
Millesimi di secondo. Questo il tempo che ha separato i Denver Nuggets da un’eliminazione quasi certa dai playoff 2025 al ribaltare completamente l’inerzia di una serie. Il buzzer beater di Aaron Gordon in gara-4 ha infatti impedito uno scenario catastrofico: un 3 a 1 a favore dei Los Angeles Clippers avrebbe voluto dire andare contro ogni legge della probabilità e della statistica per provare a superare il turno, dato che la squadra sopra 3 a 1 esce vincente dalla serie nel 95.5% dei casi, con sole 13 rimonte avvenute su 290 occasioni.
E le modalità sarebbero state ancora più traumatiche. I Nuggets infatti avevano approcciato gara-4 alla grande, toccando addirittura il +22 nel quarto periodo nel bel mezzo di un inusualmente silenzioso Intuit Dome. Il 2 a 2 sembrava cosa fatta, poi era arrivato un parziale di 32 a 9 a favore dei Clippers. Quando a un minuto e spicci dalla fine il vantaggio è passato ai Clippers, seppur di un solo punto, Denver ha visto il baratro, la serie sfuggirgli di mano e una lunga estate fatta di “che dobbiamo fare per dare a Jokic una squadra seria?”.
E però avere il miglior giocatore al mondo dalla propria parte è uno dei modi più semplici per rimettere ordine anche in una situazione complicata. Prima Jokic si è guadagnato due tiri liberi, pareggiando la gara con un uno su due dalla lunetta, poi - dopo lo stop difensivo - ha segnato un fadeaway con Zubac addosso che per il 99.9% dei giocatori NBA sarebbe l’highlight di una carriera, portando a +2 i suoi.
Proprio al netto di questa giocata da fenomeno, però, il tap-in del pareggio a 9 secondi dalla fine di Ivica Zubac dall’altra parte ha ulteriormente spezzato le gambe alla squadra del Colorado. Per evitare il supplementare, dove i Clippers sarebbero stati favoriti da una più generale freschezza che in campo in quel momento era percepibile, serviva un miracolo, e un miracolo c’è stato. Non ce ne vogliano Miloš Teodosić e Josh Childress, menzionati dallo stesso Jokic come termine di paragone per la loro esecuzione alle Final Four di Eurolega nel 2010, ma un buzzer beater come quello di Aaron Gordon non ha eguali. Con un senso del tempo più che scenico, mitologico, Gordon ha raccolto al volo l’airball di Jokic sull’ultimo tiro e l’ha trasformato nei due punti della vittoria, rilasciando il pallone dentro al canestro così vicino al suono della sirena che per assegnarlo c’è stato bisogno di rivedere l’azione frame per frame. I Nuggets hanno scrutato l’abisso per un minuto e undici secondi, e Aaron Gordon li ha ripresi per i capelli un istante prima che toccassero il fondo.
Soprattutto, Gordon ha riportato le probabilità dei Nuggets di passare il turno dal 5% al 50%, ha ristabilito il fattore campo e spostato l’inerzia della serie a favore dei Nuggets, adesso addirittura sopra 3 a 2, dopo la netta vittoria in gara-5. Sembra un discorso semplicistico, ma l’importanza capitale della giocata di Gordon è sotto gli occhi di tutti. Se i Clippers avessero inanellato tre vittorie di seguito dopo la rocambolesca sconfitta in gara-1, la serie sarebbe stata virtualmente chiusa.
Il 2 a 2 ha permesso a Denver un “reset mentale”, dando ai giocatori una sensazione di equilibrio e un margine di errore che stare sotto 3 a 1, con tre elimination game da affrontare, avrebbe pesato troppo su una squadra che sembra sempre sull’orlo dell’implosione. Dietro all’impatto emotivo di questo recupero, infatti, si nasconde tutto un altro mondo. Innanzitutto, il canestro di Gordon ha risolto uno dei problemi principali dei Denver Nuggets in questa serie, quello dei finali di partita. Forse per l’usura dei titolari e la mancanza dei giocatori di rotazione, forse per mancanza di opzioni sin qui affidabili attorno a Jokic, sul quale è rivolta l’intera attenzione della difesa, la squadra del Colorado è stata surclassata nei quarti periodi.
I Clippers hanno superato Denver con una differenza punti cumulativa di +30 nell’ultimo quarto di gioco, con un +14 e un +18 fatti registrare rispettivamente in gara-3 e in gara-4. Escludendo l’overtime della prima partita, i Nuggets hanno segnato solo 7.5 punti di media nelle altre due gare finite nel clutch time, tirando con un pessimo 36.4% dal campo e un ancora peggiore 28.6% da tre punti. Nella gara-4 vinta allo scadere hanno subito un parziale di 14 a 5 negli ultimi tre minuti e mezzo. Decisamente troppo poco per una squadra che ha chiuso con il 4° migliore offensive rating stagionale e dotata del migliore attaccante dell’intera Lega.
Denver per chiudere la serie (e magari poi provare a non essere seppellita da OKC) ha bisogno di più canestri da chiunque non si chiami Jokic. Segnare in situazioni di gioco rotto e pescare jolly nel clutch time è la chiave per il successo nei playoff, dove le difese ti sfidano spesso a prendere il peggior tiro possibile. Anche un attacco a metà campo eccellente come quello dei Nuggets, che in stagione ha prodotto 104.0 punti per 100 azioni contro le difese schierate (4° migliore dato NBA), deve ricorrere a situazioni disperate se non si riesce a trovare la superstar.
Canestri come questi per fermare l’emorragia di Denver in Gara 4 sono fondamentali quando viene negata la ricezione di Nikola Jokic.
Non a caso, la migliore partita dei Nuggets è stata gara-5, quella nella quale ha finalmente deciso di palesarsi Playoff Jamal. Pescare una prestazione da 43 punti con un solo tiro libero e l’81.3% di true shooting non è importante solo da un punto di vista di far mettere punti a referto a qualcuno che non sia Jokic, ma anche perché apre praterie per l’attacco di squadra. Per la prima volta nella serie, sei giocatori di Denver hanno chiuso con almeno 10 punti.
Questo perché un Murray attivo comporta svariati benefici. Se lui è in serata, la difesa non può permettersi di collassare interamente su Jokic, ma deve ideare soluzioni alternative per un secondo giocatore capace di muoversi senza palla e di essere pericoloso allo stesso tempo dal palleggio. Nel caso dei Clippers, i tentativi sui consegnati o sui pick&roll sono stati molteplici: il più comune è stato quello di uscire con il lungo al livello del blocco, chiudendo la linea di passaggio al rollante con un terzo uomo e concentrando gli aiuti in area, ma si sono sperimentati anche il classico ice sul pick&roll e la più canonica drop coverage. Tutte situazioni superate con successo da Denver.