La NBA è tornata! Dopo i lunghi mesi estivi, finalmente siamo pronti a tornare a parlare seriamente di basket: LeBron James è un Laker, Golden State ha aggiunto DeMarcus Cousins, Houston guida la truppa di squadre che vuole dare l'assalto al trono degli Warriors e una nuova infornata di rookie promette scintille. Abbiamo risposto alle domande più importanti per farvi arrivare preparati alla stagione che sta per cominciare.
SQUADRE
Come lo scorso anno ci troviamo alla vigilia di una stagione di cui conosciamo già il finale del libro, con Golden State che vince il quarto titolo in cinque anni?
Daniele V. Morrone
Come lo scorso anno la risposta è sì. Anche quest’anno però cambieranno i capitoli all’interno del libro.
Dario Costa
Sì, ma l’impressione è che la scena del duello finale, quello al termine del quale gli Warriors finiscono per essere incoronati campioni, potrebbe essere molto più lunga e intricata rispetto alle ultime due stagioni.
Lorenzo Bottini
Credo davvero che questo sia l’anno nel quale qualcun altro possa vincere il titolo. Storicamente il three-peat è una delle imprese più difficili (non succede dai Lakers di Shaq e Kobe più di 15 anni fa), poi l’Ovest è davvero una giungla e basta un passo falso, un infortunio nel momento decisivo e sei fuori. E la pressione su di loro sarà enorme, con LeBron James nello stesso stato e tante altre squadre attrezzate ad arrivare fino in fondo. Uno spogliatoio con così tanto talento saprà anche gestire le gerarchie interne, con Thompson e Durant futuri free agent e un DeMarcus Cousins da inserire strada facendo?
(Sto scherzando, vinceranno ancora loro in scioltezza).
Dario Vismara
Il fatto che abbiano vinto le Finals in quattro gare inserendo sì e no la terza marcia non deve far dimenticare che, fintanto che Chris Paul è rimasto in campo, erano sotto 3-2 contro gli Houston Rockets ed erano in svantaggio all’intervallo sia in gara-6 e gara-7 pur senza CP3. Alla fine della scorsa regular season si poteva vedere chiaramente come la noia stesse prendendo il sopravvento, e coach Kerr ha già iniziato a parlare di “Last Dance” per dare ulteriori motivazioni ai suoi. Il finale probabilmente sarà sempre lo stesso, ma mi aspetto un colpo di scena finale ai primi giorni di luglio.
Dario Ronzulli
Sono propenso a dire decisamente sì. Però tra l’assenza di LeBron ad Est e la naturale usura del gruppo vincente può rendere diversa e più complicata la strada verso il tris.
Cosa ci si può ragionevolmente aspettare dai Los Angeles Lakers di LeBron James?
Dario C.
Molte partite in prime-time, qualche lieve psicodramma da spogliatoio, una manciata di serate con lo Staples in fase eruttiva, la vittoria al primo turno dei playoff senza il vantaggio del fattore campo.
Lorenzo B.
La fusione a freddo tra il giocatore più forte di sempre e un nucleo giovane e di talento, ma ancora lontano da un punto di maturazione adatto ad una corsa verso le Finals. Detto ciò LeBron ha portato squadre più scarse fino all’atto finale, quindi mai scommettere contro di lui. Ci penserà per noi Lance Stephenson.
Miky Pettene
Rispondo con altre due domande e poi concludete voi, cari lettori e tifosi dei Lakers: quanto impegno ci vuole per unire tutti quei “cervelli” in un’unica squadra? E quante volte ad allenamento Lance soffierà nell’orecchio a LBJ?
Dario V.
Di ragionevole a Los Angeles non ci sarà proprio niente quest’anno: prendete i drama della stagione dei Cavs e moltiplicateli come minimo per due, considerando il mercato mediatico in cui si trovano e l’interesse attorno al Re. Per il momento poi i Lakers sono riusciti a tenere a bada papà LaVar, che dopo i primi due mesi della scorsa stagione non ha più proferito parola sul figlio e sulla squadra (deo gratias), ma siamo sicuri che non vorrà prendersi anche lui un pezzetto di luci della ribalta?
Fabrizio Gilardi
Che Lonzo Ball, Josh Hart e Kyle Kuzma progressivamente possano rosicchiare minuti ai veterani arrivati in estate - che al momento è plausibile pensare li precedano nelle rotazioni di Walton - perché molte delle possibili fortune dei Lakers dipendono dalla loro maturazione. E ovviamente da quella di Ingram, ma la sua posizione appare più stabile sin dall’inizio.
Nicolò Ciuppani
I Lakers saranno estremamente divertenti da vedere, e questa per un appassionato è comunque un’ottima notizia. La presenza di LeBron rende qualunque squadra un panzer offensivo capace di sommergere gli avversari di canestri, e i Lakers sembrano giocare a mille all’ora, spingendo il pallone in transizione all’inverosimile dopo un rimbalzo o perfino un canestro subito. Comunque vada i Lakers saranno una chicca da League Pass per tutta la stagione.
Boston vs Philadelphia vs Toronto: chi si prende il trono lasciato vacante da Cleveland?
David Breschi
A mio avviso Boston è la pretendente naturale, non fosse altro che lo scorso anno ha messo in fila tutta la Eastern Conference, esclusa Cleveland, giocando i playoff e parte di stagione regolare con una rotazione di 8 giocatori NBA, finendo le Finali di Conference con 6 giocatori presentabili, perdendo nel frattempo anche Kyrie Irving. Il ritorno di Gordon Hayward in primis, l’esperienza maturata da Jayson Tatum dopo il suo anno da rookie, la crescita di Jaylen Brown e del supporting cast mi fanno propendere per Boston davanti alla concorrenza di Philadelphia e Toronto.
Dario C.
L’ordine naturale delle cose vedrebbe Celtics, Raptors e Sixers, in quest’ordine. Tutte e tre, però, riservano incognite tattiche, psicologiche o di tenuta fisica. Dietro di loro si staglia poi la figura incombente del mostro di Milwaukee.
Lorenzo B.
Mi muore l’anima ma devo dire Boston, perché alla fine sono un serio professionista. La squadra di Brad Stevens ha un giro intorno al sole di vantaggio rispetto a quella di Brett Brown, più lunga e più esperta e con meno punti deboli da sfruttare durante i playoff. Toronto prima di candidarsi ufficialmente deve testare due resistenze: quella di Kawhi Leonard verso il basket giocato e quella della loro tenuta mentale ai playoff dopo che LeBron gli ha camminato svariatamente volte in testa senza togliersi i tacchi.
Fabrizio G.
E pensare che fino a un paio di stagioni fa l’Atlantic era la Division materasso per eccellenza… Chiunque sia stato a prendere le decisioni a Phila, se Brett Brown o Elton Brand o altri ancora, ha avuto il coraggio di mettere nel cassetto una ricetta che funzionava, ma che avrebbe potuto garantire solo la prima Stella Michelin, per puntare alle due o addirittura tre Stelle, anche prestando il fianco a qualche incidente di percorso e alla possibilità di perdere diversi clienti nel breve termine.
I Sixers con tiratori intorno a Simmons e Embiid erano letali in regular season, ma per competere al massimo livello ai playoff bisogna a tutti i costi recuperare e integrare Fultz, costi quel che costi e investendo tutto il tempo necessario nell’operazione. Boston e Toronto, invece, sono all’apice della propria forza e già a partire dalla prossima stagione dovranno rinunciare ad alcuni giocatori in scadenza di contratto, anche ammesso che Kyrie (probabile) e Kawhi (impronosticabile) decidano che stanno bene dove sono. Il loro momento è ora, la sfida sarà tra Celtics e Raptors.
Dario R.
Anch’io vado con Boston, che parte con due-tre giri di vantaggio sulle rivali. A una squadra già collaudata aggiunge il nuovo acquisto Gordon Hayward: se avete dei dubbi sulla rapidità d’inserimento dell’ex Jazz la presenza di Brad Stevens in panchina dovrebbe toglierveli. Dietro ci metto i Raptors con un’unghia di vantaggio sui Sixers perché sono convinto che Leonard farà una stagione da Leonard.
Chi sarà l’Indiana di questa stagione, aka la squadra che tutti pensavamo fosse di un certo livello e invece potremmo ritrovarla molto più in alto delle previsioni?
Dario C.
Ignorati da tutti, forse a ragione, i tanto vituperati Charlotte Hornets hanno una chance concreta di stupire. Con una guida tecnica giovane e tatticamente molto flessibile, si potrebbe finalmente vederli giocare un basket moderno, magari con Michael Kidd-Gilchrist e quattro piccoli pericolosi da fuori e spazio per la freschezza di Malik Monk e Miles Bridges. Non bastasse, Kemba Walker entra nel suo contract year con licenza di tirare sempre e comunque: da tenere d’occhio.
Lorenzo B.
Se Michael Porter risolvesse i problemi fisici che lo hanno fatto sprofondare durante la notte del Draft potrebbe diventare il tassello mancante in quota Denver, una squadra che ha almeno due giocatori che possono fare il salto. Jokic e Murray sono una divertentissima asse play-pivot a cui hanno scambiato le personalità come in un episodio di Rick & Morty.
Dario V.
Denver che passa dal nono al quarto posto a Ovest non è un’ipotesi così remota, e sarebbe già un bel salto di suo. Nessuno sarebbe davvero sorpreso di vedere i Lakers attorno al quinto/sesto posto, mentre piuttosto è molto più facile che certe squadre crollino inaspettatamente fuori dalla corsa playoff: quanti anni sono che a Washington accarezzano il pulsante dell’autodistruzione?
Fabrizio G.
I Cavaliers di Cleveland. Perché no? D’altronde se la Washington del caso crollasse qualcuno ai playoff dovrebbe pur andarci. Il livello di talento è sufficiente, i fattori chiave saranno tre: l’orgoglio, per dimostrare di non essere solo un gruppo di scappati di casa che LeBron ha miracolato; il ritorno al ruolo di fulcro offensivo di Kevin Love, tutt’altro che automatico; e il manico.
Se questa squadra fosse allenata da Popovich, Carlisle o Spoelstra o anche solo da Doc Rivers, maestro nel cavare fuori il 50% di vittorie da gruppi di reietti, si potrebbe essere più ottimisti, ma in fondo di Ty Lue non sappiamo granché e questa è un’ottima occasione per costruirsi una carriera fuori dal cono d’ombra di LeBron.
Nicolò C.
Si parla di un salto di livello differente, ma se quello che si è intravisto dalla preseason conta qualcosa, questa versione di Giannis assieme ad un coach finalmente di alto livello potrebbe far saltare completamente il banco ad Est, almeno in regular season. I Bucks hanno una delle due migliori difese della conference (almeno sulla carta) e quello che potrebbe essere il miglior giocatore a Est o dell’intera Lega. Se gli astri dovessero allinearsi, potrebbero davvero arrivare davanti a tante squadre più blasonate.
Chi rimane con la pagliuzza corta nella corsa ai playoff della Western Conference?
Miky P.
Voto per psicodramma-Minnesota, l’anno scorso ottava e con un Karl-Anthony Towns che ad inizio 2017 sembrava essere il nuovo Sacro Graal dei GM NBA, mentre dodici mesi dopo abbiamo azzerato stima e fiducia. Cause? Un carattere più soft del previsto; un front office e un allenatore che vivono nell’Iperuranio; Mr. Jimmy Butler (che in questi giorni è tornato coi Wolves in attesa del proprio destino, inveendo contro tutti DURANTE l’allenamento). E per San Antonio, che ricorderà questo 2018/19 come annus horribilis: ritirato Manu, ceduto Tony Parker, scacciato Kawhi Leonard, infortunati Murray e Walker (vedi sotto) e la prima stagione dal 1997 senza Big-3 e, possibilmente, senza post-season.
Lorenzo B.
A meno di miracoli da Antico Testamento gli Spurs resteranno per la prima volta fuori dai Playoff da quando seguo l’NBA e forse è anche giusto così. Altra squadra che rischia ovviamente è Minnesota, già ora in pieno panic mode e fino ad aprile così è lunga.
Dario V.
Mi sento in dovere di intervenire per ribadire che io, contro gli Spurs ai playoff, non scommetto mai. Anche quando tutti gli indizi sembrano andare dall’altra parte. Ok, potete continuare.
Dario C.
Denver rischia anche a questo giro, ma al contrario di quanto accaduto la scorsa stagione i T’Wolves potrebbero dare una mano a coach Malone..
David Breschi
La mia bold prediction sono i Portland Trail Blazers. Sarò lieto di essere smentito, perchè il basket che gioca Portland per mano di coach Stotts è bello da vedere, la connection Lillard-McCollum è solida e c’è uno Zach Collins in rampa di lancio che promette bene, ma considerando che l’Ovest è salito di livello - tra squadre che sono rinforzate e altre che hanno recuperato gli infortunati - mentre loro hanno già raggiunto il loro picco, non mi sorprenderei vederli precipitare dal terzo posto (conquistato quasi per caso lo scorso anno) al nono. Perdere 3 o 4 partite in più dello scorso anno può voler dire mancare i playoff.
Qual è la miglior squadra da League Pass quest’anno?
DVM
Penso che Dallas riunisca due fattori che ne fanno proprio quest’anno la squadra da non perdere sul LP: l’ultima stagione per poter ammirare in campo Dirk Nowitzki (noi lo sappiamo e anche lui) e contemporaneamente la stagione da rookie di Luka Doncic. Abbiamo quindi il miglior giocatore europeo degli ultimi 15 anni e quello che vuole candidarsi ad esserlo dei prossimi 15 che si passano la torcia. Tutto questo in una squadra che sarà sicuramente piacevole da veder giocare perché in mano a un fenomeno della lavagnetta come Rick Carlisle.
Dario C.
Come ha ribadito SB Nation con la miglior preview di questa stagione, la NBA è ormai l’equivalente sportivo di Netflix. Ce ne sarà quindi per tutti i gusti, ma fuori dai nomi più gettonati Clippers e Hornets potrebbero regalare qualche soddisfazione. Pare inoltre che la lega si sia dichiarata disposta a riconoscere un premio a chi potrà dimostrare d’aver visto, dall’inizio alla fine, più di cinque partite dei Chicago Bulls 2018/19.
Lorenzo B.
Io i Bulls me li guardo quasi volentieri quest’anno: senza pressioni e con una squadra completamente rivoluzionata magari Hoiberg riesce a far passare la sua idea di basket. Poi in lista metto Denver con Jokic versione giostraio e Harris e Murray taglianti impazziti, OKC fatta per andare sempre e solo sopra il ferro, i Nets perché sì e ovviamente Phila per contare con il pallottoliere le triple di Simmons e Fultz.
Dario V.
Io ho l’impressione che gli assalti al ferro di Giannis Antetokounmpo con gli altri quattro tiratori spaziati sul perimetro si riveleranno ben presto un must watch assoluto, ancora più degli anni scorsi. Ed è tutto dire.
Fabrizio G.
Minnesota quando ci sarà in campo Butler, che sia da compagno di squadra, come pare essere destino almeno a breve termine, o da avversario, calendario permettendo. E dato che l’autismo cestistico è una virtù e non una malattia, Jazz e Mavericks sono allenate meravigliosamente e schierano giocatori adatti a tutti i palati, in uno spettro di sapori che passa da Joe Ingles, Ricky Rubio e Dirk Nowitzki attraverso Donovan Mitchell e Dennis Smith Jr. e fino a Rudy Gobert e DeAndre Jordan. Punto bonus per Dallas per gli amanti dell’alley-oop, Jordan e Dwight Powell sanno già che anche solo saltando a caso verso il ferro arriveranno un paio di palloni a partita, mittente Luka Doncic da Lubiana.
Dario R.
Visto che mi ha preceduto mi ha rubato le 3 squadre che avrei indicato - Mavs, Jazz e Bucks - vado con i Sixers che hanno un anno in più d’esperienza come singoli e come gruppo e potrebbero essere ancora più divertenti. Poi, voglio dire: dove lo trovate uno come Embiid che prima ti ammazza e poi ti prende per il culo?
Nicolò C.
Io non so come potrete resistere al fatto di vedere un coach europeo con un basket iper-moderno, la prima scelta assoluta che è anche un freak atletico, la miglior controfigura di Kobe Bryant, il giocatore di culto Josh Jackson e altri scanzonati compagni mettere a ferro e fuoco i palazzetti della NBA e prenderne una trentina a sera. Peggio per voi.
Quali squadre si troveranno con più probabilità a dover imbastire una trade nei prossimi mesi?
Miky P.
Alla luce dei recenti infortuni, purtroppo San Antonio non avrà grandi alternative al rimescolare le carte a febbraio. Perso Dejounte Murray presumibilmente per tutta la stagione e Lonnie Walker IV per due mesi, ceduto Danny Green in estate insieme a Kawhi per DeRozan, i difensori dell’Alamo sono stati decimati: Pop e Buford potrebbero esaltare Pau Gasol e Rudy Gay nella prima parte dell’anno per usarli come specchietti per le allodole poi.
DVM
Direi che Minnesota è fuori concorso con la storia di Jimmy Butler. Dico quindi Miami, non fosse altro proprio perché è la candidata più accreditata a scambiare per Jimmy Butler.
Dario C.
Daryl Morey ha un piano. Ne ha sempre uno.
Dario V.
I Phoenix Suns prima o poi prenderanno una point guard o moriranno nel tentativo di farcela. Candidato numero 1 Patrick Beverley, che tornerebbe a fare quello che faceva per James Harden: segnare da tre e cambiare l’attitude difensiva della squadra, infortuni permettendo.
Fabrizio G.
I Lakers sono candidati fortissimi e per uno scambio non necessariamente marginale, perché hanno un sacco di contratti in scadenza, possibilità di cedere prime scelte a medio termine - cioè finché ci sarà LeBron -, un roster in cui mettere ordine e probabilmente la necessità di trovare un tiratore e un lungo in più.
Dario R.
A me le situazioni di Lillard a Portland e Davis a New Orleans continuano a non sembrare solidissime. Vero che al momento le percentuali di permanenza sono alte, ma non mi stupirei se i due facessero pressione per mollare le squadre anzitempo.
Nicolò C.
La situazione tra gli Hornets e Kemba Walker si era risolta con un “ma no, scherzavamo, figuriamoci” che aveva convinto pochissime persone. Kemba ha tutti gli interessi di restare, ma paradossalmente potrebbe essere, se le acque dovessero restare più calme del previsto, uno dei migliori free agent della prossima estate, con richieste da molte squadre di livello. Se Charlotte avesse paura di perderlo per nulla potrebbe improvvisamente ricordarsi di volerlo scambiare già da parecchi mesi.
GIOCATORI
Quale giocatore che non lo ha mai vinto è pronto a conquistare l’MVP?
Miky P.
Il nome “facile” è Anthony Davis, se anche solo replicherà numeri e vittorie dello scorso anno, ma il mio dark horse è Donovan Mitchell: per lui è già breakout season, poi dipenderà da quanto bene faranno i Jazz nell’intricatissima Western Conference.
David B.
Lo scorso anno nella prima parte di stagione Giannis Antetokounmpo aveva “illuso” di poter fare una stagione da MVP, poi le cose a Milwaukee sono andate irrimediabilmente a sud, trascinando a fondo anche il greco. Con l’arrivo di coach Budenholzer e l’aria nuova che si respira in Wisconsin, il gioco di Giannis è pronto ad evolvere nuovamente: la centralità nel sistema offensivo e difensivo dei Bucks sarà ancora più marcata, e in caso di stagione con tante W il suo nome potrebbe circolare al fianco dei soliti noti.
Dario C.
Le premesse tecniche e la tanto sbandierata ‘narrative’ vedrebbero Kawhi Leonard in pole-position, qualora tutto a Toronto dovesse andare per il verso giusto. Se il ginocchio tiene e i Celtics vincono la Eastern, Kyrie Irving potrebbe risultare candidato credibile. Tutto questo Hollywood permettendo…
DVM
Mi sembra evidente che il vuoto di potere lasciato da James ci porta a cercare candidati tra chi dominerà nell’Est e volendo trovare un candidato inedito forse Embiid ha tutto per fare un ulteriore passo verso il dominio totale della sua conference. In questo senso io non riesco a non associare la parola dominante a quei minuti della partita in cui Embiid decide di non voler far segnare gli avversari. Se sano fisicamente, questa stagione in cui entra nel suo prime potrebbe portarlo a prolungare quei minuti in partite intere.
Dario V.
Anthony Davis è già bello carico: dategli il pallone sopra il ferro e farà volare anche gli spennati Pelicans che si trova attorno.
Chi sarà il Victor Oladipo di questa stagione, aka il giocatore che tutti pensavamo fosse di un certo livello e invece è pronto a un’esplosione assurda?
Dario C.
Jabari Parker e Justise Winslow sono attesi ad un anno parecchio importante, laddove non addirittura decisivo, per le rispettive carriere. Soprattutto per il primo, tuttavia, il contesto di squadra potrebbe non aiutare molto. Viceversa, nel sistema di Budenholzer e con l’ausilio di The Greek Freak, Khris Middleton potrebbe diventare un All-Star.
DVM
La magnitudine dell’esplosione di Oladipo è stata talmente grande che sparare di azzeccare l’erede è un po’ come pensare di vincere la lotteria. Diciamo che tento la fortuna con Jamal Murray di Denver: un giocatore che i Nuggets sembrano aver deciso di sviluppare definitivamente come primo portatore, per sfruttarne a pieno la capacità di segnare anche dal palleggio. Questo potrebbe portarlo ad un’esplosione in termini di peso offensivo anche superiore alle aspettative di Murray come ottimo scorer dalla crescita lineare.
Lorenzo B.
Qui ci vuole davvero la sfera di cristallo quindi la butto lì e dico D’Angelo Russell. Magari non diventerà un All-Star come Oladipo ma il suo talento rimane qualcosa di molto vicino al cristallo.
Dario V.
E se Markelle Fultz fosse davvero il giocatore più forte della classe 2017? Non sarebbe di per sé un’enorme sorpresa, considerando a che livello sono Tatum e Mitchell? I want to believe.
Chi sarà All-Star ad Est dopo il vuoto di potere generato questa estate?
Miky P.
I vuoti da colmare saranno addirittura due, tra LBJ e l’addio di DeRozan a Toronto: se Kawhi Leonard sta bene a Est non può che essere l’ala titolare, mentre se parliamo di gente che non ha mai partecipato sto con Ben Simmons dei Sixers (dopo Westbrook il prossimo candidato ad una tripla doppia media stagionale), Lauri Markkanen dei Bulls (impressionante per costanza e fiducia nei propri mezzi, infortunio al gomito permettendo) e da Boston Jayson Tatum (Gordon Hayward sarebbe alla seconda convocazione).
DVM
Non so se siamo pronti a vedere Khris Middleton come All-Star visto che nello stare in campo non personifica certo il concetto di giocatore spettacolare, ma è una possibilità reale viste le statistiche che porterà sicuramente in dote e la probabile buona stagione della sua squadra. Almeno abbiamo abbastanza tempo per abituarci a quest’idea.
Fabrizio G.
Sparando nel mucchio: Myles Turner per la sua prima volta; Blake Griffin per la sua prima volta in maglia Pistons; Enes Kanter perché farà una marea di punti e prenderà un’infinità di rimbalzi ed è un personaggio favoloso e accipicchia è finito lo spazio nel paragrafo e non si possono mettere sull’altro piatto della bilancia i grossi difetti e le evidenti motivazioni a sfavore quindi è dentro, wow.
Nicolò C.
Irving, Simmons, Giannis, Kawhi, Embiid non sembra affatto un brutto quintetto. Dei Celtics dentro Tatum ma forse non Hayward, perché lui stesso si sente più indietro fisicamente rispetto a quanto sperava. Wall, Beal e Oladipo sembrano poter facilmente completare il reparto guardie, Kevin Love avrà più palloni da tirare di quanti non ne abbia necessariamente bisogno. Uno dei due lunghi di Detroit dovrebbe andare dentro, facciamo un Drummond per inserire un volto nuovo. Per il resto l’ultimo posto potrebbe essere una discreta lotta tra tanti giocatori: Lowry, Horford, Griffin a cercare conferme, Turner, Brown, Markkanen a provare a strappare la prima convocazione, Jimmy Butler come incognita per chi arriva di sorpresa urlando “YOU F***ING NEED ME”.
Per quale rookie perderemo la testa in questa stagione?
Miky P.
Qualcuno ha dubbi? Luka Doncic in preseason ha già mostrato quanto possa essere incisivo a questo livello, ma naturalmente serviranno costanza e capacità fisica di superare il rookie wall, entrambe cose non scontate. Un consiglio: seguitelo a gioco fermo, quando ha la palla in mano, potrebbe stupirvi…Mo intrigano anche le follie in step back di Trae Young con carta bianca ai peggiori Hawks degli ultimi anni e un all around fatto e finito come Jaren Jackson Jr a Memphis.
Dario C.
Se Lloyd Pierce riesce a convincerlo che non esiste nessun ordine restrittivo che lo obbliga a sostare ad almeno tre metri di distanza dal diretto avversario in difesa, Trae Young ha tutto quello che serve per infiammare i cuori degli appassionati e, in ultima analisi, risvegliare quel cimitero di morti viventi che risponde al nome di Atlanta Hawks.
DVM
C’è una squadra di New York che ha un disperato bisogno di vedere anche solo delle tracce di una possibilità di avere tra le mani qualcosa di entusiasmante in Kevin Knox.
Lorenzo B.
Perdere la testa Doncic, perdere l’amore Shai Gilgeous-Alexander, perdere il lavoro Vlade Divac.
Dario V.
A Orlando io un occhio a Mo Bamba lo do sempre volentieri, nell’attesa che si liberi lo spazio ingombrato da Nikola Vucevic per dare vita al front-court più freak di sempre insieme a Aaron Gordon e Johnny Isaac.
Dario R.
Sicuramente Doncic, sicuramente Young, ma io sono attratto terribilmente dalla stagione di Grayson Allen a Salt Lake City: vedo già orde di hater pronti a smanettare sulle loro tastiere.
Per concludere, la top-3 dei giocatori che seguiremo con maggiore interesse nella prossima stagione.
Miky P.
L’avrete intuito, sono totalmente innamorato di Donovan Mitchell. A Belgrado durante le Final Four (era stato trascinato in Serbia dal compagno di squadra Ekpe Udoh, ex Fener) in un “dialogo” di pochi minuti mi aveva colpito per l’interesse globale per questo Gioco, segno di maturità e di voglia di migliorare: avere coach Snyder è una fortuna in questo senso, mentre il suo hang time - specialmente usando tabellone e corpo del difensore - mi ricorda quello di MJ. E per una volta non mi sembra una blasfemia.
Alla stella dei Jazz aggiungo un mio pallino da sempre, Bogdan Bogdanovic, per l’essenzialità della sua Pallacanestro e la capacità di fare sempre scelte giuste in un contesto, quello di Sacramento, che definire selvaggio sarebbe un complimento. Infine Zach LaVine, all’Anno-2 a Chicago ma al primo - si spera - da integro: praticamente Kratos in God of War dopo aver sbloccato la skill “Furia degli Dei”, aka a lot of fun!
Dario C.
De’Aaron Fox libero dal fantasma di George Hill e con le chiavi dei Kings in mano. Paul George superato l’assillo contrattuale, con un inizio di stagione da franchise player e senza la tutela di ‘Melo ad appesantirlo. OG Anunoby potenziale studente modello al corso per ala moderna tenuto dal professor Leonard.
DVM
C’è Brandon Ingram a Los Angeles che avrà inevitabilmente gli occhi puntati su ogni suo singolo possesso in una stagione in cui si trova accanto un giocatore in grado di mettergli in mano il tiro giusto al momento giusto, ma che si aspetta che questo tiro entri poi nel canestro. Dalla parte opposta degli Stati Uniti c’è Jaylen Brown che a Boston si ritrova a dover capire dove indirizzare la sua crescita costante e il suo posto all’interno di una squadra in cui sono tornati a pieno regime le due stelle principali. Infine ad Orlando c’è Aaron Gordon che è chiamato ad un necessario ulteriore passo in avanti per giustificare il suo status di giocatore franchigia dei Magic.
Dario V.
Andrew Wiggins ha tantissime risposte da dare sulla sua reale consistenza come giocatore franchigia: in caso siano negative, non mi sorprenderebbe vederlo sul mercato in tempi piuttosto brevi, anche se quel contratto è davvero pesante. Dennis Smith Jr., dopo l’apprendistato della scorsa stagione, mi sembra pronto a far rimpiangere tutti quelli che lo hanno passato al Draft dello scorso anno. Sono curioso di vedere se Andre Drummond che tira da tre è una cosa reale oppure se la smetterà anche solo di provarci quando le percentuali crolleranno a picco.
Dario R.
Melo Anthony perché a Houston ci va per vincere l’anello e quindi sono curioso di quanto andrà incontro alle esigenze e alle idee di D’Antoni in nome del bene supremo. DeMarcus Cousins perché anche lui ha rinunciato a soldi e ruolo primario per conquistare un titolo: dovrà stare calmo e buono e dare priorità al suo modo a tratti devastante di giocare. Lance Stephenson perché finalmente giocherà con LeBron James e sono curioso di vedere con chi se la prenderà sui parquet.
Lorenzo B.
Non tre giocatori ma tre temi. Il primo riguarda i giocatori arrivati in NBA con l’etichetta da “Shooting Guard” e che ora si stanno digievolvendo in portatori di palla (non uso il termine playmaker per non incorrere in scomuniche dei nostalgici) seguendo l’ombrellino colorato di Harden. Sto parlando di Devin Booker, Jamal Murray e Donovan Mitchell, chiamati a fare un passo ulteriore dentro lo star system della Lega aggiungendo una dimensione che anni fa gli era preclusa e che ora diventa fondamentale. Il secondo è quasi all’opposto, ovvero come giganti cresciuti a pane e letture possono tornare al loro ruolo nominale senza perdere i loro superpoteri ma sistemando le line-up: Simmons e Antetokounmpo, sto parlando di voi. Infine la mia fissa assoluta con Russell Westbrook e la sua sfida infinita solo, a mani nude, contro il fato avverso.