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Marco D'Ottavi
La crocifissione di Nonge
04 mar 2024
04 mar 2024
Come sono andati i suoi 14 minuti in campo contro il Napoli.
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Marco D'Ottavi
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Sulla Gazzetta dello Sport hanno scritto che la scelta di Massimiliano Allegri di far entrare Joseph Nonge in campo al 76esimo di Napoli-Juventus al posto di Fabio Miretti è stata “audace, coraggiosa, spericolata”, come se si trattasse di un assalto al treno, di una lotta in gabbia con una tigre, di un lancio senza paracadute e non della sostituzione di un classe 2003 stanco con un 2005 fresco. Alla Juventus ieri mancavano Rabiot e McKennie per infortunio, più Pogba e Fagioli per squalifica. Cambiaso, che in qualche occasione ha giocato mezzala, era uscito 10 minuti prima; Nicolussi-Caviglia, l’unico centrocampista in panchina oltre a Nonge, per Allegri è un mediano. La scelta di Allegri di far entrare un calciatore di 18 anni si inserisce allora in un contesto di emergenza e non in uno di spregiudicatezza. Ma quello di sostituirlo appena 14 minuti dopo con Danilo?

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Perché Nonge era lìSe, con la rosa al completo, è difficile pensare che Nonge sarebbe entrato in campo, è anche vero che stiamo parlando di un talento che la Juventus ha prelevato dall’accademia dell’Anderlecht, una delle più rinomate al mondo, anticipando la concorrenza dei migliori club al mondo. Un calciatore di cui si dice, forse con poca fantasia, che è "il nuovo Pogba", che Montero - che lo ha allenato in Primavera - ha paragonato invece a Davids e di cui ha parlato con termini elogiativi in diverse circostanze, evidenziandone la creatività, la forza e la modernità. Nonge è entrato in prima squadra a settembre, dopo le squalifiche di Fagioli e Pogba, ma sembrava più di una casualità. «Starà in pianta stabile con noi, è molto bravo», aveva detto Allegri. Prima di una partita con la Roma aveva detto «cresce molto bene e magari tra poco gioca anche lui». In un’altra circostanza era stato più dettagliato: «Nonge è un ragazzo giovane, che sa giocare molto bene a calcio ma deve imparare a fare tante altre cose. All’interno di una partita servono contrasti, duelli, la parte fisica oltre che la parte tecnica. Su questo è un pochino indietro» (curiosa dichiarazione vista oggi, quando la voglia di un contrasto gli è costata il futuro a Torino). Prima dell’arrivo, all’ultimo giorno del mercato invernale, di Carlos Alcaraz era sembrato quasi che l’allenatore potesse finalmente puntare di più su di lui, che fino a quel momento aveva giocato appena 26 minuti in Coppa Italia e 9 in campionato. Non era successo, ma che ieri potesse esserci spazio per lui era stato preannunciato dallo stesso allenatore nella conferenza stampa della vigilia, rispondendo a una domanda sul possibile impiego di Cambiaso come mezzala: «Anche senza Rabiot e McKennie c’è Alcaraz, c’è Miretti e c’è Nonge». La partita di Nonge C'è Nonge e Allegri decide di metterlo in campo al 76esimo, insieme a Kenan Yildiz (anche lui classe 2005). È un momento in cui la Juventus ha smarrito la brillantezza dei primi sessanta minuti di gara quando, pur lasciando il controllo al Napoli e finendo in svantaggio, aveva creato diversi pericoli e soprattutto mostrato, a sprazzi, una buona intensità nella riaggressione dell’avversario. Un minuto prima del cambio Miretti si era fatto anticipare da Di Lorenzo rimanendo passivo su un passaggio un po’ sciatto ricevuto da Iling-Junior e forse era stato questo l’episodio che aveva spinto Allegri al doppio cambio, arrivato forse anche troppo tardi. Prima di entrare Nonge era stato catechizzato da Danilo, che nella Juventus attuale ha questo ruolo un po' da demiurgo.

Col suo ingresso e quello di Yildiz, la Juventus è passata dal 3-5-2 al 4-3-3, con Alex Sandro e Weah terzini, Chiesa largo a destra e il turco a sinistra. Nei cambi di sistema a partita in corso c’è sempre un attimo di smarrimento tra i giocatori e infatti, alla prima azione, con la palla al Napoli, la Juventus si è accoppiata male nel pressing e Nonge, per iniziativa personale, è salito a pressare su Ostigard, costringendosi poi a un recupero affannoso una volta saltato che lo ha portato a fare fallo su Raspadori sulla trequarti. Col secondo tocco della sua partita (prima c’è stato un colpo di testa in mischia), Nonge ha eluso la pressione di Anguissa guadagnandosi un fallo. Sono minuti confusi, ma l’idea è che quando la Juventus ha il pallone, Nonge si alza sulla trequarti, lasciando ad Alcaraz il compito di venire in contro per aiutare la manovra, mentre senza palla deve presidiare la zona in cui ci sono Anguissa e Raspadori. Il Napoli prova ad addormentare la partita con il palleggio, la Juventus non sembra troppo a suo agio col nuovo modulo, ma un minuto dopo trova il gol del pareggio. C’è un anticipo in area di Bremer, il pallone arriva a Locatelli, il Napoli è lento a recuperare e Chiesa segna. Nell’azione del gol Nonge fa il cambio di gioco che porta il pallone a Chiesa (che poi scambierà con Alcaraz). Niente di trascendentale, ma è la giocata giusta al momento giusto e soprattutto il suo unico passaggio tentato e riuscito. È l’82esimo e la Juventus si convince forse che può vincere la partita. Vlahovic, per dire, prende il pallone dalla porta e lo riporta a centrocampo di corsa, spinge i compagni che esultano a tornare ai loro posti. Teoricamente è il Napoli ad avere bisogno dei 3 punti più della squadra di Allegri, che potrebbe farsi bastare un pareggio fuori casa al Maradona, ma forse le tante occasioni sbagliate hanno dato un’idea di dominio della partita. Un minuto dopo Chiesa e Vlahovic attaccano rabbiosamente il palleggio del Napoli ma il resto della squadra non li segue. Nonge si trova in una specie di terra di nessuno, quasi costretto a salire più alto di quanto vorrebbe. 

Sembra un momento casuale della partita, ma è da qui che parte una lunga azione di due minuti e mezzo che porta al fallo da rigore di Nonge su Oshimen. Il centravanti del Napoli stoppa un difficile cross dalla destra con il petto, col fisico tiene alle spalle Rugani mentre cerca di controllare il pallone a pochi passi da lui, ha anche un attimo di esitazione convinto forse che Raspadori sta per intervenire al suo posto, ma allungando la gamba riesce comunque ad arrivare prima di Bremer, attratto a sua volta dal movimento di Raspadori e quindi in ritardo, e Nonge, che arriva da dietro e lo colpisce con i tacchetti sulla caviglia. L’arbitro, che pure era davanti all’azione, non fischia, ma poi è il VAR a sottolineare la fallosità dell’intervento di Nonge. Lo abbiamo visto tante volte: sono quei contatti che fino all’ingresso della tecnologia vivevano in una zona grigia e che oggi sono quasi sempre sanzionati. Nonge, come si capisce dal replay, non affonda il contrasto con violenza (lo step on foot), ma poggia in maniera evidente i suoi tacchetti sulla caviglia di Osimhen. Su internet si legge che Nonge “nasce difensore centrale, ma si scopre mezz'ala con il tempo”: la scelta di entrare in quella circostanza - con l’avversario spalle alla porta e coperto - ha piuttosto l’imprudenza dei giocatori non abituati a difendere. Osimhen, in ogni caso, riesce spesso ad anticipare gli avversari su questi palloni sporchi grazie a gambe lunghissime e una rapidità nel breve che non dovrebbe avere con quel fisico.

La sostituzione di Nonge Mentre il centravanti del Napoli si prepara a calciare il rigore, per un attimo, vediamo Allegri e, accanto a lui, Milik pronto a entrare. Il polacco doveva entrare già prima del gol del pareggio, ma poi era stato fermato. Danilo invece non si vede: forse si sta riscaldando, forse no. Poi c’è l’esecuzione del rigore. Osimhen calcia piano alla sinistra di Szczesny, che azzecca l’angolo e respinge in avanti. Il primo ad arrivare è Raspadori che ribadisce in rete. La dinamica dell’azione è chiara: i giocatori del Napoli, invece di appostarsi al limite dell’area come succede di solito, partono qualche metro dietro per avere un eventuale inerzia positiva in caso di respinta.

Non è una situazione usuale, ma non è neanche un’invenzione rivoluzionaria. I calciatori della Juventus, però, si mostrano totalmente impreparati. Qualcuno ha dato la colpa a Nonge anche per essersi perso Raspadori, che passa tra lui e Alex Sandro, ma quando l'attaccante del Napoli ribatte in rete la respinta, ci sono altri due calciatori del Napoli sul pallone.

È un errore collettivo se ce n’è uno e, a voler ragionare sugli errori, è ben più grave di quello singolo di Nonge - un errore che poi, tra l'altro, era stato corretto da Szczesny, in quell’eterna dinamica per cui nel calcio si sbaglia molto, ma si hanno anche 10 compagni che provano a rimediare (se tutti i calciatori fossero imputabili per ogni singolo errore, il calcio durerebbe molto poco come sport). Non è il pensiero di Allegri però: quando la telecamera torna sulla panchina della Juventus insieme a Milik (che entrerà al posto di Alcaraz) è pronto a entrare anche Danilo. A questo punto succede una cosa strana: Alex Sandro si avvicina al brasiliano, sembra quasi che debba uscire lui (che forse è il più colpevole nel gol di Raspadori, se vogliamo dare colpe ai singoli), ma prima Landucci lo tiene in campo con un braccio, poi si capisce perché è a bordo campo: per dare la fascia da capitano a Danilo, come se stesse entrando per gli ultimi minuti della sua carriera da calciatore.

Nonge invece scompare dalla partita, inghiottito dall’imbarazzo. Danilo si metterà davanti alla difesa, con Locatelli spostato invece mezzala sinistra: non un aggiustamento tattico che sembrava necessario. Negli ultimi cinque minuti di recupero la Juventus avrà un’altra buona occasione per pareggiare, ma all’interno di azioni convulse e palloni buttati in area di rigore. Un momento della partita in cui la tattica - la scelta di sostituire Nonge, una mezzala, per Danilo, un difensore - non ha avuto nessun impatto, in positivo o in negativo. È anche difficile dire che l'ingresso del brasiliano migliorava la presenza in area di rigore, se non altro perché Nonge è alto esattamente come Danilo (184 centimetri). Il cambio di Nonge dopo 14 minuti va visto allora come un cambio totalmente punitivo da parte di Allegri? Allegri è un allenatore di una squadra di professionisti, non è un padre e quella non è nemmeno una scuola calcio, eppure è impossibile non pensare che un gesto del genere nei confronti di un ragazzo di 18 anni non abbia un impatto negativo. Nonge non era recidivo, non aveva approcciato la partita con un linguaggio del corpo sbagliato, non aveva mostrato nervosismo o disperazione. Non si è distinto per nulla in particolare, ma certo il contesto della partita non era costruito intorno a lui e nessuno pensava dovesse fare qualcosa di più o meglio. Non è neanche così strano che in 14 minuti abbia toccato pochissimi palloni (con il controllo del gioco quasi tutto del Napoli). La sua colpa è aver avuto meno prontezza di spirito di Osimhen, uno dei migliori calciatori della Serie A. Dopo la partita Allegri non ha neanche citato il calciatore o i motivi del cambio (anche perché non gli sono stati chiesti). Non ha evidenziato le colpe di Nonge in maniera diretta, accusando piuttosto genericamente la squadra sul secondo gol: «Raspadori e gli altri hanno preso la rincorsa e ci sono saltati addosso. Bisogna fare meglio. Szczesny ha parato un rigore tirato male, se lo tirava bene la palla andava in angolo. Sono passaggi di crescita». Sorvolando sui "passaggi di crescita", che sembra un leitmotiv dell'allenatore in questa stagione ogni volta le cose vanno male a prescindere dai motivi per cui vanno male, Allegri non ha bisogno di scaricare le colpe su Nonge perché già l'ha fatto. Da questo punto di vista la sua sostituzione è quasi un espediente narrativo piuttosto che una scelta tattica o anche solo punitiva. Ad Allegri interessa qualcosa di Nonge e della sua crescita o gli interessa solo sostituirlo per evidenziare che è stato costretto a schierare un diciottenne che non è pronto a questo livello? In questo modo è più facile far passare il messaggio che per tutta la stagione ha portato avanti: la rosa della Juventus non è abbastanza buona. Non lo è per l'Inter, e questo ormai è chiaro, ma non lo è neanche per un Napoli all'interno di una perenne crisi di gioco. Allegri dopotutto aveva fatto lo stesso con Miretti contro il Benfica e Fagioli contro il Sassuolo (anche se in quel caso, giocando da titolari, erano stati cambi molto meno gravi nella forma). Il trucco in ogni caso ha avuto successo: nelle discussioni post-partita, nelle chat, su Twitter, in questo articolo, si è parlato molto più dell'errore di Nonge che non della partita o del fatto che nelle ultime sei partite della Juventus sono arrivati tre sconfitte e due pareggi, e che la vittoria è arrivata con un gol all'ultimo secondo contro il Frosinone. Sandro Sabatini ha detto che «magari un giorno Nonge ringrazierà Allegri». Chissà, magari è vero, intanto il calciatore su Instagram si è preso tutta la responsabilità per la sconfitta: un comportamento che non è assolutamente naturale, tanto più per un giocatore che ha giocato appena 14 minuti.

Nonge, proprio perché il suo cambio non è punitivo ma è fumo negli occhi, non dovrebbe prendersela o caricarsi di pensieri: non è il suo talento a essere messo in discussione. Se ieri ha imparato una lezione, non è stato il suo allenatore a fargliela, ma Osimhen. È così che funziona: se sei abbastanza bravo da arrivare al livello dei migliori, può anche succedere che i migliori ti diano una lezione.

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