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La sfida è con me, intervista a Noè Ponti
24 lug 2025
Con il nuotatore svizzero abbiamo parlato di limiti, indipendenza e noia.
(articolo)
8 min
(copertina)
Courtesy by arena
(copertina) Courtesy by arena
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Un tuffo dai blocchi di partenza e sei in acqua, dove il corpo cambia il proprio peso apparente e la mente vola. I pensieri ci sono e sono «pure troppi», scherza Noè Ponti, nuotatore svizzero (classe 2001, nato a Locarno) che cerca sempre di sorridere e ha la battuta pronta. Fa fatica a dire chi sia oltre il nuoto. Quell’acqua clorata, però - lo sottolinea - non è la sua identità ma solo gran parte del suo essere. Quando si immerge in vasca si mette tutto alle spalle, c’è silenzio e non si sente alcun suono e questa, garantisce, è la sensazione più bella.

È una sensazione che, se non avesse preso una pausa, dopo il quarto e il quinto posto ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, rispettivamente nei 100 e 200 farfalla, avrebbe rischiato di non provare più. Al ritorno in acqua, a ottobre a Shangai, in Coppa del mondo (in vasca corta) ha stabilito il record del mondo nei 50 farfalla, in batteria con 21.67. Poi, si è ripetuto due settimane dopo, sulla stessa distanza con un nuovo primato mondiale di 21.50, vincendo la gara e bissando il trionfo nei 100. Di questo e altro ne ho parlato con lui, in occasione di un media day, organizzato dal suo sponsor, arena, in vista del Mondiale di Singapore (27 luglio – 3 agosto).

La città-stato asiatica rievoca bei ricordi al nuotatore che si sta concentrando su 50 e 100 delfino, tralasciando, almeno per questa stagione, i 200. «L’ultima e unica volta che sono stato a Singapore ho fatto il record del mondo nei 50 delfino in vasca corta [in Coppa del Mondo nel 2024, nda]. Ora andiamo a Singapore per i Mondiali in lunga, ma sono contento di tornare. È una città bellissima. È passato un po’ di tempo ma spero di fare qualcosa di bello».

Ponti al Settecolli di quest'anno (Courtesy by arena).

Nella chiacchiera a tu per tu con Ponti, c’è spazio pure per il suo allenatore, il romano Massimo Meloni. Il tecnico italiano siede accanto allo svizzero e sembra quasi il suo angelo custode. Lo ascolta, non solo quando parla, ma anche e soprattutto in acqua. «Viviamo l’allenamento giorno per giorno, bisogna capire come stia Noè e quali siano le sue necessità in acqua. Quest’anno abbiamo deciso di non fare i 200, farà solo i 50 e i 100 delfino, non credo faremo staffette, ma non abbiamo ancora deciso se prenderemo parte alla 4x100 mista o meno. L’allenamento si basa sulle sue sensazioni: io non sono uno di quegli allenatori che scrive ciò che c’è da fare sulla lavagna. Lo fanno tutti in Svizzera, il 70% in America. Non scrivo niente perché voglio capire come si senta l’atleta in acqua. Scrivere sulla lavagna crea solo problemi».

Idee chiare e tutela dell’atleta, non un qualcosa da dare per scontato soprattutto visto un calendario di gare di Singapore e un futuro con nuove prospettive. «Il 50 è il primo giorno, il 100 l’ultimo. I 50 ora sono distanza olimpica? C’è chi è più contento, chi meno: la mia vita non è cambiata e anzi alle Olimpiadi di Los Angeles 2028 avrò una chance in più, quello sicuro. Al Mondiale per i 50 ce la giochiamo in tanti: Ilya Kharun, il canadese, il francese Maxime Grousset, l’olandese Nyls Korstanje, io e Thomas Ceccon. Ci sono altri molto forti… c’è Diogo Ribeiro ma dipende da come rientrerà. Poi sui 100 ci sono i due canadesi, il francese e io. Non bisogna scordarsi degli americani che sono sempre lì e sono pericolosi, però penso che noi quattro siamo quelli che quest'anno hanno fatto vedere le cose migliori».

Gli altri sono gli avversari, sono ciò che ti sprona a fare meglio e a spingerti oltre certi limiti cronometrici, ma non sono tutto.

«Certo, voglio batterli e se fai un buon tempo di base dovresti essere andato bene, raramente vinci con un crono “scarso”. Però la sfida è con me, sono io che rappresento il vero ostacolo, di solito siamo noi che ci poniamo dei limiti. Spesso si è tesi perché si vuol dimostrare qualcosa a se stessi o talvolta anche agli altri. Capita che faccia tutto da solo e mi crei io dei problemi. In fondo, gli altri non mi fanno paura, so che sono forti ma non posso pensare a loro, dovrei concentrarmi solo su me stesso ma non sempre riesco».

Noè Ponti è tra i favoriti del Mondiale come lo era ai Giochi Olimpici di Parigi 2024. Eppure, si sa, i pronostici spesso rimangono carta straccia, annientati dal cronometro. Allo stesso modo, l’ultima edizione delle Olimpiadi dovrebbe aver insegnato, o meglio educato, che non sempre un atleta vale solo se sale su uno dei tre gradini del podio. Il concetto l’ha ribadito a gran voce Benedetta Pilato a Parigi e lo fa anche Meloni.

«Qualcuno ha detto che le Olimpiadi non siano andate bene, ma non è vero. Arrivare quarto o quinto è durissimo, allenerei 100 atleti pur di fare quegli stessi piazzamenti. La differenza tra vasca lunga e corta è tutta nella testa di Noè. È forte in entrambe. La Coppa del Mondo ci ha aiutato tanto così come Budapest [Mondiale in vasca corta dove ha vinto e fatto il record del mondo nei 50 in 21.32 e nei 100 farfalla con 47.71, nda]. Adesso, proviamo a rifare lo stesso percorso in lunga. Gli avversari sono tanti, non dobbiamo sbagliare. L’aspetto mentale è fondamentale».

Ponti ai Mondiali di Budapest del 2024 (Courtesy by arena).

Non bastano bracciate decise e spinta di gambe, almeno non solo quello. «L’anno scorso», ammette Ponti «ero in forma come mai prima. Quest’anno siamo quasi lì, ma l’anno olimpico ti alleni senza pause. Mentalmente, nel 2024, non ero al 100%, forse al 98-99% e quello è sufficiente per perdere una gara. In questa annata abbiamo fatto meno volume, è un anno post-olimpico, non puoi andare “all-in”. Ci sono ancora tre anni per Los Angeles, allo stesso tempo, in questa stagione, non ho perso una gara a delfino: ogni volta che sono entrato in acqua ho vinto. Sono stato molto costante, più dell’anno scorso. Mentalmente, sto meglio, sono più sereno: l’obiettivo è divertirsi e vedere cosa succede. Siamo in 4-5 che possono andare a medaglia in ogni gara, puoi finire primo o settimo in due decimi. Sarà molto combattuta: l’obiettivo è entrare in finale nei 50, cosa che non ho mai fatto ai Mondiali in vasca lunga, poi vedremo. È l’unica medaglia che mi manca: ho vinto agli Europei (vasca corta e lunga), Olimpiadi, Mondiali in corta... ma in lunga ho raccolto solo un quarto posto».

La cosa più complessa, infatti, oltre portare a casa il successo, è avere una certa dose di appagamento, riuscendo a godersi quello che arriva. «La passata stagione ho vinto tre medaglie, fatto cinque record del mondo, ma non ero soddisfatto. Si vuole sempre di più. Questa è la differenza tra un buon atleta e uno che è veramente forte».

Non a caso, da 7 anni affronta un percorso con uno psicologo sportivo: «Ci sentiamo regolarmente, poi possono esserci situazioni in cui hai più bisogno di parlare di alcune cose o di altre. In ogni caso, con lui alleno tutto quello che è l'approccio alla gara o se ci sono problemi al di fuori del nuoto, si parla. Mi aiuta, ma soprattutto mi ascolta, penso che sia importante essere ascoltati. La serenità mentale è fondamentale, altrimenti spesso non riesci a performare. Poi fisicamente non puoi arrivare a una gara importante e non essere pronto, quello no, però se stai bene di testa, è già metà del lavoro. Se si è più presenti si hanno energie per andare forte».

Nella nostra conversazione, Ponti ripete più volte di aver capito, forse anche grazie alla terapia, ma non solo, di non poter «controllare tutto e gli altri». Sbaglio che, ammette, ha commesso a Parigi, quando pretendeva di poter tenere ogni dettaglio sott’occhio.

È inevitabile tornare con le menta alla scorsa estate. Ponti che in bacheca ha già un bronzo olimpico vinto a Tokyo nei 100 farfalla, sognava di ripetersi e di migliorarsi, ma le cose sono andate in maniera diversa.

«Quest’anno sono stato costante, sono abbastanza tranquillo. Farò il mio. Quanto successo a Parigi mi ha insegnato che non è bello arrivare quarto [ride, ndr], però quello lo sapevo già perché mi era successo un paio di volte. Non è bello neanche arrivare quinto…. Penso che mi abbia dato una spinta in più, soprattutto nella prima parte di questa stagione. Si è visto a Budapest: dal punto di vista mentale avevo più voglia, più più fame di vittoria. Non posso controllare il mondo attorno a me, quello che fanno nelle altre corsie o tutte le emozioni. L’unica cosa di cui posso aver padronanza, più o meno e non sempre benissimo, sono solo io: ciò che provo, le sensazioni che sto vivendo. Nel periodo delle Olimpiadi, ho cercato di essere focalizzato su tutto, questo è stato controproducente».

Per un po’, quasi come se avesse bisogno di metabolizzare quanto accaduto, non ha nuotato. Prima è andato in vacanza in Kenya e poi ha passato sei settimane senza avere l’odore del cloro addosso. «Amo viaggiare, effettivamente [ride] la mia vita è fatta di viaggi e basta, ma quando sono in vacanza mi piace esplorare e conoscere nuovi posti, nuove culture. Sicuramente mi fa stare bene e la scorsa estate ho fatto una bella esperienza in Africa, facendo un po' di volontariato. Questo mi ha permesso di aprire gli occhi su altre cose, perché comunque la vita…. La mia vita non è fatta solo di nuoto, ci sono tante altre cose belle e ciò mi ha permesso di vedere tutto in modo diverso». Proprio per questo ha preferito prendersi del tempo libero: «Ogni tanto una pausa fa bene, si deve prendere. Mi ha aiutato e mi ha dato la possibilità di ritornare con più motivazione, più disciplina di prima. Mi era già successo, forse l'anno prima, anche dopo i Mondiali di Fukuoka che non erano andati al meglio. Concedermi del tempo è stato d’aiuto, cerco sempre di farlo quando posso».

Ponti, comunque, non sembra una persona cupa, e spesso ride e scherza: «In generale non sono la persona più seria del mondo, però sono un grande lavoratore. In vasca non è facile scherzare: dovrei scherzare per me e con me stesso e ridere da solo, perché nuoti due ore guardando una riga sul fondo… non è la cosa più divertente del mondo, è un po’ noioso. Nella vita di sempre, invece, trovo il modo per divertirmi e far divertire la gente».

Ponti si sta pure costruendo un appartamento, «per essere più indipendente», in Svizzera (dove gli hanno dedicato anche un formaggio) sopra casa suoi genitori. Indipendente ma non troppo, insomma. «È una vita un po' noiosa», dice quasi con imbarazzo «Nuoto tanto e per questo cerco di rilassarmi il più possibile. Mi piace il cinema e guardare film, è una mia passione da sempre. Amo passare il tempo in tranquillità a casa e vivere lentamente».

«La vita non è fatta di solo nuoto, voglio godermi il percorso».

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