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It really, really, really could happen
02 mag 2025
Le possibilità del Napoli di vincere lo Scudetto attraverso le parole dei Blur.
(articolo)
7 min
(copertina)
IMAGO / Giuseppe Maffia
(copertina) IMAGO / Giuseppe Maffia
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Billy Gilmour lo tengo d’occhio dal Brighton, mi ha sempre ricordato qualcosa più che qualcuno e, prima ancora di apprezzarne le qualità da calciatore, l’ho immaginato come se uscisse da una canzone pop anni Novanta, quasi certamente dei Blur, più che degli Oasis.

Immaginato vestito come Damon Albarn, ma più ancora come Graham Coxon, visto uscire con una borsa sulle spalle - dal video di Park Life o dalla casa di Coffee and Tv – per andare agli allenamenti. Gilmour è un centrocampista Britpop, almeno per me, e poi è molto bravo. Certo è scozzese, e un filologo del pop direbbe che dovrebbe stare in una band scozzese, ma sono minuzie. Quando il Napoli ha comprato Gilmour mi sono detto: hanno preso uno dei Blur, le cose - che erano finite malissimo, proprio come accade quando le grandi band si sciolgono – sarebbero solo potute migliorare. Tutto questo scenario da Song 2 si completava con l’arrivo di Scott McTominay, del quale non sapevo che sarebbe diventato il miglior centrocampista (se non il miglior calciatore in assoluto) della Serie A, ma intuivo che era un ottimo acquisto. Ho visto gente lamentarsi del suo arrivo in luogo del mancato arrivo di Brescianini. Ah, sospiro.

La band intanto si componeva, se pensiamo di aggiungere Lukaku che so alle tastiere e assecondare l’idea che ho sempre avuto di Lobotka: è uno di Sheffield, dài, e quindi metterlo alla batteria, il gioco era fatto, il Napoli aveva una nuova band, con Antonio Conte alla produzione, una sorta di Brian Eno di Castelvolturno.

La suggestione Gilmour che esce da un video dei Blur mi ha accompagnato per tutta la stagione. Perciò ho guardato le partite come se stessi guardando i vecchi programmi di MTV, più giovane, con meno aspettative, pronto a sentire la musica prima di capire i testi. Questo è un pezzo sul calcio, però, e a questo punto dell’anno, di nuovo, sull’attesa. Beh, ho una notizia, le attese non sono tutte uguali, ma alcune possono essere belle lo stesso, cambia solo la percezione della bellezza e la maniera in cui si manifesta. I Blur, pardon, il Napoli potrebbe vincere il campionato di Serie A, a distanza di sole due stagioni da quello meraviglioso, dominato, di due anni fa; e, soprattutto, a distanza di una sola stagione dal disastro dell’anno scorso. «It really, really, really could happen», cantava Billy Gilmour, scusate, Damon Albarn, ed eccoci, potrebbe accadere.

Dopo la vittoria del Napoli con il Torino, e relativo sorpasso all’Inter, ho detto ad Anna, mia moglie: «Sai, il Napoli ha superato l’Inter ed è primo, in teoria potrebbe rivincere il campionato». Lei mi guarda e dice: «Cosa? E come mai quest’anno non hai mai detto niente?». Ricorda bene la stagione del terzo scudetto, se ne parlava tutte le settimane da mesi prima. In realtà, le avevo detto che il Napoli stava facendo un buon campionato, a dispetto della stagione orrida dei duecento allenatori. «E pensi che vincerà?». Mi domanda. Le dico, è possibile e aggiungo, senza riflettere, sarebbe diverso. Non la convinco. Allora specifico, due anni fa lo si sapeva da mesi, strade tappezzate d’azzurro, scaramanzia abbandonata per sempre, qui si è provato un altro tipo di gusto. Il gusto di dire ce la stiamo giocando, siamo ancora qua, vediamo che succede. Mi lascia alle mie congetture e allora provo ad ampliare il ragionamento.

Quando il Napoli ha annunciato Antonio Conte come allenatore abbiamo tutti capito che si ricominciava a fare sul serio. Io ho pensato che il posto in Champions League non ci sarebbe sfuggito, e poi vediamo come andrà. La squadra è stata autorevole per tutto il tempo, grinta, carattere, aggressività, pochissimi rischi in difesa per la maggior parte delle partite, ecco, non tantissimi gol fatti, ma, a quanto pare, il giusto equilibrio compensa anche un numero minore di reti segnate.

Dopo le prime dieci partite, la maggior parte dei tifosi del Napoli – prima ancora degli osservatori – ha pensato che la vittoria del campionato sarebbe stata una possibilità, ma l’ha vissuta con serenità. Non c’è più l’attesa spasmodica dei 33 anni, ma qualcosa di più vicino al semplice fatto sportivo. Siamo una delle squadre che se la gioca, fa parte dello stato delle cose. "Ma il soffio di qualcosa che verrà", scrive Sandro Penna in una formidabile poesia, seguendo un altro verso: "Non c’è più quella grazia fulminante", ecco la grazia fulminante appartiene alla squadra di Spalletti, a quella di Conte pertiene il soffio modulabile, variabile, orientabile, irregolare che accompagna la cosa che (forse) verrà.

In città, immagino, tutto il bianco e l’azzurro di due anni fa sia utilizzabile, non ancora sverniciato dal tempo e dalle delusioni. Certo, bisognerà dipingere dei Lukaku qua e là davanti agli Osimhen. Dei Buongiorno a sovrascrivere i Kvara. Mi domando, ma tecnicamente, Kvara vincerà due scudetti? «It really, really, really, could happen».

Il punto è, in questa fase, assecondare il presagio o limitarsi ad attendere. Cioè, bisogna sognare o meno? A così poche giornate dalla fine non possiamo parlare di miraggio, ma di qualcosa di più sostanzioso, non siamo già più nel campo della Fata Morgana, ma navighiamo nel territorio concreto del possibile. Se è un sogno, allora siamo nella sua parte finale, poco prima dell’alba. La differenza tra il suo realizzarsi o meno sta nella rapidità con la quale la squadra azzurra saprà trattenere il sogno nel pugno e aprirlo a cosa fatta, a desiderio realizzato. Io preferisco assecondare il presagio, al massimo resterò deluso, ma importerebbe poi così tanto? Ho un sacco di dischi dei Blur in casa. Bisogna bilanciare: è meglio sognare liberamente e divertirsi o farsi mangiare dall’ansia, dalla paura che poi vada tutto male e vincano gli altri? Scusate, ho quasi 54 anni ne ho viste tante, preferisco ancora il sogno, il presagio, indirizzare l’attesa.

La squadra del Napoli ci ha concesso l’uso della prospettiva, ci ha mostrato un progetto, buttare la cosa in avanti, come quando Politano apre senza guardare (chi lo avrebbe mai detto) per Lukaku. In questo territorio del possibile, uscendo per un attimo dai dischi dei Blur ed entrando in un film di Ken Loach non possiamo evitare di parlare di Scott McTominay. Potete facilmente immaginarlo che sciopera fuori da una fabbrica, in una scena di un film di Loach, che compila un modulo per la disoccupazione. Ma Scott è anche quello che si carica sulle spalle le beghe sindacali, che risolve le assemblee, che va a trattare gli aumenti di salario, che divide il pranzo con un disoccupato inchiodato sulla banchina del bus.

Dopo la stagione disastrosa dell’anno scorso meritavamo uno Scott, meritavamo uno che ruggisse in mezzo al campo, che arrivasse ovunque. Con McTominay anche Anguissa è ritornato Zambo. Con Conte, Di Lorenzo e Rrahmani sono diventati di nuovo quelli dello scudetto. E poi Buongiorno, e poi i momenti Raspadoriani, le fasi ottime di Neres, il gol decisivo contro l’Inter di Billing. Non sapevamo nemmeno chi fosse, dài. Se il Napoli dovesse vincere sarebbe soprattutto merito di Conte, non si discute, ma anche di chi gli ha affidato la squadra, dopo essersi reso conto del disastro combinato. Del terzo scudetto sperperato. La squadra ci ha convinti, stiamo nei comunque vada, ma crediamo che andrà come vogliamo. «It really, really, really, could happen».

Antonio Conte è antipatico, ce lo siamo sempre detti, lo diciamo spesso anche quest’anno, ma non abbiamo mai dubitato sul fatto che fosse l’uomo giusto. Ci stava antipatico anche Spalletti all’inizio, dopo no. Alla fine, ci era stato antipatico persino Sarri, ma lì era più una cosa da innamorati che si lasciano. Ci siamo detti che gli allenatori simpatici sono pochi, forse lo è davvero soltanto Claudio Ranieri. Gli altri vanno a momenti e noi li adoriamo quando ci servono, quando è necessario.

Anna mi domanda di nuovo quante partite manchino. Quattro dico e le elenco le partite che dovrà giocare il Napoli e le squadre che dovrà affrontare l’Inter. «Okay», mi fa. Il suo interesse per la palla che rotola si è di nuovo esaurito. Ripenso spesso a Simeone che negli istanti finali di Napoli – Juventus va in pressing di testa, se il Napoli dovesse vincere dovremmo pensare bene a quelle fasi di gioco e a cosa fa Antonio Conte alla testa dei calciatori. Li convince di tutto. Parliamoci chiaro, abbiamo visto Mazzocchi dribblare in area del Milan, non una, due volte. Poi essendo Mazzocchi è stato recuperato, però, ha pensato che potesse azzardare dei dribbling in area rossonera. E non l’ho convinto io.

I calciatori del Napoli si sostengono, "Ciascuno cerca l’altro", scrive Borges in una poesia e prosegue "[…] Fosse almeno / questo l’ultimo giorno dell’attesa". Stiamo come dei tennisti in attesa di una seconda palla di servizio. Sappiamo che è una seconda palla, stiamo più vicini alla linea di fondo. Stiamo vigili, il tennista dall’altra parte è bravo, confidiamo che non abbia la seconda palla di servizio di McEnroe e ci prepariamo a rispondere. Ecco, ora serve Scott McTominay. «It really, really, really could happen / Yes it really, really, really could happen / When the days they seem to fall through you», canta Gilmour e prosegue a modo suo.

«Let Scott score and go».

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