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David Breschi
Il punto sulle Finali di Conference NBA dopo gara-5
25 mag 2018
25 mag 2018
Cosa ci hanno detto le serie di playoff fino a questo momento e cosa ci diranno in vista delle gare decisive del weekend.
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David Breschi
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Ogni volta in cui è stato possibile intercettare il mismatch prima che si concretizzasse, i Celtics sono stati bravi e precisi nel togliere ai Cavaliers uno dei pochi appigli da cui potevano trovare canestri facili. Quando non è stato possibile, è stato chiesto a Rozier di lottare per tenere la posizione e dare tempo ai compagni di organizzarsi con raddoppi e zone mascherate sul lato debole.


 



 



 


 

 

LeBron James non si può fermare, al massimo si può limitare. I Celtics nelle prime due partite ci hanno provato ricorrendo allo stesso sistema usato contro i Sixers: riempire l’area per evitare che possa mettere piede dentro il pitturato. James è forse il miglior giocatore al mondo a leggere il raddoppio con un secondo di anticipo, ma per funzionare è necessario che i suoi compagni riescano a segnare con continuità. Quando è successo, per James e i Cavaliers tutto è andato per il meglio.


 



 


 

 

James, lontano dal centro dell’azione, ha messo la difesa Celtics di fronte ad un bivio: trattarlo come un semplice giocatore sul lato debole mollando la presa, con il rischio di arrivare in ritardo se nuovamente coinvolto, oppure tenergli gli occhi di dosso aprendo voragini sfruttabili dai compagni. In entrambi i casi un rebus irrisolvibile.


 



 


 

 

Korver tocca pochi palloni e corre chilometri su chilometri in attacco senza vedere mai la palla. Ma la somma delle piccole cose che fa, anche le più impercettibili, è oro colato per l’attacco dei Cavaliers e per aprire spazi ai compagni. Inoltre, marcato a vista, spinto e strattonato sui blocchi, ha un tempismo irreale che molto spesso, al di là del blocco che sfrutta, è la chiave per liberarsi al tiro.


 



 



 


 

 

In attesa che Jayson Tatum lo diventi e tornino Kyrie Irving e Gordon Hayward dagli infortuni, i Celtics non hanno giocatori in grado di creare vantaggi da fermo, come ad esempio hanno i Cavaliers, i Rockets o gli Warriors, ma la qualità dell’attacco dei Celtics nasce dalla capacità di attaccare una difesa in movimento e sbilanciata. Attaccare sistematicamente il recupero difensivo leggendo il vantaggio da sfruttare è prerogativa del basket moderno e il segreto di pulcinella che ha permesso ai Celtics di sopravvivere alle assenze e gli infortuni.


 



 


 

 

Le spaziature al limite della perfezione fanno in modo che il pick and pop dei Celtics metta sempre la difesa nelle condizioni di avere la coperta corta: se la difesa contiene la penetrazione è quasi impossibile che dal lato debole arrivi una rotazione tempestiva a mangiare spazio all’attacco. I Celtics riescono a manipolare le scelte difensive mettendo due o anche solo un giocatore “dietro” la palla: si tratta solo di vedere quante rotazioni riescono a innescare per sfruttare tutti i vantaggi che si creano. I Cavaliers hanno in parte limitato il pick and pop dei Celtics quando hanno deciso di dare la priorità a Horford sul perimetro piuttosto che al portatore di palla: questo ha permesso ai vari Thompson e Nance di non concedere troppo spazio al lungo ex Hawks e dare modo ai difensori di ruotare in tempi e spazi migliori.


 



 



 





 



 



 



 


 

 

Puntare sui pick and roll per forzarli al cambio e difendere un evidente mismatch è il mantra delle due squadre. I Rockets in particolare fondano tutto il loro attacco sul concetto di creare vantaggio in uno-contro-uno in spazi larghi e contro il peggior difensore avversario.


 



 


 

 

Esecuzione difensiva di altissimo livello per disinnescare gli Splash Brothers e inceppare, granello dopo granello, il flusso di gioco degli Warriors.


 



 


 

 

I Rockets accettano il mismatch per indurre gli Warriors all’isolamento, ma è solo una parte del lavoro. La parte forse più importante è fare in modo che l’isolamento resti tale, anticipando forte i tiratori, facendo ingolosire Durant a giocarsi l’uno-contro-uno escludendo i compagni ed eventualmente andando in rotazione battezzando i giocatori ritenuti poco pericolosi da oltre l’arco.


 

 



 



 


 

 

Anticipare le mosse della difesa, farla muovere fino allo sfinimento, tenerla costantemente impegnata senza dargli mai modo di resettare: questo è l’attacco dei Warriors che rende vulnerabile ogni difesa incapace di seguire tutti i tagli e gli eventi che vengono generati dal “flusso” dei Dubs.


 



 



 


 

 

Per gli Warriors non è possibile “nascondere” Curry lontano dalla palla ed evitare che venga coinvolto. I Rockets lo cercano sistematicamente per forzare il cambio, anche con due o tre blocchi ad azione sulla palla fino a quando non riescono a forzare lo switch. Per Looney invece il cambio è accettato di buon grado, con il lungo ex UCLA che nel corso di questi playoff ha scalato rapidamente le gerarchie nel reparto lunghi degli Warriors, unico oltre a Green a poter reggere almeno due scivolamenti difensivi contro i piccoli avversari.


 



 



 


 

 

Curry e Looney hanno avuto l’input di mandare l’attaccante nelle fauci di Green, Durant e Iguodala, ovverosia i difensori più versatili e dinamici in aiuto degli Warriors. È un lavoro di precisione e di grande collaborazione: Curry e Looney devono ritardare quanto più possibile la penetrazione per dare modo alla difesa di prepararsi e calibrare alla perfezione la modalità e l’intensità dell’aiuto per evitare che la penetrazione arrivi al ferro, o peggio ancora, che la palla arrivi pulita in mano ad un tiratore. È una questione di grinta ma anche di grande intelligenza cestistica: l’infortunio che ha tolto dai giochi Iguodala, uno dei migliori collanti difensivi della storia del gioco, è stato un macigno sulle spalle dei Warriors.


 



 


 

 

Per attuare correttamente questa strategia è necessario essere chirurgici nelle rotazioni, precisi nei tempi dell’aiuto e solidi negli aiuto-e-recupero per produrre stop difensivi, perché la difesa è perennemente sbilanciata in tre-contro-due e due-contro-uno ed occorre “mangiare” tempo e spazio all’attacco. Il pick and pop, mostrato nelle ultime due azioni delle clip, è stato l’aggiustamento che ha permesso ai Rockets di mandare in difficoltà i fragili equilibri di questa tattica.


 



 



 



 

 

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