
I tanti complimenti rivolti agli Oklahoma City Thunder al termine di una stagione regolare storica erano sempre circondati da una certa aurea di sfida e curiosità: sarebbero stati in grado di tenere lo stesso livello di prestazioni anche nei playoff? È inusuale che vengano sollevati dei dubbi su una squadra che sta dominando sui due lati del campo in maniera così lampante. Non c'è ragione almeno apparente che la loro non possa continuare fino in finale, oppure oltre. I Thunder hanno tutto per diventare una dinastia, come lo sono stati gli Spurs e i Warriors recentemente.
Gara-1 contro Denver, persa con una terribile gestione del vantaggio nei possessi finali, ha evidenziato come forse quel vago concetto che chiamiamo "esperienza" manchi ancora sia ai giocatori (OKC è la squadra più giovane della Lega) che e al coaching staff. C'è poi l'enigma Jokic da affrontare, il miglior giocatore offensivo di questa era (e diverse altre). Intanto, però, guardiamo al presente: la squadra di Mark Daigneault ha chiuso la stagione regolare con il secondo miglior dato offensivo di punti su 100 possessi e il primo difensivo (per distacco) a difesa schierata. La serie contro i Memphis Grizzlies ha confermato la bontà di questo roster, la sua profondità e la sua versatilità.

I Thunder sono perfetti per contrastare il preconcetto di media e spettatori occasionali su come il gioco in NBA sia diventato monotematico, esclusivamente incentrato sull’attacco e dove la fisicità nella metà campo difensiva non è più permessa come ai bei vecchi tempi. In realtà, il fatto che OKC sia in grado di neutralizzare gli attacchi avversari come nessun’altra squadra è perché ci troviamo davanti alla perfetta espressione di cosa significa difendere nella NBA moderna.
L’imperativo dei Thunder è quello di forzare quel palleggio in più o quel passaggio di troppo agli avversari, per rendere più difficile l’obiettivo primario di un attacco, ovvero la ricerca di un vantaggio. È sempre più difficile non concedere un vantaggio a un attacco in un epoca di pace-and-space. Con ritmi di gioco più alti e con l'influenza crescente del tiro da tre punti che disegna spaziature più ampie, le difese devono lavorare su spazi e ritmi più grandi. Come se non bastasse, poi, sempre più squadre possono schierare giocatori di talento capaci di vanificare da soli ogni sforzo difensivo.
Tutto questo contesto rende più difficile costruire una difesa efficiente, eppure i Thunder ci sono riusciti: nella prima serie dei playoff hanno tenuto i Memphis Grizzlies a 97.6 punti su 100 possessi (fonte NBA.com) con un lavoro impressionante. Quello che sono in grado di fare come collettivo in difesa è unico: in alcuni momenti sembrano giocare sei contro cinque, per la velocità con cui reagiscono e la precisione con cui ruotano.
La prima clip qui sopra mostra l’incredibile capacità di esecuzione di OKC, tanto che si faticano a contare gli aiuti e i recuperi, i cambi volanti perfetti per tempismo, movimenti che portano gli attaccanti avversari a non avere vie d’uscita se non liberarsi del pallone nella speranza che un compagno riesca a oltrepassare quel muro umano.
Le due clip successive mostrano la difesa dei Thunder sui pick-and-roll, dove possono contare su Dort e Caruso, due difensori d’élite capaci di esercitare una pressione continua e asfissiante sul palleggiatore. Dall’altra parte poi c’è sempre un lungo in grado di essere aggressivo oltre il livello del blocco, potendo contare sulla copertura in seconda linea di uno dei migliori rim protector nella Lega, che sia Hartenstein o Holmgren.
Il tema della versatilità è fondamentale ai playoff: disporre di più tipologie di coverage e saper leggere l’attacco per anticipare eventuali mosse avversarie fa tutta la differenza del mondo. In questo caso entrambi i possessi si concludono con un cambio all’ultimo da parte di Holmgren, con il compagno che si mette davanti al lungo avversario. Sono possessi difensivi che nei playoff, dove il ritmo di gioco tende a calare, diventano ancora più decisivi.
Ma i Thunder non si limitano a difendere bene. L’idea è di trasformare ogni stop difensivo in una possibile giocata in campo aperto: non è un caso se sono primi in NBA per punti da palle perse (26.3, secondi i Cavs a 19.8) e punti in contropiede (19.8, secondi i T’Wolves con 16.0, fonte: NBA.com).
Ma come fanno a difendere così bene? Il sistema di Daigneault si basa molto sull’atletismo del roster: OKC è una delle squadre che maggiormente flotta le posizioni con pre-rotazioni decise, in base al tipo di aggressività che vogliono usare. In ogni caso, ogni aiuto sulla palla deve essere seguito da un secondo indiretto alle spalle. L’obiettivo è restringere gli spazi, ostruire le linee di penetrazione ed essere estremamente attivi su linee di passaggio da intercettare. È un tipo di difesa che tende a lasciare scoperta la linea da 3 punti, ma è proprio l’atletismo e l’impegno che permette loro di essere efficaci anche nei closeout sul perimetro. Contro Memphis hanno concesso il terzo dato più alto per tiri da tre punti dei playoff (41.5), ma il terzultimo per percentuale con cui venivano segnati (31.3%, via NBA.com).
Se il successo è il collettivo, non si può non parlare dei singoli: uno come Alex Caruso può da solo far deragliare un attacco avversario con la sua intensità difensiva. Per lui OKC è il contesto perfetto, perché ha tutte le caratteristiche che li rendono così difficili da battere. Nei playoff si cerca molto il miglior isolamento possibile, ma contro i Thunder è quasi impossibile trovare l’anello debole. Per lo staff tecnico avversario rappresenta un vero rompicapo decidere se attaccare direttamente Caruso coinvolgendolo nell’azione, oppure affrontarlo quando interviene come difensore in aiuto.
La prima clip è emblematica: il lungo sul perimetro è più che disposto a cambiare, perché sa che Caruso, nonostante la taglia, offre una protezione del ferro eccellente. Sul rimbalzo successivo, ecco che i Thunder corrono senza lasciare un minimo di respiro agli avversari. Dopo le prime quattro gare, Caruso è leader per deflections a partita (4.8, via NBA.com) e assieme ad Hartenstein è il giocatore che ha più impatto sull’efficienza difensiva di squadra rispetto a quando è in campo (-5.5, via Cleaning the Glass).
Ecco perché Hartenstein è l’altro colpo giusto al momento giusto. Con lui in campo i vantaggi non sono solo nella protezione del ferro, ma soprattutto nei benefici che porta in attacco, riuscendo a facilitare il gioco di Shai Gilgeous-Alexander e Jaylin Williams, i due principali creatori palla in mano della squadra. Al tempo stesso il suo arrivo ha permesso a Holmgren di migliorare il suo gioco senza palla e ha rafforzato l’impatto offensivo dei quintetti con Shai in panchina. Il tutto grazie a uno skillset tecnico che oggi è fondamentale per un centro e che consente ai Thunder di non dover dipendere troppo dagli isolamenti uno contro uno.
Senza dubbio, però, gli uno contro uno dal palleggio rimangono una parte importante dell’attacco di OKC. Negli scorsi playoff la difesa dei Dallas Mavericks era riuscita a rendere inefficace la ricerca di spazi e soluzioni vantaggiose all’attacco, e proprio queste difficoltà offensive sono quelle che lasciano qualche dubbio sulle possibilità di titolo dei Thunder. Esperienza e crescita hanno però aiutato, e oggi i Thunder sembrano meno Shai-dipendenti rispetto al passato. Ovviamente tanto passa dalle sue mani, ma c’è un dettaglio da non trascurare: questa è stata la sua migliore stagione in carriera per assist realizzati in rapporto al numero di passaggi da penetrazione e al numero di assist potenziali su cento passaggi (fonte: BBall Index).
Per SGA vale lo stesso discorso che si fa per Anthony Edwards (e che nel breve futuro toccherà anche Cade Cunningham): in questo ruolo si “impara facendo”. Più passano le partite più sta imparando a essere paziente, gestire i tempi di gioco ed eseguire letture più avanzate. Questo gli permette di restare meglio nella partita, anche quando l’obiettivo della difesa avversaria è “chiunque ma non lui”.