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Calcio Redazione 17 ottobre 2018 23'

Il meglio dalla pausa delle Nazionali vol. 2

È stata una settimana intensa tra Nations League, amichevoli e altre competizioni internazionali in giro per il mondo.

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Tre cose significative di Spagna-Inghilterra

di Emanuele Atturo

 

A fine partita Luis Enrique ha dichiarato che dopo un primo tempo giocato in quel modo ci sarebbe stato da uccidere qualcuno. El Mundo ha scritto che la Spagna non rimediava una sconfitta così drammatica dall’Inghilterra dal XVI secolo. La vittoria dell’Inghilterra per 3 a 2 – ma che era un rotondo 3 a 0 alla fine del primo tempo – ha avuto un significato più profondo del previsto, visto che stiamo comunque parlando di una partita di Nations League.

 

Le due squadre si erano già affrontate un mese fa a Wembley: aveva vinto la Spagna per 2 a 1 in rimonta ma erano formazioni diverse, in particolare l’Inghilterra, che giocava ancora col 3-5-2 dei Mondiali e non era ancora passata al 4-3-3. Era un test molto importante per entrambe, accomunate da diversi cambiamenti radicali negli ultimi mesi ma che vivevano un momento molto diverso. Se l’Inghilterra stava cercando nuove soluzioni tattiche in un ciclo di continuità ed entusiasmo, la Spagna doveva ricostruire le proprie certezze attorno a un tecnico, Luis Enrique, molto distante da tutti quelli che lo hanno preceduto: una squadra diretta e aggressiva, che non mira più al dominio del campo attraverso il possesso.

 

L’Inghilterra però gli ha messo davanti il contesto tattico meno congeniale: dopo essere andata in vantaggio si è difesa con un baricentro medio-basso, ha lasciato volentieri il pallone agli spagnoli, che senza una struttura posizionale efficace hanno faticato a costruire occasioni pericolose. I numeri della partita ricostruiscono il dominio effimero della Spagna: 73% di possesso palla, 24 tiri a 5, e anche una superiorità negli Expected Goals (1,79 a 1,52), accumulata però soprattutto nel finale di partita. L’Inghilterra, schierata su un 4-3-3, si è trovata a proprio agio ad attaccare nel modo più diretto possibile, ad esercitare un pressing a folate che ha messo in difficoltà la Spagna e a sfruttare le abilità dei propri giocatori offensivi negli spazi. Abbiamo raccolto 3 punti interessanti sulla partita.

 

1. L’abilità di Jordan Pickford con i piedi

 

What a great goal by the #ThreeLions! 👏

Watch highlights from our win in Spain: https://t.co/RR7CQRQQAE pic.twitter.com/9Sl9ixQdLN

— England (@England) 16 ottobre 2018

 

Inghilterra-Spagna è stata una battaglia tra pressing e uscita dal pressing: un canovaccio tattico ormai tradizionale nella contemporaneità calcistica. Nell’uscire dalla pressione spagnola l’Inghilterra ha potuto sfruttare anche le abilità tecniche del proprio portiere. Già nei Mondiali russi Pickford si era segnalato per la lucidità nelle scelte di distribuzione del pallone, ma anche per una sensibilità nel piede sinistro per niente banale. Ieri i primi due gol dell’Inghilterra sono nati dalla sua ambizione e dalla qualità tecnica del suo calcio. Se nel secondo gol è contata soprattutto la capacità di Kane di proteggere un pallone che cadeva dalla terrazza di un grattacielo, nel primo il passaggio di Pickford è notevole e va guardato immaginando nella propria testa le sue dichiarazioni un mese e mezzo fa: «Non mi prenderò rischi come portiere dell’Inghilterra».

 

L’azione, a dire il vero, è tutta ben congeniata ed è un buon quadretto allegorico sull’intera partita. Dier si abbassa fra i centrali per aiutare l’uscita palla, la Spagna pressa in alto in parità numerica. Dier si appoggia su Pickford che, pressato da Rodrigo, rinvia. Sembra una palla a casaccio, ma taglia tutto il centro del campo, passa sopra la testa di due giocatori e trova Kane che si era abbassato ed è completamente solo. La Spagna a quel punto mette in mostra tutti i problemi in transizione difensiva che aveva patito anche al Mondiale. Non ci sono marcature preventive, la squadra è spezzata in due; quando Kane si gira verso la porta la difesa scappa all’indietro e deve contenere due giocatori pericolosi come Rashford e Sterling. Kane allarga su Rashford, che poi ha una grande intuizione servendo Sterling, che conclude con una freddezza sotto porta per lui inconsueta. Ma la Spagna non ha opposto nessuna resistenza.

 

2. La grande prestazione di Kane

 

Lo spessore della partita di Kane è stato sotto gli occhi di tutti. AS ha titolato che “Kane ha distrutto la nostra difesa” e Marca ha scritto che “Kane ha messo in ginocchio la Spagna”. Un riconoscimento significativo per un centravanti che comunque ha segnato zero gol in una partita in cui la sua squadra ne ha fatti tre. Probabilmente però il nostro gusto calcistico, anche a livello mainstream si sta raffinando, o è semplicemente impossibile non apprezzare il lavoro da rifinitore di Harry Kane quando si smarca tra le linee, protegge palla, allarga il gioco, rifinisce in verticale. La sua sensibilità tecnica e tattica è praticamente sconfinata. Nel gol di Rashford, ad esempio, riesce a difendere un rinvio di Pickford che cadeva altissimo, ha attirato tre giocatori della Spagna mentre con la coda dell’occhio vedeva il compagno lanciarsi in area di rigore, e lo ha poi innescato in verticale con i tempi perfetti.

 

Nel secondo gol ha telecomandato il passaggio al compagno mentre si inseriva in area e poi ha avuto la freddezza per non tirare e servire Sterling al centro dell’area. Ma la partita di Kane si è composta anche di cose più piccole. Ha messo insieme 5 duelli aerei vinti, un gran numero di palloni difese spalle alla porta e, oltre ai due assist, altri due passaggi chiave. Siamo di fronte al miglior centravanti al mondo.

 

3. Il tackle di Dier su Sergio Ramos

 

UEFA wanted to make friendlies more competitive and Eric Dier obliged pic.twitter.com/bQXq2Matnd

— LP ✈️ (@Verttonghen) 16 ottobre 2018

 

Un secolo e mezzo di tradizione calcistica inglese può essere efficacemente riassunta da questo tackle, forse il più bel tackle inutile della storia. Come sappiamo, in Inghilterra esiste tutta un’estetica del tackle, che ha portato Guardiola a dire che allo stadio in Premier si applaude un tackle più di un dribbling: il tackle è il gesto tecnico che incorpora la mentalità fisica, intensa, virile, rude che è alla base della nascita del calcio inglese. Un tackle privato della sua utilità è simile a un dribbling privato della sua utilità, quella che a Roma si definisce “busta” o in Toscana “sciacquo”: servono entrambi a mandare un messaggio esterno al proprio avversario diretto.

 

Qui Dier quel messaggio lo vuole recapitare al capitano della Spagna, una delle persone più odiate del pianeta. Ramos in quel momento stava esercitando il proprio tradizionale dominio tecnico sul pallone in uscita. Dier parte da abbastanza lontano per cacciare quel pallone, entra durissimo ma in qualche modo pulito, facendo schizzare la palla sui cartelloni pubblicitario. Non entra cercando di contenere la propria entrata, anche solo allo scopo di mantenere un controllo sulla palla: entra proprio per buttare la palla fuori. Poi si rialza, dopo che l’arbitro ha fischiato fallo e dice “che cosa ho fatto?!”. Forse uno sguardo truce, a terra, mantenendo tutto il sottotesto a galleggiare a mezzaria, sarebbe stato più appropriato, ma Dier è pur sempre una persona che ama gli scacchi.

 

Ah, poi c’è il momento niente male di Paco Alcácer

 

Paco Alcácer has had ten shots on target for club & country since joining Borussia Dortmund:

⚽️⚽️⚽️⚽️⚽️⚽️⚽️⚽️⚽️⚽️

He’s scored with every single one. 🎯 pic.twitter.com/7T5eVH4Qm8

— Squawka Football (@Squawka) 15 ottobre 2018

 

Continua la sfida a distanza per capire quale sia il Re Mida del calcio Europeo tra Paco Alcácer e Krzysztof Piątek. Con il gol contro l’Inghilterra si porta in vantaggio Paco, che adesso è a 10 gol nelle ultime 6 partite giocate. O meglio 10 gol negli ultimi 278 minuti giocati, quindi 1 gol ogni 28 minuti. O anche 10 gol con gli ultimi 10 tiri.

 

Non c’è niente che non vada con Mo Salah, a quanto pare

di Fabrizio Gabrielli

 

«È come andare in bicicletta. Non è che ti svegli la mattina e non sai più segnare, così come non si disimpara ad andare in bicicletta». Jurgen Klopp, dopo l’ultima partita di Mo Salah prima della sosta delle Nazionali, quella contro il Chelsea, è stato assolutorio, per qualcuno forse fin troppo rispetto alla prestazione decisamente opaca dell’egiziano. La prima parte di questa stagione, diciamo pure l’intero periodo dopo la finale di Champions, Mondiali inclusi, ci ha restituito un Salah lontano dall’idea che ci eravamo costruiti intorno alla sua immagine, un’idea di onnipotenza che il Puskas Award vinto di recente ci ha in qualche modo riportato alla memoria.

 

È stato un bluff, allora, Salah? Nonostante non si sia (ancora?) appalesato in questa stagione con le fattezze dell’entità aliena che l’anno scorso sembrava esserci atterrata nel deserto dietro casa per dialogare con le musiche e i colori, è pur sempre sul podio della Premier League per tiri in porta, tiri da dentro l’area e tocchi di palla dentro l’area avversaria. Le sue ceneri non sono per niente bagnate.

 

Salah Goal for Egypt pic.twitter.com/f1xMgB7XoF

— NL7 (@nlotun7) 12 ottobre 2018

Contro il Regno di eSwatini, che è il bellissimo e nuovissimo nome dello Swaziland, ha segnato un gol olimpico che ci ha riempito per qualche ora la timeline di Twitter.

 

Il rapporto di Salah con l’Egitto non è per niente banale: Mo è l’anima pulsante della sua Nazionale, l’entità di fronte alla quale tutti, compagni e avversari, si tolgono il cappello di paglia e abbassano la testa, aspettando il momento in cui Lui ti sfiori i capelli con un gesto conciliatorio, prima di rialzarsi.

 

Si potrebbe quasi dire che l’Egitto, per Salah, sia un moltiplicatore di sforzi, e al tempo stesso un rifugio. Il fine e il mezzo. Tutta la scorsa stagione sembrava, a un certo punto, la famelica rincorsa a un Mondiale da giocarsi con l’investitura della Storia. È andata come è andata, ma a gennaio c’è da riprendersi la Coppa d’Africa.

 

Il fatto che Mo, quel capolavoro di gol, l’avesse provato anche il giorno prima in allenamento, quasi con lo stesso esito, ci sussurra che non c’è niente che non vada. Non è come andare in bicicletta. Forse è più come provare a segnare un Olimpico.



L’inarrestabile marcia della corazzata Georgia

 

⚽️ ძდ: 🇱🇻 ლატვია 0⃣-3⃣ საქართველო 🇬🇪
⚽️ FT: 🇱🇻 @kajbumba 0⃣-3⃣ #GFF 🇬🇪

✅: 💯% winning record & 0⃣ goals conceded!
✅: Promotion to @UEFAEURO #NationsLeague C!
✅: Into the play-offs for a possible @EURO2020 place!

😎 Well, we’ve had worse nights. pic.twitter.com/pzgsMQbh1V

— Georgia (@GeorgianFF) 16 ottobre 2018

Dopo quattro partite di Nations League, la Georgia è una delle quattro squadre (insieme a Bosnia, Ucraina e Finlandia) a punteggio pieno: zero gol subiti e nove segnati, l’ultimo dei quali questo piccolo capolavoro collettivo che lancia in porta, con tre tocchi di prima, Chakvetadze (<3). Casomai non aveste ancora deciso per chi tifare ai playoff per un posto a Euro 2020, insomma.

 

A proposito di marce inarrestabili, ci sarebbe anche il Kosovo.

Che ancora imbattuto ha pareggiato con le Far Oer grazie a questo grandissimo tiro dalla distanza di Rashica.

 

Milot Rashica’s opener for Kosovo vs Faroes is a stunner. An absolute stunner. pic.twitter.com/5sTP2Q6S11

— Richard Wilson (@timomouse) 14 ottobre 2018

Patrick Schick, lo scandalo continua

di Daniele Manusia

 

Subentra al minuto 73, al minuto 76 fa questo

Patrik #Schick pic.twitter.com/XHLjmtnrJN

— Matteo Vitale (@strumentiumani) 13 ottobre 2018

 

Lo avevamo detto la volta scorsa, non possiamo che ripeterlo: è inaccettabile che il Signor Schick Patrick, centravanti triste di riserva della AS Roma, si permetta di entrare in campo al 73’ di un’amichevole e appena tre minuti dopo segni il gol del 2-1 definitivo. Per di più anticipando di testa su angolo Milan Skriniar, uno dei difensori migliori del campionato italiano, uno che in quanto ad energia interiore sembra l’opposto di Schick.

 

Ricordiamo anche che tra la partita con l’Ucraina e questa con la Repubblica Ceca non ha fatto niente di memorabile con la maglia della Roma, negli scampoli di partita giocati con Real Madrid e Viktoria Plezen, e neanche nei 90’ giocati contro il Frosinone. È semplicemente inaccettabile che a Roma, una città famosa per tirare fuori il meglio dalle persone che la abitano, città sensibile e paziente, popolata da persone di cuore che se possono darti una mano quando sei in difficoltà sono disposti a perdere la giornata intera pur di farlo, Roma fondata sull’amore fraterno e la solidarietà, sull’ascolto e la comprensione, sulla misura e sull’accettazione, sulla calma e sulla riflessione – è inaccettabile, dicevo, che proprio in una città del genere Patrick Schick non riesca ad esprimersi. A questo punto viene da pensare che quella di Schick sia una forma di protesta. “Guardate”, ci sta dicendo Schick quando con la maglia della Roma non fa niente, ciondolando con l’aria che ha Bojack Horseman nelle puntate centrali di ogni stagione in cui pensa di aver toccato il fondo,  «Guardate, dov’è finito il mio talento? È sparito. E sapete perché? Per colpa vostra. Per colpa di Roma».

 

Back-to-back on the Rock

di Fabrizio Gabrielli

 

Il ciambellano delle federcalcio armena deve aver malinteso: quando si è sentito dire «stasera giochiamo contro i freak», cioè Gibilterra, deve aver capito «i Frick», ed è per questo che prima di Armenia-Gibilterra nello Stadio Repubblicano di Yeravan è risuonato l’inno del Principato, anziché quello del territorio d’Oltremare britannico.

 

National Anthem at tonight’s Nations League International in Armenia:

The Gibraltar FA is very disappointed to note that, prior to tonight’s UEFA Nations League match versus Armenia, the national anthem of Liechtenstein was played…… 1/2

— Gibraltar FA (@GibraltarFA) 13 ottobre 2018

 

Si sa che le migliori risposte, coerentemente a quel tipo di narrazione minore e piena di retorica che accomuna tutte le cenerentole, arrivano sempre dal campo: grazie a una manciata di parate strepitose di Kyle Goldwin (nomen omen) e un gol di Chipolina (sotto il quale qualcuno dovrebbe pur montare il tema di Titanic), il team della Rocca ha conquistato i primi storici tre punti, bissati qualche giorno dopo, in casa, contro Liechtenstein, sempre con un gol di Chipolina (serio concorrente di Piatek e Alcacer, almeno in Nations League).

 

Nessuna distrazione, a quanto ci risulta, nell’esecuzione degli inni.

 

La migliore esultanza di questa finestra FIFA (e forse dell’anno)

 

That Zimbabwe Warriors celebration is wicked! @Go_warriors_go pic.twitter.com/eOwFOEeHzb

— Simba Pfumojena (@simbapfumo) 13 ottobre 2018

 

Tutta merito di Pfumbidzai dello Zimbabwe, costretto a uno sforzo extra per sopperire all’assenza di un nome figo (in squadra con lui ci sono uno Knowledge, un Divine, un Teenage e un Marvelous), visto che si chiama, banalmente, Ronald.

 

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Tags : Mohamed Salah

La Redazione de l'Ultimo Uomo è divisa tra Roma e Milano, ed è composta da una dozzina di ragazzi e ragazze che, generalmente parlando, ti vogliono bene.

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