Dopo la separazione dal club che lo ha consacrato, il Bournemouth, alla fine della stagione 2019/20, Eddie Howe è stato fermo oltre un anno. Poi ha accettato la panchina del Newcastle per provare a salvarlo dalla retrocessione: scelto dalla nuova proprietà saudita dopo che erano stati fatti nomi di allenatori più esotici o più blasonati.
Nel suo periodo sabbatico Howe si è tenuto aggiornato il più possibile, studiando colleghi e squadre straniere, tra cui l’allenatore del Rayo Vallecano Andoni Iraola e un tecnico dalla filosofia opposta alla sua, Diego Simeone. Howe ha temporeggiato quando il Celtic Glasgow lo ha corteggiato, convinto di poter trovare di meglio, visto il suo curriculum: in undici anni alla guida del Bournemouth ha messo insieme tre promozioni e cinque stagioni consecutive in Premier League, senza rischiare praticamente mai di tornare in Championship. Nel 2016/17 il Bournemouth ha persino centrato uno stupefacente nono posto.
Sulla panchina del Newcastle, Howe si è seduto solamente il 27 novembre scorso, all’Emirates Stadium in occasione della trasferta contro l’Arsenal, dopo che la positività al COVID-19 gli aveva impedito di subentrare già sette giorni prima, contro il Brighton & Hove. Nei giorni precedenti al suo trasferimento nel nord dell’Inghilterra si erano fatte le ipotesi più disparate circa il sostituto di Steve Bruce, subito rimosso dal suo incarico dalla nuova proprietà saudita: dalle improbabili soluzioni Unai Emery e Antonio Conte, passando per quelle di Roberto Martinez e Steven Gerrard fino a Paulo Fonseca, che sembrava il candidato più adatto per guidare una squadra così in difficoltà, ancora a secco di vittorie dopo dodici partite di campionato. Oltre alle capacità necessarie per provocare un cambio di rotta repentino, in termini di risultati, la ricerca del nuovo board sembrava indirizzata verso un profilo più internazionale ed esperto rispetto ad Howe (reduce da una retrocessione e che avrebbe compiuto solo 44 anni da lì a poco). Un profilo in grado di poter gestire la pioggia di sterline che, durante il mercato di riparazione, il fondo neo proprietario del club avrebbe voluto impiegare come budget per rinforzare la propria squadra.
Lo scetticismo sul pedigree di Howe, per certi versi legittimo, non ha però condizionato particolarmente il presidente, nonché governatore del fondo saudita, Yasir Al-Rumayyan, e nemmeno uno dei membri più influenti del consorzio che ha rilevato il club, Amanda Staveley. Entrambi si sono rivelati sponsor del giovane allenatore inglese.
I dubbi erano legati principalmente a due fattori: l’abilità di saper resistere alle pressioni e alle aspettative dell’ambiente e la capacità di lavorare con un gruppo già formato, e non costruito personalmente negli anni come aveva fatto durante la sua esperienza al Bournemouth. Howe doveva instaurare un rapporto con i giocatori e disposizione (rafforzato solo successivamente durante lo spring break trascorso a Dubai); riuscire a fronteggiare le domande dei giornalisti riguardo la provenienza dei soldi dei nuovi proprietari del club e la questione dei diritti umani in Arabia Saudita, già pervenute nel corso della conferenza stampa di presentazione. Infine, Howe doveva ottenere più punti possibile dalle due successive partite casalinghe, i suoi primi incontri al St. James’ Park contro Norwich e Burnley.
Neanche il tempo di godersi la prima vittoria stagionale, Howe ha dovuto fare i conti con il durissimo calendario riservato alla sua nuova squadra: le sonore sconfitte contro Leicester (4-0 al King Power Stadium), Liverpool (3-1 ad Anfield) e Manchester City (0-4 al St. James’ Park) hanno impedito di dare continuità alle prime incoraggianti prestazioni. L’ultima partita del 2021, l’1-1 casalingo contro il Manchester United, ha lasciato l’amaro in bocca per una partita giocata meglio degli avversari, salvati dai pali e dalle parate di David De Gea. Neanche con il nuovo anno sembrava stesse accadendo nulla di positivo: nel primo match del 2022 era arrivata una clamorosa sconfitta casalinga contro il modesto Cambridge United, in FA Cup, mentre la settimana dopo un deludente pareggio interno contro il Watford, in uno scontro diretto assolutamente da vincere per risalire velocemente la china.
Gli innesti arrivati a gennaio hanno aiutato Howe ad alzare il livello qualitativo della squadra e risollevarla, lentamente, dalla zona retrocessione. Sarebbe però sbagliato considerare il denaro saudita l’unica chiave di volta, soprattutto limitandosi a quel luogo comune di pronunciare il numero dei milioni investiti per nuovi giocatori, oltre 100 per soli cinque elementi, senza contestualizzare la spesa. La finestra di mercato invernale è sempre complicata, ma quella del Newcastle lo è stata ancora di più, viste le pretese che i club hanno alzato per i giocatori richiesti proprio sapendo la proprietà che la squadra inglese aveva alle spalle. Gli arrivi di due rincalzi come il ventinovenne difensore del Brighton Dan Burn e il terzino sinistro dell’Aston Villa Matt Targett, almeno inizialmente, non hanno accontentato i tifosi che si aspettavano arrivi di tutt’altro spessore, mentre l’operazione Chris Wood, attaccante neozelandese già trentenne, era stata portata a termine soltanto per la difficoltà di raggiungere altri obiettivi più complicati. Pur non convincendo del tutto come operazione dal punto di vista economico, visto il ricorso al pagamento di una clausola rescissoria cara per un giocatore modesto, aver strappato a una rivale per la lotta retrocessione come il Burnley un'affidabile opzione offensiva era stata comunque interpretata come una mossa furba, anche se non proprio esaltante.
Un acquisto subito convincente è stato quello di Kieran Trippier dall’Atletico Madrid: il terzino della Nazionale inglese, decisivo con due reti su calcio di punizione siglate contro Everton ed Aston Villa. In quest'ultima partita, però ha riportato la frattura del metatarso del piede destro compromettendo dunque la sua stagione in Premier League dopo soli 318 minuti giocati (è tornato solo all'ultima giornata). Quello di Trippier non è stato l’unico infortunio che ha indebolito la rosa di Howe, già ridimensionata a causa dei problemi fisici di Jamal Lewis, Federico Fernandez, Isaac Hayden e di due giocatori che il manager inglese aveva già allenato per anni al Bournemouth: Matt Ritchie e Callum Wilson. Il primo è tornato a disposizione a marzo ma di fatto ha giocato si è visto soltanto in due brevi apparizioni in tutto il 2022; il secondo, fermo da dicembre, ha recuperato solamente per le ultime tre sfide di campionato contro Manchester City, Arsenal e Burnley, contribuendo in minima parte alla rimonta invernale del Newcastle. E nonostante ciò, è stato il miglior marcatore stagionale della squadra in Premier League con otto reti.
Il colpo pregiato della campagna acquisti è stato Bruno Guimarães. Preso dall’Olympique Lione per oltre 40 milioni di euro, ha rappresentato il tassello mancante per lo sviluppo del gioco di Howe: impiegato poco nelle prime quattro uscite seguenti al suo arrivo in Inghilterra, alla sua prima da titolare il brasiliano ha firmato con un superbo gol di tacco uno dei più preziosi successi dell’ultimo periodo, il 2-1 in rimonta ottenuto sul campo del Southampton a inizio marzo.
Ad eccezione della partita di Londra persa malamente contro il Tottenham, Guimarães è sempre partito dall’inizio, ha sfoderato prestazioni di livello e migliorato il rendimento dei suoi nuovi compagni di squadra. Ha segnato e fatto assist, ma ha anche garantito la qualità necessaria per concretizzare le idee che Howe aveva in mente per la sua nuova squadra.
Dal 3-5-2 con cui Bruce era abituato a far giocare il Newcastle, Howe è passato a un 4-3-3 (anche 4-2-3-1 o 4-1-4-1) dall’approccio decisamente più offensivo. Pur non segnando tanto - dodicesimo attacco del campionato - il Newcastle ha imparato a occupare meglio gli spazi, e ad attaccare meglio in verticale, sfruttando ovviamente le qualità di Guimarães. Il brasiliano ha funzionato da centrocampista box-to-box, molto cercato dai compagni e protagonista della maggior parte delle azioni. Howe ha puntato molto sugli inserimenti dei centrocampisti e ha schierato i terzini così in alto da arrivare continuamente a sovrapporsi ai trequartisti, Allan Saint-Maximin, Ryan Fraser e Miguel Almiron. Tre giocatori bravi a rientrare e muoversi nello stretto, a scattare o a ruotare attorno al vertice di riferimento, Wood.
La più grande sorpresa tattica di questi mesi è stata l’arretramento di Joelinton sulla linea dei centrocampisti: grazie a questa intuizione involontaria (conseguenza dell’espulsione di Ciaran Clark contro il Norwich, come spiegato in questo articolo di Chris Waugh e Maram Al-Baharna su The Athletic) l’attaccante brasiliano comprato nel 2019 dall’Hoffenheim (l’acquisto più caro nella storia del Newcastle) ha rapidamente invertito il rapporto con i tifosi che per anni avevano criticato la sua scarsa vena realizzativa indicandolo come uno dei flop più clamorosi dell’era Ashley. Joelington si è rilanciato come protagonista di un ruolo mai testato prima (da qui il simpatico soprannome di N’Jolo, ispirato da Kantè) in cui è riuscito a calarsi con una volontà ammirevole. Joelinton, che insieme a Saint-Maximin è il calciatore più utilizzato in stagione, adesso gioca stabilmente vertice sinistro nel centrocampo a tre ed è chiamato a sfruttare in maniera differente il suo atletismo, operando soprattutto come arma di distruzione della manovra avversaria, pur senza rinunciare a qualche sortita offensiva: contro il Norwich ha segnato la sua prima doppietta in Premier League, la seconda in totale se consideriamo una sfida di Coppa di Lega con il piccolo Morecambe, nel 2020, risultando decisivo anche in altre occasioni, l’ultima quella in cui ha causato l’autorete di White contro l’Arsenal.
A volte oscurati dall’appariscenza delle giocate di Saint-Maximin, tra i giocatori trasformati dall’arrivo di Howe ci sono pure Miguel Almiron e Ryan Fraser, entrambi autori di gol fondamentali: il paraguaiano non segnava dal febbraio 2021 mentre lo scozzese, lanciato proprio dal manager inglese in League Two nel lontano 2012, addirittura da settembre 2019.
A sei mesi di distanza dal debutto contro l’Arsenal, Howe ha sconfitto i Gunners per 2-0 conquistando il settimo successo casalingo nelle ultime otto partite disputate (arrivato anche grazie alla fantastica carica del pubblico, sempre oltre le cinquantamila persone), una striscia interrotta solamente dal Liverpool di Klopp e che, per trovare dei precedenti simili, ha riportato tutti indietro negli anni fino all’era di Sir Bobby Robson (quindi agli anni tra il 1999 e il 2004). Nonostante due sconfitte arrivate solamente nei secondi finali (quelle contro Everton e Chelsea) un altro dato migliorato sensibilmente è quello dei clean sheet, otto in totale: prima dell’arrivo di Howe, quando la tenuta difensiva era uno dei problemi più evidenti, zero. Il Newcastle si è salvato con quattro giornate di anticipo, e nel girone di ritorno solo Manchester City e Liverpool hanno raccolto più punti della Howe Army.
Definitivamente staccate di oltre dieci lunghezze quelle squadre che fino a pochi mesi fa condividevano con il Newcastle l’obiettivo di raggiungere la salvezza (Watford, Leeds, Burnley ed Everton), Howe ha ricevuto un prestigioso riconoscimento personale al suo lavoro sulla panchina della squadra inglese, la nomination di Manager of the Year che molti avevano invocato nelle ultime settimane (la shortlist di soli cinque allenatori contiene, oltre a Guardiola e Klopp, anche Patrick Vieira del Crystal Palace e Thomas Frank del Brentford).
Ora è legittimo iniziare a pensare a come limare i difetti di questa squadra, ancora troppo vulnerabile sulle palle alte e spesso in difficoltà nel contenere i ritmi offensivi troppo intensi. Per migliorare la rosa attuale il Public Investment Fund (che ha appena ufficializzato l’arrivo del nuovo director of football, l’ex Brighton Dan Ashworth) si metterà al lavoro. Si cerca un laterale sinistro con più qualità offensive e un buon centrale di difesa, dinamico se possibile. Al momento sembrano le priorità su cui intervenire, poi concentrerà le idee su un grande colpo in avanti. Eddie Howe se lo merita davvero.