
Il positivo avvio di stagione degli Charlotte Hornets (5-3 per cominciare, prima di un rovinoso viaggio a Ovest che li ha fatti scendere a 6-7) non può essere considerato come una vera e propria sorpresa. I segnali erano arrivati durante la scorsa regular season, terminata con l’aggancio al treno dei play-in, e già facevano presagire la possibile crescita di un gruppo giovane e con parecchio talento a disposizione. Allo stesso modo l’avvio di stagione di Miles Bridges - tra le colonne portanti della squadra - può stupire solo se non si è prestata attenzione alle qualità messe in mostra dal prodotto di Michigan State fin dal suo esordio in NBA. E se gli Hornets sono ora attesi a un passo importante nel percorso che dovrebbe portarli a entrare stabilmente nella parte alta della classifica della Eastern Conference, per Bridges i prossimi mesi prospettano un bivio fondamentale sulla strada che potrebbe portarlo a diventare uno dei giocatori di complemento più ambiti della lega.
Non solo schiacciate
Come spesso avviene per chi dispone di mezzi atletici fuori dall’ordinario, la prima parte di carriera di Miles Bridges è stata caratterizzata dall’assidua presenza negli highlights di giornata e da un generale scetticismo circa la reale efficacia del suo stile di gioco spericolato, tra corse in contropiede e voli sopra il ferro.
Una spiccata tendenza alla verticalità già evidenziata al college.
Atterrato in una versione degli Hornets in forte ristrutturazione, con James Borrego all’esordio come head coach, l’ex Spartan ha trascorso le prime due stagioni regalando giocate spettacolari a passaggi a vuoto e momenti di autentico blackout. Nondimeno, tra le pieghe di prestazioni spesso discontinue si intravedevano predisposizione a colpire dalla lunga distanza, capacità di mettere palla per terra, mobilità difensiva e intuito per il posizionamento a rimbalzo. Tutte doti emerse con forza ai nastri di partenza della stagione 2021-22, pezzi di un puzzle che formano i contorni di quella che, se non è la versione migliore possibile di Miles Bridges, ci va molto vicino. Un balzo in avanti che arriva da lontano e, soprattutto per il diretto interessato, arriva al momento giusto.
Miles Bridges 5.0
Dietro ai miglioramenti evidenziati da Bridges, oltre ai normali effetti del processo di maturazione di un ragazzo che tra le altre cose ha solo 23 anni, c’è un segreto che poi tanto segreto non è: il lavoro in palestra. Le ore trascorse in compagnia di Jay Hernandez, assistente di Borrego con delega allo sviluppo dei giocatori e personaggio che meriterebbe un racconto tutto suo, stanno pagando i dividendi attesi, innanzitutto nella metà campo offensiva. Meccanica di tiro e tempi di rilascio della palla, aspetti del bagaglio tecnico non proprio eccellenti in uscita dal college, permettono ora a Bridges di rappresentare una minaccia nel gioco perimetrale. Il lento rientro di Terry Rozier e l'addio di Devonte' Graham - passato a New Orleans - hanno finito per aumentare non poco il volume di triple prese (7.4 contro le 4.4 del 2020-21), a fronte del quale Bridges sta mantenendo una discreta efficienza. Il 34.4%, da tre, dato ben al di sotto del 40% complessivo con cui aveva chiuso la stagione precedente, è influenzato da un paio di seratacce che pesano sul campione statistico ridotto ma in situazioni di catch & shoot – che rappresentano circa un quarto dei tiri presi – la percentuale sale al 39.6%. La pericolosità al tiro, se sostenuta, significa inoltre che le difese non possono concedere troppo agio, lasciando però il marcatore diretto in balia della decisione di Bridges: alzarsi e tirare o abbassare la testa e attaccare il ferro?
Leggera indecisione del marcatore diretto che apre a Bridges un corridoio verso il canestro.
Il notevole passo in avanti compiuto da Bridges nella metà campo avversaria poggia anche su una selezione di tiro perfettamente in linea con i moderni dettami del gioco: in questo primo scampolo di regular season il 60% dei tiri presi dall’ala degli Hornets è arrivato negli ultimi tre metri di campo e il 38% da dietro l’arco dei tre punti, lasciando al mid-range, autentica terra di nessuno nell’NBA contemporanea, la miseria di 4 tentativi totali (e già nella stagione precedente i tiri dalla media erano stati poco più del 5% complessivo).
Efficacissimo quando marcato da avversari di taglia inferiore (56.6% la sua percentuale dal campo contro le guardie) o meno veloci e mobili di lui (53.8% contro i centri di ruolo), Bridges appare perfetto per una pallacanestro che vive sempre più di cambi e adattamenti difensivi. All’abilità nello sfruttare i mismatch, il ragazzo di Flint aggiunge lo slancio nel buttarsi a rimbalzo in attacco con una foga che per certi versi ricorda un maestro della specialità come Russell Westbrook, e una visione di gioco non proprio comune (3.5 assist di media fin qui, massimo in carriera, confermato anche dal 14% di assist contro il 10.7% dello scorso anno).
Numero circense, forse ispirato dal compagno di squadra con la maglia numero 2.
Per quanto ovvio, infine, l’arrivo in squadra di LaMelo Ball nell'autunno del 2020 ha alzato la qualità dei tiri presi dai compagni, ivi compreso Bridges, aumentando l’efficacia offensiva di squadra (attualmente Charlotte ha il 7° rating offensivo della lega). Non solo: con il più giovane dei fratelli Ball, Bridges condivide la predilezione per l’attacco in transizione, situazione in cui entrambi possono dare sfogo all’approccio istintivo al gioco che li contraddistingue (il passo degli Hornets – 102.89 – è il 3° di tutta la NBA, Bridges va ancora più veloce con una media di 103.55).
Tutto in apparenza molto semplice sull’asse Ball-Bridges.
Mister versatilità
Quando si giudica un giocatore, in particolare durante la prima fase della carriera, sarebbe sempre opportuno tenere conto del contesto di squadra in cui si trova a operare. Nelle prime tre stagioni in NBA di Bridges, la squadra aveva rispettivamente il 16°, 23° e 25° defensive rating su 30, e attualmente Charlotte è la terza peggior difesa della lega. Nonostante qualche timido segnale di inversione di tendenza - gli Hornets sono sesti per palle recuperate in difesa (9.5) dopo essere stati sempre nella parte bassa della relativa classifica negli ultimi anni – l’impianto di squadra rimane molto fragile. Difficile maturare un’identità difensiva con queste premesse. Eppure anche nella metà campo amica Bridges ha mostrato progressi notevoli: la taglia fisica (2 metri per 102 chili di peso e un’apertura di braccia di 204 centimetri) gli consente di fatto di marcare tutti e cinque gli avversari in campo.
Contro le guardie: far desistere Chris Paul dal prendersi uno dei suoi classici tiri dalla media.
Contro le ali: dare a Jimmy Butler un po' della sua stessa medicina.
Protezione del ferro e bullismo verso i rookie.
Nell’arco della scorsa stagione e ancor di più in quella in corso, Bridges si sta dimostrando un difensore efficace nell’uno-contro-uno. Tuttavia, anche se grazie alla versatilità di cui sopra il suo rating difensivo (109.5) è nettamente migliore di quello degli Hornets (112.3), permangono molte lacune nei tempi di reazione e nella comprensione dei meccanismi di squadra. Ad ogni modo si tratta di difetti comuni a molti altri colleghi, anche più navigati, difetti che la maggior parte dei coaching staff vedrebbe più che altro come ulteriori margini di crescita. Perché in effetti la miglior versione di Miles Bridges assomiglia parecchio all’ideale del perfetto 3&D, un archetipo tra i più ambiti nella NBA di oggi.
Al posto giusto nel momento giusto
L’attenzione con cui il resto della lega guarda allo sviluppo, o forse si potrebbe dire all’esplosione di Miles Bridges, non è un elemento di poco conto. Così come non di poco conto è la posizione contrattuale del giocatore, che con tutta evidenza – e altrettanta legittimità – punta a far coincidere il salto di qualità nelle sue prestazioni con un salto in avanti, o per meglio dire verso l’alto, del suo valore di mercato. Gli Hornets, che lo hanno scelto alla posizione numero 12 del Draft 2018 e l’hanno sotto contratto fino al giugno 2022, vantano la possibilità di pareggiare le offerte che arriveranno all’indirizzo di Rich Paul, potentissimo agente a cui il giocatore si è affidato fin dall’ingresso in NBA. I 7.4 milioni di dollari previsti nella qualifying offer sono quindi da considerare come mera "base d’asta", perché nelle more di un rinnovo pluriennale è facile ipotizzare che dalle parti di Klutch Sports si punti, giusto per fare un esempio, a quanto concesso all’altro Bridges, Mikal, ala dalle caratteristiche per molti versi simili, scelta due posizioni prima di Miles nello stesso Draft e beneficiaria di una recente estensione quadriennale da 90 milioni di dollari.
Nel frattempo, se vi interessasse sapere come Bridges ha speso i primi soldi guadagnati nella lega.
L’impressione è che Michael Jordan e soci difficilmente si lasceranno sfilare sotto gli occhi quello che potrebbe essere un serio candidato al premio di giocatore più migliorato dell’anno e, cosa ancora più importante, partner ideale del franchise player da cui passeranno i destini della squadra. Mettere mano al portafoglio sarà un passaggio obbligato per poter mantenere intatta una coppia che promette di far divertire il pubblico di casa, vincere parecchie partite e generare un’attenzione mediatica che a Charlotte manca da almeno un quarto di secolo. Le prove generali dei nuovi Hornets sono appena iniziate, ma Miles Bridges è già nell’altra metà campo pronto a spiccare il volo.