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Dario Vismara
Jimmy Butler è entrato nella testa dei Milwaukee Bucks
27 apr 2023
27 apr 2023
E una volta lì dentro li ha distrutti.
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Dario Vismara
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IMAGO / ZUMA Wire
(foto) IMAGO / ZUMA Wire
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Prima di questa notte, nella storia della NBA era successo solamente cinque volte che la squadra con la testa di serie numero 8 eliminasse quella con la numero 1. Nel 1994 furono i Denver Nuggets a scioccare il mondo eliminando i Seattle SuperSonics rimontando da 0-2 in una serie al meglio delle 5; cinque anni dopo toccò ai New York Knicks, che dopo la regular season più corta di sempre (solo 50 partite) eliminarono Miami al primo turno grazie al canestro di Allan Houston a 8 decimi dalla fine per poi arrivare fino alle Finals, perse contro San Antonio; nel 2007 ci fu la serie più memorabile di tutte, con i Golden State Warriors del “We Believe” capaci di battere i Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki in sei gare; nel 2011 toccò ai Memphis Grizzlies buttare fuori i San Antonio Spurs vincendo la prima serie nella storia della loro franchigia; e infine nel 2012 i Philadelphia 76ers, approfittando del terribile infortunio di Derrick Rose in gara-1 e di altri problemi fisici vari, superarono i Chicago Bulls in sei gare.Ma l’eliminazione dei Milwaukee Bucks avvenuta questa notte per mano dei Miami Heat probabilmente batte tutti questi upset, non fosse altro per essere arrivati dalle forche caudine del torneo Play-In (dove peraltro avevano perso in maniera preoccupante contro Atlanta ed erano riusciti a superare Chicago solo nella volata finale), ma soprattutto per la qualità e la profondità dell’avversaria, una squadra capace di vincere il titolo con, sostanzialmente, lo stesso gruppo appena due anni fa. Certo, si possono concedere ai Bucks alcune attenuanti generiche, prima fra tutte l’infortunio subito da Giannis Antetokounmpo dopo appena 11 minuti di gara-1 (che lo ha costretto saltare le successive due partite e a tornare in condizioni non ottimali in gara-4 e in gara-5, specialmente nei secondi tempi) e una decina di giorni semplicemente insensati per gli Heat dalla lunga distanza, capaci di segnare il 45% delle loro triple dopo una regular season nella quale erano stati quart’ultimi in tutta la NBA con il 34.4%. Per rendere l’idea: gli Heat hanno tirato quasi il 5% meglio da tre punti rispetto ai Phoenix Suns di Devin Booker e Kevin Durant, facendo saltare per aria il sistema difensivo dei Bucks.Per la verità anche Milwaukee ha tirato molto bene da tre nella serie (quasi il 38% su 41.2 tentativi a partita), pareggiando in qualche modo l’exploit offensivo degli Heat. Ma è in difesa che hanno perso questa serie, loro che avevano comunque il quarto miglior defensive rating di tutta la NBA in regular season. Ma come spesso è successo nell’era Budenholzer, ciò che ha funzionato alla grande in stagione regolare ha smesso di funzionare ai playoff: il “drop coverage” estremo utilizzato quando in campo c’è Brook Lopez è stato letto, studiato e sfruttato alla grande da coach Spoelstra, autore dell’ennesimo capolavoro tattico della sua carriera, punendo le scelte conservative dei Bucks sui pick and roll con alte percentuali da ogni zona del campo: 45.5% nelle triple frontali; 49% nelle long 2s; 52.4% nella zona dei floater e addirittura 70% al ferro, oltre a un eccellente (e forse irripetibile) 14/25 dagli angoli nella serie.Spoelstra — che a sua volta ha perso Tyler Herro in gara-1 e Victor Oladipo in gara-3 — è riuscito a tenere in campo giocatori che normalmente non dovrebbero poter fare la rotazione di una squadra da playoff come Duncan Robinson (redivivo dopo una regular season passata tutta in panchina), Kevin Love (tagliato a metà stagione dai Cavs che lo avevano panchinato per l’incapacità di difendere), Cody Zeller (senza squadra fino a febbraio) o lo stesso Gabe Vincent (decisivo in gara-5 con 22 punti). Ma su questo aspetto non si può non sottolineare le mancanze dei Bucks e in particolare di coach Budenholzer, che in cinque partite non è mai riuscito a trovare il modo di far pagare la presenza di questi cattivi difensori in campo anche quando aveva a disposizione Antetokounmpo, mostrando ancora una volta di essere un allenatore in difficoltà quando chiamato a trovare degli aggiustamenti sia durante le partita che nel corso di una serie, scegliendo uno spartito tattico per 48 minuti (anche nella gestione della rotazione e del carico delle sue stelle) senza mai leggere quello che la partita gli proponeva. Un difetto fatale quando poi dall’altra parte c’è un Gran Maestro Scacchista come Spoelstra e una belva assetata di sangue come Jimmy Butler.La serie della consacrazione di “Playoff Jimmy”Parliamoci chiaro: niente di tutto quello che abbiamo scritto in precedenza sarebbe stato possibile se Butler non avesse realizzato con ogni probabilità la miglior serie della sua carriera. Il modo in cui ha dominato una squadra di altissimo livello come questi Bucks è nientemeno che storico: 37.6 punti, 6.2 rimbalzi, 4.8 assist, 1.8 recuperi sfiorando il 60% dal campo, un assurdo 44.4% da tre su 5.4 tentativi a partita e il 71% ai liberi su quasi 10 tentati a gara sono cifre che, per quanto astronomiche, non raccontano niente del controllo mentale che è stato in grado di esercitare sulle partite, in particolare le ultime due.

Dei 56 punti realizzati in gara-4, vi sfido a trovarne due facili.

Già la prestazione in gara-4 è entrata nei libri di storia della NBA come una delle più incredibili, una prova da 56 punti che si posiziona al quarto posto della classifica all-time dietro solo ai 63 di Michael Jordan nel 1986, ai 61 di Elgin Baylor nel 1962 e ai 57 di Donovan Mitchell nella bolla di Orlando; alla pari con quelle di Charles Barkley (1994), Wilt Chamberlain (1962) e sempre Jordan (1992). Ma in gara-5 Butler è riuscito addirittura a confermarsi su quei livelli straordinari, confezionando un’altra prova da 42 punti, 8 rimbalzi e 4 assist in 46 minuti sul parquet, impreziosita dall’incredibile canestro al volo per forzare il supplementare a 5 decimi dalla fine.

Ok, c’è una spinta ai danni di Pat Connaughton per crearsi lo spazio di ricezione, ma che gli vuoi dire a uno capace di segnare un canestro del genere in quel momento della partita?

Bastava guardare i volti dei Bucks durante questa serie per scorgere nelle loro espressioni quel mix unico di terrore, rassegnazione e sconforto, sentimenti che Butler è capace di infondere nei suoi avversari quando arrivano quei momenti delle partite. Sono ormai quattro anni che Butler gioca a Miami e puntualmente in ogni post-season è riuscito a salire di livello: tiri che in regular season non riusciva a segnare neanche per sbaglio magicamente non escono mai, tenerlo lontano dal ferro è semplicemente impossibile, e il numero dei suoi tiri liberi schizza alle stelle per pura forza di volontà, imponendo la sua debordante personalità su ogni contesto — indipendentemente da chi ci sia in campo dall’altra parte.Jimmy Butler è riuscito a battere i Milwaukee Bucks quasi da solo entrando nelle loro teste prima ancora che nelle maglie della loro difesa, come Freddy Krueger che entra nei sogni delle sue vittime per tormentarle quando dovrebbero riposare. Anche questa notte, quando gli Heat erano sotto di 9 a 5 minuti dalla fine dei regolamentari, sono bastati un paio di suoi canestri in fila per far tornare i fantasmi di gara-5 nelle teste dei Bucks, che terrorizzati non sapevano più da che parte prenderlo. Butler ha confezionato da solo un parziale di 12-3 per riportare i suoi in parità e in quel lasso di tempo ha soggiogato al suo volere l’intero Fiserv Forum (lui che peraltro ha fatto il college a Marquette, università di casa), e una volta che è riuscito a forzare l’overtime con quell’assurdo canestro acrobatico, gli sono bastati solamente due punti da un canestro dalla media distanza e una faccia truce a tutti quelli che avevano il coraggio di guardarlo negli occhi per mettersi in tasca una delle più forti squadre della NBA, quella che in molti consideravano la principale favorita per il titolo 2023.

Come dominare mentalmente un closeout game in casa di Giannis Antetokounmpo.

Gli Heat sono ora attesi a una serie dal forte sapore di anni ’90 contro i New York Knicks al secondo turno dei playoff, con partite che promettono di essere vere e proprie battaglie lunghe 48 minuti e oltre. Per i Bucks si apre invece una offseason che si immaginavano decisamente più corta, con decisioni importanti da prendere su questo gruppo (Brook Lopez è in scadenza, Khris Middleton può essere esteso, Jrue Holiday entra nell’ultimo anno prima di poter uscire dal suo accordo) e ancor di più sul suo allenatore, che dopo un paio di anni di pace grazie al titolo del 2021 torna adesso prepotentemente in discussione a causa di alcune scelte che gli si sono ritorte contro, come ad esempio quella di togliere dal campo Brook Lopez per inserire Connaughton sul possesso finale di gara-5, con l’esterno che è stato spostato di peso da Butler prima del tiro del pareggio. Come sarebbe finito quel possesso, e quindi la partita, se al posto dei 95 chili di Connaughton ci fossero stati i 128 e i centimetri di Lopez? E perché Antetokounmpo ha marcato così poco Butler nei momenti decisivi? Perché non è stato chiamato timeout sull’ultimo possesso dell’overtime?I Bucks hanno un’estate intera per rimuginarci su, mangiandosi le mani per un atteggiamento sbagliato (anche Giannis ha ammesso che «Loro hanno giocato per batterci e noi abbiamo giocato per vincere il titolo… a essere onesti abbiamo guardato fin troppo avanti») e per una serie che avevano tutte le carte in regola per vincere anche senza Antetokounmpo al 100%. Ma questo non toglie nulla, anzi se non altro aumenta, i meriti di Jimmy Butler e dei Miami Heat, che dopo una regular season a dir poco a fari spenti sono tornati a fare paura all’intera Eastern Conference.

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