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Come ti vinco gara-7 con Buddy Hield
05 mag 2025
Gli Warriors si portano a casa gara-7 contro Houston grazie a un eroe inatteso
(articolo)
6 min
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Sembrava che i Golden State Warriors avessero risolto l’affare Houston Rockets con gara-4, che con quella vittoria avessero di fatto vinto la serie portandosi avanti 3 a 1. Poi però di colpo è calata l’intensità degli Warriors e i Rockets hanno vinto le due successive partite. Ecco che di colpo l’analisi è apparsa unanime: Curry e compagni sono vecchi e stanchi. La difesa sporca di Houston, alla lunga, li ha logorati, gli è entrata sotto pelle, e non soltanto per via degli schiaffi di Dillon Brooks alla mano malconcia di Steph Curry.

Arrivare a giocarsi una gara-7 fuori casa, dopo essere stati in vantaggio per 3-1, contro una squadra più giovane e atletica sarà sembrata un’impresa disperata. E imprese disperate richiedono soluzioni disperate: tipo Buddy Hield che si trasforma per una sera nel cosplayer del miglior Klay Thompson.

All’interno di questa serie abbiamo vissuto tutta l’esperienza Buddy Hield: 2 e 5 punti le prime due partite, 17 e 15 le successive due, poi 4 e 0 punti in gara 5 e 6. Per capirci mettendo insieme gara 5 e 6 Buddy Hield ha tirato con 2 su 10 dal campo con 0 triple segnate su 6 tentativi. E poi in gara-7, quella dove di solito la mano trema e le percentuali calano, eccoci con con 9 canestri da tre punti (record di triple segnate in una gara-7, a pari con Donte DiVincenzo). Quale versione di Hield scende in campo fa tutta la differenza del mondo per gli Warriors: ieri Kerr lo ha tenuto in campo per 37 minuti, mentre nelle due precedenti partite non era arrivato a 35 sommati.

Ovviamente vederlo accadere in diretta è stato strano, ma l’imprevedibilità fa parte del pacchetto delle gare-7, dove tutto quanto costruito in precedenza può saltare perché un giocatore ne prende il controllo. Può capitare che sia un fenomeno generazionale come Curry (gara-7 contro i Sacramento Kings nel 2022) o che sia Hield. Inutile recriminare.

Cosa poteva fare Houston? A guidare i padroni di casa, finché c’è stata partita, sono stati VanVleet e Thompson. Soprattutto il primo era stato decisivo al tiro nelle due vittorie precedenti e gli Warriors hanno deciso di rendergli difficile la vita facendo uscire il suo marcatore Podziemski, seguendolo dai blocchi per spingerlo a preferire l’entrata in area e a quel punto cambiare per avere Green su di lui a proteggere l’area sulla penetrazione. VanVleet ha capito presto di dover accorciare i tempi della conclusione dopo aver chiamato il pick and roll, ma anche solo dal punto di vista psicologico la difesa su di lui ha funzionato tanto da portarlo a decidere di non forzare troppo il tiro. 

Nel primo quarto è stato allora Thompson a segnare i canestri che hanno permesso a Houston di rimanere in scia (unico dei Rockets a chiudere il primo quarto con un +/- non negativo), continuando poi nel secondo. L’unico che sembrava in grado di stare dietro dal punto di vista offensivo a Buddy Hield, che intanto segnava sei delle sue prime sette triple tentate. Hield chiuderà la partita con 33 punti, ovviamente record personale ai playoff, segnerà più triple di tutti i giocatori dei Rockets messi assieme. A spaccare in due la gara è stato soprattutto il parziale di 16-2 a favore degli Warriors nel secondo quarto, che ha portato 12 punti di differenza tra le due squadre all’intervallo.

Nel terzo quarto, senza i canestri di Hield come variabile impazzita, Houston era riuscita a rientrare (con un parziale di 14-4), rimettendo il confronto sul binario delle ultime due gare giocate. I Rockets come squadra più atletica, determinata e cattiva, gli Warriors che invece devono trovare il modo di non perdere lucidità e rimanere nella partita, inventando sempre qualcosa di nuovo per fare canestro.

Una tripla di Jabari Smith era sembrata cambiare l’inerzia della gara, ma è stato proprio quello il momento in cui gli Warriors hanno dimostrato il loro talento, riuscendo a ricacciare indietro gli avversari.

Gli Warriors sono entrati nell’ultimo quarto con 8 punti di vantaggio, e senza aver avuto quasi niente da Curry in attacco. E i Rockets sono sembrati da subito consapevoli che per loro quella non era certo una buona notizia. Curry era stato attivo in altri frangenti della partita, difesa, rimbalzi, palloni sporchi, ma è scontato che - prima o poi - arriverà il momento in cui sarà decisivo in attacco. Nel primo minuto del quarto quarto Curry ha segnato 5 punti, un appoggio a canestro e una tripla in step back laterale che è una pugnalata al povero Thompson, che hanno riportato il distacco a una dozzina di punti.

Da quel momento gli Warriors non si sono più guardati indietro, e il distacco è rapidamente volato verso i 20 punti e un secondo turno tutto da giocare contro Minnesota. Curry ha chiuso con 14 punti nell’ultimo quarto su 22 totali. Con questa vittoria diventa il primo giocatore nella storia a vincere per almeno 3 volte una gara-7 in trasferta segnando più di 20 punti. Anche se, come detto, a definire la sua partita è stato il resto: per dire ha chiuso con 10 rimbalzi, tutti difensivi, più di chiunque negli Warriors.

Se il protagonista è stato Hield, i veterani degli Warriors, con la loro capacità di incidere anche mentalmente sulle partite importanti, sono l’anima di questa squadra. Saranno anche stanchi e logori, ma la battaglia delle intangibles - di tutto ciò che non entra a referto ma ti fa vincere una partita - l’hanno vinta alla fine Curry, Butler e Green.

Con meno di due secondi rimanenti sul cronometro e con il punteggio di 94 a 79, la telecamera si trova addosso il faccione sudato e sorridente di Green, che rompendo la quarta parete augura a tutti la buona notte.

La faccia da schiaffi di Green che si rivolge direttamente a te è l’ultima cosa che i tifosi dei Rockets avrebbero voluto vedere ed è il sipario più doloroso della partita. Green è stato in grado di pareggiare il livello di ruvidezza dei Rockets senza andare fuori giri, un po’ per il metro arbitrale, un po’ per la scoperta che i flagrant non sono tecnici, e che quindi poteva essere duro senza essere espulso. In gara-7, comunque, non è servito neanche.

I Rockets, come detto, non possono neanche davvero prendersela con qualcuno. Hanno visto Hield trasfigurarsi e sono usciti. Hanno avuto percentuali rivedibili, ma ci sta: le prospettive per una squadra così giovane sono comunque eccellenti. Pur con un’uscita al primo turno da seconda testa di serie, la stagione si è chiusa con buone sensazioni per il futuro. Ora bisognerà vedere cosa deciderà di fare la dirigenza: se muoversi subito per andare a prendere un giocatore in grado di spostare in attacco, o aspettare e provare a far crescere questo nucleo insieme. Non saranno al punto di OKC, ma già questo significa tantissimo per come erano messi appena due anni fa.

Gli Warriors invece, anche in questa versione da veramente fine impero, con il nucleo di questo ciclo infinito che è ridotto all’osso, sono riusciti a vincere contro i Rockets. È la quinta volta che li eliminano in 10 anni. Houston ha fatto in tempo a creare due squadre diametralmente opposte (quella di Harden e quella attuale) e comunque perdere contro gli stessi Warriors di sempre. Steph si è presentato in conferenza stampa post gara-7 con gli occhiali da sole e il sorriso furbetto di chi sa che gli avrebbero chiesto i motivi di questo dominio sulla città di Houston: la sua risposta arriva dopo un paio di secondi di pausa ed è lapidaria: «perché sono un vincente».

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