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Kevin C. Cox/Getty Images
NBA Dario Ronzulli 16 agosto 2021 5'

La scelta di Nico Mannion

Come la Virtus Bologna ha convinto il play italiano.

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Nella Virtus Campione d’Italia che oggi si raduna per iniziare il lavoro per la prossima stagione ci sono sei volti nuovi. Uno in particolare è probabilmente quello più atteso: nonostante sia il più giovane della compagnia è quello più conosciuto al di fuori della cerchia degli appassionati, complice l’ottima estate con la maglia dell’Italia. Niccolò Mannion va a riempire l’ultima casella che mancava nel mercato della Segafredo e se non è il “colpo dell’estate” poco ci manca. Le V Nere portano in Italia uno dei giocatori più eccitanti che il nostro basket abbia mai visto creando un hype non da poco tra tifosi e appassionati.

 

Con lo scontato addio a Stefan Markovic, una delle priorità del mercato era quella legata al play titolare. Alla Virtus serviva un giocatore capace di mettersi al servizio della squadra di Teodosic e Belinelli ma allo stesso tempo in grado di prendersi il proscenio quando le situazioni di campo lo avrebbero richiesto. I giocatori seguiti erano tanti, quasi tutti legati all’evoluzione della free agency NBA. Ma il nome di Nico Mannion era quello che più di tutti stuzzicava la dirigenza virtussina per tanti motivi, non ultimo la volontà piuttosto evidente del patron Massimo Zanetti di rendere l’impronta azzurro Italia nella Virtus sempre più marcata. Anche l’arrivo nella femminile di Cecilia Zandalasini è andato in questa direzione. Senza dimenticare che così la Virtus avrebbe potuto tenere uno slot per uno straniero da aggiungere in corsa in base alle necessità emerse dal campo, come poi effettivamente accadrà. Mannion dunque, non come priorità assoluta ma come desiderio forte sì, sin dai giorni del preolimpico, quando il figlio di Pace ha risposto a chi poneva dubbi sul suo talento nei momenti in cui conta davvero. 

 

 

 

Con la Serbia in finale 24 punti, 9/9 ai liberi, 4 assist e anche un po’ di sano e vecchio trash talking.

 

Inizialmente la trattativa per Mannion non poteva andare oltre una manifestazione di grande interesse all’agenzia del giocatore, la BDA di Bill Duffy. Il desiderio di Nico era quello di rimanere in NBA e giocarsi le sue carte in un contesto, quello di Golden State, che l’anno scorso lo aveva già testato con discreti esiti. D’altronde dopo l’estate vissuta tra Belgrado e Tokyo era legittimo per il prodotto di Arizona coltivare ambizioni. Prima di tuffarsi a capofitto, dunque, la Virtus doveva attendere le mosse dalla Baia e decidere se pazientare o se dirigersi su altri obiettivi. 

 

Ma dal momento che, come detto, gli altri nomi sensibili erano tutti in attesa di segnali in arrivo da oltreoceano – e quindi ci sarebbe stato comunque da aspettare – la Segafredo ha scelto di non farsi prendere dalla fretta di completare il roster mettendosi nella posizione di osservatrice. Una scelta che ha pagato: gli Warriors non sono andati oltre un contratto two-way, che in pratica per Mannion significava fare tanta G League e sperare di avere un po’ di spazio al piano di sopra (un contratto poi accettato dall’ex Nets Chris Chiozza, un altro sul taccuino Virtus). Al suo agente Mannion aveva parlato chiaro: o contratto NBA pieno o guardiamo altrove. E quando Golden State ha firmato Chiozza, Duffy, impegnato nel frattempo con Mark Cuban per chiudere il rinnovo di Luka Doncic con i Dallas Mavericks, ha capito che di là non c’erano spazi di manovra mentre di qua la Virtus era rimasta in paziente e fiduciosa attesa mettendo sul tavolo la presenza di Scariolo, ovvero di un coach che conosce alla perfezione il basket versione FIBA e versione NBA; di due totem come Teodosic e Belinelli; di compagni in Nazionale (sarà molto interessante vedere in campo insieme Pajola e Mannion, 42 anni e una quantità di energia impressionante in due) e potendosi presentare come una società ambiziosa e competitiva. 

 

Le poche e deboli sirene provenienti da club di Eurolega (leggi soprattutto CSKA) non hanno rovinato le basi su cui era stato posto l’affare, i buoni rapporti preesistenti tra società e agenzia hanno agevolato le tempistiche ed ecco che la trattativa che pareva quasi utopica un mese fa è diventata realtà.

 

Nessun addio all’NBA, anzi, e men che meno un passo indietro nella carriera per il nativo di Siena. Rispetto a Belinelli, Datome e Melli che sono tornati in Europa nella seconda o terza parte della loro vita agonistica, Mannion ci arriva all’inizio con l’idea di prendere la rincorsa e tornare oltre Atlantico più maturo e più completo. A Jason Dumas di The Athletic Nico ha spiegato bene cosa lo abbia spinto ad accettare l’offerta Virtus: «Ho pensato che la situazione migliore per me fosse andare in qualche squadra dove potessi giocare tanto, dove potessi imparare dai miei errori piuttosto che restare seduto in fondo a una panchina». Sarà di fatto un do ut des: la Segafredo darà a Mannion quello spazio in un contesto di alto livello con responsabilità che il giocatore vuole in questo momento della sua carriera; Mannion metterà a disposizione delle V Nere le sue qualità per andare a caccia del bis scudetto e del pass per l’Eurolega. 

 

Il video di benvenuto della Virtus a Nico Mannion.

 

L’arrivo di Mannion dà alla Segafredo una dimensione atletica nel settore delle guardie che l’anno scorso non c’era. O meglio, ci sarebbe stata con un Josh Adams maggiormente nel vivo del discorso. Ma rispetto all’americano Mannion porta in dote anche altre qualità che possono permettere a Scariolo di allargare gli orizzonti tattici della squadra. In primis la capacità innata di essere un pleaser, ovvero uno che si mette a disposizione della squadra facendo quello di cui c’è bisogno. Attaccare con decisione il canestro bruciando l’avversario sul primo passo è una skill che Mannion ha sempre avuto e che con il passare del tempo ha migliorato, complice ovviamente anche la crescita fisica; inoltre ha imparato a variare le soluzioni una volta arrivato nei pressi del ferro tra schiacciate, reverse e assist al lungo rimasto solo dopo l’aiuto del diretto avversario.

 

Ci sono due aspetti del suo gioco che Mannion deve migliorare per potersi ripresentare in modo ancora più credibile al cospetto della NBA. In attacco ha bisogno di imparare a muoversi in maniera più pericolosa lontano dal pallone, costruirsi magari un tiro affidabile sugli scarichi, entrare nell’ordine d’idee di non avere sempre il pallone tra le mani per creare qualcosa per sé o per i compagni. Con un Milos Teodosic in squadra, Mannion è praticamente obbligato ad aggiungere quanto sopra al suo bagaglio tecnico: lo usage maggiore della squadra resterà ovviamente quello del 44 che, dicono, sia rimasto molto impressionato da come il giovanotto rosso di capelli abbia saputo dettare legge in casa dei serbi.

 

Dall’altra parte del campo alla rapidità con cui è in grado di intercettare linee di passaggio, Mannion deve aggiungere l’abilità nella difesa uno contro uno soprattutto sul primo passo altrui e a leggere meglio le situazioni di cambio e di aiuto e recupero. È soprattutto nella metà campo difensiva che Nico è atteso a un salto di qualità che gli permetta di poter reggere fisicamente il confronto con pari ruolo più grossi e smaliziati. Per quanto a 20 anni sia già un giocatore che può spostare gli equilibri, e d’altronde tre anni fa lo definivamo nato pronto, sul piano della continuità di rendimento e della qualità delle scelte a difesa schierata palla in mano c’è ancora strada da percorrere. Se sarà effettivamente la Virtus l’habitat in cui la crescita di Mannion avverrà secondo i desiderata, anche azzurri, lo dirà il campo: le premesse ci sono tutte.

 

 

Tags : nico mannionteodosicvirtus bologna

Dario Ronzulli è nato a Foggia nel 1982 e da bambino sognava di fare il giornalista sportivo. Ora che è cresciuto lo fa davvero: anni di preziosissima gavetta in radio locali, poi cinque anni a Radio Sportiva e due a Radio Montecarlo Sport. Ora collabora con la redazione basket di Tuttosport e bazzica l'etere bolognese.

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