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Francesco Bolognesi
Non è finita
07 mar 2014
07 mar 2014
Il ritratto del playmaker dei Chicago Bulls, il più giovane MVP della storia NBA. Tra infortuni, ritorni, aspettative e reincarnazioni: cosa ne sarà di Derrick Rose?
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Francesco Bolognesi
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IL RITORNO 29 ottobre 2013. American Airlines Arena, South Beach, Miami. Chicago Bulls @ Miami Heat. Sarebbe bastata la rivalità ai playoff tra le due squadre a rendere la partita interessante. 4-1 a favore di Miami negli ultimi giocati—o il ricordo del 27 marzo 2013 quando, con una partita definita da alcuni la più bella di sempre in regular season, i Chicago Bulls di Nate Robinson e Marco Belinelli fermarono la striscia di 27 vittorie consecutive degli Heat. Ma in quella partita vi era un qualcosa in più: il ritorno dell'unico giocatore che è riuscito a togliere il titolo di MVP a LeBron. Il ritorno di Derrick Rose. Ore 8, fuso orario di Miami. Palla a due. Noah e Bosh faccia a faccia, Crawford alza la palla, Noah vince il primo duello e la tocca in favore di Rose. Miami incomincia subito a pressare. 11’47’’. Chalmers con un grande gesto atletico gli ruba subito la palla. Si inizia male. Derrick non demorde, rincomincia a gestire il gioco aspettando la sua occasione. 10’29’’. Butler consegna a Rose che tiene la palla in mano per un secondo, passa in mezzo a Boozer, Chalmers e Bosh, terzo tempo e lay up vincente. Primo canestro. 8’23”. Dunleavy prende un air ball di Bosh e consegna la palla a Rose. Rose mette la seconda e sul laterale destro del campo incomincia ad accelerare. A metà campo ingrana la terza e la quarta. Poco prima dell'area da tre, frena, scala la marcia, sfrutta il blocco di Boozer a danno di Chalmers, entra nell'area piccola. Esplode, un palleggio, cambia marcia, un passo, due passi, spennellata di mancino sul tabellone. Bosh non può farci niente. 8’17’’. È finalmente tornato. http://www.youtube.com/watch?v=FCxbYfwzh_U

La partita all'intervallo è già finita. Il risultato finale è di 107 a 95.

Rose ha chiuso il suo ritorno in 34', 4 su 15 dal campo, 1 su 7 da tre, 3 su 4 ai liberi, 1 rimbalzo, 4 assist, 12 punti. Non al livello a cui eravamo abituati, certo, ma è stato un inizio come quelli da grande film. La caduta dell’eroe, il ritrovamento del coraggio, il primo segnale di forza di volontà e infine la dimostrazione della propria potenza. Quello che importava era che il figliol prodigo della "città dolente" aveva rimesso piede in campo e aveva fatto vedere quello che sapeva fare. La serie televisiva NBA per l'anno 2013/2014 era appena iniziata, sembrava essere ritornato un grande protagonista, ma gli sceneggiatori avevano puntato su un colpo di scena sconvolgente. Altro che Lost. POOHDINI & BENJI Derrick Rose è nato a Chicago il 4 ottobre 1988. Fin da bambino nutre una forte passione per i dolci e per il basketball. Viene soprannominato Poohdini, dalla commistione di Houdini (per le sue doti con la palla a spicchi) e Winnie the Pooh (per la sua passione per i dolci): Poohdini. Come tutti i suoi coetanei segue alla televisione la seconda stagione di The Amazing Adventures of the G.O.A.T. and Friends e come tutti noi si innamora di quello sport che all’epoca, nella "città del vento", raggiunse il suo più grande splendore. In poco tempo diventa il sovrano assoluto di Murray Park, il campetto di Englewood, il suo quartiere. Ball-handling eccezionale ed esplosività mai vista. Per proteggerlo dalla malavita di Chicago, dalle attrazioni esterne e per non ripetere quello successo a Ronnie Fields, viene creata una specie di cordata, comandata dalla madre Brenda e composta dai tre fratelli Dwayne, Reggie e Alan, che lo accompagnano e seguono ovunque. Tra una partita in cortile e un'altra si iscrive alla Simeon High School. Nel palazzetto dei Wolverines, situato nel distretto di Chatham, nella zona Sud di Chicago, c'è appeso uno stendardo, quello del campionato nazionale del 1984. Derrick Rose, come tutti i suoi compagni e come tutta la città, conosce la storia di quel campionato e soprattutto conosce la storia dell'artefice di quella vittoria. Il 1984 sembra l’anno della svolta per la capitale dell'Illinois. Tale Harold Washington è il primo sindaco nero di Chicago, un giovane Batman che ha come obiettivo ridurre la criminalità in una delle città più violente d'America. Un certo Michael Jeffrey Jordan è stato scelto con la chiamata numero tre al Draft NBA e un giovane giocatore di un High School di South Side Chicago è stato eletto, per la prima volta nella storia della città, miglior prospetto della nazione. Il suo nome è Benjamin Wilson Jr., ma tutti lo chiamano "Benji". Benji è nato il 18 marzo 1967 da Mary e Benjamin Wilson Sr. nella zona Sud di Chicago. È il terzo figlio della madre e il primo del padre. Fin dall'infanzia si diletta a giocare a basketball con i fratelli per i campi cittadini e in particolare al Cole Park di Chatham. Si iscrive alla Simeon Vacation High School dove da subito veste la casacca giallo blu dei Wolverines, la squadra della scuola. Sceglie il numero 25. Il primo anno si presenta come guardia, è alto 6'1'' e passa la maggior parte del tempo in panchina. L'anno successivo incomincia la sua crescita, che lo porterà a un'altezza di 6’9'' piedi. Nick Anderson, compagno di squadra di Benji e futuro giocatore NBA, lo definisce "un Magic Johnson con il jumpshot e il ball-handling di Isiah Thomas”. Si presenta longilineo, magro, con un sorriso smagliante proprio come Magic, e un fisico snello, alla Kevin Durant. Le sue doti sono indiscutibili e, nel 1984, per la priva volta nella storia della scuola, riesce a portare i Wolverines a vincere il campionato statale dell'Illinois. In finale all'Assembly Hall di Champaign, Simeon batte il fino-ad-allora-imbattuto Evenston High School con il risultato di 53-47. Benji è votato MVP della partita. È l'unico non-senior della squadra. http://www.youtube.com/watch?v=r_RWuMti_9E

La storia di Benji.

Quell'estate, Bob Gibbons lo seleziona per un torneo durante il quale si sarebbero sfidati i migliori liceali della nazione, il Nike/AFBE camp, a Princeton, New Jersey. Il ragazzo impressiona tutti, gli scout dei college impazziscono e incominciano a offrirgli borse di studio. Le più agguerrite: University of Illinois, De Paul e University of Indiana. Viene definito il migliore prospetto d'America. "Best in the Nation". La pressione su di lui aumenta di giorno in giorno, ma Benji sembra riuscire a rimaner lontano dagli sciacalli. Nel frattempo la sua fidanzata storica Jetun Rush rimane incinta e partorisce un figlio: Brandon. L'anno scolastico rincomincia. Benji è all'ultimo anno e vuole difendere il titolo con la sua squadra. La prima partita si giocherà contro gli avversari battuti in finale l'anno precedente ed è in programma il 22 novembre. 21 Novembre 1984, Benji e Jetun si stanno allontanando dalla scuola durante la pausa pranzo. Stanno litigando quando Benji inciampa accidentalmente in un ragazzo, tale William Moore. Benji tenta di scusarsi, ma Moore e il suo amico Omar Dixon sono in cerca di guai. Tre spari colpiscono il corpo di Benji e gli feriscono gravemente il fegato. Il giovane viene portato di urgenza al St. Bernard Hospital di Chicago. Sono le 12 e 37. Mentre Benji è sotto i ferri, 8mila persone si riuniscono per pregare nel palazzo della scuola. L'intervento non è sufficiente e alle 6 del mattino ne viene dichiarata la morte. Quella sera i Wolverines vincono in suo onore contro Evanston High 71-50. A Omar Dixon e William Moore sono stati dati 30 anni di carcere. Alla corte è bastata un'ora di processo per decidere la pena. Al funerale partecipano 10mila persone. Il suo corpo è stato seppellito nello stesso cimitero dove verrà poi seppellito anche Harold Washington. La lapide di Benji reca la scritta, "Best in the nation". La leggenda di Benji Wilson non è finita quel tragico giorno. La sua storia è intrecciata alle radici della "città del vento". Il suo numero è stato indossato in suo ricordo da moltissimi giocatori, primo fra tutti il suo compagno Nick Anderson. E 20 anni dopo anche un giovane ragazzo amante delle caramelle decide di onorarlo indossando il 25. Benji Wilson era tornato, sotto le spoglie di Poohdini. La reincarnazione è una bellissima faccenda se ci si crede. Un’anima, trascorso un arco di tempo, rinasce all’interno di un altro corpo. Prima che Benji venisse ucciso tutti si aspettavano per lui un futuro in NBA e quando Derrick è diventato Rookie of the Year, poi due volte All Star, e infine MVP, sembrava che il sogno di Benji fosse solo stato rimandato, sembrava che Derrick avesse vissuto quello che Benji non aveva potuto vivere al posto suo e anche per lui. Con la casacca dei Wolverines Rose riesce nell'impresa di vincere il titolo statale due volte di fila, nel 2006 e nel 2007, aggiungendo altri due stendardi a quello dell' ’84, l’ultimo fino a quel momento. Finisce la carriera nell'High School con 21,1 punti, 8,8 assist, 6,2 rimbalzi di media. Il suo numero—il numero di Benji—viene ritirato nel 2008. NUOVA LEGGENDA La caccia a quello che viene definito il miglior playmaker in circolazione è scattata. A guadagnarsi il giovane chicagoniano è la Memphis di John Calipari. Indossa il numero 23 in onore del protagonista della sua serie televisiva da bambino, the G.O.A.T. La stagione procede alla grande, la squadra comandata da Rose vince la South Region con un record di 33 vittorie e 1 sconfitta rimanendo imbattuta nella propria conference. Nel March Madness Memphis parte come testa di serie. Prima del torneo Rose mette una media di 14,9 punti a partita con il 47,7% dal campo, il 33,7% da tre e il 71,2% ai liberi, più 4,7 assist e 4,5 rimbalzi. Durante il torneo i suoi numeri aumentano e Memphis raggiunge la finale NCAA contro Kansas. Durante la partita segna 18 punti con 1 su 6 da tre e 7 su 17 dal campo, 7 rimbalzi, 6 assist, 2 palle rubate, ma manca due importantissimi liberi alla fine del secondo tempo e la tripla di un giovane Mario Chalmers manda la partita all'overtime. Kansas si impone alla fine per 75 a 68. Rose chiude il torneo NCAA con 20,8 punti, 6,5 rimbalzi e 6 assist di media, con 51% dal campo, 84 % ai liberi e il 33% da tre. Il 15 Aprile si dichiara eleggibile per il Draft NBA. http://www.youtube.com/watch?v=z3sy0oHP3LI

Kansas vs. Memphis, l'NCAA Title Game 2008

Per l'estrazione del Draft, i Chicago Bulls hanno solo 1,7% di possibilità di essere scelti per la numero uno. Fatalità vuole che la prima scelta vada proprio alla squadra della "città del vento", che naturalmente il 26 giugno, sceglie il beniamino di casa. Il giorno del Draft, Jeff Wilson, il fratello di Benji commenta così: «Lo spirito di mio fratello è vivo in lui. Derrick Rose contiene l'anima di Benji». PROFESSIONISTA Nella prima stagione vince il premio di Rookie of the year, ma l'impresa più grande la esegue durante la sua prima partita ai playoff, quando contro i Boston Celtics (campioni in carica), mette a segno 36 punti, 11 assist, 4 rimbalzi, 3 stoppate con 9 su 10 ai liberi e 15 su 22 dal campo, pareggiando il record di Karim Abdul Jabbar (all'epoca Lew Alcindor) di punti per un rookie all'esordio nei playoff. Chicago vince quella partita per 105 a 103 dopo un overtime, ma perde la serie a gara 7. Rose diventa il secondo giocatore dopo Chris Paul a mettere a segno 35 punti e 10 assist al debutto nei playoff. Le sue cifre nella prima serie della carriera: 19,7 punti con il 47,5% dal tiro, 6,3 assist e 4,9 rimbalzi di media. http://www.youtube.com/watch?v=4E1XrONyhbU

Il meraviglioso debutto di D.Rose ai playoff

Nella stagione successiva viene selezionato per l'All Star Game, il primo giocatore dei Bulls dai tempi di Michael Jordan. La stagione regolare finisce 41-41 per i Bulls che si qualificano ai playoff con l’ottavo seed, Derrick raggiunge 20,8 punti di media con 6 assist e 3,8 rimbalzi, mette a segno il 48% dei tiri dal campo, 26% delle triple e il 76% dei liberi. I Bulls escono al primo turno 4-1 contro i Cleveland Cavaliers di LeBron James. Nella stagione 2010/2011 dopo una Regular Season spettacolare, durante la quale porta la sua squadra a vincere la East Coast con un record di 62-20, viene nominato MVP. Il più giovane della storia. Mette a segno 25 punti, 7,7 assist e 4,1 rimbalzi di media con il 45% dal campo, il 33% da tre e l’85% ai liberi, migliorandosi in ogni aspetto del suo gioco rispetto l’anno precedente. Arriva settimo nella Lega per punti e decimo per assist, l’unico quella stagione a essere incluso nella top 10 di quei dati e raggiunge cifre viste prima solo dal grandissimo Oscar Robertson, Michael Jordan e LeBron James e viene inserito nell’All-NBA First Team. Durante la premiazione le ultime parole commosse sono rivolte alla madre, “just everything”, punto di riferimento e di forza in tutta la sua carriera. Ai playoff i suoi punti aumentano a 27,1, i rimbalzi a 4,3, ma Chicago si ferma 4-1 in finale di Conference contro Miami. La squadra è sempre di più nelle sue mani. Leader silenzioso, in campo come fuori. Rose non cambia mai espressione durante la partita, non ne sembra estraneo come Duncan ad esempio, ma non lascia trasparire forti emozioni. Timido e introverso, soprattutto durante le interviste dove parla poco della propria vita famigliare se non per ringraziare la propria famiglia e in particolare la madre. Le sue doti crescono di stagione in stagione, un ball handling come il suo non si vedeva dai tempi di Isiah Thomas (Benji?), la sua esplosività è implacabile. Ubriaca gli avversari, si butta dentro e si muove tra braccia e gamba nei mucchi selvaggi come nessun altro. http://www.youtube.com/watch?v=Plt4b2RHT48

2011, l'anno di Derrick.

LA FINE? L’anno successivo il risultato di squadra si replica, ma non quello individuale. Le sue cifre calano anche perché passa buona parte della stagione, accorciata dal lock-out, in panchina, per diversi infortuni. 21,8 punti, 7,9 assist, 3,4 rimbalzi con il 43% dal campo, il 31% da tre e l’81% dai liberi. 28 aprile 2012. Iniziano i playoff, Chicago prima testa di serie incontra i 76ers di Philadelphia. 1’35” sul cronometro. Chicago è in vantaggio per 99 a 87. Rose ha palla a metà campo. Blocco di Noah, si accentra, linea da tre. Un passo, un salto. Pianta le gambe a terra, il ginocchio sinistro gli cede. Letteralmente. 1'22''. Conclude il salto e passa la palla a Boozer. Ricade appoggiando le mani a terra, fa tre passi e infine si accascia come un cerbiatto appena colpito. Prognosi: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Per l’inizio della stagione scorsa, adidas, lo sponsor di Derrick, prepara uno spot proprio a partire dal suo infortunio e dalle parole dette durante la telecronaca di Kevin Harlan: «holding onto his knee, holding onto his knee and down». http://www.youtube.com/watch?v=8oq7yJniQWU

The Return.

La casa sportiva tedesca investe sul ritorno di Derrick Rose, creando una campagna pubblicitaria attorno alla sua preparazione: #thereturn. Come tutti i tifosi, si aspettava che Rose tornasse dopo 6 mesi di stop o giù di lì, ma nonostante gli sfottò, i famosi meme sui social network e gli incoraggiamenti da parte dei media e di internet, Rose ha preferito aspettare tutta la stagione per preparare al meglio il suo rientro. Si è allenato duramente tutto l’anno, ha affinato il tiro da tre, ha girato il mondo per annunciare il suo ritorno e alla prima partita di pre-season ha fatto vedere il suo gioco. Chicago non ha perso una partita, 7 vittorie consecutive e Derrick Rose ha tenuto numeri eccellenti: 20,7 punti e 10 assist e 7 rimbalzi di media in 27,4 minuti con il 48% dal campo, il 60% da tre e il 78% dai liberi. Sembrava più forte di prima, più veloce, più esplosivo, non aveva paura del contatto fisico e non si fermava davanti a niente, come un toro. Per la stagione 2013/2014 adidas aveva preparato un altro spot, che oltre a essere molto figo, riesce a sintetizzare al meglio come Rose non abbia mai bramato la fama o il successo, come il suo desiderio sia sempre stato solo quello di rendere orgogliosa la propria famiglia e la propria città. Derrick recita queste parole come fossero un suo credo: «Lascia che ti dica una cosa. Se ti togliessero i soldi, la fama, i riflettori; se ti togliessero lo stile di vita e tutto ciò che ne deriva; se ti togliessero i flash, cosa ti rimarrebbe? Tutto». http://www.youtube.com/watch?v=JKWhh8mC0Ww

Basketball is everything.

Dopo la sconfitta con Miami, Rose gioca altre nove partite e tiene una media di 15,9 punti, 3,2 rimbalzi e 4,3 assist di media con il 35% dal campo, il 34% da tre e l’84% ai liberi. Nonostante cifre non proprio esaltanti, sembrava stesse piano piano ritornando quello di sempre, con prestazioni buone (vedi Indiana) e miglioramenti dalla lunga distanza. Fino al 22 novembre alla Rose Garden Arena di Portland, Oregon. Chicago Bulls @ Portland Trail Blazers. 3° quarto. 3’33” sul cronometro. Noah tenta un passaggio in mezzo al pitturato per Rose. Batum capisce l’idea e intercetta la palla. Rose perde il passo quando tenta di cambiare direzione per tornare in difesa. Zoppica fino alla panchina, non riesce più a mettere del peso sulla gamba destra. http://www.youtube.com/watch?v=hyesNk_hwYU

Di nuovo?

Prognosi: lesione al menisco mediale del ginocchio destro. Le possibilità di Derrick erano due: operarsi per tornare il prima possibile, ma limitare la lunghezza della sua carriera o farsi riattaccare il menisco e rinunciare alla stagione a favore di un futuro più roseo. Vada per la seconda. Stagione finita, possibilità di vittoria titolo per Chicago ridotte a nulla e un altro anno in panchina in giacca e cravatta. L’operazione è stata eseguita il 25 novembre 2013 al Rush University Medical Center, dai medici dei Bulls, Brian Cole e Chuck Bush Joseph. Il recupero è stato stimato intorno ai 6 mesi e l’aspirazione sarebbe quella di partecipare al Mondiale in Spagna con Team USA. Thibodeau ha riposto tutta la sua fiducia nel ritorno del suo migliore giocatore e la società pure. LA MIA STORIA NON È FINITA Sembra tutto rose e fiori, ma è davvero così? I dubbi rincominciano. Riuscirà a tornare quello di prima? Riuscirà a non farsi sopraffare dalla componente mentale, devastante in questi momenti? Dire che Derrick Rose è sfortunato è dire poco. Discutere sull’ingiustizia della cosa è inutile. Nel mondo della pallacanestro è già successo di vedere talenti mostruosi rovinati dagli infortuni. Derrick ce l’ha fatta una volta, perché dubitare non lo possa fare ancora? Dalla sua c'è l’esperienza di aver già sofferto un infortunio di questa portata e di aver già dovuto fare una riabilitazione così lunga. Inoltre, i due interventi non sono legati, che fa ben sperare. Ma riusciremo a rivederlo a livelli da MVP? Per rimanere sano deve cambiare il proprio modo di giocare, rinunciando a quella esplosività che l’ha sempre contraddistinto? La sua intenzione, come l’anno scorso, sembra essere rimasta quella di continuare a giocare come ha sempre fatto. Anche perché se smettesse, non sarebbe più Derrick Rose. Pat Riley ha commentato così il suo secondo infortunio: «È drammatico pensare a dove stava arrivando e cosa aveva ottenuto come MVP. Noi tutti credevamo che fosse sulla strada giusta per diventare forse il migliore di tutti tempi. È stato bloccato da due grossi infortuni negli ultimi due anni. L'hanno reso più forte. Tornerà». Tornerà. Il suo allenatore del college, John Calipari ha twittato questo dopo il suo infortunio: «Se c'è qualcuno che può riprendersi da tutto questo, quel qualcuno è Derrick Rose. Il mio messaggio a Derrick è di farsi forza e restare concentrato. Ti voglio bene». Tutti credono che Derrick Rose tornerà e anche lui ne è convinto. «Sto bene, sono fiducioso. Il mio spirito è forte. Tornerò», dice. Di certo Derrick Rose non vuole chiudere la sua carriera senza un anello al dito. Non si fermerà davanti a questo infortunio. Proverà a riportare Chicago sul tetto del mondo. Per la sua famiglia, per la sua città. E per Benji. «Ho fede. La mia storia non è finita.»

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