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Come Houston ha sbloccato Russell Westbrook
28 feb 2020
28 feb 2020
Houston ha puntato sul talento di Russell Westbrook scommettendo sulla propria filosofia di gioco.
(articolo)
12 min
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Quando Russell Westbrook questa estate ha deciso di chiudere il capitolo della sua carriera ad Oklahoma City per raggiungere il suo amico Harden a Houston, tutti si sono chiesti come un giocatore così massimalista si sarebbe adattato allo stile di gioco adottato da Mike D’Antoni e Daryl Morey. Ci sono volute più di 50 partite affinché due talenti totalizzanti trovassero il giusto equilibrio per convivere al massimo delle loro potenzialità, ma la trade che ha portato Robert Covington in Texas pare aver finalmente liberato Westbrook. Con Clint Capela allontanato dal Texas, Houston ha deciso di affidarsi completamente al Moreyball e allo Small Ball. Per la prima volta senza un centro di ruolo o un giocatore più alto di due metri e spicci, Russell ha scoperto un’ulteriore evoluzione - trasformandosi in una palla da bowling lanciata verso il ferro senza birilli in mezzo da dover colpire.

Circondato da tiratori spot-up affidabili e un creatore dal palleggio straordinario dalla barba biblica, Westbrook per la prima volta in carriera può sfoggiare la sua grande versatilità offensiva, interpretando molti ruoli diversi all’interno del sistema semplificato di D’Antoni. Non deve avere sempre la palla in mano per iniziare le esecuzioni a metà campo, dove ha dimostrato di peccare di lucidità nei momenti chiave; non deve spaziare il campo affidandosi al suo tiro da tre, che ha visto un impietosa regressione nelle percentuali durante gli ultimi anni. Russ può essere semplicemente Russ: una forza grezza e primordiale che rompe gli argini che tentano di incanalarla.

E i Rockets possono essere i Rockets, una franchigia che negli anni ha radicalizzato ogni discorso possibile sul basket contemporaneo fino a ripiegarli su se stessi come se fossero sull’orlo di un buco nero. In una dichiarazione rilasciata a Rob Mahoney di The Ringer, Mike D’Antoni ha ammesso come il suo errore più grave durante le ultime stagioni passate a Phoenix è stato quello di smettere di credere nel proprio sistema e provare ad annacquarlo scambiando Shawn Marion per Shaquille O’Neal. Un errore che ha insegnato a D’Antoni ad andare all-in questa volta, effettuando la trade più ideologica e discussa dell’ultima finestra di mercato.

Mr. Efficienza

Una scelta che per ora sta pagando. Da quando Houston ha abbracciato lo Small Ball estremo ha un record di nove vittorie e due sconfitte con scalpi eccellenti contro dirette rivali come Lakers, Jazz e Mavericks. E nello stesso periodo Westbrook sta registrando numeri che ricordano la cavalcata della stagione dell’MVP: oltre 32 punti, 7.8 rimbalzi e 7.4 assist di media nel 2020. Il solito volume di gioco altissimo è stato associato però ad una ritrovata efficienza: il 53% di percentuale dal campo testimonia come abbia capito come inserirsi al meglio nell’attacco di Houston, senza appiattirsi sul modello molto dedito al tiro da fuori ma dandogli un’ulteriore dimensione. Mentre intorno a lui grandinano triple - Houston è la squadra che prende il maggior numero di conclusioni da dietro l’arco - Russell ha eliminato quasi del tutto quel tipo di conclusione dalla sua dieta. In totale controtendenza con le direttive del Moreyball, Westbrook è l’unico giocatore dei Rockets a tirare più dal midrange (37% dei suoi tiri) che da tre (il 16%) ed ha abbassato i suoi tentativi dalla lunga distanza da quando Capela è stato scambiato (nelle ultime 15 partite solo 2 tentativi per gara). In qualche modo Russ è tornato alle sue origini, al suo tanto amato jumper dai gomiti che dice di aver perfezionato con il padre fin da quando aveva 14 anni.

https://twitter.com/Rockets_Insider/status/1231631808841895936

Lo chiamano ancora oggi “Cotton shot” per la sua morbidezza.

Negli ultimi anni aveva perso confidenza con il suo tiro preferito, che crea con assoluta semplicità fermandosi in una frazione di secondo e saltando un metro da terra, anche perché lo spazio dove effettuare il tutto si era ridotto sempre più. Ora, con gran parte del parquet a sua completa disposizione, diventa una soluzione positiva quando c’è da attaccare in uno contro uno. E sempre più spesso si tratta del lungo avversario, come hanno fatto gli Utah Jazz mettendogli addosso Rudy Gobert pur di fermare la sua avanzata verso il ferro. Per non lasciare il due volte difensore dell’anno nell’angolo su P.J. Tucker, Snyder ha provato a metterlo sulle tracce del vero centro dei nuovi 6.7 feet or less Rockets, ovvero una delle migliori point guard della sua generazione. E Westbrook ha abusato di Gobert nelle due sfide ravvicinate giocate contro i Jazz, segnando 73 punti con un complessivo 32/59 dal campo e mettendo in scena un ampio catalogo di modi per segnare sopra le braccia lunghissime del francese.

Russ ha sempre una motivazione ulteriore quando gioca a Salt Lake City.

Ma il centro dei Jazz non è stato l’unico ad aver avuto difficoltà a fermare la furia di Russ - anzi, in molti non hanno trovato ancora una risposta al nuovo corso di Houston. Westbrook ha segnato 30 o più punti in 14 delle 18 partite del 2020, una statistica insensata se non fosse per l’apparente semplicità con la quale questi punti arrivano. Dal primo Gennaio ha invertito visibilmente le percentuali dei tiri presi nella restricted area rispetto a quelli in zone meno efficienti da fuori il pitturato, passando dal 40% ad oltre il 52% dei tentativi, e la sua percentuale reale ringrazia avvicinandosi pericolosamente verso il 60% in questo Febbraio. Westbrook non indossa più i panni del supereroe dolente degli ultimi anni di Oklahoma City, dove ogni punto a tabellone sembrava dover essere scolpito nella pietra, ma si è finalmente liberato dal peso di dover essere il salvatore di un’intera città e può giocare a basket a mille all’ora.

Con il centro del campo tutto per sé, Westbrook può scegliere come attaccare il diretto marcatore senza preoccuparsi troppo dei raddoppi dell’uomo di un non-tiratore o di trovare l’area intasata. Con quattro compagni a spaziare il campo, ha tutto il tempo e lo spazio di crearsi il tiro migliore o, nel caso la difesa reagisca in modo netto, trovare il modo per punirla.

Inoltre con Harden a gestire la maggior parte dei possessi a metà campo, può concedersi qualche pausa e lavorare lontano dalla palla, attaccando poi una difesa già mossa e sorprenderla con il suo dinamismo. Nonostante sia alla sua 13^ stagione in NBA, restargli davanti quando sprigiona tutta la sua rapidità sui primi passi rimane operazione complicata, specialmente quando ha degli angoli così favorevoli da esplorare.

Wrecking ball

Non stupisce quindi che Westbrook sia la guardia che ha segnato più canestri nel pitturato con il secondo, Ben Simmons, che è alto buoni 15 centimetri in più di lui. Anzi, ancora meglio: Westbrook è il giocatore che ha segnato più canestri nel pitturato dall’inizio dell’anno con oltre 8 a partita - più di Giannis Antetokounmpo, Anthony Davis, Zion Williamson e, soprattutto, Clint Capela.

Da qui la scelta del Front Office di Houston di muovere lo svizzero per lasciare a Russ il compito di riempire l’area in un modo più anticonvenzionale ma sicuramente più adatto al funzionamento del sistema cestistico in mente di Morey e D’Antoni. Infatti il loro sistema non si basa solamente nel costruire triple più aperte possibili, ma allo stesso tempo nell’arrivare al canestro con regolarità. Westbrook, rispetto a Capela, mette pressione al ferro in un modo feroce, esplosivo; invece di avere una presenza da attivare solo dopo che ha portato un blocco, Russell è una costante minaccia in qualsiasi situazione dinamica: basta lasciargli due metri di spazio per vederseli mangiati via con gli interessi.

Gli attacchi NBA possono funzionare se c’è solo un non-tiratore in campo ed hanno una chance ad essere élite se questo è inserito in un quintetto che gli garantisce le spaziature adeguate dentro le quali può ottenere vantaggi grazie alle sue doti fisiche uniche, creando per sé e per gli altri. I successi di Antetokounmpo, i dubbi su Simmons e le speranze su Zion riflettono l’aderenza o meno a questo principio. Westbrook è molto distante da questi tre atleti rivoluzionari, ma continua ad essere uno dei giocatori più fisici e intensi della lega quando si tratta di attaccare con il pallone in mano.

Se gli altri difensori decidono di restare vicino ai tiratori di Houston, Westbrook ha davvero l’imbarazzo della scelta su come attaccare. Gli spazi ai lati del difensore sono troppo larghi per evitare che Russ possa trovare un angolo di penetrazione, poi con due giocatori ad impegnare i due angoli le possibilità di un aiuto al ferro si abbassano drasticamente. Se le difese invece di marcare direttamente gli uomini occupano gli spazi intermedi tra il portatore di palla e il compagno, le letture di Westbrook e Harden nei tempi di uscita del pallone generano triple aperte o possibili attacchi ai close-out.

Con oltre venti penetrazioni a partita, Westbrook guida l’NBA in questa particolare situazione di gioco e il dato continua a salire, visto che le scorribande del numero 0 rappresentano uno dei pochi modi con i quali Houston raggiunge il pitturato.

Ottenere i cosiddetti paint touches è fondamentale per creare vantaggi e innescare i penetra-e-scarica degli altri esterni dei Rockets. E quando non è Harden a farlo in isolamento dietro l’arco, tocca a Westbrook con il suo cambio di ritmo mandare in rotazione le difese avversarie. Rispetto ad Harden, che può ritagliarsi lo spazio per arrivare al ferro sfruttando la pericolosità del suo tiro dal palleggio e soprattutto il suo indifendibile step-back, Westbrook vive degli spazi che può generare con le sue accelerazioni e ball-handling in velocità. Avere costantemente un cuscinetto da utilizzare come rampa di lancio lo trasforma in un missile terra-aria puntato verso il ferro avversario.

Con le giuste spaziature poi Westbrook può cullare i suoi marcatori in post, non prima di averli bullizzati fino ad arrivare al ferro e dopo averglielo fatto notare. Senza più Capela come principale bloccante, ogni giocatore con la maglia di Houston in campo può bloccare per un altro, generando estrema confusione nelle difese avversarie e mismatch da attaccare senza pietà.

Se con Capela e Westbrook in campo era diventato abituale vedere Harden raddoppiato con l’uomo di uno dei due non tiratori, senza lo svizzero ogni tentativo di trappola è reso inefficace dalla capacità di Russ di attaccare gli spazi lasciati liberi e di gestire il quattro contro tre. Westbrook crea una linea di passaggio dietro la prima linea di difesa e da lì può arrivare al ferro o trovare un tiratore nell’angolo, mettendo in crisi gli avversari che non hanno più un corpo da opporgli.

Basta l'intenzione del raddoppio per far scattare la palla in direzione di Westbrook, che trova prima la vernice e poi l'uomo libero. Da notare nella seconda clip come la superiorità numerica venga gestita piazzando un flare screen per l'uomo in angolo.

Batman e Robin

Giocare con Westbrook non è facile. Ha una personalità ingombrante, tanto in campo quanto fuori, e non ha paura di passare come il cattivo di turno. E molti lo hanno preso troppo sul serio, addossandogli una narrazione negativa che lo vedeva primo colpevole di ogni cattivo risultato delle sue squadre. Anche perché nel mentre tutti i suoi compagni hanno finito per abbandonarlo, da Kevin Durant fino a Paul George passando per James Harden stesso, il primo a lasciare quegli Oklahoma City Thunder che dovevano vincere tutto e che non hanno vinto niente. E così alla fine è toccato anche a Russ di lasciare la franchigia alla quale aveva dedicato tutta la carriera per lanciarsi in una nuova sfida.

Ora per uno scherzo del destino quattro giocatori che vestivano insieme la maglia di Oklahoma City nella stagione 2010-11 sono riuniti nel roster dei Rockets di quest’anno. Con l’arrivo di Jeff Green e Thabo Sefolosha, a Houston stanno cercando di rimettere in piedi la band. I cantanti principali - come testimoniato dalla copertina di GQ che li vede ritratti come gli Outkast nella copertina di Stankonia - rimangono Westbrook e Harden, due amici di lunga data che sono tornati insieme con un solo obiettivo. Vincere.

Per capire che non hanno paura di nulla basterebbe vedere come arrivano allo stadio.

E per farlo la dirigenza dei Rockets non si è fatta problemi nel prendere la strada meno battuta, ovvero andare contro ogni idea acquisita sull’importanza dell’altezza su un campo da basket, e scambiare il talento con il fit. Con Capela e Westbrook in campo Houston aveva un rating offensivo di 107.6 punti per 10 possessi su una media di 114 in stagione. Ora i quintetti con Covington e P.J. Tucker insieme alle due stelle hanno un Net Rating di +26.9, i migliori in NBA dopo la deadline del mercato.

La scelta di trovare un modo per far rendere al massimo i propri migliori giocatori - non importa quanto questo possa essere fuori dagli standard - rimane la priorità di un coaching staff capace e creativo. In una lega che ha volte può dare l’impressione di andare in un’unica direzione, i Rockets guidano contromano e a 100 all’ora.

In realtà hanno solo trovato un equilibrio reso possibile dai talenti diversi e unici dei giocatori a roster. Una squadra del genere non potrebbe esistere senza la maestria di Harden in isolamento e nel tirare dal palleggio; o la capacità di Tucker di difendere su giocatori alti 20 centimetri più di lui e non sbagliare mai un tiro dall’angolo; o l’abilità di Covington di cambiare su tutti e ruotare perfettamente dal lato debole; o l’intensità di Westbrook nel tenere insieme tutte queste caratteristiche alzando il ritmo, mettendo pressione al ferro e creando vantaggi per i suoi compagni.

Russ è finalmente in un sistema che esalta i suoi pregi e ne limita i difetti, o almeno per ora non se ne preoccupa. I Rockets sono la squadra di Harden ma giocano al ritmo di Westbrook, e la qualità dei tiri che prende sono il termometro dell’efficienza dell’intero attacco di Houston. E quando li mette con questa facilità batterli diventa davvero difficile.

Anche perché nessuno ha ancora capito come attaccarli. Nelle ultime 15 partite Houston ha il decimo miglior rating difensivo in NBA (e il primo offensivo) perché i loro avversari si intestardiscono a cercare di attaccare il canestro con i propri lunghi togliendo ritmo a tutte le esecuzioni offensive. I cambi sistematici dei Rockets eliminano i vantaggi generati dall’azione più usata nell’NBA odierna, il pick and roll centrale, ed evitano di entrare in rotazione costringendo gli attaccanti avversari a creare in uno contro uno. E l’attività dei giocatori lontani dalla palla, in particolare di Covington e House, copre i buchi a volte lasciati da Russ e Harden (comunque due difensori sottovalutati).

Certo, prima o poi le altre squadre prenderanno le misure a questi Rockets, e quando i ritmi di gioco rallenteranno nei playoff la musica potrebbe cambiare. Ma per ora Houston sta dimostrando come scommettere sui propri principi sia sempre giusto, anche se questi ti portano ostinatamente dalla parte opposta del senso comune. D’altronde Morey non ha mai nascosto la sua propensione per il rischio e la trade per Covington è la bomboletta dorata con la quale ci si cosparge la faccia in Mad Max prima di imbarcarsi in una missione suicida.

Ora Westbrook può suonare una chitarra infuocata, mettere a dormire qualche bambino e discutere con uno spettatore a bordo campo prima di schiacciare in testa a Gobert.

Questo è il suo Walhalla.

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