Il biennio di Allegri può essere considerato il punto più alto della Juventus dell’era post-Calciopoli. Quella che sembrava il punto di non ritorno ha per certi versi dato una spinta ulteriore, una voglia di riscatto all’ambiente, aprendo un ciclo dai numeri impressionanti.
A condurre la Juve verso questi risultati non è stata solamente la gestione tecnico-tattica di Conte prima e Allegri poi, ma anche la perfezione raggiunta dalla ben oliata macchina del mercato guidata da Beppe Marotta. Barzagli, Pogba, Vidal, Tevez, Morata, Dybala, sono esempi delle intuizioni necessarie per la conquista di questi quattro scudetti (e mezzo).
La Juventus dopo Calciopoli non è però sempre stata così. A questi 5 anni sono corrisposte altrettante stagioni più o meno fallimentari e mal gestite a livello di mercato dal d.s. Secco e dallo stesso Marotta.
Basta un dato: l’attuale formazione dei bianconeri è costata in tutto 138 milioni, inserendo i giocatori con più presenze nel loro ruolo. Quella a cui abbiamo dato vita qui, fatta di flop e giocatori che non hanno confermato le attese, ha svuotato le casse juventine di ben 155 milioni. Magari alcuni tifosi juventini potrebbero addirittura pensare che nella Serie A di oggi persino questo undici potrebbe essere competitivo.
Allenatore: Luigi Delneri
Come lotta la mia Juve.
Delneri ha firmato con la Juventus il 10 maggio del 2010, arrivando in società dalla Sampdoria insieme a Giuseppe Marotta e Fabio Paratici. I tre dovevano formare l'ossatura del nuovo corso juventino inaugurato da Andrea Agnelli, da poco nominato nuovo presidente. Delneri arrivava da una stagione alla Samp di Pazzini e Cassano, portata fino a un quarto posto che tutti ritennero merito soprattutto della coppia d'attacco. Com'è noto, Delneri è un'integralista del gioco sulle fasce e il mercato bianconero ha provato ad accontentarlo: arrivano Lanzafame di ritorno dai prestiti, Pepe dall'Udinese, Martinez dal Catania e soprattutto Krasic dal CSKA Mosca per 15 milioni di euro, la futura stella della squadra. La Juve parte bene in Europa, dove fa 4 vittorie nelle prime 4 partite; ma in campionato, al contrario, totalizza appena 4 punti in altrettante partite. Poi però la squadra inizia a girare e Krasic diventa decisivo.
Dopo la sosta natalizia il crollo, ben sintetizzato dal 4 a 1 subito dal Parma in casa, con doppietta di Giovinco e gol di Palladino addirittura. I risultato continueranno ad andare di male in peggio e la Juve riesce a chiudere il campionato 5 punti lontana dall'Europa League. Pochi mesi dopo arrivò Antonio Conte. Delneri se ne andò così invece: «La Juve evidentemente non ha tempo di aspettare. Questo è un gruppo di giocatori che deve crescere, maturare esperienza. I ragazzi hanno dato il massimo anche nei momenti difficili. Sono orgoglioso di aver guidato questo gruppo. Sono arrivato qui con delle prospettive di un certo tipo, con molto entusiasmo e tanto orgoglio. Lo scudetto? Sarebbe stato come una nevicata ad agosto. L'obiettivo iniziale era ottenere il massimo dei risultati». Quando gli viene chiesto se pensa di aver commesso errori risponde: «Rifarei tutto». A distanza di anni Delneri rivendica ancora di aver portato Barzagli alla Juventus.
Norberto Neto (2015-in corso)
Prima e ultima presenza in Serie A in maglia bianconera.
Estate 2015, Marco Storari fa una scelta di cuore e torna a Cagliari. Per la Juventus non è un problema, dato che già da gennaio si è accordata con lo svincolato Neto, in quel momento portiere titolare della Fiorentina. Serve un contratto di quattro anni a due milioni di euro a stagione per superare la concorrenza di Roma e Liverpool. Sembrano tanti soldi, ma ormai da anni la Juve punta su numeri 12 di grande qualità e, addirittura, alcuni pensano che non si limiterà a questo ruolo.
Buffon non molla, e anzi: a 38 anni supera il ventennale record di imbattibilità di Seba Rossi. Per il portiere brasiliano solo 4 presenze in Coppa Italia e 2 in campionato. Una strana coincidenza vede Neto in campo nelle due peggiori prestazioni della Juve: il pareggio casalingo contro il Frosinone e la sconfitta per 3-0 contro l’Inter in Coppa. Un secondo di lusso diventato presto un talismano negativo, forse già costretto a cambiare aria.
Jorge Andrade, difensore centrale (2007-2009)
Andrade ferma Perrotta, concludendo in quel momento la sua carriera.
Nel triste epilogo della carriera di Jorge Andrade, il capitolo juventino è di certo il più drammatico. L'infortunio nel match Deportivo-Barcellona del 2006 e il lento recupero non frenano l'oneroso investimento della Juventus di Ranieri e del ds Alessio Secco di ben 10 milioni. È un calciatore di livello europeo, arrivato a Torino nel culmine della propria carriera. Ha esperienza in Champions League e in Nazionale portoghese. I bianconeri in quel periodo hanno forse fretta di tornare ad avere una credibilità di prima fascia e Andrade sembra l’elemento giusto da cui ripartire in difesa.
Il suo acquisto sarà invece senza profitto: ero allo stadio, lato Sud, durante Roma-Juventus, quando al minuto 52 l'urlo e il crack del ginocchio del portoghese risuonarono per l'Olimpico. Il calvario dura due anni, tre operazioni e solo quattro presenze in maglia bianconera, per un totale di 2,5 milioni di euro a partita.
Jean Alain Boumsong, difensore centrale (2006-2008)
“Brutta” la prima.
Fortemente voluto alla Juve da Deschamps, il francese di origini camerunesi giunge a Torino dal Newcastle nell’estate del 2006. 3,5 milioni di euro per il cartellino. A Torino sono convintissimi di avere preso un top player per il reparto arretrato. Boum Boum, questo il suo soprannome, è forte fisicamente, ottimo colpitore di testa e dotato di una discreta tecnica di base. Anche in Nazionale non ha mai deluso. È “certamente” l’uomo giusto per rimpiazzare Cannavaro e Thuram al centro della difesa bianconera almeno secondo Deschamps.
Come Buffon, Camoranesi, Del Piero e Trezeguet, Boumsong viene sballottato dall’Olympiastadion di Berlino del Mondiale 2006 al Romeo Neri di Rimini, in Serie B, in meno di due mesi. È probabilmente lo shock dello stadio di provincia, o l’aria salina dell’Adriatico, a fargli mancare clamorosamente il pallone, regalando a Ricchiuti il goal dell’1-1.
L’esordio è pessimo e il seguito dell’avventura non sarà meglio: Boum Boum alterna prestazioni sufficienti a clamorose amnesie difensive pari o addirittura peggiori di quella di Rimini. A gennaio 2008 va al Lione dopo una partita di Coppa Italia con l’Inter: un goal segnato e uno fatto segnare, ultima chiara testimonianza di una discontinuità a quel punto proverbiale.
Angelo Ogbonna, difensore centrale (2013-2015)
“L’ho pagata cara la mia presunzione, volevo solo essere il migliore”, A.Venditti.
In una difesa ben costruita come quella attuale della Juventus, Barzagli-Bonucci-Chiellini, è sempre difficile inserirsi, come dimostra quest’anno il lento inserimento di Rugani. Nel 2013 ci prova Angelo Ogbonna, che compie il non usuale salto da una sponda all'altra di Torino, a suon di milioni. È infatti il primo giocatore cresciuto nelle giovanili granata e capitano del Toro a passare ai bianconeri, per una cifra vicina ai 15 milioni. Tanti, troppi per una speranza che deve scalzare dal loro posto tre totem al secondo scudetto consecutivo.
Il salto infatti non riesce. Ogbonna gioca subentrando o sostituendo gli assenti, non viene mai considerato titolare e quando arriva l'offerta di 11 milioni dal West Ham, la Juve non esita neppure un secondo.
Milos Krasic, esterno destro (2010-2012)
Il buon rapporto Conte-Krasic.
A distanza di un anno, i tifosi juventini cercano di superare la nostalgia della Furia ceca con quella serba. Come erede di Pavel Nedved, viene preso Milos Krasic dal CSKA Mosca. Ci vuole un po' per capire che la somiglianza con il Pallone d'oro ha a che fare più che altro con il casco biondo di capelli. Qualche assist e addirittura una tripletta casalinga con il Cagliari nella prima stagione sotto la gestione Del Neri, che lo pongono dopo i primi sei mesi al top nei sondaggi tra i migliori colpi di mercato (davanti a Ibra e Cavani).
L'arrivo di Conte però cambia le carte in tavola: sembra perfetto per l'idea made in Siena del 4-2-4, ma è un'illusione che dura poco. Si passa molto rapidamente al 3-5-2 e l'esterno destro serbo si estromette dal progetto non adattandosi ai nuovi dettami tattici. Nell'ultima stagione non gioca di fatto mai e la spesa iniziale di 15 milioni viene ammortizzata con la cessione al Fenerbahçe per 7 milioni.
Tiago Mendes, centrocampista centrale (2007-2010)
Visite mediche Tiago-Almiron: «insieme faremo grandi cose».
È il giugno del 2007. Alla Juve per essere competitiva nella ritrovata Serie A serve un grande centrocampista. La scelta di Secco e Blanc ricade su Tiago Mendes, venticinquenne in forza al Lione. Il portoghese è reduce da tre scudetti consecutivi, uno con il Chelsea di Mourinho e gli altri due con il Lione di Houllier. È un punto fermo della Nazionale che ha sfiorato la finale mondiale nel 2006. Per garantirsi le sue prestazioni la società bianconera sborsa 14 milioni di euro. Il contratto è di quelli importanti, un quinquennale da 2,8 milioni a stagione per il giocatore che deve sostituire Emerson e Vieira nel cuore dei tifosi.
«In Francia mi chiamavano 'lavatrice' perché ripulisco i palloni sporchi e li rielaboro in puliti. Un messaggio ai tifosi? Sono certo che lotteremo per lo scudetto».
Tiago è un buon giocatore, ma non è un campione. Alla Juve il suo maggior limite è stato non essere riuscito a reggere una pressione mediatica a cui non era abituato. Un paio di prestazioni di basso livello e tifosi e giornalisti ci vanno giù pesante. Ranieri decide così di escluderlo per far spazio a Cristiano Zanetti, e Tiago non ritroverà più la maglia da titolare con il tecnico romano. Il portoghese dirà più tardi che i mesi passati sotto la Mole sono stati il punto più basso della sua carriera.
Diego Ribas da Cunha (2009-2010)
L’immagine di un fallimento.
Quasi 27 milioni vengono spesi per portare a Torino il centrocampista che aveva incantato l'Europa con la maglia del Werder (21 reti nell'ultima stagione, 54 in Germania). Il fallimento più costoso post-Calciopoli. Quella del 2009 deve essere la Juve di Diego, e su di lui gravitano tutte le ambizioni di rivincita della piazza bianconera.
Gioca tanto (nella prima stagione è quello con più presenze) ma tatticamente è avulso dal contesto italiano: predilige la giocata orizzontale, rallentando in una zona nevralgica del campo, quella centrale, ogni transizione juventina.
Viene abbandonato a sé stesso in un'annata orribile, quella del cambio di panchina Ferrara-Zaccheroni, divenendo in breve un problema da risolvere. Nel centrocampo a 4 di Del Neri non ha posto così in estate torna polemicamente in Germania, «Alla Juve c'è chi non capisce di calcio!».
Felipe Melo (2009-2011)
Una parte del repertorio juventino di Melo.
25 milioni. In quella sessione di mercato la Juve riesce nell'impresa di spendere più di 50 milioni per l'accoppiata di centrocampisti brasiliani Melo-Diego. È bastato un anno per far lievitare del triplo la spesa iniziale della Fiorentina di 8 milioni. Eppure si era presentato già per la testa calda che era nella sua partita di esordio in viola, proprio contro la Juventus, finita anzitempo con il rosso sul finire del match.
A Torino litiga con tutti: avversari, compagni, allenatore e tifosi. È il giusto capro espiatorio della stagione, tra difficoltà e insulti alla curva. Un addio dopo due anni pieno di rabbia, al punto che la sua soddisfazione più grande sarà la sua presenza nell'eliminazione da parte del Galatasaray della Juventus in Champions League. «Non mi è mai piaciuto giocare per la Juventus. Anzi ho imparato dai tifosi viola a odiare la Juve».
Eljero Elia, esterno (2011-2012)
“Spero di segnare con continuità”.
Dopo anni di inseguimenti e di tentativi a vuoto per portarlo a Torino, il 31 agosto del 2011, l’ultimo giorno del mercato estivo, la Juventus riesce finalmente ad aggiudicarsi l’esterno olandese dell’Amburgo e della Nazionale. Nell’ultima stagione Elia non ha ripetuto le prestazioni del mondiale sudafricano, in cui veniva considerato un dodicesimo titolare (subentra anche in finale), ma il suo modo di giocare, perfetto per il 4-2-4 di Antonio Conte, giustifica a pieno i 9 milioni più bonus spesi da Agnelli e Marotta. Alla Juve, dopo i parziali fallimenti di Pepe e Krasic, aspettano con ansia la definitiva consacrazione di un grande esterno.
Il rendimento dell’olandese a Torino non decolla mai: appena 4 presenze in un anno, tutte nella prima parte. Il resto lo fa Conte passando al 3-5-2. Oltre al danno, la beffa: Elia dichiarerà più tardi che per ottenere il trasferimento al Werder Brema ha dovuto rinunciare al premio scudetto di 200 mila euro e a una Ferrari.
In effetti come comparsa era già costato troppo.
Jorge Martínez, seconda punta (2010-2011)
Il motivo dell’investimento…
«La Juve? Zero pressioni, se sono qua è perché lo merito». Si presenta così Jorge Martínez, primo grande acquisto dell’era Marotta-Del Neri. Il Malaka, costato 12 milioni di euro, arriva a Torino con un bottino di 23 goal in 3 stagioni con la maglia del Catania. In Sicilia ha giocato sempre da ala in un attacco a tre ma Del Neri è convinto di poterlo adattare ad esterno nel suo 4-4-2. L'incipit dell'articolo che gli dedica la Gazzetta è da tramandare ai posteri: «Un giocatore spettacolo. O, se preferite, uno spettacolo di giocatore. Comincia ad incantare già dalle fasi di riscaldamento».
Già dalla prima partita a Bari, emergono le difficoltà dell’attaccante uruguagio nell’interpretare un ruolo che non gli appartiene. Agli esterni di centrocampo Del Neri chiede di occupare tutta la fascia e Martínez fa molta fatica. Sono soprattutto gli infortuni a compromettere la sua prima stagione in bianconero: in tutto fanno 4 mesi di stop forzato. Alla fine dell’anno le presenze saranno una ventina, senza nemmeno la gioia di un goal. Poi tanti sfortunati prestiti e un clamoroso rinnovo di un altro anno nel 2015 per spalmare il pessimo investimento su più stagioni.
Amauri Carvalho de Oliveira, prima punta (2008-2012)
L’unica vera gioia per i tifosi bianconeri.
«La Juve tornerà regina d'Europa insieme a me». Queste le prime parole da juventino di Amauri, approdato a Torino nel 2008 dopo due grandi stagioni a Palermo (23 goal in 52 presenze). Il brasiliano è all’epoca l’acquisto più caro della coppia Secco-Blanc: per strapparlo a Zamparini ci sono voluti 12,5 milioni di euro più il cartellino di Nocerino e la metà di Lanzafame. Amauri serve a una Juventus che dopo 3 anni torna a disputare la Champions League e a lottare concretamente per lo scudetto.
Nella prima stagione in bianconero Amauri non delude. 14 goal, di cui 2 in Champions League, e Juve seconda in classifica a fine anno. Per il brasiliano, la cui moglie ha ottenuto da poco il passaporto italiano, si comincia a parlare anche di Nazionale. L’attaccante decide addirittura di declinare la convocazione di Dunga proprio per un’amichevole contro l’Italia.
Ma questi elogi da parte di tutti ad Amauri non portano bene: nella stagione successiva segna solo 5 goal in una delle peggiori Juventus di sempre. Gli arrivi di Del Neri prima e di Conte poi lo mettono ai margini della squadra e per due anni consecutivi è costretto a gennaio ad andare in prestito a Parma e a Firenze. E proprio con la Fiorentina torna a regalare gioie al suo ex pubblico, segnando al Milan il goal che consegna alla Juve di Conte il suo primo scudetto.
A disposizione
Alexander Manninger
Zdenek Grygera
Nicola Legrottaglie
Christian Molinaro
Christian Poulsen
Michele Pazienza
Hasan Salihamidzic
Marco Marchionni
Davide Lanzafame
Nicolas Anelka
Nicklas Bendtner