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Nella botte piccola...
23 set 2016
23 set 2016
Simone Verdi sta dimostrando di essere qualcosa di più del giocatore che pensavamo.
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Mercoledì, al 44esimo minuto di Bologna-Sampdoria, Ladislav Krejci conduce una transizione verso sinistra e sulla trequarti fa un cambio gioco di 30 metri che taglia il campo in orizzontale, trovando il destro infiammato di Simone Verdi che, al 21 settembre, rischia già di aver chiuso il contest per il gol più bello del campionato.

 



 

«Mi ha dato una palla troppo bella… Dovevo solo pensare a colpirla bene» ha detto Verdi a fine primo tempo, come se fosse stato il passaggio di Krejci a costringerlo a rilanciare le sue ambizioni, a non rovinare una cosa bella per farne una ancora più bella.

 

 



 

Sono diversi i dettagli che ricamano questo gol:

 


 


 


 


 


 

È il terzo gol di Verdi in cinque partite, appena uno in meno di quanti ne abbia segnati complessivamente in Serie A nelle precedenti due stagioni. È una notizia: tanto per le caratteristiche di Verdi, che prima di ieri sarebbe stato difficile definire “un gran tiratore”, quanto per il ruolo che dovrebbe ricoprire nella squadra di Donadoni. Nel 4-3-3 con cui il Bologna sta cercando di sbilanciarsi offensivamente (migliorando la situazione di quello che lo scorso anno è stato il peggiore attacco del campionato) la catena di destra, almeno sulla carta, doveva essere quella dove si creava il gioco, e la catena di sinistra quella dove il gioco veniva finalizzato.

 

Questo veniva da pensare guardando le caratteristiche dei giocatori. Krejci parte largo ma ha l’attitudine a tagliare continuamente l’area di una seconda punta mascherata (in carriera è andato anche in doppia cifra), mentre Verdi ha la tendenza ad accentrarsi, accorciare in zona palla, suggerire l’ultimo passaggio. Ma in questo inizio di stagione i ruoli si sono ribaltati, e se Verdi ha già segnato 3 gol, Krejci ha già confezionato 3 assist, due solo nella partita di ieri (mentre sotto porta si sta dimostrando

).

 

 



 

Il fatto è che i contorni del talento di Simone Verdi non sono ancora del tutto chiari. Del resto, a 24 anni, ha alle spalle una carriera abbastanza strana. È cresciuto nelle giovanili del Milan, che ne ha ceduto la metà al Torino nel 2011. Ha giocato diverse stagioni in prestito, soprattutto all’Empoli, dove ha assaggiato la Serie A. Con la cessione di Saponara al Milan Sarri lo aveva scelto come trequartista dietro le punte, dove ha giocato per tutto il girone d’andata della stagione 2014-15. Poi, con il ritorno di Saponara a gennaio, è finito in panchina. L’anno successivo è andato in prestito all’Eibar. Per farsi un’idea della sua esperienza bastano due risposte contenute in

: «La prima cosa che ho pensato di (Cristiano

) Ronaldo è stata “ma quanto ca*** è grosso??” perché è davvero alto alto, di un altro pianeta»; «Con Pepe ci avevo parlato un po’ durante la partita, qualche battuta, abbiamo scherzato. E alla fine si è rivelato simpatico ma soprattutto gentilissimo perché ha detto “no” a tanti miei compagni per dare la maglia proprio a me». A gennaio scorso lo ha preso il Carpi nella situazione di classifica disperata che ricordiamo: Verdi è arrivato fuori forma, poi gioca 8 partite e segna 3 gol che convincono il Bologna a pagare 1 milione e mezzo per il suo cartellino, ancora del Milan.

 

A farsi un’idea di Verdi non aiuta il fatto che le sue caratteristiche siano così contraddittorie da renderlo un giocatore quasi unico. Il suo metro e 73 e il suo controllo palla notevole potrebbero farlo sembrare un dribblomane con uno stile di gioco verticale e diretto, ma Verdi è tutt’altro giocatore. Per esempio, non è molto esplosivo e fatica a cambiare passo sul diretto marcatore: quest’anno ha completato il 50% dei suoi dribbling ma all’Empoli la percentuale era ancora inferiore. Verdi sembra subire solo i risvolti negativi delle sue leve corte: la fatica nel condurre per molti metri la transizione, una certa debolezza negli scontri fisici; perché tutte le sue caratteristiche migliori si conserverebbero forse intatte anche con 7-8 centimetri in più. Verdi è tra i pochi giocatori la cui dimensione atletica stona rispetto quella tecnica sotto alcuni punti di vista, e per questo motivo mette in crisi le categorie interpretative dentro cui siamo abituati a far rientrare i

di giocatori.

 

 



 

Ha un ottimo controllo palla - soprattutto un

- e pensa ed esegue calcio con entrambi i piedi. Verdi è forse al momento l’ambidestro più perfetto del calcio mondiale: guardandolo giocare è davvero difficile distinguere il piede forte dal piede debole. Non solo perché tira le punizioni e i calci d’angolo sia col destro che col sinistro, ma perché il sinistro (il suo piede

) non è un ripiego contestuale rispetto a un piede dominante. Verdi porta palla con entrambi i piedi, dribbla con entrambi i piedi, tira con entrambi i piedi, lancia con entrambi i piedi.

di Angelo Antenucci, ex vice di Mihajlovic al Bologna, è spiegato bene: «Verdi è sempre equilibrato sulle due gambe, ha ottimi appoggi, noi addetti ai lavori diciamo che appoggia sempre sulla bisettrice della palla, blocca perfettamente anca, ginocchia e caviglia, inclina il busto in avanti. Insomma, meccanicamente è perfetto».

 

Facciamo qualche esempio. In

sceglie il sinistro come piede per proteggere palla e liberarsi dalla pressione; in

si libera della pressione di Jorginho portando palla col destro ma poi riorienta immediatamente la corsa verso sinistra, attratto dal centro del campo come una pianta che cerca la luce.

fa un primo controllo e conduce la transizione di sinistro, prima di allargare verso la fascia col destro. A volte la razionalità con cui Verdi sposta il baricentro della propria azione da destra a sinistra, e viceversa, sembra quasi eccessivo.

 

Nelle conclusioni preferisce il destro, come è chiaro dalle due reti che ha segnato questa settimana, ma in carriera ha segnato circa il 40% delle volte (7 gol) col sinistro, con cui ha un’ottima meccanica.

è un gol tirato con un sinistro secco sul secondo palo, ed ecco un esempio di una conclusione complessa, nell’ambizione e nell’esecuzione, che Verdi prova col sinistro.

 

L’essere umano divide la realtà circostante in due emisferi, destro e sinistro, e rispetto a questa divisione organizza il proprio movimento nello spazio. L’operazione con cui lo spazio viene diviso consiste nella scelta di un emisfero dominante rispetto all’altro si chiama “lateralizzazione”. I destri di mano (e piede) hanno di solito il sinistro come emisfero cerebrale dominante; mentre per i mancini è il contrario. Simone Verdi sembra possedere una bilateralità perfetta: una capacità innata di organizzare lo spazio circostante senza un emisfero dominante. La conseguenza più semplice e diretta è che le sue opzioni di gioco, e quindi le variabili che i suoi marcatori devono considerare, sono raddoppiate.

 

L’azione sotto mi sembra paradigmatica. Verdi taglia sulla fascia, ha la palla sul piede teoricamente forte con margine per crossare, la scelta di rientrare sul sinistro per passarla in un secondo momento permette ai compagni di smarcarsi ed è quindi una lettura, non una scelta tecnica per compensare un difetto.


 

Anche quando punta la porta il difensore non sa mai quale piede deve difendere e le finte di corpo che usa Verdi non sono mai un bluff ma una minaccia di ambiguità costante. Come in

quando manda un’intera difesa al manicomio.

 



 

Verdi sembra un giocatore con delle capacità cerebrali estremamente sviluppate e la sua ambidestrìa, unita alla sua visione di gioco, e una sensibilità quasi equivalente su entrambi i piedi, lo rendono un profilo decisamente imprevedibile. Quando la sintassi di gioco sembra stagnare su un punto morto e Verdi si trova a controllare una palla banale, magari in un contesto di pressione e difesa schierata, ha un istinto fuori dal comune nel placcare d’oro la palla più insignificante.


 

Per un giocatore con il baricentro così basso non è banale possedere un gioco lungo di questa qualità, e quando Verdi ha il pallone anche i compagni più distanti hanno la fiducia per fare dei tagli ambiziosi oltre la difesa. Nella gif qui sotto lo vediamo subire la pressione avversaria in una posizione di campo in cui sembra inoffensivo. Poi però improvvisamente si gira e ribalta il gioco di 50 metri cogliendo di sorpresa anche la regia.

 

Per esaltare queste qualità gli allenatori di Verdi hanno provato a schierarlo al centro del campo - per la semplice idea che dal centro le zone di campo aperte, e raggiungibili dalla visione verticale e ambidestra di Verdi, si raddoppiano. Ma anche perché col baricentro basso e due piedi equivalenti è molto facile giocare in zone congestionate del campo. Con Sarri all’Empoli ha giocato da trequartista centrale del 4-3-1-2, ma non aveva la capacità di Saponara di correre dentro lo spazio svuotato dagli attaccanti. Inoltre, in quel modulo era chiamato a compiti difensivi in cui non riusciva ad applicarsi: Verdi rimane un giocatore prettamente offensivo, un giocatore che vuole la palla sui piedi e che nello spazio si muove solo attraverso direttrici elementari.

 

Al Bologna Donadoni lo ha schierato anche da falso nove, contro il Napoli, dove Verdi ha mostrato tutti i limiti fisici che possiamo immaginare. Nel resto delle partite ha giocato esterno destro del 4-3-3 e, nonostante i numeri che citavamo possano far pensare il contrario, la sua fascia è quella della costruzione del gioco mentre quella sinistra quella della definizione. Quando Verdi si abbassa per venire verso il centro, Krejci taglia dentro l’area per raccogliere l’eventuale verticalizzazione, e anche per liberare la corsia per quel treno chiamato Adam Masina. Verdi tocca circa 27 palloni ogni 90 minuti, 10 in più circa rispetto a Krejci sull’altra fascia, ed è il vero regista offensivo del Bologna.

 

Se i limiti di Verdi sembrano piuttosto chiari, i suoi margini di miglioramento sembrano ancora tanti. I prossimi mesi saranno decisivi per trasformare la sua unicità in qualcosa di davvero speciale: non solo essere uno dei giocatori più divertenti della Serie A ma anche uno dei più determinanti. Di certo, dopo 3 gol nelle prime 5 partite, tutti gli occhi sono su di lui, e ora viene la parte difficile.

 

 

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