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Daniele Manusia
Nessuno è divertente come Florian Wirtz col pallone
22 dic 2023
22 dic 2023
Il talento del Bayer Leverkusen è sempre disposto a rischiare palla al piede.
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Daniele Manusia
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IMAGO / Treese
(foto) IMAGO / Treese
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Dopo quarant’anni, la maggior parte dei quali passata a guardare calcio, sento di poter confessare una mia piccola perversione. Mi piacciono i giocatori che perdono tanti palloni. Scusate, la dico meglio: mi piacciono i giocatori offensivi che perdono tanti palloni. Non quelli che sbagliano i passaggi, o i controlli, né quelli che caricano la difesa a testa bassa senza guardarsi attorno. No, un giocatore deve avere visione, capacità di scelta, tocco, una bella tecnica nei passaggi e nei tiri. Ovvio. Deve saper rallentare e accelerare, proteggere palla e smarcarsi. Ma deve anche correre rischi. Il più spesso possibile. E se un giocatore, offensivo, corre molti rischi, allora per forza di cose deve anche perdere molti palloni. Se un giocatore perde molti palloni perché ha molte idee, perché è coraggioso, intraprendente, perché appunto non ha paura di perdere molti palloni, a me piace. Certo, poi dipende anche cosa fa quel giocatore lì dopo che ha perso palla… Florian Wirtz è uno che perde molti palloni. Prendiamo come esempio, Leverkusen-Friburgo, dello scorso 29 ottobre. Florian Wirtz in questa partita ha segnato uno dei suoi gol più belli finora, facendo ammattire un avversario quasi sulla riga di fondo, sul lato destro dell’area di rigore, frenando e ripartendo due volte, fingendo di voler crossare di destro per poi rientrare e calciare a incrociare di sinistro. Ma è più interessante l’assist, se così vogliamo chiamarlo, per il gol del 2-0. Al cinquantanovesimo minuto di gioco un pallone schizza dalle sue parti nella sua metà campo difensiva e Wirtz se lo porta immediatamente avanti con il sinistro, accelerando anche se da dietro lo recupera un avversario (Merlin Röhl) che sembra andare più veloce ed è pure più grosso. Wirtz riesce a tenerselo alle spalle, impedendogli con il gomito destro di spostarlo. Anzi, si direbbe che Wirtz usi la spinta che arriva da dietro per staccarsi dalla marcatura: si crea così lo spazio per puntare sia a sinistra - sull’esterno - che a destra - verso l’interno - il difensore che lo affronta vicino al limite dell’area (Matthias Ginter). Wirtz fa una piccola finta come se volesse andare sull’esterno e invece, con il sinistro, prova ad allungarsi la palla verso l’interno, ma quasi senza sterzare, in diagonale. Il tocco è impreciso e la palla finisce in mezzo alle gambe del difensore e viene rimpallata verso all’indietro verso il centro. Wirtz avrebbe perso palla, ha provato a sfruttare il taglio di Boniface che aveva liberato il centro dell’area ma non ci è riuscito. Adesso tra Wirtz e la palla c’è un terzo avversario (Nicholas Höfler). Wirtz però non demorde e con un paio di passi recupera lo svantaggio che ha rispetto all’avversario e da dietro infila la gamba sinistra davanti alla palla, passandola a un compagno al limite dell’area (Jonas Hofmann). L’avversario inciampa sulla gamba di Wirtz e il suo compagno ha lo spazio per calciare in porta e segnare.

Difficile chiamarlo assist anche perché tecnicamente è autogol del portiere che con la schiena mette la palla in porta dopo che ha sbattuto sul palo, però insomma difficile anche non ammettere che ha fatto quasi tutto Florian Wirtz.

«Se la palla si allontana da te», ha detto Florian Wirtz in un’intervista per la rivista del Leverkusen Werks11 Magazine, «devi farcela in altri modi, battagliando e resistendo, per mantenere la presa sulla partita». Anche se in realtà Wirtz stava facendo un’analogia per parlare dei momenti difficile della vita in cui le cose non vanno come uno vuole, sembra adatta anche a descrivere il suo gioco (e la mia perversione). Il che non significa che non abbia molte delle qualità sopra elencate. Tanto per cominciare, quasi nessuno ha la sua visione di gioco (crea 0.29 xG a partita per i propri compagni, in questa stagione è nel 2% dei trequartisti migliori in Europa secondo Statsbomb). Nel sistema di Alonso, del Leverkusen sorprendentemente primo in classifica (ma non troppo sorprendentemente proprio perché dentro ci sono giocatori come Wirtz, Boniface, Grimaldo, una delle migliori versioni possibili di Granit Xhaka), ha aumentato notevolmente la sua precisione nei passaggi, salendo dal 76% di passaggi riusciti all’85% (ed è nel 3% migliore del ruolo). Ha anche moltiplicato per cinque i propri tiri e raddoppiato i tocchi in area di rigore. Questo rispetto alla scorsa stagione, la 2022/23, in cui rientrava (a gennaio) dall’infortunio ai legamenti, ma anche rispetto alla 2021/22, in cui si era infortunato a marzo. A fronte di un volume e di una quantità simile, sempre molto alta, di assist creati e dribbling completati (oggi dribbla 2.8 volte a partita, in media, come il 6% migliore di trequartisti). Un miglioramento sensibile da qualsiasi punto di vista lo si guardi, è come se Wirtz a vent’anni compiuti da poco - lo scorso maggio - avesse completato il rodaggio e adesso finalmente possa andare in tangenziale a pieni giri. Ma torniamo al punto: c’è sempre un’idea dietro le giocate di Florian Wirtz. Un’idea quasi sempre ambiziosa. Non è scontato ammirare un giocatore di calcio per le idee che ha, oltre che per le sue qualità tecniche. Visione, idee e coraggio portano magari ad errori, ma portano anche a giocate uniche, persino quando sono giocate piccole piccole in relazione alle sue possibilità. Contro l’Union Berlin (vittoria per 4-0, lo scorso 12 novembre) Grimaldo ha segnato il gol del vantaggio con un tiro a giro piuttosto incredibile dal limite dell’area. La palla gliel’ha data Wirtz, che prima è andato in pressione sul difensore (dopo un tacco di Boniface leggermente impreciso) sporcandogli il passaggio e facendolo arrivare a Grimaldo, poi ha fatto il movimento in profondità e infine ha chiuso il triangolo (tutto di prima) con Grimaldo. Il lavoro in fase di recupero e il movimento in profondità sono tanto importanti quanto il tacco del tutto controintuitivo con cui restituisce palla a Grimaldo.

Wirtz è tra i migliori anche nel recuperare palla (in media ne recupera 4.55 a partita rientrando sempre nel 2% migliore del ruolo).

In quella stessa intervista di qualche tempo fa a Werks11 Magazine il paragone principale per Wirtz era ancora quello con Kai Havertz, che lo aveva preceduto al Leverkusen. L’allenatore dell’epoca, Peter Bosz, li aveva confrontati dicendo che se Havertz era un pianista, Wirtz veniva dalla strada. L’intervistatore chiede a Wirtz cosa ne pensi di quel paragone e lui prova ad interpretare dicendo che forse intendeva dire che Havertz gioca «in modo elegante». E poi aggiunge: «Non che io sia necessariamente meno elegante, ma magari dribblo di più e provo più giocate, sono un provocatore, forse a volte sono addirittura prepotente». Nel calcio abbiamo sempre associato l’eleganza a una certa armonia conformista, diciamo così, classica. Cruyff veniva paragonato a Nureyev mentre i video al ralenti di Zidane lo trasformano in una statua di marmo in movimento. L’eleganza di Wirtz è più difficile da definire e riconoscere. A me ha fatto pensare al dibattito sull’eleganza che si fa in ambito scientifico. È opinione diffusa che le teorie scientifiche e persino le formule debbano essere, oltre che corrette, anche eleganti, ma quando ci si chiede in cosa consista questa eleganza le cose si complicano. Di solito ci si accontenta di dire, come il neuroscienziato Robert Sapolsky che «quando la vedi la riconosci». Il giornale Nature Nanotechnology ha definito una teoria come elegante quando «spiega un fenomeno con chiarezza, direttamente ed economicamente». Queste mi sembrano anche qualità del calcio di Wirtz. Le sue giocate, per quanto raffinate - tipo il tacco per Hofmann contro il Colonia - non sono mai ricercate, cervellotiche, complicate. Anzi, semplificano al massimo la questione facendola sembrare una cosa quasi banale. Forse per questo la giocata che più lo rappresenta è anche la più “chiara” del suo repertorio: il passaggio filtrante, millimetrico, con cui serve i compagni messi meglio di lui (come i due con cui ha mandato in porta Schick e Boniface nell’ultima partita con il Bochum).

Oggi che sappiamo quanto siano diversi Wirtz e Havertz possiamo mettere il suo nome, proprio per via di quella qualità provocatrice e prepotente, vicino a quello dei migliori giocatori della sua generazione. Diciamo che ci sono Musiala, Pedri, Bellingham e, appunto, Florian Wirtz. Wirtz ha la loro stessa capacità di reagire agli imprevisti, di leggere la superficie delle partite come se avesse un microscopio, vedendo le piccole asperità e le piccole aperture che gli altri non vedono. Quando Wirtz ha esordito a 17 anni in Bundesliga e ha iniziato a battere record di precocità per gol e assist - «Questi numeri sembrano un tentativo goffo di descrivere la sua magia», scriveva due anni fa il Guardian - non era uno specialista della conduzione palla al piede e nel dribbling e ancora oggi si può dire che Musiala, per fare un esempio, gli sia superiore in questi aspetti. Parlando della sua abilità senza palla Alfredo Giacobbe scriveva che “caso per caso, in ogni diversa situazione di gioco, Wirtz capisce che tipo di movimento effettuare e riesce ad eseguirlo con il tempo corretto”. Questa stessa abilità lo ha reso oggi anche uno dei giocatori più divertenti da vedere con la palla tra i piedi. La cosa più straordinaria di Wirtz è proprio il modo in cui il suo movimento e quello della palla siano un tutt’uno. Quando va in verticale non sono la sensibilità sulla palla o l’esplosività muscolare a fare la differenza, quanto la capacità di adattare i propri tocchi e il proprio ritmo in funzione dello spazio a disposizione e dei movimenti dei giocatori intorno a lui. Se ci si basa esclusivamente sulla sua creatività - sull’intensità del pensiero e la rapidità delle gambe che gli vanno dietro - Wirtz è al livello di Musiala, se non persino a un livello superiore. Contro lo Stoccarda terzo in classifica, un paio di settimane fa, il Leverkusen si giocava un pezzo della propria credibilità. È andato sotto nel punteggio nel primo tempo e, all’inizio del secondo, ha dato una scossa alla partita trovando subito il pareggio (è finita 1-1). Ed è stato Wirtz a marcare la differenza dopo appena venti secondi dalla ripresa del gioco, prendendo una palla a metà campo e portandola fino in fondo, muovendosi tra le spinte e le scivolate dei giocatori dello Stoccarda come un kayak tra le onde e le rocce di un fiume.

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