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Davide Iori
Nepal e nuvole
14 apr 2023
14 apr 2023
Reportage dallo strano torneo himalayano Prime Minister’s Three Nations Cup.
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Davide Iori
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Foto di Davide Iori
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Non per tutto il mondo la pausa per le Nazionali significa sollievo dalla frenesia di un calendario troppo congestionato. A Kathmandu, ad esempio, può significare assistere a del calcio patrocinato dalla FIFA, cosa che da queste parti non capita tutti i giorni. Dal 22 al 31 marzo nella capitale del Nepal è andato in scena la Prime Minister’s Three Nations Cup, un triangolare amichevole che oltre alla Nazionale di casa ha visto coinvolto anche il Laos, 187esimo nel draconiano Ranking FIFA, e il Bhutan, al posto numero 185. È un torneo che scompare all’interno della periferia del calcio globale, ma che richiama i molti nepalesi appassionati, felici di godersi la pausa. Sono lì per il mio lungo viaggio di nozze, prima di arrivare in Nepal sono passato già per Bangladesh e India. Scopro l'esistenza della Prime Minister's Three Nations Cup mentre sono un autobus, ovviamente fermo nel traffico, che mi ha permesso vedere uno striscione pubblicitario a Kathmandu. Allora ho chiesto al signore seduto vicino a me se potessi usare il suo telefono per una ricerca: il giorno seguente era in calendario Nepal-Bhutan, ultima partita prima della finale di questo torneo di cui avevo appena scoperto l'esistenza.

Nell'edizione precedente, la prima, furono invitati Bangladesh e Kirghizistan U-23 (i grandi sono troppo in alto). Era il marzo 2021 e la coppa fu vinta dal Nepal, che alzò il trofeo verso l’Everest. Quel torneo fu organizzato proprio dalla federazione nepalese in seguito allo spostamento di un match ufficiale contro l’Australia che sarebbe stato valido per le qualificazioni sia di Coppa del Mondo che di Coppa d’Asia. Il mondo stava vivendo la pandemia ed i Socceroos preferirono evitare una trasferta internazionale che mancava dal novembre 2019, dove peraltro vinsero 0-1 in casa della Giordania.

I nepalesi, tuttavia, avevano l’esigenza di mantenere allenata la Nazionale, in vista dell’impegno che li attendeva a giugno: la Coppa SAFF, manifestazione biennale che da trent’anni vede sfidarsi i sette paesi dell’area del Subcontinente indiano. India (detentrice di 8 trofei), Pakistan, Sri Lanka, Bangladesh, Maldive e Nepal, tutti agguerriti, e disposti a deporre le mazze da cricket per darsi battaglia su campi rettangolari, a dimostrazione di come l’interesse per il calcio sia supportato anche dalle istituzioni nella regione. Le cose in realtà si alimentano a vicenda, perché anche per strada la passione per il calcio è evidente. Nei bar vedi persone disposte a passare notti in bianco per seguirsi le partite dei principali campionati europei, in primo luogo Premier League e Liga.

La vittoria del Nepal nel 2021 fu propiziatoria dato che la squadra raggiunse poi la sua prima finale della Coppa SAFF, persa contro l’India. All’epoca il torneo si chiamava solo Three Nation Cup, l’aggiunta di “Prime Minister” è arrivata in seguito, utilizzando la carica politica come un Frecciarossa qualsiasi. Nel mentre è anche cambiato il Primo Ministro nepalese, dal 25 dicembre 2022 è infatti in carica per il suo terzo mandato Pushpa Kamal Dahal, il quale ha confermato la sua presenza per la finale ad onorare la coppa in suo onore.

Foto di Davide Iori

Quest'anno la partecipazione prevede dei premi in denaro per il vincitore (cinquemila dollari) e per il secondo classificato (tremila), oltreché per il miglior giocatore. Il criterio su come vengano invitati gli sfidanti rimane poco chiaro invece, non si capisce se sia guidato dallo sport o dalle relazioni internazionali. I tre Paesi, in ogni caso, sono vicini e relativamente amici: da dicembre il Nepal è tornato ad essere governato da un presidente comunista, e anche se il Buthan ha bandito il partito comunista nel 2003 rimane comunque uno Stato democratico (seppur nella cornice istituzionale di una monarchia costituzionale) così come lo è il Laos. In ogni caso la Three Nations Cup è la prima competizione organizzata dalla federazione nepalese ad essere riconosciuta dalla FIFA, dopo una lunga storia di bizzarri incroci internazionali orchestrati a partire dagli anni ’80.

Quando arrivo allo stadio Dasharath Rangasala per la sfida tra Nepal e Bhutan, il Laos ha già giocato contro le altre due sfidanti raccogliendo una vittoria (contro il Bhutan) e una sconfitta (contro il Nepal). Nepal e Laos sono quindi appaiate al primo posto, ma i padroni di casa devono stare attenti a non perdere contro il Bhutan, unico imbarazzante scenario in cui si vedrebbero scippata la finale in casa. È la quattordicesima sfida tra i due paesi himalayani, gli unici due accerchiati da Cina a Nord e da India a Sud. Le precedenti 13 le ha tutte vinte il Nepal. Nelle ultime quattro partite il Bhutan ha raccolto 4 sconfitte: contro Laos, Bangladesh e una delle ultime Nazionali per ranking FIFA, cioè l’isola nel Pacifico di Guam (205esima), di fatto un territorio degli Stati Uniti. Ci sono insomma i presupposti per una partita di dubbio interesse, ma questo non mi scoraggia.

Fuori dallo stadio incontro una delle poche persone che conosco a Kathmandu, Pratik, mentre compriamo le patatine in vista della partita. Diventeremo compagni di tribuna. Mi racconta di vedersi tutte le partite della Nazionale. Manca quasi un’ora e siamo tra i primi ad entrare. Una volta dentro ci siamo praticamente solo noi e i molti addetti al servizio d'ordine che ci attendono all’interno: non ci sono telecamere, solo occhi. L’elevata presenza di forze dell’ordine fa il paio con il dispiego di vigili e poliziotti a controllare gli incroci cittadini e a regolamentare il traffico stranamente ordinato della capitale. Ce ne sono molti anche fuori dal Dasharath Rangasala, impianto dedicato a Dashrath Chand, uno dei martiri del movimento democratico del Nepal. Lo stadio ha la pista di atletica che circonda il campo, un manto erboso in ottimo stato, complici i 1355 metri di altitudine di Kathmandu. È stato appena ammodernato, a seguito del devastante terremoto del 2015, con l'aggiunta delle coperture alle tribune e il dimezzamento della capienza, che negli anni ’80 era arrivata fino 30mila persone. Non è stata l'unica tragedia ad aver colpito la storia di questo stadio. Nel 1988 le tribune si macchiarono di sangue quando 93 persone persero la vita in seguito al parapiglia generato da una grandinata durante una partita tra un club bengalese ed uno nepalese. La partita era valida per la Tribhuvan Challenge Shield, ovvero “la coppa del Re”.

Per me, però, l’effetto è quello di entrare dentro uno "stadio generico" di FIFA2012: gli striscioni non esistono, come non esiste pubblicità a bordo campo a interrompere i tiri strozzati, liberi di terminare la loro corsa lungo la pista di atletica. Consentite le patatine ed esclusivamente bottigliette di acqua, vietate le sigarette, a ricordarci come lo sport possa essere salutare. L'unica nota di colore dell'impianto sportivo è uno stencil fuori dal muro di cinta che ricorda i 6500 operai morti per la costruzione degli stadi durante la Coppa del Mondo in Qatar. È fresco, si vede. Il ricordo per noi può sembrare già lontano, scacciato dall'entusiasmo che hanno lasciato i Mondiali, ma qui evidentemente ha lasciato un segno, visto che una fetta consistente di quelle vittime provenivano proprio dal Nepal. Nel piccolo Paese himalayano comunque la passione per il calcio sta crescendo, anche se non esiste ancora un tifo organizzato a supportare la Nazionale. Il pallone rotola spontaneamente tra la polvere di Kathmandu, così come nei verdi prati alle pendici dell’Himalaya: oltre ai bufali al pascolo, ci sono bambini che si lanciano in dribbling a testa bassa gli uni contro gli altri. Le tracce del calcio si percepiscono anche in città: gli adesivi del Real Madrid che si trovano sui taxi, autobus e camion rispondono alle molte maglie del Barcellona indossate da altri. Dai bar cittadini si segue il campionato locale, la Martyr's Memorial A-Division League, un nome che non lascia spazio a fraintendimenti, se non per il contratto di sponsorizzazione attivato nel 2019 con una compagnia aerea, quella del Qatar (crudelmente ironico, vista la quantità di morti locali dovuta all'organizzazione dei Mondiali lì).

Foto di Davide Iori

Nei negozi di sport si vendono le "solite" maglie, più una. Anche essa solita, ma al tempo stesso diversa, nuova: Ronaldo, il numero lo sappiamo, ma questa volta è gialla e blu. Il sette dell'Al Nasar risalta in mezzo alle giacche della gente ed alle tuniche granata dei monaci buddisti, così come tra il tortuoso mercato del centro cittadino. Fa strano vederlo indossato da una delle poche signore allo stadio Dasarath durante la partita tra Nepal e Bhutan. Cristiano in Nepal non ci è mai stato, ma nel 2015 fece degli appelli per compiere delle donazioni in seguito al terremoto che portò via quasi novemila vite: per questo i nepalesi lo portano nel cuore. Al tempo si disse anche che CR7 avesse donato lui stesso ben 8 milioni di dollari, ma poi Save the Children smentì pur ringraziando il fuoriclasse portoghese per aver portato interesse sulla questione.

Sulle tribune la gente non veste con i colori della squadra, in pochi ne indossa le maglie. C’è qualche bandiera, ma per com’è fatta quella del Nepal non è proprio la più facile da sventolare. Allo stadio aleggia fiducia, i ragazzi che mi vendono i biglietti si lanciano in un pronostico favorevole: 2 a 0, dicono sorridendo. Al Nepal basta pareggiare per passare alla finale della Prime Minister Three Nation Cup, un altro trofeo da mettere bacheca, difendendo il titolo da campioni in carica. L'inizio della partita è alle 18.00 ore locali, le 14.15 in Italia. Kathmandu vive su un fuso orario tutto suo: di +3.45 ore rispetto Roma, +0.15 minuti rispetto l'India, -2.15 ore su Pechino. Al calare del sole gli inni risuonano, non vi sono particolari vincoli di diritti televisivi da osservare per una partita di cui in Europa sanno l'esistenza solo i clienti più annoiati ed incalliti delle sale scommesse. Si dice il Nepal abbia scelto il proprio fuso orario, proprio per poter emergere e distinguersi dai Paesi vicini, prima su tutti l'India. Alcuni dicono che quel quarto d'ora di vantaggio sia in realtà il quarto d'ora di popolarità che prima o poi spetta a tutti. Ufficiosamente dovrebbe rappresentare il sorgere del sole sul tetto della terra, l'Everest. Si celebra il fatto che la luce dell'alba illumini le vette con quel poco di anticipo rispetto al resto del mondo.

L'affiliazione tra squadra e pubblico è spontanea, sincera, si crea una ola naturale ogni volta che la palla supera la trequarti avversaria, la folla si alza, alcuni impazziscono. Le vuvuzela iniziano a duettare, tra gli applausi del pubblico quando le squadre scendono in campo. In tribuna affluisce altra gente, va di fretta, sa di essere in ritardo e cerca freneticamente posto. Lo stadio raggiunge poco meno di metà della sua capienza: 6640 i presenti annunciati fieramente dagli altoparlanti in inglese, buona parte di questi arrivati durante il primo quarto d'ora di gioco. Non troppo in ritardo, comunque in tempo per vedere il Bhutan passare in vantaggio sugli sviluppi di un angolo. Dilaga lo stupore, anche tra gli stessi giocatori del Bhutan. Non vi sono connazionali al seguito verso cui correre. La gioia rimane intima, interna alla squadra. A quel punto la partita si mette nella posizione migliore per il Bhutan, che può aspettare e ripartire. Dall’altra parte, il Nepal è una squadra giovane, la fiducia dei tifosi è riposta ciecamente nel portiere Kiran Chemjong, più anziano in campo e con esperienza internazionale a livello di club nel campionato indiano. Dal 2008 ha giocato oltre 70 partite con la maglia della Nazionale, diventandone capitano. Anche il numero 14 è acclamato dal pubblico e cercato in campo da lanci effettuati direttamente dalla propria area di rigore. Si chiama Anjan Bista, ha appena lasciato la squadra dei Church Boys nel campionato nepalese per cercare anche lui fortuna in India. Vanta 52 presenze e ben 11 gol con la Nazionale, non male per un centrocampista offensivo.

Sugli spaltialeggia l’ottimismo, anche verso il nuovo allenatore, esordiente del torneo e sulla panchina dei padroni di casa: è Vincenzo Alberto Annese. Classe 1984 di Barletta, allenatore dal 2014. Annese, ad oggi, ha allenato club in luoghi che vorrei poter unire con una matita su un mappamondo: Lettonia, Estonia, Armenia, Ghana, Palestina, Indonesia, Kosovo, Belize (prima esperienza con una Nazionale, la 176esima al mondo, proprio dietro al Nepal) e infine India, dove ha vinto due campionati con il Gokulam Kerala Football, prima di gettarsi nell’avventura nepalese. Il suo Nepal sembra però senza idee, il pubblico continua a infervorirsi a singhiozzo. La squadra ci prova, nemmeno troppo convintamente, da calcio d'angolo e così sfuma il primo tempo dopo una serie di rimpalli di testa che fanno di tutto per non entrare.

Durante l'intervallo, si verifica quello strano fenomeno per cui i tifosi stanno in piedi e si stiracchiano per poi tornare a sedersi a partita ricominciata. Per il pubblico di casa sembra impossibile stare fermo sul posto com’era successo durante il primo tempo. In questo via-vai posso solo intravedere uno spezzone di gioco, che alla prima azione della ripresa porta proprio Bista ad infortunarsi dopo uno scontro con il portiere bhutanese. Non ci sono grandi proteste e i quarti d'ora viaggiano come se nulla fosse, o accadesse. Peccato perché i giocatori nepalesi sembravano aver recepito le direttive del mister, forse deluso dal primo tempo dei suoi o sorpreso per la prestazione arrembante del Bhutan. Chissà con che arma può aver motivato i giocatori a fine primo tempo magari gli avrà raccontato di quel piccolo borgo incastonato in Emilia Romagna, San Marino, costretto a inseguire una speranza all'ultimo posto del ranking FIFA. Arriviamo al 75esimo, generalmente il momento in cui una partita entra nel vivo. Solo adesso i tifosi iniziano ad intonare il primo coro della partita - un poco originale "Nepal Nepal" - sembrano essersi adeguati alla goffa costruzione dal basso della propria squadra. Osservano in silenzio la partita come guarderebbero i cantieri che mettono in sicurezza strade e valichi di montagna. All'ennesimo giro-palla difensivo dalla tribuna si levano alcuni fischi. Aleggia l'insoddisfazione misto allo spettro di perdere contro il Bhutan, uno Stato che conta metà degli abitanti della sola Katmandu. Ormai si gioca a perdere tempo, i bhutanesi cercano di gestire il risultato, allontanano i palloni con la paura e la consapevolezza di chi sta per compiere un'impresa. Dalla panchina lo sanno, e per questo si agitano, in campo gli animi amichevoli lasciano spazio a qualche cartellino giallo e fallo di frustrazione, le occasioni da gol continuano ad essere una rarità ed il maxischermo che sovrasta la curva vuota segna pigramente il punteggio al novantesimo: 0-1. I primi tifosi iniziano a lasciare lo stadio.

Non è finita però. Siamo negli ultimi minuti. Il pubblico invoca il gol con urla e schiamazzi. Quando il Nepal supera la metà campo, o forse sarebbe più corretto dire quando il pallone la supera, i nepalesi sugli spalti scattano in piedi per l'ultima volta. È un corner. Il portiere per disperazione decide di accompagnare la squadra, portando con sé tutto lo sconforto e la disperazione che hanno i numeri uno quando entrano in un’area non loro. Il suo intervento è forse casuale, ma comunque decisivo per scompaginare le marcature avversarie. Il suo compagno con la 10 (il subentrato Dipak Raj) ne approfitta e insacca di testa dopo l'uscita a vuoto del portiere ospite, finora impeccabile. È gol. Esultano e tirano un sospiro di sollievo i nepalesi, si sbraccia Mister Annese dalla panchina, mima di prendere la palla, andare a vincerla nonostante il Nepal non ne abbia bisogno per passare in finale. Il tempo c'è, anche se manca davvero poco. Il Bhutan porta avvilito il pallone a centrocampo e batte la ripresa del gioco, confuso perde palla e il Nepal riparte spinto dal suo pubblico. In tre passaggi sono in area, segnano. Esplode nuovamente lo stadio, si alza la bandierina del fuorigioco, termina la partita. Il tutto nel giro di pochi è confusi attimi.

Foto di Davide Iori

Sul manto erboso cadono i protagonisti del match, rimane in piedi solo la terna arbitrale, proveniente dalle Maldive. I giocatori arancioni sembrano non potersi rialzare, giacciono attoniti dopo aver respirato l'aria dell'impresa, dopo esser stati ad un calcio d'angolo di distanza dalla loro consacrazione. Il deflusso dallo stadio è scorrevole come era stato l'afflusso per l'inizio della partita. Dopo la partita Annese si dice felice, pronto per la finale, nonostante i malumori tra alcuni tifosi, preoccupati per la prestazione e consapevoli di aver evitato una figuraccia.

Dopo la partita il mio viaggio prosegue e sono costretto a lasciare il Paese prima della finale della Prime Minister Three Nations Cup, che va in scena venerdì 31 marzo, proprio quando nel resto del mondo la “pausa nazionali” stava per terminare e lasciare il posto agli scalpitanti club. Vedo gli highlights dettagliati di 17 minuti su YouTube direttamente sul mio cellulare, che furbescamente me l'ha proposti direttamente nelle notifiche insieme a quelli di Inter-Fiorentina e ad una partita dell'AEK Larnaca.

Nepal e Laos sono state accolte sul campo dal Primo Ministro, come il cerimoniale evidentemente deve prevedere, ed il Nepal è nuovamente passato in svantaggio dopo 17 minuti di gioco grazie al tocco del laotiano Phoutthavong Sangvilay. Ci ha pensato il 2004 Ayush Ghalan a ristabilire la parità poco dopo, per la gioia degli oltre novemila presenti. La soddisfazione più grande è arrivata solo allo scadere, quando Manish Dangi (considerato da alcuni il “Messi del Nepal") ha ribadito in rete un assist del solito Bista, mettendo fine ad un secondo tempo che li ha visti dominare. È toccato nuovamente a Chemjong, il portiere capitano, alzare la coppa e festeggiare assieme ai suoi compagni, Annese e primo ministro nepalese, che applaudiva divertito, forse anche un po' spaesato.

A giugno si gioca la Coppa SAFF in India, il Nepal non l’ha mai vinta e ovviamente nemmeno Vincenzo Annese. La prossima pausa per le Nazionali, quindi, potrebbe diventare il suo personale quarto d'ora di celebrità. Nel caso del Nepal 15 minuti di orologio, o meglio: di fuso orario.

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