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Come si inserisce LeBron James nei Lakers di Luka Doncic
21 nov 2025
Quanto cambia il ritorno del Re nell'alchimia dei Lakers?
(articolo)
6 min
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IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Nella notte fra martedì e mercoledì, i Los Angeles Lakers hanno riabbracciato LeBron James, dopo che un fastidio al nervo sciatico lo aveva tenuto fermo per il primo mese, e oltre, della stagione regolare. Contro i Jazz si è trattato del primo test della rinnovata convivenza James-Dončić, concluso con una non irresistibile vittoria, arrivata grazie alla classica sgasata nel terzo quarto, in cui i Lakers hanno finalmente alzato l’intensità difensiva, che ha messo la questione in discesa.

La partita di martedì notte ha però un’altra particolarità. Per la prima volta nei 23 (ora ufficiali) anni di carriera di LeBron James, la sua squadra è riuscita a barcamenarsi in sua assenza più che egregiamente, senza quindi forzarlo a un rientro affannoso e anzi dimostrando - per merito anche di un calendario fino a ora decisamente favorevole - che la “dipendenza” da LeBron potrebbe non essere più un problema così stringente, perlomeno in RS.

La domanda successiva viene dunque spontanea: dove possono arrivare questi Lakers ora che LeBron è tornato? La risposta è ovviamente non banale e va a intrecciarsi con un quesito ancora più incalzante, fosse anche solo per fattori temporali, ovvero “come inserire il miglior giocatore di sempre (con tutto ciò che ne consegue) in un meccanismo che sembra tutto sommato funzionare, possibilmente senza far saltare tutto”?

Questa è chiaramente la squadra di Luka Dončić, al riguardo non ci sono particolari dubbi. L’inizio di stagione straordinario dello sloveno non lascia spazio ad altra interpretazione se non questa, non solo e non tanto per i classici numeri da capogiro che è in grado di mettere a tabellino ogni notte (34-9-9, che male non sono), quanto più per l’atteggiamento mostrato, chiaramente quello di un giocatore con stampato in testa l’obiettivo di far ricredere un po’ di scettici dopo una stagione – e soprattutto dei Playoffs 2025 – decisamente sotto le aspettative.

Lo stesso LeBron ha riconosciuto questo ruolo (almeno a parole): è recentissima la notizia che sia stato proprio lui a spingere perché Luka venga introdotto come ultimo giocatore della lineup, un simbolo che però, come si sa, in NBA ha un certo valore. Se poi il Prescelto sarà veramente in grado di accettare questa situazione mediatica in serenità sarà tutto da vedere; nel mentre, però, proprio la partita con i Jazz potrebbe averci dato uno scorcio di quello che sarà il suo impatto sul campo. Agli 11 punti di ordinanza (la streak infinita di partite in doppia cifra va sempre e comunque tenuta aperta), LeBron ha infatti aggiunto 12 assist, che sarebbero potuti essere tranquillamente di più se Ayton non si fosse mangiato un paio di appoggi nel finale.

Sul quoziente intellettivo cestistico di James ci sono pochi dubbi, e allo stesso modo l’aver anche solo pensato per un attimo che un giocatore di questo livello potesse “rovinare” l’alchimia dei Lakers era pura follia ma, se mai ne servisse un’ulteriore riprova, questa è prontamente arrivata. Anche in quella che è stata per lui una sostanziale sgambata di agosto, il suo playmaking è stato eccezionale: la capacità di leggere la difesa con due tempi di anticipo lo rende ormai in grado di fare sempre e comunque la scelta migliore, giocando con pazienza e reagendo a quanto proposto dalla difesa.

Non c’è una situazione “A” a cui non sia già pronta la risposta “B” (e anche eventualmente C o D), uno stile essenziale e per questo ancor più pericoloso per le difese. Se a tutto questo addizioniamo anche le situazioni in cui, proprio grazie a Luka e Reaves, riesce a ricevere con un minimo di vantaggio, allora il quadro si completa: la versione di LeBron da rollante/tagliante è da sempre quella più terrificante, parola di Gregg Popovich. Prima era il miglior finisher di sempre; ora, calato l’atletismo, ha compensato con varietà di soluzioni e letture ancora più fini.

Quello che ci possiamo aspettare nell’attacco a metà campo è dunque un calo della percentuale di possessi giocati da creatore primario. Ancora lo scorso anno James era nell’ottantunesimo percentile (la percentuale di giocatori NBA di cui si fa “meglio”) per possessi giocati da palleggiatore nel P&R e nel novantacinquesimo percentile per possessi in isolamento (rispettivamente 4.2 e 4.0 a partita), un numero destinato a calare, magari a favore di ancora più post-up, già comunque presenti in abbondanza, e anche qualche tiro piazzato. James ha infatti progressivamente inserito questa arma nel suo bagaglio e, con tutte le attenzioni su Luka, sfruttare lo spazio generato, oltre che per attaccare l’area, anche per punire difese eccessivamente concentrate nel chiudere il pitturato, potrebbe ampliare la gamma di soluzioni per tutto l’attacco dei Lakers. Sono 1.06 i punti prodotti per possesso nella scorsa stagione regolare sui tiri piazzati, numero esploso poi a 1.32 durante i Playoffs, a ulteriore conferma di quanto detto.

La produzione di LeBron James per ogni tipo di situazione nei Playoffs 2025

È da tempo che un vasto numero di analisti si chiede quando LeBron accetterà un ruolo “alla Draymond Green”, e la risposta è semplicemente: mai. Le soluzioni offensive di James sono ancora tali per cui è inimmaginabile pensare possa chiudere questa stagione sotto i 22/23 punti di media, considerando anche che, numeri alla mano, è sempre, anche a 40 anni e rotti, uno dei migliori giocatori in transizione della lega, se non il migliore in assoluto per controllo del corpo e visione.

Difensivamente è difficile fare una previsione di quello che potrà essere l’impatto costante di LeBron notte dopo notte. Il giocatore visto lo scorso anno è ancora un difensore molto sopra la media, chiaramente con delle pause programmate, ma anche in grado di essere a mani basse il migliore dei suoi una volta arrivati ai Playoffs.

Le prospettive dei Lakers passano inevitabilmente dalla loro metà campo: al momento la squadra di Redick è diciassettesima per Defensive Rating (numero di punti subiti ogni 100 possessi) nella lega, un dato non eccezionale e che sicuramente pone un pesante ombrello sulle ambizioni per aprile e maggio. Il personale non è di primissimo piano ma nemmeno quello dei momenti peggiori visti fra 2022 e 2023. Un’aggiunta come quella di James porterà sicuramente un miglioramento da questo punto di vista, oltre che maggiore profondità e varietà di soluzioni a disposizione del coaching staff che, come visto lo scorso anno, ha il pregio di non avere paura di proporre soluzioni anche ardite e fuori dagli schemi, sfruttando anche il decision-making difensivo di LeBron, come dimostrato nella serie contro i Timberwolves dello scorso anno, in cui lo stesso Edwards si disse confuso dall’approccio adottato dagli avversari, che ebbe infatti in prima battuta parziale successo.

Come tutti gli anni, la Western Conference è una corsa al massacro: almeno dodici squadre su quindici partono con ambizioni Playoffs, escludendo già i Clippers che paiono ormai implosi, e almeno quattro hanno legittime velleità di titolo. Fra queste quattro ci sono i Lakers, che però, esattamente come tutte le altre, dovranno prima o poi affrontare il boss finale di questa saga, il Michael Myers di questo film horror: gli Oklahoma City Thunder, freschi vincitori dell’anello, protagonisti di un avvio da 15-1 in cui l’unica sconfitta è arrivata solo e soltanto grazie – oltre che alle assenze del secondo e del terzo miglior giocatore – alla peggior serata al tiro della loro superstar da due anni a questa parte e sostanzialmente ad ora una squadra priva di difetti strutturali.

Nel capolavoro del 1978 (qui spoiler, ma se non l’avete visto: matita rossa… ndr.) Michael non può essere sconfitto, non può essere ucciso; d’altronde non sarebbe nemmeno nello stile del maestro Carpenter far vincere un Re. Ma non è per forza detto che la sceneggiatura di questa stagione NBA l’abbia scritta lui, e per una volta il Re potrebbe non essere nemmeno l’eore della storia ma un semplice, si fa per dire, co-protagonista di lusso.

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