James Rodriguez: uno dei talenti più puri degli ultimi anni
di Daniele Manusia
James Rodríguez v USA. Woof! pic.twitter.com/AtAEJcNBaZ
— James Dart (@James_Dart) 12 ottobre 2018
Era il 2014 quando il grandissimo pubblico, quello a cui non si può nascondere niente, ha scoperto James Rodriguez. Qualcuno lo aveva già visto nel Porto, qualcun altro si era accorto di lui nel Monaco di Ranieri, che da neopromosso ma con un presidente che poteva permettersi di spendere 160 milioni sul mercato estivo (prima che l’ex moglie togliesse a Rybolovlev il gusto per i giocatori costosi) era arrivato secondo dietro al PSG. Tutti gli altri hanno conosciuto James nel Mondiale brasiliano per più di una ragione:
1) La Colombia era una delle squadre più fiche della competizione e lui ha segnato in tutte le partite, finendo capocannoniere con 6 gol.
2) È stato il migliore in campo 3 volte, compreso l’ottavo di finale con l’Uruguay in cui ha segnato 2 gol.
3) A un certo punto della partita con il Brasile (quarti di finale, persi 2-1) un insetto gigante si è posato sulla sua spalla e lì è rimasto, per un po’.
4) A fine partita David Luiz ha provato a rubargli il talento consolandolo e indicandolo al mondo intero come se il mondo intero stesse aspettando proprio lui, David Luiz, per accorgersi di un fenomeno come James, ottenendo l’effetto opposto di farsi odiare anche da quei pochi che prima non lo odiavano.
5) La ragione più importante, però, per cui tutti, ma proprio tutti, hanno imparato a pronunciare bene James (Hames) come se non fosse un americano qualsiasi, è che il suo piede sinistro è semplicemente uno dei migliori al mondo e di questo, prima o poi, se ne sarebbe accorto anche uno che di partite di calcio ne ha viste quattro in tutta la sua vita.
Se avete alzato le sopracciglia perché voi James lo conoscevate benissimo già da molto prima, sappiate che non siete chissà quali scopritori di talento. James è uno di quei fenomeni culturali da subito autoevidenti: se vi vantate di esservi accorti di lui dopo che aveva vinto il Torneo di Tolone nel 2011 allora siete come quelli che dicono di aver “scoperto” Britney Spears dopo che aveva già fatto un video che girava su MTV.
Long story short: dopo che lo ha comprato il Real Madrid per 80 milioni, dandogli la 10 di Mesut Ozil, e dopo essersi rotto il piede destro e strappato una coscia, James perde tempo di gioco e finisce ai margini delle gerarchie di Zidane. Da un delcino prematuro e ingiusto lo salva Ancelotti che lo porta al Bayern: oggi James si è felicemente riconvertito in una delle mezzali più tecniche al mondo.
James Rodriguez è – e sempre sarà – uno dei pochissimi giocatori che merita di essere guardato indipendentemente dalla partita e dal risultato, ma solo per come si muove, per come tocca la palla.
Adesso ha segnato un gol assurdo contro gli USA, in amichevole, un tiro a giro in cui la palla, dopo che l’ha colpita, si trasforma in una lanterna cinese e galleggia fino all’incrocio dei pali opposto a quello di Zack Steffen, portiere americano.
Per questo tiro e per James è ancora incredibilmente attuale la descrizione che fece Valentino Tola quattro anni fa:
«Il linguaggio del corpo di James è quello del giocatore di classe vecchio stampo, o meglio, del giocatore di classe di sempre, non adulterato da palloni velocissimi che cambiano direzione mille volte e diavolerie varie. Guardate come calcia le punizioni dalla trequarti destra, sempre perfette: non si limita a contare sul fatto che la traiettoria sia sufficientemente tesa e veloce in una zona nella quale crea sempre problemi (lo spazio fra il portiere avversario indeciso se uscire e i suoi difensori), ma il suo sinistro accompagna la palla che plana esattamente verso il destino immaginato.
O guardate anche il rigore contro il Brasile: non si limita a scegliere un angolo e poi contare sul fatto che il tiro sia sufficientemente forte da non dare il tempo al portiere per arrivarci. No, James sceglie un angolo e lì la piazza: a un giocatore di classe vecchio stampo bastano finta di corpo e tocco per ottenere il risultato desiderato. Quanti giocatori oggi non si limitano a colpire, ma piazzano e fanno planare la palla?».
Il talentificio messicano non chiude mai
Nell’attesa che il “Tata” Martino decida se succedere a Osorio sulla panchina messicana, il “Tuca” Ferretti, allenatore ad interim, sta interpretando il suo presente come quello del capomacchinista che arriva in fabbrica fischiettando, e sentendosi molto creativo sceglie di introdurre in catena di montaggio, ad ogni amichevole, nuovi prototipi di talento.
Contro Costa Rica ha schierato cinque under-23: uno di loro, Victor Guzmán, ha segnato questo goal, che probabilmente finirà nei Best Goals Skills & Assists del suo video di presentazione su YouTube di una squadra X di Eredivisie già a Gennaio.
23 year old Victor Guzman with an absolute stunner 🔥 pic.twitter.com/eLxpYc8ur8
— Mex Nex Gen 🇲🇽 (@MexNexGen) 12 ottobre 2018
Olanda-Germania, De Jong tutto bene grazie
di Daniele V. Morrone
Frenkie de Jong vs Germany
UEFA Nations LeagueTime and time again de Jong shows his intelligence on and off the ball with his movement and technical. Another solid performance from the lad showing us every club should be going after him. pic.twitter.com/QlGLnm7v4M
— Comps (@CruyffComps) 14 ottobre 2018
La vittoria per 3-0 contro la Germania può essere considerato il segnale che la direzione intrapresa da Koeman per rilanciare l’Olanda sia quella giusta: per la prima volta da anni, in una partita tra i due eterni rivali, gli arancioni sono sembrati la squadra con maggiore talento in campo. O forse è la squadra che meglio ha saputo cosa fare e come farlo, partendo dal triangolo di impostazione formato tra i piedi sicuri di Van Dijk e De Ligt alla base e De Jong come vertice alto. Nel primo tempo la Germania è stata incapace di recuperare in alto il pallone contro questo triangolo, che è la vera chiave di volta del sistema di Koeman. Un sistema che si scagliona in campo come un 4-2-3-1, in cui De Jong è il giocatore deputato a pulire l’uscita del pallone. La nuova Olanda ha in De Jong un giocatore unico nel panorama mondiale e vuole sfruttarlo al massimo, lasciandogli libertà di fare quello che sa fare meglio.
Il suo controllo tecnico sulla partita ha messo in imbarazzo una Germania che non ha saputo approcciarsi a questo giocatore tanto peculiare, finendo per provare a fermarlo con il fallo pur di non fargli fare la giocata. De Jong però è difficile da fermare. Contro la Germania abbiamo visto tutto il suo repertorio e capito cosa gli chiede Koeman: di muoversi incontro ai due centrali quando gli avversari pressano, o ricevere e giocare di prima, o di partire in conduzione per attirare l’avversario e creare spazio tra le maglie avversarie. Lo può creare con i filtranti taglia linee, o grazie alla sua capacità di resistere alla pressione orientando il corpo o spontaneo il pallone poco prima dell’arrivo dell’avversario. Quella contro la Germania è stata forse la prima grande partita di De Jong con la maglia della Nazionale, probabilmente non l’ultima.