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La difesa di Alex Caruso su Jokic ha cambiato gara-7
19 mag 2025
OKC elimina Denver al termine di una serie bellissima.
(articolo)
8 min
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Quando mancano poco più di tre minuti alla fine del secondo quarto, gara-7 tra gli Oklahoma City Thunder e i Denver Nuggets è sul 42-41. Come per tutta la serie (tranne gara-2), qualcosa di intangibile sembra tenere le due squadre una attaccata all’altra, come se ogni cosa tra loro debba essere decisa in volata, e in maniera drammatica. E invece la partita, e il destino della serie, è già cambiato: da quel momento i Nuggets subiranno un inevitabile parziale di 23 a 5, che porterà il punteggio sul 69-46 a inizio del terzo quarto, da cui non sapranno più riprendersi fino al 125-93 finale.

OKC va meritatamente in finale di Conference, nove anni dopo l’ultima volta, mentre Denver torna a casa, a cercare di capire il suo futuro prossimo.

LA DIFESA DI CARUSO SU JOKIC
Gara e 7, dicono negli Stati Uniti, sono le due parole più belle nello sport, ma da qualche anno in NBA sembra che spesso la gara decisiva di una serie debba finire con un blowout. I motivi possono essere tanti: la varianza del tiro da tre, la stanchezza di un calendario sempre più fitto, il poco riposo tra le gare, gli infortuni. Gara-7 tra Thunder e Nuggets, poi, questi elementi li aveva e li ha avuti tutti, a partire proprio dall’ultimo, gli infortuni. Denver si è presentata a Oklahoma con ⅗ dei titolari in precario stato fisico: Murray ancora alle prese con una generica “malattia”, Michael Porter Junior limitato da un infortunio alla spalla subito nella serie contro i Clippers e soprattutto Aaron Gordon praticamente zoppo, a causa di uno stiramento di secondo grado alla coscia sinistra rimediato in gara-6 che, teoricamente, avrebbe richiesto due settimane di stop.

Gordon, che è stato il secondo miglior giocatore di Denver in questi playoff, ha voluto giocare a ogni costo anche se non avrebbe dovuto, e la scelta di Adelman di assecondarlo dice molto del roster dei Nuggets. Se è meglio un titolare che non può correre dei tuoi giocatori in panchina, come puoi pensare di battere le rotazioni lunghe dei Thunder e il loro atletismo?

Eppure, con una buona dose di pensiero magico, a partire meglio sono stati proprio Jokic e compagni. OKC ha continuato con le difficoltà avute per tutta la serie nell’attaccare la difesa a zona di Denver, rifugiandosi in (buoni) tiri da 3 punti, ma tutti sbagliati (1 su 8 a fine primo quarto, 5 su 20 a fine primo tempo); dall’altra parte Denver si è affidata agli unici due titolari sani, Jokic e Braun, per produrre in attacco, e a un eroico Gordon a rimbalzo. Soprattutto limitare il serbo sembrava proibitivo per i Thunder: o lo mandavano in lunetta o lui riusciva a generare buoni tiri per sé o per i suoi compagni.

Non che sia una novità: Jokic è il giocatore più difficile da marcare in NBA, perché è in grado di punire ogni scelta difensiva che fanno gli avversari su di lui. In gara-7 sembrava che anche OKC, pur essendo per distacco la miglior difesa della Lega, avrebbe subito questo trattamento, che permette a Denver di giocarsela con chiunque quando Jokic è in campo (e infatti negli 80 secondi di secondo quarto in cui è rimasto in panchina è arrivato un mini parziale di 9-0 per i Thunder).

La scelta di Daigneault, arrivata verso la fine del primo quarto, è stata allora lineare nel suo essere sorprendente: ha messo il suo miglior difensore su Jokic, e il suo miglior difensore è Caruso. Tra i due ci sono 15 centimetri e soprattutto 45 chili di differenza, e poteva - doveva - sembrare una scelta suicida, ma ha funzionato. Caruso ha portato la sua inesauribile energia nel compito più difficile possibile, marcare Jokic. Ha messo il suo corpo normale davanti a quello del serbo e ha iniziato a fare di tutto per rendergli difficile la vita.

Questo è il primo possesso di Caruso su Jokic, e per due volte lo costringe a liberarsi del pallone. L’azione finisce con una tripla neanche tanto aperta di Westbrook, il meglio che OKC può chiedere.

La difesa di Caruso su Jokic ha completamente cambiato la partita. Vederlo all’opera è stato a suo modo uno spettacolo, una ridefinizione cestistica di Davide contro Golia. Caruso è riuscito costantemente a mettersi davanti a Jokic, impedendogli di ricevere in post basso, dove avrebbe avuto troppo vantaggio. E quando Denver ha cercato di levarlo di mezzo con i blocchi, Caruso e compagni sono riusciti sempre e comunque a tenere aiutandosi a vicenda, dimostrando perché sono la difesa migliore della NBA.

Per riuscire nell’impresa Caruso ha dovuto alzare i giri della sua intensità difensiva, che già normalmente è fuori scala anche in una Lega di atleti. Ha saputo anche approfittare del bias degli arbitri (che vale un po’ in tutti gli sport) che tendono a essere più permissivi con i giocatori “piccoli” che marcano quelli “grandi”. Caruso ha usato ogni parte del suo corpo per marcare Jokic: braccia, mani, gambe, testa, anche andando oltre i limiti del regolamento, che però nei playoff sono sempre meno stringenti. Il risultato è stato eccezionale: Caruso ha marcato Jokic in 40 possessi (dato più alto di sempre per una guardia contro Jokic) e in questi possessi l'efficacia del serbo è stata tremendamente bassa, appena 0.78 punti per possesso. Jokic ha chiuso la sua partita con appena 5 canestri e 5 palle perse, con il secondo usage più basso ai playoff in carriera e con appena 103.8 tocchi ogni 100 possessi, il dato più basso in carriera ai playoff. Sono numeri che risentono del lungo garbage time della partita, ma comunque impressionanti.

Ovviamente è stato un lavoro di squadra, come sottolineato da Daigneault: «Ha fatto un lavoro incredibile. Se metti un guardia di un metro e novantasei su un giocatore come Jokic, hai bisogno di un aiuto costante e pressione continua sui passaggi, tutto deve funzionare insieme. Ha fatto uno sforzo incredibile individualmente, ma serve una difesa di squadra per ottenere un effetto del genere, e i ragazzi l’hanno eseguita alla perfezione». Tutti hanno messo il proprio corpo a disposizione dello sforzo difensivo di OKC, ma se il livello dell’energia si è alzato così tanto - vederli difendere nei minuti in cui è arrivato il parziale che ha deciso la serie è stato come vedere una muta di cani da caccia inseguire una volpe ferita - è stato soprattutto merito di Caruso e del suo impatto dalla panchina, che ha scosso una squadra tremendamente intimorita dalla partita da dentro o fuori.

Una statistica piuttosto impressionante.

La prestazione difensiva di Caruso ha poi aiutato anche a sbloccare l’attacco di OKC. Ha permesso a Daigneault di cassare il quintetto con i due lunghi, Holmgren e Hartenstein, finora necessario contro Jokic ma poco funzionale in attacco, e avere così più spaziature e fluidità, rendendo più facili le penetrazioni di Shai Gilgeous-Alexander e Jalen Williams e di correre molto di più in transizione. Denver ha finito per concedere 37 punti da palle perse, un numero semplicemente troppo alto per vincere una partita.

Se il tiro da 3 punti continua a rimanere ondivago, le prestazioni in attacco di SGA e Williams sono la notizia migliore possibile: un'iniezione di fiducia incredibile in vista della serie contro Minnesota, soprattutto per J-Dub, alla prima gara-7 della carriera dopo tre gare in cui aveva obiettivamente attaccato molto male.

Insomma, per OKC è andata come doveva andare. La miglior squadra della stagione regolare ha vinto la serie grazie al suo mantra: palle recuperate in difesa e transizioni e palla a Gilgeous-Alexander quando si attacca a metà campo. Il canadese ha chiuso gara-7 con 35 punti, 12 su 19 al tiro e zero palle perse. Se doveva dare una risposta a chi non lo ritiene l'MVP di questa lega, è stata la migliore possibile.

Certo, aver chiuso solo nel secondo tempo dell’ultima partita una serie contro un avversario menomato dagli infortuni è indice di come ancora, per loro, non sia tutto al posto giusto. Ma avere un roster così giovane, a partire anche dall’allenatore, ha necessariamente degli aspetti negativi. Mentre però in NBA ogni contender sembra sfaldarsi, i Thunder danno l’impressione di poter essere competitivi per i prossimi dieci anni. Già ora, tra le quattro squadre rimaste, sembrano la più attrezzata. Contro Minnesota, ad esempio, tornerà a essere utile Dort, ieri messo da parte, per difendere contro Edwards e Randle.

E DENVER?
Dopo la partita Jokic è sembrato piuttosto negativo sul futuro di Denver. Alla domanda su un possibile titolo per questa squadra è stato piuttosto laconico: «Non abbiamo vinto, perciò ovviamente non possiamo riuscire a vincere il titolo [...]Avevamo un’opportunità, non abbiamo vinto, perciò non credo che possiamo farcela». Se la risposta è stata criptica nella sua logica, lo è stato meno parlando dei motivi per cui sono usciti: «Le squadre che vincono come Indiana, OKC e Minnesota hanno tutte rotazioni lunghe e panchine profonde: in questo momento fanno la differenza». Jokic lo ha detto per giustificare il mancato impatto della panchina, evidenziando come se uno gioca poco in stagione regolare, poi non gli si può chiedere di fare la differenza in una gara-7 di playoff.

Se in questa post-season gli infortuni hanno avuto un ruolo importante, è inevitabile che il prossimo GM di Denver dovrà prendere delle decisioni importanti oltre alla scelta dell’allenatore. I Nuggets hanno subito due eliminazioni al secondo turno dopo il titolo, tutte e due in gara-7. Hanno dimostrato di avere qualcosa che va oltre i limiti del roster, ma quando hai il miglior giocatore al mondo devi fare di più e meglio.

L’anno prossimo Jamal Murray e Michael Porter Junior occuperanno il 55% del cap (circa 90 milioni di dollari in due) e con il nuovo CBA lo spazio di manovra è davvero minimo. Nel roster sembrano essersi ribaltate le gerarchie, e se la coppia Jokic-Murray è già nella storia della franchigia, sappiamo come niente e nessuno è al sicuro. Non è certo il momento migliore per mettere Murray e MPJ sul mercato, ma forse è l’unica soluzione possibile: abbassare il livello del quintetto, cercando più giocatori e più funzionali, dando più responsabilità a Gordon e Braun in attacco. Jokic non ha un cambio, Westbrook dalla panchina è troppo imprevedibile. Per Watson e Strawther al momento è difficile dare un giudizio.

Dopotutto la grande gara-7 di Caruso uscendo dalla panchina è la conferma di come a basket non si gioca in 2, 3 o 4, ma bisogna avere quanti più giocatori funzionali possibili a disposizione. Poi certo, non tutti possono avere in squadra una guardia che riesce a marcare il miglior giocatore al mondo a cui concede 45 chili. Ma bisogna almeno provarci.


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