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La più incredibile rimonta nella storia dei playoff NBA
22 mag 2025
Praticamente un film.
(articolo)
9 min
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Gli Indiana Pacers sono arrivati alle finali di Conference con un percorso autoritario. Hanno vinto 4 a 1 contro i Milwaukee Bucks, e poi ancora 4 a 1 contro i favoritissimi Cleveland Cavaliers. In queste 8 vittorie ci sono state partite dominate dai Pacers, ma anche due incredibili rimonte, una per serie. Ha girato molto una statistica a riguardo: prima di questi playoff, negli ultimi 20 anni di basket NBA, il record delle squadre sotto di almeno 7 punti negli ultimi 48 secondi di un quarto quarto o supplementare era di 1-1679, cioè una sola volta su 1680 una squadra era stata in grado di rimontare e vincere. I Pacers lo hanno fatto due volte in 8 giorni, portando il record a 3-1679.

È quel tipo di statistiche un po’ così, che puoi provare a giustificare con l’impatto del tiro da 3 punti sul gioco, che ovviamente facilita le rimonte, ma che - comunque - contiene in sé qualcosa di inspiegabile sia a livello matematico che sportivo. Come si diventa una squadra in grado di battere la statistica, il senso comune e il gioco stesso?

Gli Indiana Pacers l’hanno fatto di nuovo, in gara-1 delle finali di Conference, al Madison Square Garden contro i New York Knicks. Quello che è successo è francamente inspiegabile, e verrebbe da usare l’abusato termine di "resilienza", per provare a dare un senso a una cosa che un senso non ce l’ha.

Qui se volete risolvere questa storia velocemente, altrimenti seguitemi passo passo.

A 2 minuti e 40 secondi dalla fine del quarto quarto, Indiana era sotto di 14 punti, 105 a 119. Per New York era andato tutto bene fino a quel momento: addirittura il parziale che aveva - si pensava - chiuso gara-1, era arrivato con Brunson in panchina. A 2 minuti e 40 secondi una tripla frontale da 9 metri di Haliburton trova la retina. L’ha presa dopo qualche palleggio scomposto, coi piedi messi male e il lungo braccio di Bridges davanti. Haliburton ha questo tipo di canestri, ma poco male: ai Knicks ora tocca il pallone, e altri 24 secondi per attaccare, con la difesa di Indiana che aveva molte difficoltà a mettere a segno qualche stop difensivo per riaprire la partita.

New York però si inceppa leggermente. Brunson sbaglia una tripla, dall’altra parte Nesmith segna una tripla. Non lo sappiamo, ma - se dovessi segnare un momento - è questo il momento in cui i Pacers hanno vinto la partita, iniziato una delle più incredibili rimonte nella storia dei playoff. Ma andiamo con calma: Karl-Anthony Towns sbaglia una tripla, Siakam segna uno dei suoi due liberi che si è guadagnato.

Nesmith aveva già segnato 2 triple nel quarto quarto, ma questa avrà un'importanza capitale. Da notare le cattive rotazioni dei Knicks: niente succede puramente per caso.


È un mini-parziale di 7 a 0 che porta la partita sul 119-112, ma a questo punto manca appena un minuto. Brunson che è un giocatore da questi momenti, che ha vinto il premio di giocatore clutch della stagione, dove per clutch si intendono gli ultimi 5 minuti di partita, se lo scarto tra le due squadre non è superiore a 5 punti, si fa dare il pallone per attaccare in isolamento. Tecnicamente non siamo nel clutch, perché ci sono più di 5 punti tra le due squadre, ma il clutch è anche uno status: Brunson si infila nella difesa schierata di Indiana e con una magia segna il canestro dei +9: mancano 58.8 secondi alla fine, il Garden tira un sospiro di sollievo.

I Finance bro in prima fila si danno il cinque.

A questo punto, però, le cose diventano semplicemente indefinibili. Il concetto di mano calda è molto discusso nel basket, e identifica qualcuno che, come si dice, inizia a vedere il canestro come una vasca da bagno. Pensate al miglior Klay Thompson. Ora pensate ad Aaron Nesmith (da non confondere con l’inventore del basket, Naismith). Abbiamo detto come, di triple, ne ha già segnate 3 in questo quarto, e allora: a Nesmith basta un passaggio consegnato di Siakam e un blocco per segnare la tripla del -6 (forse ci sarebbe anche un fallo). Mancano 51 secondi alla fine.

Indiana però deve necessariamente allargare la sua difesa per provare a recuperare palla presto e non far passare altri 24 secondi. Non ci riesce, ma New York ha forse troppa fretta di segnare una volta arrivata sotto canestro con Towns. Il centro dei Knicks, invece di riaprire per togliere secondi al cronometro segna da sotto. -7 Indiana, mancano 41 secondi alla fine: siamo esattamente in quel territorio in cui il resto del mondo è 1-circa 1700 e gli Indiana Pacers di questi playoff sono 2-0.

Di nuovo: Siakam porta palla, consegnato per Nesmith, blocco, tripla del -5, mancano 34 secondi alla fine. È possibile per una squadra di Thibodeau prendere due canestri uguali in pochi secondi? L’idea di New York, probabilmente, è quella di non far arrivare il pallone ad Haliburton, più che triplicare Nesmith. Nesmith che però stava tirando col 48% da tre in questi playoff (certo non 90%)… Soprattutto, in questi casi, l’obiettivo primario deve essere far passare quanto più tempo possibile, non concedere tiri veloci e tutto sommato discreti. Obiettivo fallito.

Le due triple, praticamente identiche per costruzione, di mano calda Nesmith.

Comunque, +5, palla in mano e 34 secondi sul cronometro. La situazione per i Knicks non sembra tragica. Ma, come sapete, la pietra ha già iniziato a rotolare. Brunson ha il pallone in mano a 30 secondi dalla fine, è sotto canestro, ma invece di tirare attira il recupero di Siakam con una finta e fa un passaggio schiacciato per Anunoby ancora più sotto canestro. Se Anunoby segna, se aspetta l’avversario per prendere un fallo, se torna indietro per mangiare secondi sul cronometro, i Knicks hanno vinto. Ad Anunoby sfugge il pallone dalle mani.

Nel riprenderlo, però, Siakam commette fallo, o almeno gli fischiano fallo. Il Garden tira un sospiro di sollievo. Errore: Indiana usa il challenge - praticamente è la possibilità di usare il Var a chiamata: se il primo ha successo, ne viene concesso un secondo. Al replay gli arbitri vedono che non c’è fallo di Siakam, e che il pallone è di Indiana (questo con l'instant replay). Mancano 29.9 secondi e Indiana è sotto di cinque.

Haliburton porta su il pallone velocemente, c’è un blocco lontano dalla palla di Toppin, Nesmith esce con un ricciolo, riceve, evita il recupero di Hart, uno dei migliori difensori della NBA, e si prende una tripla tutta storta: canestro. A questo punto Nesmith è 6 su 7 da tre nel quarto quarto (record dal 1998 a oggi nei playoff). Se avete visto un briciolo di basket nelle vostre vite, sapete che questa statistica non ha nessun senso. +2 New York, mancano 22 secondi.

Poi la fortuna sembra girare verso New York. Sulla rimessa, avanzata dopo aver chiamato l'ultimo time-out, rischiano di perdere il pallone, ma riescono a uscirne fuori con 8 secondi rubati prima dell’inevitabile fallo di Indiana, che non può lasciar morire la partita col pallone in mano ai Knick. Towns, che dalla lunetta tira con un invidiabile 83.7%, fa 1 su 2 ai liberi, -3 Indiana, mancano 13.9 secondi.

Sul +3 con meno di 24 secondi sul cronometro, una delle leggi del basket è fare fallo. Mandare la squadra in svantaggio in lunetta, perché al massimo ti fa due punti e non può fartene 3. Così decidono di fare i Knicks quando vedono che Nesmith avrebbe potuto prendere un'altra tripla: meglio due liberi. Nesmith fa 2 su 2 ai liberi: +1 New York, mancano 12.4 secondi.

Indiana alza la pressione al massimo, ma ancora non riesce a generare una palla persa, che arriva ad Anunoby, che viene mandato in lunetta. Mancano 7.4 secondi, Brunson abbraccia Walt Frazier, leggenda dei Knicks in prima fila. Anunoby fa 1 su 2, Indiana è a - 2, mancano sempre 7.4 secondi.

Ci sono voluti 47 minuti, 52 secondi e 6 decimi di gioco per arrivare al finale perfetto di una partita di basket nel modo più rocambolesco possibile. Indiana che può prendere sulla sirena il tiro per vincere o perdere la partita. Indiana non ha più timeout, o non vuole chiamarlo, Haliburton si fa dare subito palla e attacca dritto a testa bassa per non far organizzare la difesa dei Knicks. Salta agevolmente la prima linea composta da Bridges, più preoccupato di non lasciargli spazio per la tripla, e poi si trova davanti Mitchell Robinson. Robinson è uno dei peggiori da trovarsi davanti quando si attacca l’area: un essere umano di 213 centimetri che muove benissimo i piedi e le braccia. Haliburton allora fa una cosa che nel basket di oggi si vede sempre più spesso, ma che è comunque impensabile visto il momento. Haliburton torna indietro. Mancano 2.5 secondi, e Indiana è sempre sotto di due. In questi casi, quando sei in trasferta, si dice meglio provare a vincere che pareggiare, perché poi comunque saresti sfavorito ai supplementari. Ma scegliere di tornare indietro invece di provare ad arrivare al ferro o passare è comunque una mossa molto coraggiosa, o da pazzi.

Anunoby, che potrebbe raddoppiarlo, non ha la lucidità di capire, ossessionato (giustamente) nell'inseguire Nesmith. Haliburton riesce a uscire dalla linea da tre punti, crearsi lo spazio sufficiente per il tiro e prenderlo prima del suono della sirena. La sua conclusione prende il secondo ferro - quella parte più tozza e quadrata che serve a tenere l’anello attaccato al tabellone - e la palla schizza in alto. Alcune braccia al Garden si alzano. È finita? No, non è finita, perché la palla riscende perfettamente perpendicolare al canestro, infilandosi come se fosse stata lasciata cadere dall’alto da una mano divina.

Haliburton, che all’inizio di questi playoff è stato votato da una manciata di colleghi come il giocatore più sopravvalutato della NBA, e che poi invece in questi playoff sta giocando benissimo, soprattutto nei finali di partita, impazzisce. La prima cosa che fa è imitare la Reggie choke, e cioè l’atto di strangolarsi a indicare il soffocamento (che in inglese sta anche per fallimento) che Reggie Miller (presente al Garden come commentatore) aveva fatto in faccia a Spike Lee in gara-5 delle finali di Conference del 1994. È una lunga storia e non posso raccontarvi tutto, ma è un gesto perfetto per quest’epoca di postmodernismo e reboot.

Haliburton però si è giocato questa carta troppo presto. Sia in generale, perché le serie sono al meglio delle 7 partite, e anche i Pacers di Miller poi avevano perso quella serie, sia nel particolare. Gli arbitri infatti scoprono che aveva una punta del piede sulla linea del tiro da 3 che, in maniera controintuitiva, vuol dire che il suo canestro vale 2 punti, e 2 punti sono buoni solo per il supplementare.

Il picco della storia, però, l’abbiamo già raggiunto. Se i Knicks hanno il fattore casa, i Pacers hanno l’inerzia di chi è morto e non può morire due volte. Il supplementare è equilibrato, ma è un sottomano di Nembhard a chiudere i conti a 26 secondi dalla fine, con New York ormai distrutta dai minutaggi dei suoi giocatori e dall’andamento della partita che non riesce a ribattere il colpo, finendo per perdere 135-138. La squadra di Thibodeau ha sprecato una partita in cui Brunson ha segnato 43 punti e Towns 35, il tipo di cose che in serie così equilibrate potrebbe costare carissimo. Ha perso il vantaggio di giocare una partita in più in casa, ma come ha detto Brunson «c’è ancora tantissimo basket da giocare».

Indiana invece continua la sua sfida contro la statistica. Non solo per quella cosa delle rimonte sotto di sette con meno un minuto da giocare è arrivata ad averne 3 su 4 nella storia dei playoff (contro 1702 perse), ma ora è diventata la prima squadra che sotto di 14 punti a 2:50 dalla fine è riuscita poi a vincere. I precedenti? 0 vittorie e 977 sconfitte.

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