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Massimiliano Macaluso
No al nuovo stemma
02 ott 2023
02 ott 2023
Raramente il restyling dell'identità di un club piace a tutti.
(di)
Massimiliano Macaluso
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L’ultimo rebranding degno di nota nel panorama calcistico internazionale è stato annunciato la scorsa settimana. È una vicenda che riassume alcuni dei motivi che ricorrono quando una squadra di calcio ha intenzione di dare una rinfrescata al proprio stemma. I Seattle Sounders infatti hanno presentato il nuovo crest che debutterà ufficialmente dalla stagione 2024, pianificando da tempo questa evoluzione, iniziando a discuterne con le community dei tifosi con l’avvicinarsi del 50esimo anniversario dalla fondazione del club, una ricorrenza che è stata utilizzata per compiere questo passo. Oltre ad aver ufficializzato la nuova palette dei colori, i Sounders hanno optato per un logo più minimal rispetto al passato, in scia con il trend degli ultimi anni: è stata scelta una forma meno insolita rispetto alla precedente, è scomparsa la dicitura completa del nome, ritenuta superflua, e ci si è concentrati solamente sulla data e sul simbolo, il celebre Space Needle che spicca nello skyline di Seattle.

Iniziative del genere negli ultimi anni non sono state ovviamente un’esclusiva della scena statunitense, ma la matrice americana ha contraddistinto altri simili progetti visti di recente, ad esempio quello della Fiorentina. La società toscana ha svelato nel 2022 un ambizioso restyling del proprio stemma, quello introdotto nel lontano 1991 sotto la gestione Cecchi Gori. Lo stravolgimento del logo voluto dalla nuova proprietà ha riguardato principalmente la forma, preferendo anche in questo caso qualcosa di più semplice: il tradizionale rombo è diventato un quadrato, mentre all’interno il giglio da sempre considerato il segno distintivo per eccellenza dei viola è stato sì messo in evidenza, ma in versione più stilizzata. Non tutti i tifosi hanno apprezzato il cambiamento entrato in vigore dalla stagione 2022/2023 e in città sono apparsi anche degli striscioni di dissenso molto espliciti, nello specifico contro la "svolta americana" voluta dalla nuova cordata, ma ciò non ha portato ad alcun ripensamento da parte della dirigenza guidata da Rocco Commisso.Se in molti casi la nascita di un nuovo logo è il frutto di una concertazione tra società e tifosi, interpellati nelle fasi preliminari della creazione, in molti altri non lo è stato affatto: pensiamo al caso che ha riguardato lo Spezia quest’estate, quando i tifosi liguri oltre all’amara retrocessione e all’indisponibilità del Picco per le prime gare interne della nuova stagione hanno dovuto subire anche la decisione di stravolgere il vecchio logo, trasformato, e non poco, per volontà anche in questo caso di una proprietà straniera. Nonostante il claim "ancorati al passato, navigando verso il futuro" cercasse quasi di tranquillizzare l’ambiente sulla bontà dell’operazione di restyling, il cambio ha ottenuto tanti pareri negativi, tra cui anche quello del sindaco di La Spezia. Il nuovo stemma dello Spezia non ha soltanto scatenato le polemiche dei più conservatori, che hanno rimarcato la mancanza dell’acronimo ASC, ma anche di chi lo ha associato come estetica allo stemma di un partita di estrema destra per via della presenza dell’aquila e dell’eccessivo uso del colore nero. È stata anche lanciata una raccolta firme per provare a fermarne l’adozione, ma anch'essa non ha ottenuto gli effetti sperati dai promotori.

Ci sono stati parecchi casi, invece, in cui la volontà dei tifosi ha prevalso su quella della società, non solamente nella fase decisionale ma in quella successiva: l’ultimo esempio in ordine cronologico riguarda l’Atletico Madrid, che ha preso in considerazione le preferenze dei propri tifosi e ha deciso di ri-adottare il logo sostituito nel 2017 in seguito ad una votazione interna che ha coinvolto attivamente 77.690 membri del club, e sulla cui rimozione si erano espressi in maniera più o meno esplicita anche tanti calciatori di oggi e di ieri. Una storia simile è avvenuta recentemente in Canada e precisamente tra il CF Montréal e la propria fanbase, che ha accolto in maniera contraria il massiccio rebranding che ha interessato anche il nome della franchigia, un tempo Montréal Impact, e il nuovo badge scelto dalla famiglia Saputo, giudicato poco correlato alla tradizione della società: dopo appena una stagione è arrivata la retromarcia, il ritorno all’utilizzo dei colori predominanti blu e nero e soprattutto al fleur-de-lis identitario della provincia del Québec. Uno dei più celebri dietrofront in materia fu quello del Leeds United: l’introduzione dello stemma che simboleggiava il Leeds Salute e che avrebbe dovuto esordire a partire dalla stagione 2018/2019 per celebrare il centenario ricevette così tante critiche e feedback negativi che, sebbene avesse coinvolto oltre diecimila persone vicine al club e avesse impiegato oltre sei mesi di lavoro, fu stoppata immediatamente, giusto il tempo di aver alterato gli umori dei tifosi.C’è una questione tuttora aperta che concerne la Roma e il logo con la scritta ASR, rimosso nel 2013 da James Pallotta per far spazio alla scritta Roma e alla data del 1927: i tifosi ne invocano ormai da anni il ritorno, e i Friedkin hanno più volte affermato di essere disposti a venire incontro a questa richiesta, facendolo in maniera originale. Apponendolo sulle terze o quarte maglie (ad esempio: sulla quarta maglia utilizzata nella stagione 2021/2022 e nella divisa home indossata in uno dei due derby di quella annata), o in tempo di pandemia sulla mascherine ufficiali del club.

Negli ultimi anni si è avuta la prova che nessun rebranding è mai riuscito a soddisfare tutti, portandosi con sé inevitabilmente delle perplessità per certi versi anche legittime. Di certo la tendenza che è andata per la maggiore è stata quella di rendere i loghi sempre più semplici, rispondendo alle esigenze di essenzialità e riconoscibilità provenienti dal mondo digitale e al less is more ultimamente predominante nel mondo della moda. Una nuova era, in questo senso, è iniziata nel 2017 con la presentazione del nuovo stemma della Juventus, ovviamente capace di dividere come non mai l’opinione pubblica: un cambiamento epocale per la società bianconera, disposta a spazzare via ogni riferimento con la città di Torino per rifondare la propria nuova identità visiva basandosi sui tre elementi che costituiscono il DNA Juve: le strisce bianconere, lo Scudetto e la J, appunto. La decisione di racchiudere l'identità di una squadra così prestigiosa ovviamente non è facile e forse è inevitabile che ancora oggi ci sia chi non ha digerito il nuovo stemma e preferirebbe tornare al passato, ma la sua logica estrema ha portato ad essere stata presa come ispirazione da altri club alla ricerca di una rivoluzione estetica mirata anche alla spendibilità in altri settori come l’abbigliamento (non a caso, i bianconeri hanno puntato forte sulle collezioni ibride tra il mondo dello sport e l’abbigliamento streetwear e sull’internazionalizzazione del proprio marchio). Il Nantes, due anni dopo, ha infatti eliminato la goletta verde e i cinque armellini storicamente presenti nel suo stemma per adottarne uno decisamente più anonimo, composto da una grande N. Curiosamente, la stessa agenzia che ha lavorato su questo rebranding, Leroy Tremblot, si è occupata poco dopo anche di quello di un altro club francese, lo Stade Reims, anch’esso improntato sulla stessa visione moderna e spicciola. Altri due esempi di club che hanno scelto di sintetizzare il logo in una sola lettera sono stati il Venezia e il Columbus Crew, segno che si è trattato di un fenomeno diffuso su scala mondiale.

Infografica The Athletic

L’esigenza di semplificare così tanto da rendere lo stemma più facilmente riconoscibile e riproducibile (ad esempio dalle nuove generazioni, o sulle piattaforme social), così da assecondare le attuali logiche di mercato, ha interessato molte anche Federazioni come quella spagnola, quella gallese, quella irlandese e quella austriaca, che hanno modificato il logo delle proprie squadre Nazionali. In alcuni casi il processo li ha resi graficamente più sgombri o meno ricchi di dettagli (come ha fatto l’Inter, nel 2021), in molti altri ha interessato la forma, passando a quella più standard, circolare: è successo al Deportivo Alaves, a tanti club inglesi come il Bristol City, il Brentford e l’Aston Villa, proprio la scorsa estate, ma soprattutto al Manchester City. Il nuovo look del club che ha vinto sei degli ultimi dieci campionati inglesi non è stato scelto in maniera casuale, ma in linea con quelli adottati anche da altre realtà che fanno parte della stessa multinazionale (il City Football Group) come il New York City FC, il Melbourne City FC e il Montevideo City Torque.Non sempre abbiamo assistito a restyling finalizzati solamente al riposizionamento strategico del brand sul mercato: in alcuni casi l’esigenza di un nuovo logo è nata dopo il fallimento di un club e quindi è stata più una necessità, a volte da soddisfare in tempi rapidi, vista l’impossibilità di continuare a sfruttare quello divenuto inutilizzabile. Sono da considerare conseguenze di questo bisogno i nuovi stemmi del Bari, del Catania, del Palermo e della neonata LFA Reggio Calabria, svelato in fretta così da poter essere utilizzato dall’ex Reggina per l’esordio in campionato avvenuto pochi giorni fa. In campo europeo il caso forse più eclatante, che non ha riguardato una crisi societaria ma un passaggio di proprietà, è probabilmente quello delle squadre di Salisburgo e Lipsia, i cui stemmi sono stati completamente rivisitati dopo l’acquisizione da parte di Red Bull. Quella di rinnovare lo stemma poco dopo essersi insediati quasi a voler far notare l’avvenuto cambio di gestione è una fattispecie molto ricorrente: un caso molto recente è il restyling, davvero minimo ma comunque significativo, del logo del Genoa annunciato dopo l’acquisizione da parte di 777 Partners. Altri due esempi di questo filone sono quello del Como, subito dopo l’arrivo di Sent Entertainment ltd, e del Trapani da poco acquistato dall’imprenditore Valerio Antonini.

In questo trend di snellimento degli stemmi hanno avuto la meglio soprattutto gli animali. Il Modena, per esempio, ha optato per l’immagine di un canarino, il Verona per le teste di mastino, il Lille con il dogue, il Nordsjaelland con la tigre selvaggia e così via. Nelle ultime due stagioni sportive si è assistito all’utilizzo di nuovi loghi, in realtà ripescati dal passato, da apporre solamente sulle maglie da calcio: una moda dettata anche dal successo commerciale assicurato dall’effetto nostalgia. Anche in questo caso si è trattato di un trend diffuso un po’ ovunque, con il benestare dei grandi supplier: in Italia la Roma ha ripescato il Lupetto di Piero Gratton, la Lazio lo stemma retro disegnato da Cesare Benincasa, l’Atalanta la vecchia silhouette della Dea e l’Udinese la zebretta degli anni Settanta. All’estero è successo lo stesso con badge d’epoca e mai dimenticati di Bayern Monaco, Arsenal e Ajax. Quando si dice lo spirito del tempo.

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