Come scrive Ernest Hemingway in Fiesta, ci sono due modi per andare in rovina: gradualmente prima e poi di colpo. E gli L.A. Clippers hanno seguito alla lettera le istruzioni del grande scrittore nel matinée domenicale contro i Dallas Mavericks, finendo il primo tempo con il peggior divario di sempre da quando la NBA ha introdotto il cronometro dei 24 secondi, tornando negli spogliatoi sotto di cinquanta punti (lo scrivo in corsivo così fa ancora più effetto) sul 77 a 27. Una sconfitta epocale che però è sembrata a tutti quelli che l’hanno vista in diretta più surreale che sanguinosa, più straniante che cruenta. Sarà stato l’orario più comodo per noi da questa parte dell’oceano che per i giocatori in campo, o per la collocazione nella domenica tra Natale e Capodanno, più adatta al mercante in fiera che al basket professionistico, oppure per la mancanza di pubblico sugli spalti, ma l’intera partita è sembrata una partita di NBA 2K tra un giocatore molto bravo e uno che conosceva a malapena i tasti.
Neanche Hemingway infatti si sarebbe aspettato 24 minuti nei quali i Clippers si sono dimenticati come si svolge quel lavoro per il quale vengono profumatamente pagati, scivolando a ogni possesso in una dimensione parallela dove far canestro era un'offesa gravissima e difendere il proprio un affronto al creato. E i Mavericks non hanno fatto molto di più che semplicemente giocare a basket per scavare un solco che si ingrandiva in modo ridicolo ogni minuto che passava.
Un normale parziale diventato una valanga
Come spesso accade, quando ci siamo collegati verso le nove e mezza italiane per seguire una partita che sulla carta doveva essere uno scontro diretto per le posizioni alte della Western Conference, nessuno poteva immaginare che avrebbe partecipato a un pezzetto di storia NBA. Dallas aveva perso le prime due partite stagionali contro i Phoenix Suns e i Los Angeles Lakers mentre i Clippers avevano battuto i cugini gialloviola nella opening night e successivamente si erano imposti a Denver sul campo dei Nuggets a Natale segnando 19 triple. I padroni di casa, forti anche del fattore campo, partivano quindi come favoriti nonostante l’assenza di Kawhi Leonard, che nella sfida contro i Nuggets aveva ricevuto una gomitata involontaria da Serge Ibaka che gli è costata otto punti di sutura alla bocca.
I Clippers, curiosamente visto quello che è successo poi, hanno segnato i primi due punti della gara con un bel jumper in isolamento di Paul George a cui ha prontamente risposto Luka Doncic con un runner dal centro del pitturato. Usando il tono ormai stereotipato degli horror movie di serie B, possiamo dire che sembrava una partita domenicale come tutte le altre: il solito avvio svogliato al quale siamo abituati quando si alza la palla a due che da loro sono le 12:30. E invece prima un gioco da tre punti di Josh Richardson, poi una bella schiacciata di Dwight Powell su lob di Doncic, quindi un altro canestro e fallo dello sloveno hanno portato in vantaggio i Mavericks sul 10-2. Ma ancora niente di straordinario per una partita NBA in cui i parziali si susseguono con grande disinvoltura e spesso i primi quarti, specie ad inizio stagione, servono più per trovare il ritmo che il canestro. Anche perché nel frattempo Dallas non è sembrata certo impeccabile, sbagliando i tiri comodi lasciati dalla permissiva difesa losangelina.
Secondo il sito di statistiche CleaningTheGlass i Clippers hanno concluso la partita nello zero percentuale per punti per possesso, eFG% e percentuale da tre punti.
Però i Clippers proprio non sono riusciti a fare canestro. Mai. Dopo nove minuti di gioco hanno messo a tabellone solo 7 punti, tutti firmati da Paul George, mentre Dallas approfittando delle tante palle perse e di una buona vena realizzativa da dietro l’arco è salita a quota ventisette. E sono stati anche fortunati, perché gli arbitri hanno annullato un potenziale gioco da tre punti di Doncic e un paio di triple aperte dei Mavs sono state sputate malamente dal ferro, quasi a voler bilanciare i tanti errori dall’altra parte del campo. Qualsiasi conclusione dei Clippers è finita corta sul primo ferro e quando non lo ha fatto è finita talmente lunga da passare sopra il canestro come un arcobaleno, come succede a chi è troppo stanco per riuscire a dosare bene la forza della propria conclusione. Chiunque abbia giocato un minimo a basket conosce perfettamente questo fenomeno, quando non si hanno più le gambe per spingere si tira quasi esclusivamente con le braccia e di solito il pallone va dove vuole lui. Solo che qui saremmo nei primi dieci minuti di gioco e questi sarebbero atleti professionisti.
Invece niente: i Clippers non sono riusciti neppure ad avvicinarsi al canestro e ad ogni loro sdeng è corrisposto uno swish della retina dall’altra parte, in un battere e levare tanto elementare quanto efficace per trasformare un normale svantaggio iniziale in una decina, poi quindicina e infine ventina di punti di distacco. E dire che i Mavericks non ne hanno approfittato più di tanto, e due schiacciate di Ivica Zubac e un altro jumper di George avevano tenuto i Clippers sotto il margine figuraccia - se 36 a 13 vi sembra un margine accettabile.
Come quella volta che i Clippers si sono dimenticati come si gioca a basket
Ecco: se il primo quarto è stata la parte graduale, il secondo è il colpo. Uno si aspetta che i Clippers siano in grado di scuotersi dal torpore ai canditi di questa stagione, invece sono i Mavericks a tornare in campo più pimpanti e a segnare 7 punti nei primi 90 secondi (i Clippers zero). Tyronn Lue sconfortato non può fare altro che chiamare un altro timeout con i suoi sotto di trenta, ma l’unica cosa che ne esce fuori è una tripla di Patrick Patterson ben contestata da James Johnson che finisce ovviamente sul primo ferro, alla quale segue con meccanica regolarità un canestro di Dallas, questa volta un alley-oop di Cauley Stein alzato da Jalen Brunson in mezzo al presepe della difesa losangelina.
Poi i Clippers riescono a segnare con Terance Mann, ma il suo tiro arriva una frazione di secondo dopo il ventiquattresimo e i segnali della maledizione cominciano ad accumularsi. Finalmente sul possesso successivo Luke Kennard all’undicesimo tentativo di squadra infila una conclusione da tre punti e fa la faccia cattiva di chi vuole riportare sotto i suoi. Solo che Kennard con il suo riporto da commercialista di mezza età e quella maglietta da gang west coast fa più ridere che paura, e quella tripla segnata sarà l’unica di tutto il primo tempo dei Clippers.
Tim Hardaway Jr. infatti risponde grazie a un passaggio consegnato di Cauley Stein, il quale venti secondi dopo schiaccia in faccia a Zubac il cinquantesimo punto di Dallas. I Clippers ne hanno segnati 16 in altrettanti minuti. L’indicatore della vergogna, che è già passato da sconfitta a figuraccia, sta spostando le lancette su “aprite velocemente i libri di storia e cercate qual è il peggior divario all’intervallo di sempre”. Si scopre che il record appartiene ai Golden State Warriors, un +47 sui Sacramento Kings in una partita del Novembre 1991. A quel punto tutti tifano per la storia.
E i Clippers, com’è loro abitudine, non si tirano certo indietro. Patrick Beverley prima si fa aggirare come un Dpcm da Brunson per due comodi punti, poi effettua un passaggio orizzontale di una pigrizia quasi offensiva per noi sul divano che viene immediatamente convertito in una schiacciata dall’altra parte del campo da Hardaway. Altro timeout sul +44 Dallas: l’impresa è vicina e mancano ancora più di sei minuti. George attacca Johnson e gli arbitri mettono aria nel fischietto quasi per pietà, ma non basta. Sulla seguente rimessa sempre PG13 tenta un passaggio schiacciato che si perde tra le gambe dei difensori in maglia verde.
Ma George è l’unico dei suoi ad essere sceso in campo e segna nuovamente un jumper forzato mentre Dallas per la prima volta rimane a secco per più di un possesso consecutivo. L’impresa sembra allontanarsi sempre di più, ma con tre minuti e spicci sul cronometro Carlisle decide di rimettere in campo Doncic. Lo sloveno lo ripaga subito con un bel canestro in torsione contro George e, dopo un tiro in sospensione di Ibaka a bersaglio, si inventa un canestro e fallo di pura sensibilità che porta Dallas a quota 70 e pareggia il +47 di ventinove anni prima. Richardson, il nuovo arrivato da Philadelphia, approfitta dell’ennesima palla trattata con sufficienza da Los Angeles per involarsi indisturbato a canestro e Trey Burke, dimenticato dalla difesa dopo un rimbalzo concesso in attacco, mette la tripla dall’angolo che vale il +50. George avrebbe la conclusione per non entrare nella storia dal lato sbagliato (non sarebbe neanche la prima volta), ma il suo tiro da dietro l’arco non trova fortuna.
Doncic ha contribuito tra canestri e assist per 44 punti, più di tutti i titolari dei Clippers insieme.
È record. Il peggior scarto subito nel primo tempo di una partita NBA, o il migliore (dipende dal punto di vista), è così rotondo da non poter essere stato deciso a tavolino, o ancor meglio sul tavolo del cenone.
I fantasmi del Natale passato
Paul George dopo la partita ha spiegato come i Clippers non abbiano festeggiato il Natale con la famiglia fino a quando non sono tornati a casa dopo la trasferta di Denver, giocata proprio il 25, quindi ammettendo come fossero ancora appesantiti dal panettone. E infatti la squadra non ha provato neanche a calarsi un Brioschi e a salvare l’orgoglio nel secondo tempo. I Clippers sono andati meglio, sì, visto anche che peggio era proprio storicamente impossibile, ma hanno segnato appena 46 punti contro le riserve di Dallas. Se i Mavericks non avessero messo neanche un punto a referto negli ultimi 24 minuti di gioco avrebbero comunque vinto di quattro punti. Invece lo hanno fatto di 51, infliggendo ai Clips la peggiore sconfitta della loro franchigia - e se avete presente un minimo la loro storia nei decenni precedenti, potete capire quanto sia assurdo questo record.
C’è infatti qualcosa di romantico nel fatto che siano stati proprio i Clippers a riscrivere una pagina negativa del libro dei record NBA, quasi come fossero una versione distopica di una favola natalizia. Nonostante abbiano ormai da tempo abbandonato l’era Donald Sterling in favore di una proprietà seria e competente, che ha investito moltissimo sulla squadra sia rinnovando il brand sia costruendo un roster da titolo, ogni tanto i Clippers vengono visitati dal fantasma dei natali passati che gli ricorda chi sono veramente.
Questa debacle ovviamente non è nemmeno paragonabile alla liquefazione esibita nella bolla di Orlando contro i Denver Nuggets, dove hanno buttato una serie di playoff essendo sopra 3 a 1 e in vantaggio in doppia cifra anche in tutte le successive tre partite senza mai riuscire a chiudere il conto. Ma è indicativa di come il presunto cambio di atteggiamento predicato in off-season dopo l’arrivo di Tyronn Lue come nuovo capo-allenatore e dopo gli stracci volati in spogliatoio, comprese le dichiarazioni trapelate a mezzo stampa su quanto il gruppo non fosse contento della disparità di trattamento riservato a Kawhi Leonard e gli atteggiamenti da diva di Paul George, non sia facile da ottenere. E non bastano le convincenti vittorie nelle due prime apparizioni stagionali per spazzare via ogni timore di ricaduta. Anche perché i Clippers non sono nuovi a prestazioni indecorose nei matinée e senza Leonard in campo. Quando le due condizioni si sommano, i risultati possono essere devastanti.
L’assenza di Kawhi era pienamente giustificata - andatevi a vedere le immagini di lui coperto di sangue dopo il fuoco amico di Ibaka - ma non possiamo non chiederci quanto sia profondo il suo impegno verso una squadra che ha speso tutto quello che aveva per ottenerlo. Leonard sarà free agent a fine anno, il più importante della lega ora che Giannis Antetokounmpo ha esteso il proprio contratto con Milwaukee togliendosi di fatto dal mercato, e la storia recente insegna come Kawhi non si faccia scrupoli nel fare i bagagli per una destinazione migliore. La relazione tra lui e Paul George sarà osservata con il massimo interesse dai Clippers e non solo, visto le ripercussioni che potrebbe portare nel resto della lega, e Lue dovrà trovare un modo per farli convivere serenamente. Dubito infatti che Kawhi abbia regalato a George una copia delle Avventure di Tom Sawyer per Natale, o che sia rimasto soddisfatto dal vedere i suoi compagni di squadra metter su questo squallido spettacolo senza poter intervenire da bordo campo.
Queste prime partite stagionali ci stanno regalando risultati totalmente casuali - solo stanotte infatti dopo i Clippers hanno perso anche i Sixers contro Cleveland, i Nets contro Charlotte e i Bucks contro i Knicks - causati da una preseason cortissima e rotazioni molto lunghe. Tutti oscurati però dalla sconfitta dell’altra metà di Los Angeles: un po’ per le sue dimensioni fantozziane e storiche e un po’ perché, nonostante non si legga bene con questi caratteri gotici alla GTA, c’è sempre scritto Clippers sulla maglia.