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Daniele Vallotto
Non finiremo mai di stupirci di Federer
30 gen 2017
30 gen 2017
In cinque, epici set il Re ha sconfitto il suo avversario di sempre e prolungato la magia.
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Daniele Vallotto
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Prima di ieri Nadal aveva battuto Federer 23 volte su un totale di 34 incontri. Ma c’erano diversi motivi che lasciano pensare che questa finale non avesse un esito già scritto. L’ultimo precedente in uno Slam, proprio agli Australian Open, risaliva a tre anni fa, e da allora sono successe molte cose; entrambi avevano dovuto affrontare due match al quinto set, ma il livello di gioco di Federer è sempre sembrato superiore a quello di Nadal; infine, mentre Federer, perfino in un anno sfortunato come il 2016, era riuscito a giocare due semifinali Slam, per Nadal quella vinta con Dimitrov era la prima semifinale dopo tre anni. Ma quando si affrontano due tennisti, non si può non tener conto dei precedenti, e in questi caso i numeri erano tutti dalla parte di Nadal: 23-11 negli head-to-head, 9-2 negli Slam, 6-2 nelle finali Slam, 3-0 agli Australian Open.

 

Insomma, c’erano tanti buoni motivi per considerare Federer favorito e altrettanti per pensare che Nadal avrebbe fatto di nuovo quello che gli riesce meglio: far impazzire Federer con una tattica semplice ed efficace, martellandolo con il dritto in top spin sul rovescio a una mano di Federer, aspettando con pazienza l’errore o il colpo abbastanza corto da permettergli di chiudere lo scambio con un vincente.

 

 



 

Qualcosa però è andato storto su quella diagonale. Il cambio di racchetta deciso da Federer a fine 2013 ha cambiato la storia del suo rovescio a una mano, quello con cui non riusciva a gestire in modo accettabile il top spin di Nadal. Con un piatto più ampio - da 90 a 97 pollici - Federer ha considerevolmente diminuito il numero di errori dalla parte sinistra e oggi il suo rovescio è un colpo molto più sicuro e affidabile. Da quando Federer ha cambiato la racchetta, lui e Nadal si sono incontrati solo due volte: agli Australian Open 2014, quando Federer aveva appena cambiato l’attrezzo, e a Basilea 2015.

 

Federer ha cominciato la finale degli Australian Open 2017 con uno stile molto aggressivo, cercando di accorciare gli scambi e di prendere la rete appena possibile, come era facile aspettarsi. In pochi però si aspettavano la solidità dello svizzero dalla parte del rovescio. Federer è riuscito spesso e volentieri a far girare lo scambio grazie a questo colpo, ricorrendo solo raramente alla soluzione in back, una delle sue preferite, ma da sempre inoffensiva quando incontra il dritto di Nadal.

 


Nadal era riuscito a comandare il punto, ma Federer, dopo uno dei rari back dell’incontro, è riuscito a colpire il suo rovescio con sufficiente anticipo, prendendo velocemente la rete e chiudendo il punto con lo schiaffo al volo.




È evidente che un rovescio così dominante non può essere il solo effetto della racchetta o di una giornata di grazia, ma è la conseguenza di un incrocio di fattori. Da una parte il lavoro di Federer con Ljubicic, che sembra aver migliorato l’anticipo su quella precisa diagonale - e il fatto che a 36 anni lo svizzero abbia scoperto ancora margini di miglioramento nel proprio gioco restituisce l’idea della sua grandezza. Dall’altra, di certo, ha inciso il calo del dritto di Nadal. Le incredibili rotazioni che lo spagnolo riesce a imprimere alla palla (durante il match ha tirato un dritto a 4500 rotazioni al minuto) risultano particolarmente dannose se il colpo è profondo. Se la palla rimane corta, invece, un fenomeno dell’anticipo come Federer riesce facilmente a comandare lo scambio e a chiuderlo il più rapidamente possibile. Non è un caso che gli scambi più lunghi, 18 e 26 colpi, siano arrivati solo nel quinto set. La cosa sorprendente è che li ha vinti Federer.

 

Il rovescio di Federer non è stato importante solo per girare lo scambio. Lo svizzero è stato paziente e ha spesso usato dei colpi con traiettoria più alta (quindi più sicuri) ma ugualmente profondi, difficili quindi da controbattere senza arretrare e perdere campo e inerzia. In questo Nadal non è stato molto bravo, e si è fatto spesso sorprendere, anche dalla parte del rovescio, un colpo più piatto con cui di solito non perde molto campo. Il rovescio lungolinea, in particolare, è stato particolarmente fruttuoso per Federer: gli ha permesso più volte di prendere in contropiede Nadal, a dire il vero mai troppo brillante e reattivo. Un’altra differenza fra questo Nadal e quello di qualche anno fa è la maggior massa muscolare, necessaria a produrre la stessa forza che prima riusciva a ottenere attraverso le rotazioni. L’effetto collaterale è però una minore agilità negli spostamenti, quella che costringeva un tempo Federer a dover giocare sempre un colpo supplementare, mandandolo fuori giri.

 

Ieri Federer è riuscito a trovare spesso il vincente con il dritto a sventaglio sul dritto di Nadal. Sette anni fa, lo stesso identico colpo era tutto meno che una certezza, come testimonia

, vinto da Nadal con un dritto lungolinea inimmaginabile e fuori da ogni categoria tecnica. La partita di ieri ha certificato, tra le altre cose, che l’ubiquità di Nadal - quella capacità sovrannaturale di tirare su da terra qualsiasi colpo - è definitivamente svanita.

 

La vera sorpresa del match, comunque, è stata la risposta di rovescio. Federer ha colpito spesso in anticipo, costringendo Nadal a giocare colpi interlocutori che diventavano ben presto preda del dritto dell’avversario. Soprattutto, lo svizzero ha avuto la lucidità di non giocare praticamente mai la risposta in back, che sorprende spesso gli altri avversari costringendoli a giocare colpi difficili, ma quasi mai Nadal.

 


La scarsa incisività del dritto di Nadal si vede molto bene in questo punto, visto che la risposta di Federer, pur essendo colpita in anticipo, non era particolarmente profonda o angolata. Come passa il tempo.


 

 



 

Nel corso dei sei match che l’hanno portato in finale, il dritto di Nadal è stato l’osservato speciale. Sparito o quasi dal 2015 in poi, questo colpo, senza paragoni nella storia del tennis, è diventato la sineddoche della crisi dello spagnolo. Negli ultimi due anni non si poteva parlare del calo di Nadal senza parlare del suo dritto, diventato ormai un’arma spuntata, pallida imitazione di quel gancio arrotato che gli ha fatto vincere nove Roland Garros. Nel corso degli Australian Open, assieme a una ritrovata fiducia, è tornato anche il dritto. Ma è stato un ritorno a singhiozzo: quando le cose andavano bene, il dritto di Nadal viaggiava sulle velocità e le rotazioni di una volta; quando l’avversario faceva partita, tornava corto e quindi attaccabile. Nella semifinale con Dimitrov, per esempio, non è certo stato il dritto a risolvere i problemi di Nadal, che nel quinto set sembrava pure a corto di energie, quanto piuttosto un’intelligenza tattica fuori dal comune, un aspetto su cui Nadal non ha ancora rivali nel circuito.

 

Il problema di Nadal nella finale con Federer, però, non è stato solo il dritto. È vero che ha cercato pochissimo la soluzione lungolinea, di sicuro il colpo più letale del repertorio; ed è altrettanto vero che dalla parte del rovescio il maiorchino ha spesso subìto le accelerazioni di Federer, tanto col dritto incrociato che col rovescio lungolinea. Ma è al servizio che Nadal ha deluso in particolare. La battuta è un colpo che spesso si sottovaluta, quando si parla dello spagnolo. In verità, Nadal riesce a nascondere benissimo la direzione della palla, anche a velocità più basse del normale. I primi due ace dell’incontro, ad esempio, sono arrivati su delle seconde di servizio che hanno preso di sorpresa Federer. Il suo servizio esterno da sinistra, poi, gli ha sempre risolto molti problemi, specie quando doveva fronteggiare palle break. Tuttavia, nel corso della finale il servizio di Nadal ha funzionato solo per alcuni tratti.

 


Una rarità nel corso del match: banana shot e poi dritto anomalo lungolinea a chiudere. Vintage Nadal.




 



 

Com’è quindi possibile che questi due abbiano giocato cinque set e che Nadal si sia trovato in vantaggio di un break nell’ultimo? Ovviamente non è una casualità, ma la somma di vari fattori. Innanzitutto, Federer non è stato costante nel suo piano e in vari momenti della partita ha perso il controllo dei fondamentali di fondo campo, specie del dritto. Nel secondo, ad esempio, è andato sotto 4-0 senza che Nadal avesse fatto granché di speciale. Nel quarto, dopo aver subìto il break nel terzo game, ha trovato grandi difficoltà nel rispondere al servizio del suo avversario. Nadal è il tennista di gran lunga più intelligente del circuito e lo ha dimostrato anche ieri. Dopo un disastroso terzo set, lo spagnolo ha iniziato a cercare sempre più spesso il servizio al corpo - uno dei colpi che Federer soffre di più - e questo gli ha garantito molti “free point”, punti ottenuti senza sforzo e che danno morale, oltre che fiato.

 

A quel punto, quando si arriva al quinto set, i discorsi sulla tattica e le disamine tecniche contano fino a un certo punto. Federer, quando si era ormai entrati nella quarta ora di gioco, sembrava spazientito mentre Nadal, con la sicurezza accumulata nei precedenti, sapeva che mantenendo la calma avrebbe portato a casa la partita. Il break all’inizio del quinto, con un dritto di Federer tirato a casaccio in corridoio, confermava i pareri di chi diceva che Federer non avrebbe saputo rimanere fedele fino in fondo ai propri piani. Ma nei successivi turni di servizio Nadal non ha saputo capitalizzare il vantaggio psicologico ed ha anzi faticato nel tenere i suoi turni di servizio. Quando occorre tirare molti colpi difficili uno di seguito all’altro, come ha dovuto fare lo spagnolo nei primi game del parziale, significa che c’è qualcosa che non va. Federer, dal canto suo, riusciva a tenere il servizio con molta facilità.

 

Anche se Nadal ha concesso palle break nel secondo e nel quarto game, la svolta è arrivata nel sesto: Federer prima ha vinto uno scambio da 18 colpi, concluso con uno spettacolare rovescio incrociato e poi si è portato 0-30 grazie a un paio di dritti a sventaglio che hanno ingolosito Nadal, facendogli però perdere il punto con un dritto in rete. Federer è arrivato a palla break con un altro rovescio incrociato ed ha vinto poi il game tenendo testa a Nadal sulla diagonale sinistra. Il maiorchino ha provato ad uscirne tentando un dritto lungolinea, che è però finito fuori di poco. Nadal, che aveva un solo challenge a disposizione, ha preferito non chiamare “Occhio di Falco” e così Federer ha ottenuto il controbreak del 3-3. Un risultato ottenuto rimanendo tenace sulla diagonale che più spesso lo aveva visto soccombere, quella di sinistra. In questo è stato aiutato anche da un paio di inusuali errori gratuiti di Nadal, come il dritto lungo sul 30-30, o quello finito in corridoio che aveva preso in contropiede Federer e gli avrebbe dato il game del 4-2. È stato, come suol dirsi, il momento che ha fatto girare la partita. A quel punto poteva certo ancora succedere tutto, ma Federer si trovava nella condizione psicologica più favorevole.

 


Per esempio.


 

Lo scambio che più ha fatto il giro dei social, un punto da 26 colpi che è terminato con uno spettacolare dritto lungolinea giocato in controbalzo da Federer, rappresenta solo una minima parte del rovesciamento psicologico avvenuto dopo il controbreak. Federer ha tenuto il game del 4-3 con una facilità sorprendente, grazie a due ace (uno con la seconda), un servizio vincente e un ottimo attacco a rete. Si tratta di dettagli che, dopo tre ore e mezza di gioco, fanno la differenza. E così, nonostante Nadal sia riuscito a trovare un servizio sulla “T” che non è tornato indietro dopo il famoso punto sul 4-3 40-40, Federer ha risposto con altri due colpi spettacolari: un fulminante dritto lungolinea e un’altra tremenda risposta di rovescio, giocata quasi di polso, che gli ha dato l’ultimo, decisivo break.

 

Poi è stato il momento dell’inevitabile tensione nell’ultimo game, di un doppio fallo sfiorato, della sospensione della vittoria, di quel dito di Nadal a indicare fuori, disperatamente, l’ultimo dritto incrociato di Federer. Nadal ha invocato la tecnologia e una speranza vana, già sorrideva, sconfitto, mentre le telecamere inquadravano la palla sulla riga piena e davano il via alla festa generale.

 

La vittoria di Federer è la vittoria dei suoi colpi, del suo talento, ma messo al servizio della strategia di gioco. E quindi parte del merito va dato a Ivan Ljubicic, da qualcuno accolto con scetticismo ma che, alla prova dei fatti, è riuscito a far fare a Federer quello che a tutti sembrava impossibile: trovare la chiave di volta per battere Nadal. Eppure, niente di tutto ciò sarebbe stato possibile senza la volontà di Roger Federer di dare corpo concreto ai proclami degli ultimi anni: “Sono in grado ancora di vincere uno Slam altrimenti mi ritirerei”. La partita di ieri ha dimostrato che non erano frasi di circostanza ma una reale dichiarazione di intenti. Ce l’ha fatta Roger, a 35 anni, come Sampras, superato anche in questo. Alla fine ha avuto ragione lui.

 

 

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