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I Phoenix Suns hanno cominciato a fare le cose normali
11 nov 2019
11 nov 2019
Potrà sembrare poco, ma per una delle peggiori squadre NBA degli ultimi anni è tantissimo.
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Foto di Michael Gonzales/NBAE via Getty Images
(foto) Foto di Michael Gonzales/NBAE via Getty Images
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Sembra diventare un appuntamento ciclico, ormai praticamente un cliché a questo punto, utilizzare la metafora della fenice che risorge fiammeggiante dalla pila delle proprie ceneri. Ma negli ultimi dieci anni per i Phoenix Suns ci troviamo di fronte alla terza resurrezione inaspettata: dopo una stagione da 19 vittorie complessive, vedere che i Suns si posizionano tra le migliori squadre della lega sia in attacco che in difesa - dopo che le mosse estive erano state criticate da praticamente chiunque - rende forse quella attuale la resurrezione più inaspettata di tutte.Per carità, il campione di partite è ancora troppo piccolo e siamo in una fase talmente embrionale della stagione che i numeri non riescono davvero a fornire un vero dato indicativo. Dopotutto una squadra può balzare dal 20° al 10° posto di una qualsiasi voce statistica nel giro di una notte, ma l’inizio di stagione dei Phoenix Suns - con un record di 6 vittorie e 3 sole sconfitte, di cui peraltro due per un singolo punto con un calendario tutt’altro che facile - non sembra influenzato da chissà quali anomalie o singolarità.Se escludiamo la trasformazione di Aron Baynes in un lanciafiamme dalla lunga distanza, i numeri degli altri giocatori oscillano tra “poco meglio” e “poco peggio” del resto delle loro carriere. Devin Booker, per esempio, non sta avendo una striscia incredibile come gli era successo altre volte negli scorsi anni. I Suns sono banalmente una squadra competente, con un quintetto base bene amalgamato e una panchina sopra la media. Ancora nulla è ovviamente scritto: dopo anni in cui la squadra è finita tra gli ultimissimi posti della lega, non può essere un campione di 9 partite a dichiarare concluso il periodo perdente, ma ci sono segnali per credere che la squadra sia effettivamente migliorata, che i Suns siano davvero competenti e che abbiano davvero la possibilità di giocarsi pure un posto per i playoff in questo ovest.Raising the floorIn estate il lavoro del General Manager James Jones e dell’allenatore Monty Williams ha completamente ribaltato la franchigia, a partire dal roster e da come ci si comporta in campo. Durante la conferenza stampa di introduzione del nuovo coach, James Jones aveva già dato le linee guida di quella che sarebbe stata l’estate dei Phoenix Suns.«Dobbiamo aggiungere giocatori negli anni migliori della loro carriera, dobbiamo alzare la base della nostra squadra, e quello si fa unicamente con giocatori NBA. Non prospetti, ma giocatori NBA». Le parole di James Jones non hanno avuto molto seguito o molto ascolto - d’altronde era la quinta conferenza di presentazione di un coach negli ultimi quattro anni a Phoenix - e il resto del mondo ci ha visto solo un GM esordiente nell’ufficio in cui solo pochi anni prima erano state lasciate delle capre a defecare.Ma le parole di Jones, rilette oggi, sono molto meno sciocche di quello che sembravano allora. Dopo anni passati a prendere giocatori unicamente per il loro potenziale, i Suns avevano bisogno di avere gente competente a roster. Dragan Bender ha 17 anni ed è così scoordinato che difficilmente può centrare la propria bocca con una forchetta? Vero, ma ha il potenziale di essere il nuovo Porzingis, si diceva. Marquese Chriss non ha idea di come difendere senza saltare addosso all’attaccante? Sì, ma se riesce a trovare la quadra uno con quell’atletismo e quel rilascio potrebbe essere inarrestabile. Applicate questi due esempi a qualsiasi altro prospetto preso di recente - perfino allo stesso Deandre Ayton - e il risultato non cambia: dalle ceneri della squadra di Goran Dragic & Co, andata a tanto così dai playoff, non è riemerso nulla.Lo stesso proprietario Robert Sarver ha ammesso di dover fare un passo indietro nelle decisioni societarie, e sebbene sia difficile credere che riesca a farlo davvero e in modo sostenibile, è anche difficile pensare che le mosse effettuate dalla dirigenza in questa estate abbiano avuto il suo benestare - visto che sono state in totale contrapposizione rispetto al passato.Già dalla notte del Draft i Suns hanno messo le basi della squadra attuale. Hanno pagato delle seconde scelte per liberarsi di TJ Warren per fare spazio salariale per firmare Ricky Rubio, ceduto la loro prima scelta (la numero 6) e una futura prima di Milwaukee per prendere due giocatori pronti a giocare subito (Dario Saric e Aron Baynes), oltre a due rookie che hanno già l’età del resto del core della squadra (Cameron Johnson, 23 anni, e Ty Jerome, 22). Inoltre hanno lasciato partire senza rimpianti Dragan Bender e pagato una seconda scelta e De’Anthony Melton per liberarsi dalla presenza tossica di Josh Jackson (dopo l’estate passata a sfuggire senza successo alle forze dell’ordine, saltare gli appuntamenti di autografi coi fan e fumare marijuana addosso al proprio neonato), reclutando invece un mastino come Jevon Carter. L’estate si è infine conclusa con il rinnovo biennale a Kelly Oubre Jr., arrivato durante la scorsa stagione per la svogliata salma di Trevor Ariza, in quella che a posteriori sembra sempre di più una mossa di mercato geniale.I Suns insomma hanno speso molti asset e molto spazio salariale per prendere giocatori che non sono e non saranno mai delle stelle - e anche per questo la risposta dei media alla loro strategia è stata glaciale.

La gestione degli asset non può in ogni caso essere definita ottimale neanche dopo l’inizio incoraggiante e la off-season dei Suns, ma almeno è stata sensata: prendere il miglior coach che la franchigia abbia visto dai tempi di Mike D’Antoni e assemblare un roster logico - invece che un gruppo di giocatori da G-League e prospetti di dubbio valore - non è nemmeno il disastro che si voleva annunciare.

La franchigia aveva semplicemente bisogno di cambiare rotta. In una lotteria dove vincere 19 partite può comunque condannarti a non scegliere in top-5, i Suns hanno deciso che la crescita di Devin Booker e Deandre Ayton sarà ciò che alla fine decreterà il futuro della franchigia - e il resto delle risorse dovrà essere devoluto a metterli nelle condizioni di avere successo. James Jones e Monty Williams, evidentemente, avevano in mente un piano.0.5 seconds or lessI principi del gioco di Monty Williams non sono diversi da quelli predicati negli ultimi due anni da Jay Triano e Igor Kokoskov, ma il roster a disposizione è sostanzialmente diverso e, per la prima volta in un lustro, i giocatori hanno una figura che rispettano in panchina.I risultati sono sinceramente impronosticabili: i Suns sono diventati la miglior squadra per passaggi della lega con il 67% dei canestri assistiti (meglio dei Warriors dell’anno scorso); in questo modo il carico offensivo dei giocatori è molto più bilanciato, e Booker può permettersi di prendere dei tiri molto migliori, magari segnando e fornendo un po’ meno assist rispetto alla passata stagione, ma ad un livello di efficienza migliore. Basti pensare che Booker è passato dal 66% delle sue conclusioni della passata stagione che non provenivano da passaggi al 40% di quest’anno - e non a caso attualmente sta tirando il 53% dal campo, il 50% da 3 punti e il 90% ai liberi.Ovviamente la percentuale da tre punti non è sostenibile nel corso della stagione, ma era altrettanto assurdo che un giocatore con quel rilascio fosse costretto a delle percentuali attorno al 35%. Booker è passato dal vedersi raddoppiato quasi a ogni possesso ad essere lasciato semplicemente libero di muoversi lontano dal pallone e di tirare nelle sue zone di campo preferite. L’anno scorso era il giocatore costretto a prendersi i tiri più difficili di chiunque, quest’anno può godersi una distribuzione di tiro quasi normale.L’idea alla base del gioco di Williams è quello di prendere decisioni in mezzo secondo: passare il pallone, tirare, provare una penetrazione, tutto deve essere fatto velocemente. Ancora, nulla di sconvolgente o rivoluzionario, ma vedere giocatori come Kelly Oubre prendersi meno tiri e condividere palla molto di più coi compagni è un risultato insperato.Molti di questi meriti in attacco arrivano da due aggiunte recenti: Ricky Rubio e Aron Baynes. Il primo è una presenza estremamente vocale nel campo: Monty Williams in conferenza stampa aveva dichiarato che voleva a tutti i costi un giocatore come lui perché sapeva che poteva essere la voce del coach all’interno del parquet. Rubio non ha solo sgravato Booker dal peso di gestire l’attacco da ogni possesso, facendogli ritrovare movimenti e tiri che non vedeva dalla sua stagione a Kentucky, ma si comporta da vero e proprio generale delle truppe in campo.

Gli avversari stanno sfidando apertamente Rubio a tirare, battezzandolo e intasando l’area, ma per ora Rubio ha risposto presente con un 40% sulle triple con spazio. Rubio non deve essere un cecchino da fuori per far funzionare l’attacco, ma deve comunque continuare a non concedere a una difesa di ignorarlo per tutta la partita.Baynes, ma tutto il reparto lunghi in generale, è stato invece ciò che ha spostato il baricentro della squadra in attacco. I Suns sgomberano molto spesso l’area durante il possesso in attacco, non rollano mai a canestro se c’è già un giocatore posizionato più in basso e in generale costringono i propri difensori a seguirli dietro la linea da tre punti. Baynes sta tirando un impensabile 48% da 3 punti con 4.5 tentativi a partita (oltre a portare dei blocchi granitici), e a lui si aggiunge Dario Saric che è il giocatore di 2.10 che corre di più di tutta la NBA per come si muove costantemente fuori dalla lunetta, portando blocchi sul portatore e lontano dalla palla. Questa gravità fuori dall’area ha aperto le piste per le incursioni di Oubre e Booker e per le ricezioni in post di Ayton (quando tornerà dalla squalifica di 25 partite per aver assunto una sostanza proibita dalle politiche antidoping).

Contro i Clippers, come contro il resto delle squadre, è la gravità sull’esterno dell’area che crea spazio per attaccare il canestro: in tutte le clip i Suns muovono quattro giocatori sul perimetro e lasciano spazio a uno e un solo giocatore di attaccare il ferro. Finora i Suns hanno segnato più punti al ferro dell’avversario ogni volta che hanno tentato più triple: non è un caso.

Insomma, un attacco sostanzialmente normale nella NBA moderna, che viene elevato quanto basta dalla propria stella nei momenti di ristagno per diventare efficace. Booker è sempre uno dei realizzatori più talentuosi della lega e attaccare una difesa sbilanciata gli permette di essere letale, mentre nelle altre occasioni può limitarsi a creare per sé o per gli altri con il suo talento. È quello che i tifosi Suns cercavano invano di raccontare al resto della lega nelle scorse stagioni: Booker non è un giocatore da grandi numeri in squadre perdenti, ma una stella in divenire circondata da personale incompetente.Competenza aggressivaUn’altra frase di quella conferenza stampa di James Jones sembra descrivere altrettanto perfettamente come le cose funzionino in difesa, dove i miglioramenti dei Suns sono ancora più impensabili.Monty Williams richiede fondamentalmente due cose ai suoi giocatori: essere aggressivi e intasare l’area, e finora i risultati sono stati eccellenti. Anche qui i miglioramenti sono dovuti anche e soprattutto all’aumento di competenze all’interno del roster. Ricky Rubio è sempre stato una point guard con ottimi istinti difensivi; Saric e Baynes sono netti miglioramenti rispetto al materiale corporeo a disposizione nelle passate stagioni; e le sconfinate braccia di Kelly Oubre e Mikal Bridges possono finalmente trovare terreno fertile. I Suns sono aggressivi come nessun altro in NBA (e fanno fallo come nessun altro di conseguenza), ma hanno anche il terzo numero di palle perse forzate per 100 possessi, una difesa al ferro tra le prime 10, una difesa sul perimetro tra le prime 10 e sono la terza squadra nel costringere tiri dalla media distanza. Ovviamente questi numeri non saranno così eccellenti per tutto il resto della stagione e verranno senz’altro ridimensionati, ma se si cerca un numero fortemente sballato per chiamare questo inizio di stagione una fortunata coincidenza, non c’è molto da cercare.L’aggressività difensiva poi raggiunge il suo apice quando Williams decide di far giocare Jevon Carter, che è un nome oscuro all’appassionato medio NBA, ma è uno di quei giocatori ossessionanti in difesa come i Patrick Beverley di questo mondo. Williams usa Jevon Carter per pressare le PG avversarie a tutto campo, ed è un lavoro massacrante.

In questa GIF presa da questo illuminante articolo di Mike Prada si può notare come il pressing di Carter costringa Ty Jones a bruciare 10 secondi di cronometro solo per iniziare l’azione, per poi costringerlo a un passaggio disperato in uno schema ormai rotto.

Oltre alla selva di braccia lunghe delle ali e alle letture scaltre di Saric e Rubio, i Suns hanno un personale di difensori estremamente competenti per circondare due difensori mediocri come Ayton e Booker, e anche loro in ogni caso stanno provando a contribuire. Nell’unica partita giocata finora Ayton ha fornito una prova difensiva encomiabile (frutto anche dei lenti ma costanti progressi difensivi della passata stagione), e anche se i numeri difensivi di Booker continuano ad essere orrendi, è innegabile l’impegno che ci mette a seguire il giocatore dietro ad ogni blocco o a restare di fronte alla penetrazione avversaria. Solo con una nuova mentalità difensiva di squadra può portare a giocate del genere: https://www.youtube.com/watch?v=lYYEaVrUhWg

Come i Suns hanno sconfitto l'ultima squadra imbattuta in NBA.

Il loro spendersi così tanto a circondare gli avversari nel pitturato ha il prezzo da pagare delle triple concesse: con un buon movimento palla gli avversari si trovano spesso con un buon tiro da tre a disposizione, e per ora Phoenix è stata abbastanza fortunata in quelle occasioni, visto che gli avversari hanno tirato nella media di lega - ciò ad esempio non è stato vero contro gli Heat, che hanno tirato col 54% da 3 punti e hanno inflitto ai Suns la terza sconfitta stagionale - e probabilmente durante la stagione il dato potrebbe aumentare. Bisogna però sottolineare come la percentuale da 3 punti sia un numero su cui le squadre hanno pochissimo controllo e potrebbe oscillare in modo diverso anche per merito del semplice caso.Anche in difesa quindi non c’è nulla di rivoluzionario: sono principi estremamente noti in NBA e applicati con metodo, ma che appaiono straordinarie se considerata la base di partenza. I Suns sono sempre stati tra le ultime tre squadre difensive negli ultimi quattro anni: questo miglioramento, letto sotto quest’ottica, ha del miracoloso.Trend or fluke?Ci sono segnali contrastanti per capire se la squadra continuerà su questa falsariga o se sprofonderà nuovamente nella parte (molto) bassa della classifica.Ci sono aree del gioco dei Suns che vedranno i propri numeri calare drasticamente: Baynes e Booker dovranno raffreddare le proprie percentuali, i tiri dalla lunetta potrebbero essere più imprecisi, Rubio potrebbe non risultare così affidabile nei tiri aperti e contemporaneamente gli avversari potrebbero iniziare a tirare meglio. Ma è anche vero che altre aree del loro gioco potrebbero ancora crescere: Mikal Bridges potrebbe ricordarsi di avere un tiro da fuori e i tiri liberi tentati potrebbero aumentare (sono il numero più basso di tutta la NBA, a fronte di quello più alto di falli commessi). Il ritorno di Ayton cambierà ovviamente le cose, ma difficilmente le peggiorerà di tanto. Ayton potrebbe dare varietà al gioco in attacco, muovere Baynes in panchina per dare alla second unit un’arma migliore di Frank Kaminsky e in generale variare un po’ lo spartito che, al momento, sembra un po’ troppo monodimensionale.I Suns non arriveranno ovviamente a fine stagione come una delle prime tre o cinque squadre per record come sono ora, ma altrettanto difficilmente saranno una squadra come quella delle passate stagioni. L’anno scorso per arrivare alla quinta vittoria Phoenix ha dovuto prima incassare 24 sconfitte; quest’anno la squadra ha finora sempre risposto presente dopo una prestazione sotto la sufficienza.Se c’è una cosa quindi che potrebbe far ben sperare i tifosi dei Suns è l’atteggiamento della squadra. I giocatori sembrano seguire il loro allenatore in tutto (ed è una differenza totale dalla passività mostrata sotto Kokoskov), e il gruppo ha insperatamente vissuto un periodo di coesione e cambiamento culturale iniziato, incredibilmente, da Kelly Oubre e il suo #ValleyBoyz che ha contagiato la squadra.

Lo stupido rituale che i Suns eseguono prima dei due tempi della partita, con questo pogo che coinvolge tutti i giocatori, in cui Kelly Oubre regna incontrastato ogni volta.

Comunque finisca la stagione, se l’ennesima insperata resurrezione di Phoenix porterà a qualcosa di positivo o di duraturo nel tempo, le cose sono molto migliorate rispetto a pochi mesi fa. I tifosi dei Suns sono ormai dolorosamente abituati ad aspettarsi il peggio e rimanere comunque delusi, ma quanto visto finora è una delle feel-good stories della NBA: e per una piazza che si è ritrovata ad essere lo zimbello della lega per troppo tempo, ed è una cosa a cui storicamente non era abituata.

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