Moratti” ha chiuso con una perdita di 79,8 milioni di euro. Thohir, il magnate indonesiano è diventato l’azionista di maggioranza dell’Inter rilevando il 70% delle quote. «È un uomo per bene», ha rassicurato il presidente e sull’addio ha detto: «È come se ti nascesse un figlio, non stai a pensare al padre o alla madre, stai a pensare al figlio e che tipo di cose devi fare per farlo stare sempre al meglio». Anche Thohir sembra essersi reso conto che Moratti in diciotto anni di Inter non è stato semplicemente un presidente tifoso ma un presidente ultraterreno. Quando il 15 ottobre i giornalisti gli hanno chiesto come si sentisse in quel momento, Thohir ha detto: «Spero che questa firma possa essere una benedizione».

Massimo e Angelo Moratti, 31 anni di Storia dell'Inter.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura