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Harry How/Getty Images
NBA Valerio Coletta 7 novembre 2018 5'

Storia della pazzia di Rajon Rondo

Da quando i suoi tic e le sue manie hanno cominciato a darci sui nervi?

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C’è stato un momento impercettibile nella carriera del nuovo playmaker dei Los Angeles Lakers in cui si è passati dal dire “Rondo è forte” a dire “Rondo è pazzo”.

 

Non mi riferisco per forza ai fatti più gravi, come alcuni insulti irripetibili o lo sputo a Chris Paul che ha fatto da miccia ai recenti fatti con gli Houston Rockets, ma proprio a una serie di tic strani, manie irritanti, piccole tecniche di guerriglia psicologica e totali black-out dell’autocontrollo che sempre di più ce lo fanno guardare come se fosse un giocatore alieno, che vive in un suo mondo particolare.

 

Oggi quando lo vedo in campo mi aspetto qualsiasi cosa, dal passaggio geniale alla più stupida e non-sense delle reazioni.

 

Ho composto per voi un puzzle dei momenti più selvaggi e creativi del playmaker che per almeno un paio di stagioni della sua carriera sembrava poter diventare uno dei più forti della lega. Chissà che LeBron James in qualche mese non riesca rimetterlo in riga.

 

Non essere cattivo

Le scintille tra Rondo e i Rockets non sono cosa nuova. Dover marcare Harden è un lavoro fastidioso per tutti e saper trattenere la propria frustrazione per i fischi avversi fa parte del pacchetto. Questa freddezza di fronte a un attaccante che ti martella in continuazione non è proprio una delle skills del playmaker e in questo segmento ne abbiamo un esempio. Dopo essere stato puntato in continuazione in isolamento (come tutti quelli che incontrano il Barba, del resto), le briglie del suo autocontrollo cominciano ad allentarsi. Allora ecco che esce fuori il Rondo pazzo e attaccabrighe: arriva in ritardo sulla marcatura commettendo un fallo scomposto, si avvicina come un bambino prepotente, prova a scalciare la palla e poi fa un po’ il bullo fino a smanacciare via l’avversario beccandosi il tecnico. Improvvisamente il Toyota Center è diventato la New York di West Side Story e Rondo un adolescente impomatato con giacca di pelle che scende in strada per fare casino.

 

Rondo di ordinaria follia

Non so se lo sapete cosa succede ogni volta che inizia una partita NBA mentre Rondo è in campo. Quando il centro vince la contesa il play riceve palla e si esibisce sempre in un piccolo spettacolo personale, ogni volta diverso (c’è un video che ne colleziona molti se vi interessa). Probabilmente potremmo inserire questo rituale in una via di mezzo tra “consuetudine scaramantica” e “comincio da subito a far irritare tutti”. Per voi ho scelto il mio tema preferito della cerimonia: il colpo di testa scemo.

Questi atteggiamenti sono innocui e divertentissimi, e a onor del vero in questo momento della sua carriera Rondo era fortissimo, ma un allenatore potrebbe dirti che abusare di queste leggerezze ti fa perdere il senso più concreto e immediato della partita, soprattutto se la continuità mentale non è il tuo forte. Quindi invece di pensare, per esempio, al cronometro degli 8 secondi, sei abituato a pensare ad altro. Ma questo non potrebbe mai succedere, no? No? Ci vediamo nel prossimo paragrafo.

Fuori in 9 secondi

Tiro libero lungo, rimbalzo di Tyson Chandler, passaggio schiacciato a Rondo che palleggia camminando verso la metà campo avversaria. Questi sono più di 8 secondi. Sembra un dettaglio, ma come sapete il basket è una catena di dettagli microscopici. Dopo il fallo Rondo pensa a quello che è successo e si perde la marcatura su Jason Terry che mette una tripla. Capite ora che a questo livello qualsiasi cosa tu faccia in campo potrebbe ritorcersi catastroficamente contro di te e i tuoi compagni.

 

Rondophenia

L’innata e irresistibile voglia di combattere le autorità che ha Rondo fuoriesce sempre nei momenti sbagliati (dove per momenti giusti intendo: fare ricorso per una multa non corretta, combattere una dittatura, continuare a slacciarti i primi bottoni della camicia nonostante tua nonna ti dica il contrario). Dopo che l’arbitro prende una decisione contro i Celtics il playmaker impazzisce, nel senso che decide scientemente di farsi buttare fuori. La prima reazione è isterica e la seconda addirittura minacciosa andando a spingere con il petto l’arbitro che in effetti anagraficamente potrebbe essere suo padre o un suo professore. Praticamente Rondo vive in un continuo stato di ribellione giovanile: un po’ irrazionale, un po’ spettacolare. Me lo immagino con la sua Vespa piena di specchietti che sgomma in giro per i palazzetti della lega, con gli Who a palla e il parka verde dei Celtics che svolazza al vento.

 

Indovina chi c’è ai tiri liberi

Vi ho già detto che Rajon Rondo è irritante? Credo di sì, e mano a mano che tutte le sue piccole follie si sommano potete scorgere il quadro più ampio di un giocatore un po’ schizzato che vive la partita come spettacolo provocatorio contro lo status quo, o forse contro gli dei e l’universo. Questo suo modo di stare in campo è selvaggio, proprio nel senso che non segue delle regole ma il puro istinto del clown triste e pronto all’autodistruzione.

Però fa anche molto ridere.

 

The Prestige

 

 

Impagabile l’espressione di Rondo dopo aver fintato il tiro. Serissimo guarda verso l’arbitro come per dire: “Che c’è ragazzi, che è successo?”. I movimenti scomposti di tutti, compresi i compagni, sono probabilmente la reazione che più di tutto lo esalta e lo soddisfa. Non so cosa volesse dimostrare con questo gesto, probabilmente il fatto che qualcuno fosse sul punto di invadere troppo presto il pitturato, o semplicemente voleva ancora più attenzione di quella che si ha normalmente quando si tira un banalissimo tiro libero.

 

La spia che venne da Boston

C’è tanta polemica attorno all’attore a cui si dovrebbe affidare il prossimo ruolo di James Bond che quasi quasi partecipo anche io facendo una proposta: Rajon Rondo! Come vedete nel video l’agente segreto RR riesce ad avvicinarsi al covo degli avversari senza dare nell’occhio e mimetizzandosi perfettamente nell’ambiente. I suoi modi sono cortesi e leggeri, mai sopra le righe, tantomeno dimessi o villani. Il suo piano è perfettamente organizzato e si risolve brillantemente.

 

No ok, torniamo alla realtà: come me la spiegate questa cosa? Alla fine proprio Ray Allen è costretto ad avvicinarsi al siparietto come per dire: “Senti, possiamo usare questo time out diversamente per favore?”.

 

Sussurri e grida

LeBron ha avuto modo di affrontare Rondo in tutte le sue fasi e lo conosce bene, fin dai tempi in cui l’ex-Celtics, per marcarlo, gli urlava in faccia come un gatto selvatico. Il playmaker in effetti rientra in una categoria di giocatori che spesso LeBron tende a portarsi dietro nelle sue squadre: profilo esperto, meglio se vincente, con personalità, non importa quanto pazzo o squilibrato, basta che lo segui ciecamente, e con particolari skills che lui può tentare di esaltare al massimo. Nei prossimi anni in cui i Lakers molto probabilmente si rinforzeranno è possibile che Rondo si sentirà più protetto e responsabilizzato, concentrando le sue energie sulla vittorie e non sulla follia. LeBron è in grado di toccare le giuste corde di alcuni giocatori: bisogna vedere cosa riesce ad ottenere in cambio.

 

Intanto possiamo stare comodi sul divano e goderci l’ennesima avventura di Rajon Rondo e chissà che questa volta non ci stupisca in bene.

 

 

Tags : los angeles lakersnbarajon rondo

Valerio Coletta è un giocatore di basket e hockey sul prato. A 12 anni ha incontrato Alberto Angela al McDonald. Scrive in giro.

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