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Il Super Bowl non è stato solo Tom Brady
08 feb 2021
08 feb 2021
Com'è andata la sfida tra Buccaneers e Chiefs.
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Non è stato forse il Super Bowl che gli appassionati si aspettavano in termini di spettacolo, ma bisogna rendere onore alla prova di forza dei Tampa Bay Buccaneers, che nella finale della NFL hanno annichilito i Kansas City Chiefs. La franchigia della Florida era la prima squadra a giocarsi la possibilità per il titolo in casa, al Raymond James Stadium, e di conseguenza la prima a trionfare tra le mura amiche, per l'occasione aperte a 25 mila persone. Per Tom Brady non è stata invece esattamente la prima volta - ora ha più Super Bowl (7) di qualsiasi altra franchigia – ma l’ennesimo capitolo di una carriera leggendaria. Una vittoria che lo trascina ancora più su non solo come icona del football, ma sportiva in generale, non sono molti infatti gli atleti capaci di trionfare a 43 anni. La vittoria dei Tampa Bay Buccaneers va comunque oltre la grandezza del suo quarterback ed è stata costruita intorno a una squadra di grande spessore.

Nell’introduzione alla partita avevamo indicato come i Bucs fossero una squadra molto aggressiva in termini di blitz portati ma anche che, contro un avversario come Mahomes, una tattica del genere si sarebbe rivelata controproducente. Il quarterback dei Kansas City Chiefs è un fenomeno nel leggere gli attacchi diretti degli avversari e agire di conseguenza traendone un vantaggio per la sua squadra. Ed effettivamente la difesa di Tampa, guidata da Todd Bowles, ha utilizzato poco o nulla i blitz e quando lo ha fatto - in apertura di gara - Mahomes per poco non ne ha approfittato.

Mahomes riesce a sfuggire al cornerback blitz lanciando un pallone lungo che normalmente Hill avrebbe preso: non ieri sera, e così sfuma un possibile touchdown, non l’ultimo della serata.

La verità è che Tampa non ha blitzato Mahomes perché non ha avuto bisogno di farlo. La linea offensiva dei Kansas City Chiefs si è presentata al Super Bowl estremamente rimaneggiata ed è finita totalmente in balia della difesa avversaria, che ha dimostrato di essere una delle migliori della NFL. Con due tackle adattati – Remmers giocherebbe normalmente a destra, ma ieri ha giocato a sinistra, mentre Wylie ha giocato tackle pur essendo guardia – e un interno linea nemmeno sufficiente, l’attacco dei Chiefs non è riuscito a fornire una adeguata protezione al suo quarterback, permettendo alla difesa dei Buccaneers di piegare la partita a proprio piacimento. Il risultato è stato uno sviluppo che mai si era visto in una finale NFL: da una parte un quarterback con ampia libertà di azione, dall’altra uno continuamente attaccato dalla linea avversaria.

Per la prima volta nella carriera di Mahomes tra college e NFL, la sua squadra non è riuscita a segnare un touchdown, e il fatto che Kansas City non sia quasi mai riuscita a giocare alla propria maniera, con passaggi corti ma efficienti, dice molto sul lavoro egregio svolto dalla difesa dei padroni di casa. Addirittura, Kansas City è solo la terza squadra nella storia del Super Bowl a non segnare un singolo touchdown in finale dopo i Dolphins nel Super Bowl VI e i Rams tre stagioni fa.

Tuttavia, tra mille difficoltà, Mahomes ha provato a guidare l’attacco della sua squadra, ma i compagno non lo hanno aiutato. Kansas City ha accumulato penalità che hanno impedito all’azione di proseguire e una serie di drop da parte dei ricevitori che hanno reso la montagna da scalare ancora più ripida. Se alcune di queste mancate ricezioni sono state particolarmente dolorose, perché arrivate a seguito di lanci eroici di Mahomes, che in una occasione ha trovato il compagno praticamente da sdraiato, non sono una novità: Kansas City ha finito al quarto posto in stagione per drop effettuati dai propri ricevitori.

Dall'altra parte, se dovessimo descrivere la partita di Brady, premiato MVP, forse dovremmo utilizzare la parola “chirurgica”. Ma a parlare ancor più per lui sono i suoi numeri: 21 su 29, 201 yard, 3 touchdown e zero intercetti. Stanotte è sembrato quasi di vedere il Brady di New England per come l’attacco è riuscito ad aiutarlo con un gioco di corsa ancora efficientissimo (145 yard e un touchdown su 33 portate) grazie alla coppia Jones-Fournette, sempre più “Playoff Lenny”. Il momento migliore per Brady e l’attacco in generale è stato senza dubbio il secondo periodo quando, anche grazie al pericolo offerto delle corse, si è vista tanta play action che ha spalancato alla squadra della Florida le porte della endzone. Sono arrivate due mete di Rob Gronkowski, la dolce metà di Brady sul campo da football, la prima di queste con una RPO slide, uno gioco molto utilizzato dai loro avversari in red zone.

La linea blocca come se si dovesse correre, la difesa si sposta per difendere così, mentre Gronk si muove dalla parte opposta ricevendo il pallone ed entrando in endzone senza ostacoli.

Gronk è stato fondamentale in due situazioni decisive della partita. Su un terzo e due nell'ultimo drive di Tampa prima dell'intervallo che ha portato al touchdown di Antonio Brown, e con la ricezione da 25 yard sfruttando una chiamata per il leak del tight end in end zone.

Come si fa a difendere su un giocatore che finge di bloccare e poi riceve quando ormai la difesa è concentrata sulla corsa?

Brady ci ha messo del suo (l’upgrade nei confronti di Jameis Winston è difficilmente quantificabile, tanto è netto, sia in termini di talento che di leadership), ma sarebbe ingiusto minimizzare il ruolo anche di Arians e Leftwich, che hanno costruito attorno a lui un attacco che gli ha permesso di giocare il suo football senza mai dover essere per forza il trascinatore fisico del reparto e della squadra in generale.

Detto dei drop e della prestazione terrificante della linea offensiva dei Chiefs, è giunto il momento di parlare un attimo della spinosa questione flag, le penalità che hanno inflitto ai Chiefs e che hanno pesato molto sulla sconfitta finale. Tra tutte le varie penalità commesse da Kansas City e che sono costate più di 100 yard complessive, quella che tra tutte riassume meglio la serata buia vissuta dai ragazzi di Andy Reid è arrivata nel secondo tempo. La difesa di Steve Spagnuolo aveva appena fermato gli avversari ad una yard dalla endzone con un ottima difesa, e stava tentando di mettere punti a tabellone. Dopo un 3&out, il punt di Townsend e l’ottima copertura degli special team avevano consegnato ai Bucs una scomoda posizione di campo da cui iniziare l’azione. Tuttavia, una dubbia penalità di offside – nemmeno Romo in diretta è riuscito con certezza ad individuare il colpevole - ha costretto il punter a ritentare il calcio, questa volta con risultati pessimi: una ciabattata da 29 yard finita fuori dal campo che ha apparecchiato il tavolo per il secondo TD di serata di Gronk.

A riguardo si è parlato molto, come al solito, di presunte irregolarità pur di far vincere Brady, ma in realtà gran parte delle penalità seguono la linea tracciata dalla NFL negli ultimi anni. Stride forse il fatto che, nemmeno nella partita più importante della stagione, non si sia voluto perdonare nulla ai difensori, nemmeno il contatto più lieve (vedi la pass interference fischiata a Tyrann Mathieu su Gronk e che ha portato al touchdown di Brown in chiusura di primo tempo). C’è da dire, tra l’altro, che gli stessi Bucs si sono resi protagonisti, loro malgrado, di una polemica analoga non più di un paio di settimane fa quando, contro i Packers, gli arbitri hanno usato una mano molto leggera di fronte a molti contatti che, ieri e nel resto della stagione, sarebbero stati sicuramente sanzionati. Allora i tifosi dei Packers non la presero benissimo, ma non serve essere tifosi di Green Bay per dire che quell’arbitraggio così permissivo è in controtendenza con la politica della NFL per quanto riguarda i contatti difensore-attaccante.

Più che prendersela con gli arbitri, quindi, i Chiefs dovrebbero prendersela con se stessi e con la loro disastrosa partita. In ogni caso, la vittoria di Tampa Bay ci regala diverse storie interessanti: i sette anelli di Brady, ovviamente, ma anche il ritorno di Gronk in grande stile dopo una stagione in crescendo; la redenzione di Fournette e Antonio Brown, il giusto riconoscimento a Lavonte David per una carriera nell’ombra ma di grande livello e la rivincita di Todd Bowles, riciclatosi di nuovo come defensive coordinator dopo la brutta parentesi da capo allenatore dei Chiefs; e infine il primo anello da capo allenatore di una eccellente mente offensiva come Bruce Arians. Tutto questo è stato Buccaneers-Chiefs: uno spettacolo caleidoscopico, bello da tutti gli angoli da cui è possibile guardarlo.

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