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Alla scoperta di Yang Hansen, la nuova attrazione della NBA
21 lug 2025
Chi è e come gioca il giocatore di culto della Summer League.
(articolo)
8 min
(copertina)
IMAGO / Xinhua
(copertina) IMAGO / Xinhua
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Nella notte del Draft NBA la vera sorpresa è stata Yang Hansen. Centro cinese di vent’anni e 216 centimetri dei Qingdao Eagles, era dato da tutti i mock draft come possibile scelta da metà secondo giro in poi, e invece è stato chiamato dai Portland Trail Blazers alla 16, appena fuori dalla lottery. Sam Vecenie di The Athletic l’ha definita “una delle più sorprendenti dell'ultimo decennio”.

Lo stesso Yang, che non era in green room, lo spazio davanti al palco riservato ai prospetti più quotati, è stato preso alla sprovvista: «Ero lì seduto a finire il mio pollo fritto. Non avevo nemmeno indossato il completo. All’improvviso hanno detto: "Hansen, Hansen, mettiti il completo!», ha raccontato attraverso il suo interprete, visto che il suo inglese è veramente stentato.

Da quel momento, un po’ per le sue origini, un po’ per il suo aspetto, un po’ per lo smoking bianco indossato per andare a stringere la mano a Adam Silver, Yang è diventato l’oggetto misterioso ed esotico più interessante della NBA. Chi è Yang? Come gioca? Perché è finito tra i migliori prospetti di basket al mondo?

I video delle sue partite in Cina, che hanno iniziato a girare, arrivando anche al pubblico degli appassionati comuni, sono lunari. Yang si muove in queste arene giganti con poco pubblico, mostra un gioco da centro vecchio stile, muove il perno con grazia, spinge gli avversari in post, trova linee di passaggio immaginifiche.

Il primo paragone è arrivato subito, ancor prima di vederlo giocare un minuto in NBA: siamo davanti allo Jokic cinese. È una categorizzazione troppo intrigante per non assecondarla. La storia dello sport è piena di paragoni, e più il profilo è unico e più viene normale provare a trovarne dei cloni, con Jokic poi è perfetto. È però anche un paragone scomodo, scomodissimo, da cui Yang ha già provato in parte a smarcarsi, sostenendo come Jokic sia il suo idolo, e che la prima volta che lo incontrerà in campo gli chiederà l'autografo.

Anche Portland è andata all-in sul paragone col serbo.

C'è però una similitudine: anche Jokic arrivava al Draft da sconosciuto, con pregi e difetti simili, che non avevano convinto gli scout. Il serbo poi era stato chiamato con la scelta numero 41 del suo Draft, finendo per diventare la miglior scelta al secondo giro nella storia della NBA. Forse proprio per questo Portland ha provato la mossa, anticipando tutti gli altri, scommettendo di trovarsi davvero davanti al nuovo Jokic, o comunque a un giocatore molto forte.

Sui siti specializzati si legge come Yang avesse impressionato alla Combine, quella fase di test e allenamenti che i prospetti del Draft fanno davanti agli scout delle squadre NBA e non solo, per i suoi passaggi “flashy”. Probabilmente per i Trail Blazers ha influito anche la presenza di Mike Schmitz, assistente del GM, che è uno di quelli che più ha seguito Yang negli anni in Cina.

In un’epoca ormai sommersa dai contenuti, Yang si è fatto strada anche grazie alle sue risposte ingenue e al suo inglese stentato. Il video in cui gli chiedono cosa gli piace fare e lui risponde «sometimes I sleep…», si apre in una risata contagiosa e poi continua «all time sleep… and I like play PS5 and I like eat» ha fatto il giro di tutto internet.

Per Portland è stato un bel colpo prendere un giovane prospetto con la capacità di attirare attenzioni mediatiche anche fuori dal normale giro del basket, soprattutto nel gigantesco mercato cinese. Tencent, colosso dei media cinesi, ha subito mandato una troupe a seguirlo per realizzare un documentario in 10 episodi e durante la Summer League c’erano una dozzina di giornalisti cinesi a seguire le sue partite. In Cina 5 milioni di persone hanno guardato il suo debutto contro i Grizzlies, il quintuplo di quanti americani hanno guardato il ben più atteso debutto di Cooper Flagg.

Poi, però, c’è anche il campo. Fare previsioni oggi sul futuro di Yang è impossibile, per questo il Draft è una scienza così inesatta. Ci vorranno anni per capire se la scommessa di Portland pagherà, o se è stato un azzardo sceglierlo così in alto. Intanto il cinese ha giocato le sue prime partite negli Stati Uniti, in Summer League, e ha iniziato a far vedere cose interessanti anche lì.

Certo, non stiamo parlando della Bibbia, e la storia di questo torneo è piena di giocatori che a Las Vegas sembravano fenomeni e poi si sono persi per strada. Yang, però, con quello skillset ha dimostrato di essere indubbiamente un giocatore su cui provare a investire tempo e risorse, soprattutto per quello che può portare in un moderno attacco NBA. Anche in un contesto caotico come quello della Summer League, dove dovrebbe essere difficile mostrare un certo tipo di gioco, con compagni che hai conosciuto pochi giorni prima e che spesso giocano per guadagnarsi un contratto, Yang ha fatto vedere che sa davvero passare il pallone.

Dopo appena dieci secondi del suo esordio si è presentato con questo bell’assist schiacciato dalla punta per il taglio di Sidy Cissoko; poco dopo ne è arrivato un altro, con un passaggio a una mano dal palleggio in mezzo a tre avversari che ha raggiunto perfettamente il movimento di DJ Carton per due facili punti. Sono due giocate che non è così facile vedere, anche in NBA. Non è solo la visione di Yang a intrigare, quanto la precisione e il tempismo dei suoi passaggi.

Il centro cinese sembra avere quella qualità innata per far arrivare il pallone non solo alla persona giusta, ma al momento giusto e nel punto giusto, così da non far perdere l’inerzia del ricevitore e facilitargli la vita. Nel basket di oggi, in cui ai centri viene chiesto di saper fare sempre più cose in attacco, riuscire a portare questo talento in NBA, con quel corpo, avrebbe un valore enorme, come ha dimostrato in maniera lampante Jokic, intorno a cui Denver ha costruito uno dei migliori sistemi offensivi nella storia di questo gioco.

A guardarlo giocare con la palla in mano, Yang sembra avere quello che negli Stati Uniti chiamano feel for the game, come una naturalezza nel capire e adattarsi al gioco. Per quel che vale un campione quasi irrisorio, non era scontato vederlo così a suo agio così rapidamente. Yang non parla inglese, ma in campo sembra stare con gioia: sorride, è solare, guida i compagni con le mani. In campo è sembrato già un leader, a suo modo, uno che il gioco lo capisce e vuole dirigerlo. Anche il pubblico lo ha subito scelto come il suo favorito del torneo.

Schmitz ha raccontato come Portland è rimasta stupita di come in attacco «davvero migliora i compagni: ha coraggio, prende rischi, crea gioco». E in questa Summer League si è visto. Yang ha mostrato grande fiducia nei propri mezzi e non si è fatto problemi a provare cose, portare palla in transizione, agire da portatore di palla nei pick and roll, cercare i lob, tirare da tre.

In Cina i suoi tentativi da dietro l’arco si fermavano ad appena 0.8 a partita con una percentuale appena sotto al 30% di canestri, ma in Summer League è andato oltre i 5 a partita, evidentemente una richiesta del coaching staff di Portland, con cui sembra abbia iniziato proprio da qui.

La mano di Yang è educata e la meccanica di tiro fluida, per quanto il tutto vada un po’ lento e sembra ci siano delle cose da correggere. In lunetta, di solito l’indicatore per capire se un giocatore può arrivare a tirare da tre punti, aveva una percentuale di 67.1%, un po’ bassa, ma lo spazio per migliorare sembra esserci. Dalla sua capacità di costruirsi un tiro da tre credibile, così come un jumper, passa molto del suo futuro ad alto livello, visto il prototipo di centro che può diventare (e cioè non un rim runner, che all'incirca si potrebbe tradurre come un centro che gioca al ferro).

Anche in difesa ha fatto vedere un buon istinto, soprattutto alcune stoppate in aiuto che lasciano intendere possa diventare un discreto difensore al ferro. Tutto però è ancora in alto mare, a partire dallo sviluppo fisico. Ancora prima del Draft, molti scout avevano dubbi sui limiti di mobilità di Yang e sul suo atletismo, che ovviamente lo svantaggia soprattutto quando si tratta di difendere. Yang non si è fatto intimorire dagli avversari in Summer League, ma qui davvero andrà visto come sarà in grado di reggere in mezzo ad altri corpi NBA, che è veramente la prova del nove per restare nella Lega.

Schmitz ha raccontato come lo staff medico e atletico di Portland «è rimasto molto colpito dai suoi schemi motori, dalla capacità di cambiare ritmo e direzione. Per uno della sua taglia, è qualcosa di raro». Ha sottolineato anche come nell’ultimo anno, tra i 19 e i 20 anni, non dobbiamo dimenticare che Yang è giovanissimo, ha lavorato molto sul suo corpo, sull’agilità e sulla forza. Cosa che continuerà a fare a Portland, dove avrà a disposizione le migliori strutture e i migliori professionisti per farlo nella maniera giusta.

La scelta di Portland rimane comunque coraggiosamente sorprendente, il che è già qualcosa per una franchigia da anni bloccata in una sorta di mediocrità. Lo è anche se a roster c’è un altro centro giovane, scelto appena un anno fa, su cui devono puntare quest'anno. Donovan Clingan avrà il posto da titolare, e magari nel corso della stagione si vedrà se è possibile una convivenza in campo, visto che i due hanno caratteristiche molto diverse (comunque difficile). Pochi giorni dopo il Draft hanno dato il buyout a Deandre Ayton, e forse il motivo è da ritrovare anche nella volontà di dare più spazio a Yang. Nel roster c’è anche Robert Williams III, la cui storia clinica, purtroppo, non lascia ben sperare sulla sua tenuta fisica. Insomma, lo spazio per Yang non è scontato, ma non è nemmeno così chiuso e potrebbe avere minuti fin dall'inizio.

Portland, che tra l’altro è in vendita, sembra in un momento decisivo per il suo futuro. Oltre a Yang c’è un core di giovani interessanti da provare a sviluppare, a cui l’anno prossimo si aggiungerà Lillard, oltre alla presenza di Jrue Holiday, il cui ruolo ancora non è chiaro, se veterano o possibile pedina da scambiare.

Per una franchigia NBA la strada verso la creazione di un roster competitivo è lastricata di pericoli, e vedremo come sapranno percorrerla a Portland, e se Yang ne farà parte. Forse, dovrebbero prendere come motto quello del cinese: «C’è un detto nel mio cuore», ha spiegato Yang in una delle mille interviste che gli hanno fatto, «Non preoccuparti per niente che sia a più di otto ore di distanza. E anche se è entro le otto ore, non preoccuparti troppo. Sii positivo ovunque tu vada. Sii felice e divertiti con tutti».

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