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Foto di Vaughn Ridley / Getty Images
NBA Dario Ronzulli 6 dicembre 2016 5'

Niente di nuovo sul fronte orientale

La vittoria di Cleveland a Toronto ha ristabilito le gerarchie nella Eastern Conference.

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Nei due precedenti stagionali tra Cleveland e Toronto ad avere la meglio erano stati i Cavs rispettivamente con tre e quattro punti di scarto. Poca ma sostanziale differenza era dunque già emersa in stagione tra le due franchigie protagoniste nella finale della scorsa Eastern Conference. Alla terza sfida però le due franchigie arrivavano da momenti diametralmente opposti: i Raptors reduci da sei vittorie consecutive, i Cavaliers da tre ko di fila e tante critiche specialmente per il crollo della difesa, la seconda peggiore della Nba nelle ultime cinque partite davanti solo a quella dei Sixers. La sfida dell’Air Canada Centre era dunque l’occasione per i canadesi di mettere altri granelli di sabbia negli ingranaggi dei campioni, attesi a loro volta a una reazione soprattutto dopo le parole di LeBron (“We gotta man up, everybody” a seguito della partita coi Bulls). Vero che siamo a inizio dicembre, ma quattro sconfitte una dietro l’altra sul groppone non fanno bene a nessuno.

 

Per quanti sforzi abbiano prodotto i ragazzi di coach Casey, anche il terzo episodio stagionale della sfida ha avuto lo stesso risultato: vittoria Cleveland per spiccioli. Ma non inganni il punteggio finale in singola cifra: a 5:41 dal termine i Cavs erano avanti di 15 e a 1:46 ancora di 12. Neanche un fallo in attacco di Kyrie Irving sul +5 a 22 secondi dal termine ha spostato la bilancia, anche perché il seguente pazzesco canestro di DeRozan non è stato giustamente convalidato per questione di centimetri.

 

Proteggere il ferro
Il piano difensivo di Lue è chiaro sin dall’inizio. Parafrasando l’hashtag della franchigia, da #DefendTheLand a #DefendThePaint il passo è breve. Nelle tre partite precedenti gli avversari avevano gigioneggiato nell’area dei Cavs (51.2 punti di media subiti nel pitturato, 78 solo dai Bulls) senza trovare ostacoli consistenti: ripartire da una difesa più attenta e concentrata in quella zona era l’imperativo categorico. Cleveland dunque sceglie di collassare in area con regolarità per evitare facili penetrazioni e per avere più uomini a rimbalzo, altro tallone d’Achille delle ultime uscite. Contemporaneamente scommette sulla scarsa vena al tiro da lontano dei Raptors: un azzardo, pensando a quanto sia cresciuta la squadra di Casey nella qualità dei tiri dall’arco, ma necessario perché era troppo importante mantenere il controllo della propria area. Soprattutto, quello di lasciare il tiro è sempre stato il piano difensivo dei Cavs contro Toronto in questi anni e ha quasi sempre funzionato: dunque, se il sistema non è rotto, perché aggiustarlo?

 

 

Prima azione della partita: subito i Cavs vogliono e cercano la superiorità a rimbalzo.

 

 

Qui è ancora più chiaro: l’idea è di lasciare volentieri quel tiro a Pascal Siakam pur di avere più uomini possibili sotto canestro.

 

Il piano però non funziona a dovere nel primo tempo perché Toronto è ammantata da uno strato di fiducia spesso sei vittorie in fila, riuscendo di bucare la retina con regolarità e punendo la scelta difensiva dei Cavs. Vale soprattutto per Kyle Lowry: sopra il 57% nelle ultime 3 partite, anche nel primo tempo non perde il filo dall’arco (chiuderà con 4/9 con 1/4 nella ripresa). Sul lungo periodo però i canadesi non trovano alternative ai loro leader Lowry e DeRozan: il rendimento in attacco di Jonas Valanciunas (1/8 dal campo) è infatti praticamente insignificante, e oltre alle fiammate sparse di Patterson e Ross non c’è granché.

 

Nell’altra metà campo l’obiettivo primario dei campioni rispetto alle ultime sfide è limitare le palle perse e costruire tiri a più alta percentuale.

 

 

L’attacco è fluido e legge bene la difesa: Irving penetra creando un vantaggio, Love non lo sfrutta subito ma è bravo a mantenere il ritmo e a costruirsi un tiro piedi per terra.

 

Proprio Love è decisamente l’uomo in più dei Cavs. Dall’arco è letale sfruttando a dovere tutto lo spazio che la difesa gli regala costringendo gli avversari ad aumentare lo spazio in area per inseguirlo. Allo stesso tempo, a rimbalzo è a dir poco leonino.

 

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Il primo tempo killer di Kevin Love.

 

Il Ritorno del Re
All’intervallo il piano partita dei Cavs ha funzionato a metà. Merito dell’attacco dei Raptors che pure ha un DeRozan – secondo giocatore dopo Bosh a superare quota 10.000 punti in maglia Raptors – a corrente alternata, ma che quando si accende diventa un problema per i Cavs perché capace di sparigliare i piani altrui segnando canestri difficili. A dispetto dei 61 punti concessi dopo 24 minuti e senza J.R. Smith, finito ko per un infortunio al ginocchio dopo 10 minuti, Lue non modifica nulla nell’intervallo: si procede con quanto prestabilito. E giusto per far capire cosa si vedrà dal rientro in campo in poi, il terzo quarto LeBron lo inizia così.

 

 

Buongiorno LeBron!

 

Il secondo tempo del Prescelto è da leader vero: sbaglia pochissime scelte (una sola palla persa), continua a coinvolgere tutti ma prendendosi più responsabilità personali rispetto alla prima frazione, e soprattutto in difesa si sbatte più degli altri. Alla vigilia aveva detto: “La luna di miele è finita: dobbiamo combattere ogni notte come se non avessimo ancora vinto nulla”. Le parole non sono state portate via dal vento: nella sola ripresa segna a referto 18 punti, 5 rimbalzi e 4 assist (34, massimo stagionale, con 8 e 7 nell’intero match). E quando la difesa si concentra su di lui, ecco che si fanno trovare pronti ancora Love, Irving – che quasi in silenzio chiude con 24 punti e 7 assist – e Channing Frye.

 

Ma la partita Cleveland la vince soprattutto in difesa. Nel terzo quarto Toronto fa una fatica enorme a tenere alta la percentuale del tiro dalla media e dalla lunga distanza, oltre a non avere praticamente nulla dai suoi lunghi nel gioco interno. Così non c’è storia e i Cavs, che restano sempre ben concentrati, prendono il largo: anche quando Casey si affida ad un quintetto con Patterson da 5 e Carroll da 4, non ottiene quanto sperato.

 

I segnali di risposta di cui i Cavs avevano bisogno sono arrivati tutti: dominio a rimbalzo (48 a 33, con 28 della coppia Love-Thompson, al massimo stagionale con 14), meno palle perse (14 equamente distribuite nei due tempi), parità nel pitturato (32-32). Resta un defensive rating ancora piuttosto elevato (115.6) ma nel complesso c’è da essere soddisfatti: la terra è stata difesa, il pitturato pure, il ruolo di superfavoriti – ammesso che sia stato messo in discussione – anche.

 

Per i Raptors invece questa sconfitta prosegue il trend visto nelle altre sfide con Cleveland e conferma che fare cose buone non può bastare a questo livello di difficoltà. “Quando giochiamo contro squadre del genere non possiamo permetterci errori di testa perché poi veniamo puniti. Se non eseguiamo un gioco, se non rimaniamo in posizione su un pick and roll, paghiamo dazio. Dobbiamo essere perfetti per battere una squadra come i Cavaliers” le parole di Dwane Casey. La sensazione è che i centimetri che hanno impedito a DeRozan di vedersi convalidare il canestro nel finale diventino e restino metri quando confrontiamo le due squadre sui 48 minuti.

 

 

Tags : cleveland cavalierslebron jamestoronto raptors

Dario Ronzulli è nato a Foggia nel 1982 e da bambino sognava di fare il giornalista sportivo. Ora che è cresciuto lo fa davvero: anni di preziosissima gavetta in radio locali, poi cinque anni a Radio Sportiva e due a Radio Montecarlo Sport. Ora collabora con la redazione basket di Tuttosport e bazzica l'etere bolognese.

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