
Se si esclude l'inaspettata vittoria agli ultimi Europei, sono anni ormai che le gioie per la Nazionale sono poche, mentre le delusioni sono molte di più. Contro la Svizzera è arrivata un’eliminazione neanche troppo clamorosa: non tanto perché ormai siamo abituati a perdere contro squadre inferiori - sulla carta, e solo lì, perché le partite vanno sempre giocate e i valori non sono mai definitivamente quantificati - ma piuttosto perché, fatta forse eccezione di quella inaugurale contro l'Albania, tutte le partite della Nazionale in questo torneo avevano lasciato presagire che il momento di tornare a casa sarebbe arrivato presto.
C’è modo e modo di uscire da una competizione però, e non è certo l’eliminazione in sé il male più grande. Si può perdere anche se si sta seguendo una strada chiara, si può uscire per un rigore o un doppio palo con salvataggio sulla linea all’ultimo minuto, si può meritare di essere sconfitti anche rimanendo dentro la partita, giocandosela al meglio delle possibilità, restando fedeli alla propria identità. Forse la cosa più triste di questa eliminazione è, appunto, che l’Italia di Luciano Spalletti è sembrata in balia degli eventi forse anche di più di altre Nazionali passate che ci sembravano meno attrezzate, come guida tecnica o come giocatori a disposizione.
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