La NBA è tornata! Dopo i lunghi mesi estivi, finalmente siamo pronti a tornare a parlare seriamente di basket: LeBron James è un Laker, Golden State ha aggiunto DeMarcus Cousins, Houston guida la truppa di squadre che vuole dare l’assalto al trono degli Warriors e una nuova infornata di rookie promette scintille. Abbiamo risposto alle domande più importanti per farvi arrivare preparati alla stagione che sta per cominciare.
SQUADRE
Come lo scorso anno ci troviamo alla vigilia di una stagione di cui conosciamo già il finale del libro, con Golden State che vince il quarto titolo in cinque anni?
Daniele V. Morrone
Come lo scorso anno la risposta è sì. Anche quest’anno però cambieranno i capitoli all’interno del libro.
Dario Costa
Sì, ma l’impressione è che la scena del duello finale, quello al termine del quale gli Warriors finiscono per essere incoronati campioni, potrebbe essere molto più lunga e intricata rispetto alle ultime due stagioni.
Lorenzo Bottini
Credo davvero che questo sia l’anno nel quale qualcun altro possa vincere il titolo. Storicamente il three-peat è una delle imprese più difficili (non succede dai Lakers di Shaq e Kobe più di 15 anni fa), poi l’Ovest è davvero una giungla e basta un passo falso, un infortunio nel momento decisivo e sei fuori. E la pressione su di loro sarà enorme, con LeBron James nello stesso stato e tante altre squadre attrezzate ad arrivare fino in fondo. Uno spogliatoio con così tanto talento saprà anche gestire le gerarchie interne, con Thompson e Durant futuri free agent e un DeMarcus Cousins da inserire strada facendo?
(Sto scherzando, vinceranno ancora loro in scioltezza).
Dario Vismara
Il fatto che abbiano vinto le Finals in quattro gare inserendo sì e no la terza marcia non deve far dimenticare che, fintanto che Chris Paul è rimasto in campo, erano sotto 3-2 contro gli Houston Rockets ed erano in svantaggio all’intervallo sia in gara-6 e gara-7 pur senza CP3. Alla fine della scorsa regular season si poteva vedere chiaramente come la noia stesse prendendo il sopravvento, e coach Kerr ha già iniziato a parlare di “Last Dance” per dare ulteriori motivazioni ai suoi. Il finale probabilmente sarà sempre lo stesso, ma mi aspetto un colpo di scena finale ai primi giorni di luglio.
Dario Ronzulli
Sono propenso a dire decisamente sì. Però tra l’assenza di LeBron ad Est e la naturale usura del gruppo vincente può rendere diversa e più complicata la strada verso il tris.
Cosa ci si può ragionevolmente aspettare dai Los Angeles Lakers di LeBron James?
Dario C.
Molte partite in prime-time, qualche lieve psicodramma da spogliatoio, una manciata di serate con lo Staples in fase eruttiva, la vittoria al primo turno dei playoff senza il vantaggio del fattore campo.
Lorenzo B.
La fusione a freddo tra il giocatore più forte di sempre e un nucleo giovane e di talento, ma ancora lontano da un punto di maturazione adatto ad una corsa verso le Finals. Detto ciò LeBron ha portato squadre più scarse fino all’atto finale, quindi mai scommettere contro di lui. Ci penserà per noi Lance Stephenson.
Miky Pettene
Rispondo con altre due domande e poi concludete voi, cari lettori e tifosi dei Lakers: quanto impegno ci vuole per unire tutti quei “cervelli” in un’unica squadra? E quante volte ad allenamento Lance soffierà nell’orecchio a LBJ?
Dario V.
Di ragionevole a Los Angeles non ci sarà proprio niente quest’anno: prendete i drama della stagione dei Cavs e moltiplicateli come minimo per due, considerando il mercato mediatico in cui si trovano e l’interesse attorno al Re. Per il momento poi i Lakers sono riusciti a tenere a bada papà LaVar, che dopo i primi due mesi della scorsa stagione non ha più proferito parola sul figlio e sulla squadra (deo gratias), ma siamo sicuri che non vorrà prendersi anche lui un pezzetto di luci della ribalta?
Fabrizio Gilardi
Che Lonzo Ball, Josh Hart e Kyle Kuzma progressivamente possano rosicchiare minuti ai veterani arrivati in estate – che al momento è plausibile pensare li precedano nelle rotazioni di Walton – perché molte delle possibili fortune dei Lakers dipendono dalla loro maturazione. E ovviamente da quella di Ingram, ma la sua posizione appare più stabile sin dall’inizio.
Nicolò Ciuppani
I Lakers saranno estremamente divertenti da vedere, e questa per un appassionato è comunque un’ottima notizia. La presenza di LeBron rende qualunque squadra un panzer offensivo capace di sommergere gli avversari di canestri, e i Lakers sembrano giocare a mille all’ora, spingendo il pallone in transizione all’inverosimile dopo un rimbalzo o perfino un canestro subito. Comunque vada i Lakers saranno una chicca da League Pass per tutta la stagione.
Boston vs Philadelphia vs Toronto: chi si prende il trono lasciato vacante da Cleveland?
David Breschi
A mio avviso Boston è la pretendente naturale, non fosse altro che lo scorso anno ha messo in fila tutta la Eastern Conference, esclusa Cleveland, giocando i playoff e parte di stagione regolare con una rotazione di 8 giocatori NBA, finendo le Finali di Conference con 6 giocatori presentabili, perdendo nel frattempo anche Kyrie Irving. Il ritorno di Gordon Hayward in primis, l’esperienza maturata da Jayson Tatum dopo il suo anno da rookie, la crescita di Jaylen Brown e del supporting cast mi fanno propendere per Boston davanti alla concorrenza di Philadelphia e Toronto.
Dario C.
L’ordine naturale delle cose vedrebbe Celtics, Raptors e Sixers, in quest’ordine. Tutte e tre, però, riservano incognite tattiche, psicologiche o di tenuta fisica. Dietro di loro si staglia poi la figura incombente del mostro di Milwaukee.
Lorenzo B.
Mi muore l’anima ma devo dire Boston, perché alla fine sono un serio professionista. La squadra di Brad Stevens ha un giro intorno al sole di vantaggio rispetto a quella di Brett Brown, più lunga e più esperta e con meno punti deboli da sfruttare durante i playoff. Toronto prima di candidarsi ufficialmente deve testare due resistenze: quella di Kawhi Leonard verso il basket giocato e quella della loro tenuta mentale ai playoff dopo che LeBron gli ha camminato svariatamente volte in testa senza togliersi i tacchi.
Fabrizio G.
E pensare che fino a un paio di stagioni fa l’Atlantic era la Division materasso per eccellenza… Chiunque sia stato a prendere le decisioni a Phila, se Brett Brown o Elton Brand o altri ancora, ha avuto il coraggio di mettere nel cassetto una ricetta che funzionava, ma che avrebbe potuto garantire solo la prima Stella Michelin, per puntare alle due o addirittura tre Stelle, anche prestando il fianco a qualche incidente di percorso e alla possibilità di perdere diversi clienti nel breve termine.
I Sixers con tiratori intorno a Simmons e Embiid erano letali in regular season, ma per competere al massimo livello ai playoff bisogna a tutti i costi recuperare e integrare Fultz, costi quel che costi e investendo tutto il tempo necessario nell’operazione. Boston e Toronto, invece, sono all’apice della propria forza e già a partire dalla prossima stagione dovranno rinunciare ad alcuni giocatori in scadenza di contratto, anche ammesso che Kyrie (probabile) e Kawhi (impronosticabile) decidano che stanno bene dove sono. Il loro momento è ora, la sfida sarà tra Celtics e Raptors.
Dario R.
Anch’io vado con Boston, che parte con due-tre giri di vantaggio sulle rivali. A una squadra già collaudata aggiunge il nuovo acquisto Gordon Hayward: se avete dei dubbi sulla rapidità d’inserimento dell’ex Jazz la presenza di Brad Stevens in panchina dovrebbe toglierveli. Dietro ci metto i Raptors con un’unghia di vantaggio sui Sixers perché sono convinto che Leonard farà una stagione da Leonard.
Chi sarà l’Indiana di questa stagione, aka la squadra che tutti pensavamo fosse di un certo livello e invece potremmo ritrovarla molto più in alto delle previsioni?
Dario C.
Ignorati da tutti, forse a ragione, i tanto vituperati Charlotte Hornets hanno una chance concreta di stupire. Con una guida tecnica giovane e tatticamente molto flessibile, si potrebbe finalmente vederli giocare un basket moderno, magari con Michael Kidd-Gilchrist e quattro piccoli pericolosi da fuori e spazio per la freschezza di Malik Monk e Miles Bridges. Non bastasse, Kemba Walker entra nel suo contract year con licenza di tirare sempre e comunque: da tenere d’occhio.
Lorenzo B.
Se Michael Porter risolvesse i problemi fisici che lo hanno fatto sprofondare durante la notte del Draft potrebbe diventare il tassello mancante in quota Denver, una squadra che ha almeno due giocatori che possono fare il salto. Jokic e Murray sono una divertentissima asse play-pivot a cui hanno scambiato le personalità come in un episodio di Rick & Morty.
Dario V.
Denver che passa dal nono al quarto posto a Ovest non è un’ipotesi così remota, e sarebbe già un bel salto di suo. Nessuno sarebbe davvero sorpreso di vedere i Lakers attorno al quinto/sesto posto, mentre piuttosto è molto più facile che certe squadre crollino inaspettatamente fuori dalla corsa playoff: quanti anni sono che a Washington accarezzano il pulsante dell’autodistruzione?
Fabrizio G.
I Cavaliers di Cleveland. Perché no? D’altronde se la Washington del caso crollasse qualcuno ai playoff dovrebbe pur andarci. Il livello di talento è sufficiente, i fattori chiave saranno tre: l’orgoglio, per dimostrare di non essere solo un gruppo di scappati di casa che LeBron ha miracolato; il ritorno al ruolo di fulcro offensivo di Kevin Love, tutt’altro che automatico; e il manico.
Se questa squadra fosse allenata da Popovich, Carlisle o Spoelstra o anche solo da Doc Rivers, maestro nel cavare fuori il 50% di vittorie da gruppi di reietti, si potrebbe essere più ottimisti, ma in fondo di Ty Lue non sappiamo granché e questa è un’ottima occasione per costruirsi una carriera fuori dal cono d’ombra di LeBron.
Nicolò C.
Si parla di un salto di livello differente, ma se quello che si è intravisto dalla preseason conta qualcosa, questa versione di Giannis assieme ad un coach finalmente di alto livello potrebbe far saltare completamente il banco ad Est, almeno in regular season. I Bucks hanno una delle due migliori difese della conference (almeno sulla carta) e quello che potrebbe essere il miglior giocatore a Est o dell’intera Lega. Se gli astri dovessero allinearsi, potrebbero davvero arrivare davanti a tante squadre più blasonate.
Chi rimane con la pagliuzza corta nella corsa ai playoff della Western Conference?
Miky P.
Voto per psicodramma-Minnesota, l’anno scorso ottava e con un Karl-Anthony Towns che ad inizio 2017 sembrava essere il nuovo Sacro Graal dei GM NBA, mentre dodici mesi dopo abbiamo azzerato stima e fiducia. Cause? Un carattere più soft del previsto; un front office e un allenatore che vivono nell’Iperuranio; Mr. Jimmy Butler (che in questi giorni è tornato coi Wolves in attesa del proprio destino, inveendo contro tutti DURANTE l’allenamento). E per San Antonio, che ricorderà questo 2018/19 come annus horribilis: ritirato Manu, ceduto Tony Parker, scacciato Kawhi Leonard, infortunati Murray e Walker (vedi sotto) e la prima stagione dal 1997 senza Big-3 e, possibilmente, senza post-season.
Lorenzo B.
A meno di miracoli da Antico Testamento gli Spurs resteranno per la prima volta fuori dai Playoff da quando seguo l’NBA e forse è anche giusto così. Altra squadra che rischia ovviamente è Minnesota, già ora in pieno panic mode e fino ad aprile così è lunga.
Dario V.
Mi sento in dovere di intervenire per ribadire che io, contro gli Spurs ai playoff, non scommetto mai. Anche quando tutti gli indizi sembrano andare dall’altra parte. Ok, potete continuare.
Dario C.
Denver rischia anche a questo giro, ma al contrario di quanto accaduto la scorsa stagione i T’Wolves potrebbero dare una mano a coach Malone..
David Breschi
La mia bold prediction sono i Portland Trail Blazers. Sarò lieto di essere smentito, perchè il basket che gioca Portland per mano di coach Stotts è bello da vedere, la connection Lillard-McCollum è solida e c’è uno Zach Collins in rampa di lancio che promette bene, ma considerando che l’Ovest è salito di livello – tra squadre che sono rinforzate e altre che hanno recuperato gli infortunati – mentre loro hanno già raggiunto il loro picco, non mi sorprenderei vederli precipitare dal terzo posto (conquistato quasi per caso lo scorso anno) al nono. Perdere 3 o 4 partite in più dello scorso anno può voler dire mancare i playoff.
Qual è la miglior squadra da League Pass quest’anno?
DVM
Penso che Dallas riunisca due fattori che ne fanno proprio quest’anno la squadra da non perdere sul LP: l’ultima stagione per poter ammirare in campo Dirk Nowitzki (noi lo sappiamo e anche lui) e contemporaneamente la stagione da rookie di Luka Doncic. Abbiamo quindi il miglior giocatore europeo degli ultimi 15 anni e quello che vuole candidarsi ad esserlo dei prossimi 15 che si passano la torcia. Tutto questo in una squadra che sarà sicuramente piacevole da veder giocare perché in mano a un fenomeno della lavagnetta come Rick Carlisle.
Dario C.
Come ha ribadito SB Nation con la miglior preview di questa stagione, la NBA è ormai l’equivalente sportivo di Netflix. Ce ne sarà quindi per tutti i gusti, ma fuori dai nomi più gettonati Clippers e Hornets potrebbero regalare qualche soddisfazione. Pare inoltre che la lega si sia dichiarata disposta a riconoscere un premio a chi potrà dimostrare d’aver visto, dall’inizio alla fine, più di cinque partite dei Chicago Bulls 2018/19.
Lorenzo B.
Io i Bulls me li guardo quasi volentieri quest’anno: senza pressioni e con una squadra completamente rivoluzionata magari Hoiberg riesce a far passare la sua idea di basket. Poi in lista metto Denver con Jokic versione giostraio e Harris e Murray taglianti impazziti, OKC fatta per andare sempre e solo sopra il ferro, i Nets perché sì e ovviamente Phila per contare con il pallottoliere le triple di Simmons e Fultz.
Dario V.
Io ho l’impressione che gli assalti al ferro di Giannis Antetokounmpo con gli altri quattro tiratori spaziati sul perimetro si riveleranno ben presto un must watch assoluto, ancora più degli anni scorsi. Ed è tutto dire.
Fabrizio G.
Minnesota quando ci sarà in campo Butler, che sia da compagno di squadra, come pare essere destino almeno a breve termine, o da avversario, calendario permettendo. E dato che l’autismo cestistico è una virtù e non una malattia, Jazz e Mavericks sono allenate meravigliosamente e schierano giocatori adatti a tutti i palati, in uno spettro di sapori che passa da Joe Ingles, Ricky Rubio e Dirk Nowitzki attraverso Donovan Mitchell e Dennis Smith Jr. e fino a Rudy Gobert e DeAndre Jordan. Punto bonus per Dallas per gli amanti dell’alley-oop, Jordan e Dwight Powell sanno già che anche solo saltando a caso verso il ferro arriveranno un paio di palloni a partita, mittente Luka Doncic da Lubiana.
Dario R.
Visto che mi ha preceduto mi ha rubato le 3 squadre che avrei indicato – Mavs, Jazz e Bucks – vado con i Sixers che hanno un anno in più d’esperienza come singoli e come gruppo e potrebbero essere ancora più divertenti. Poi, voglio dire: dove lo trovate uno come Embiid che prima ti ammazza e poi ti prende per il culo?
Nicolò C.
Io non so come potrete resistere al fatto di vedere un coach europeo con un basket iper-moderno, la prima scelta assoluta che è anche un freak atletico, la miglior controfigura di Kobe Bryant, il giocatore di culto Josh Jackson e altri scanzonati compagni mettere a ferro e fuoco i palazzetti della NBA e prenderne una trentina a sera. Peggio per voi.
Quali squadre si troveranno con più probabilità a dover imbastire una trade nei prossimi mesi?
Miky P.
Alla luce dei recenti infortuni, purtroppo San Antonio non avrà grandi alternative al rimescolare le carte a febbraio. Perso Dejounte Murray presumibilmente per tutta la stagione e Lonnie Walker IV per due mesi, ceduto Danny Green in estate insieme a Kawhi per DeRozan, i difensori dell’Alamo sono stati decimati: Pop e Buford potrebbero esaltare Pau Gasol e Rudy Gay nella prima parte dell’anno per usarli come specchietti per le allodole poi.
DVM
Direi che Minnesota è fuori concorso con la storia di Jimmy Butler. Dico quindi Miami, non fosse altro proprio perché è la candidata più accreditata a scambiare per Jimmy Butler.
Dario C.
Daryl Morey ha un piano. Ne ha sempre uno.
Dario V.
I Phoenix Suns prima o poi prenderanno una point guard o moriranno nel tentativo di farcela. Candidato numero 1 Patrick Beverley, che tornerebbe a fare quello che faceva per James Harden: segnare da tre e cambiare l’attitude difensiva della squadra, infortuni permettendo.
Fabrizio G.
I Lakers sono candidati fortissimi e per uno scambio non necessariamente marginale, perché hanno un sacco di contratti in scadenza, possibilità di cedere prime scelte a medio termine – cioè finché ci sarà LeBron -, un roster in cui mettere ordine e probabilmente la necessità di trovare un tiratore e un lungo in più.
Dario R.
A me le situazioni di Lillard a Portland e Davis a New Orleans continuano a non sembrare solidissime. Vero che al momento le percentuali di permanenza sono alte, ma non mi stupirei se i due facessero pressione per mollare le squadre anzitempo.
Nicolò C.
La situazione tra gli Hornets e Kemba Walker si era risolta con un “ma no, scherzavamo, figuriamoci” che aveva convinto pochissime persone. Kemba ha tutti gli interessi di restare, ma paradossalmente potrebbe essere, se le acque dovessero restare più calme del previsto, uno dei migliori free agent della prossima estate, con richieste da molte squadre di livello. Se Charlotte avesse paura di perderlo per nulla potrebbe improvvisamente ricordarsi di volerlo scambiare già da parecchi mesi.