Dopo due partite nella serie tra i Miami Heat e i Milwaukee Bucks, i pregi universalmente riconosciuti alla squadra di coach Mike Budenholzer sembra siano di colpo diventati insormontabili difetti. A seguito di una regular season dominata in lungo e in largo con un differenziale su 100 possessi addirittura storico (oltre +11), già nelle otto “seeding games” i Bucks sono sembrati meno dominanti rispetto a quanto visto prima della sospensione, e nella serie contro Orlando - pur vincendo 4-1 - non sono sembrati al livello che si richiede a una contender per il titolo. Le prime due partite contro gli Heat, entrambe perse seppur in maniera molto diversa, non ha fatto altro che aumentare i dubbi sui Bucks (e le voci sul futuro di Giannis Antetokounmpo), che ora si ritrovano già con le spalle al muro in vista di gara-3.
1. Gli Heat stanno punendo le scelte conservative dei Bucks
I Bucks entravano in questi playoff come la miglior difesa NBA nel pitturato sostenuta dalla protezione del ferro fornita da Brook Lopez e Giannis Antetokounmpo, fresco vincitore del premio come Migliore Difensore della lega. Milwaukee è una squadra che basa la sua difesa su scelte ultra conservatrici in copertura del pick and roll avversario, usando il “drop” per spingere l’attacco dentro l’area e fagocitarlo chiudendosi attorno ad esso. Ma oltre a funzionare peggio in generale sin dall'inizio della bolla, finora la tattica di coach Bud è stata compromessa dalla graniticità dei blocchi di Bam Adebayo, che permettono ai vari Goran Dragic, Tyler Herro e Jimmy Butler di raggiungere il centro area con una facilità disarmante e da lì trovare soluzioni personali oppure mandare in rotazione la difesa perimetrale dei Bucks con la circolazione di palla. In due partite gli Heat hanno già effettuato 29 screen assist per 71 punti, con Adebayo responsabile rispettivamente per 12 e 28 di essi. Ma anche il pick and roll 1-2 tra Dragic e Butler sta mettendo in grande difficoltà la difesa dei Bucks, specialmente quando non è in campo Eric Bledsoe, il loro miglior difensore individuale sulla palla.
Lasciare tutto quello spazio a Dragic o, peggio ancora, a un tiratore come Duncan Robinson è un invito a nozze per gli Heat.
2. Il muro sta fermando di nuovo Giannis Antetokounmpo
Dall’altra parte l’attacco dei Bucks è predicato intorno all’unicità di Giannis Antetokounmpo, che però deve essere messo nelle condizioni di poter attaccare in movimento e non in situazioni statiche. Per far questo i Bucks hanno strutturato attorno al talento greco un armonioso sistema offensivo basato sulla “5 Out Motion Offense” che puntualmente però ai playoff si inceppa nel momento in cui le difese fanno densità a centro area, togliendo il gioco in transizione e i vantaggi che ne derivano in termini di fluidità di manovra e accoppiamenti favorevoli.
Gli Heat, come altri prima di loro e in particolare i Toronto Raptors lo scorso anno, stanno eseguendo il compito alla perfezione (area sigillata, raddoppi, rotazioni, grandissima energia sulle linee di passaggio e sui closeout difensivi), con la compartecipazione dell’attacco dei Bucks che assiste inerme a Giannis (e talvolta Khris Middleton) in versione ariete che cerca per aprirsi un varco verso il canestro. I Bucks non hanno un “piano B” che vada oltre il semplice prendi e tira appena Antetokounmpo e Middleton vengono stretti nella morsa dall’energica difesa degli Heat e questo è un difetto che mostrano sin dalla scorsa stagione, quando la mancanza di un piano alternativo per attaccare è costato loro la serie contro i Raptors.
Negare l’area ad Antetokounmpo è la base su cui si comincia a giocare contro i Bucks, ma anche chiudere con energia sui tiratori e negare le ricezioni a Lopez sono chiavi fondamentali per disinnescare Milwaukee.
I cambi sistematici sul pick and roll tra Giannis e Middleton stanno forzando Milwaukee a giocare più isolamenti (28 in ciascuna delle prime due partite) rispetto a quanto vorrebbero normalmente fare. I Bucks per vincere questa serie dovranno prima o poi trovare qualcuno che segni i canestri difficili che la difesa di Miami gli sta concedendo.
3. Coach Budenholzer deve uscire dallo spartito
Si parla spesso di Mike D’Antoni come di un allenatore estremo nell’esasperare i suoi concetti di gioco, tale da guadagnarsi l’epiteto di “talebano” per la sua totale avversione di cambiare idea, ma pure Budenholzer in questo non scherza. La scelta di vivere e morire dei propri ideali finora lo sta portando a perdere la partita di scacchi contro il “trasformista” Erik Spoelstra, che è sembrato essere, finora, almeno una mossa avanti rispetto all’ex assistente di Gregg Popovich. Il punto è che Budenholzer sta ancora approcciando i playoff come se fosse la regular season e ha mostrato finora scarso acume nel leggere le partite e fare gli opportuni cambiamenti in corsa.
Il primo da fare è senz’altro quello di stringere le rotazioni, affidarsi il più possibile al miglior quintetto che ha a disposizione - anche perchè la battaglia delle panchine in questo momento va a favore agli Heat (+13, che è anche il divario accumulato da Miami nelle prime due partite con i due quintetti base che si equivalgono nel punteggio) - senza perdersi nelle girandole di cambi che tolgono ritmo ai vari Antetokounmpo, Middleton e Lopez, gli unici Bucks finora e dare un contributo tangibile e continuo nel corso delle prime due partite. In particolare l'MVP in carica - proprio come nella serie contro Toronto dello scorso anno, quando superò i 40 minuti in campo in sole due occasioni (di cui una con doppio overtime) - per ora è in campo solo per 36 minuti a partita. Troppo pochi.
Inoltre i Bucks non possono continuare a fornire linfa vitale ai Miami Heat perdendo valanghe di palloni che Butler e soci convertono in 25 punti a partita comparati ai 12 di Milwaukee (ancora quel +13 che torna d’attualità). Un altro accorgimento da utilizzare al più presto è quello di cambiare su più blocchi per non concedere vantaggi o spazi che gli Heat stanno sfruttando al meglio: i Bucks non sono una squadra che cambia su tutto, ma ci sono certe situazioni nei playoff in cui proprio non se ne può fare a meno - e devono cominciare a farlo più spesso se vogliono rimanere in corsa.
Specialmente sui blocchi tra esterni, cambiare diventa l’unico modo per non rimanere indietro rispetto all’attacco e non concedere vantaggi. In particolare quando gli Heat vanno ultra small senza né Adebayo né Olynyk in campo.
Sono le piccole cose a fare la differenza nei playoff e di norma dopo due partite - che in tempi normali equivarrebbero al cambio di campo, ma sappiamo che questi non sono tempi normali - giunge il momento dei fatidici aggiustamenti: coach Budenholzer e i Bucks possono e devono farli già da questa notte per non farsi scappare la serie dalle mani.