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Il Milan ha aperto una crepa nelle certezze del Napoli
03 apr 2023
03 apr 2023
La grande vittoria della squadra di Pioli va oltre i numeri di Leao e Diaz.
(copertina)
IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
(copertina) IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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Come spesso gli accade, Luciano Spalletti è stato diretto ed evocativo nel commentare la pesante sconfitta per 0-4 in casa contro il Milan: «Abbiamo sbagliato questa partita: se è una buca o una voragine non lo so». Un’immagine che restituisce bene quanto è accaduto ieri al Diego Armando Maradona: un risultato e una prestazione che – sebbene in campionato abbia un valore relativo – potrebbe piantarsi come un incubo nei pensieri dei suoi giocatori in vista del doppio confronto nei quarti di Champions League, ribaltando quelle che erano le premesse, ovvero una superiorità almeno apparente del Napoli. Certo, è possibile anche il contrario, ovvero che ora la squadra di Spalletti sarà più preparata ad affrontare quella di Pioli, consapevole del pericolo che l’attende.

Inutile girarci intorno: il Napoli ha giocato una partita non all’altezza degli standard a cui ci ha abituato in questa stagione, ma è anche vero che si è trovato di fronte il miglior Milan da molto tempo a questa parte, una squadra particolarmente propositiva e coraggiosa, che sembra essersi messa alle spalle un lungo periodo negativo. Anche in casa della capolista il Milan ha dimostrato di poter contare su più giocatori capaci di eccellere nelle partite più importanti e difficili, un atteggiamento che – di conseguenza – ha coinvolto tutta la squadra. La grande partita dei rossoneri non si è infatti limitata ai numeri di Diaz e Leao, ma è dovuta alla capacità collettiva di creare situazioni di gioco favorevoli e di generare più di una crisi nell’organizzazione tattica del Napoli, approfittando di alcune ambiguità strutturali della squadra di Spalletti.

Di questa partita abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast dedicato ai nostri abbonati in cui commentiamo a caldo le sfide più importanti della settimana. Se non l'avete ancora fatto, potete abbonarvi cliccando qui.

È difficile stabilire se siano stati più i meriti del Milan a far venire alla luce i problemi del Napoli o se, al contrario, sia stato il Napoli a perdere il filo della perfezione del suo gioco, ma è anche superfluo: quello che possiamo fare è prendere atto degli aspetti che hanno caratterizzato questa prima sfida di campionato in attesa delle prossime due – più importanti – partite tra Napoli e Milan, che probabilmente ci daranno una visione più ampia delle mosse e contromosse che studieranno i due allenatori e i loro staff.

La prima mossa, si può dire, è stata quella di Pioli, che al Maradona ha rispolverato il 4-2-3-1, che però vedeva Bennacer impiegato nella posizione di trequartista alle spalle di Giroud e Brahim Diaz a destra. Questo schieramento serviva a Pioli per contrapporre in maniera più naturale possibile, durante la costruzione bassa del Napoli, Bennacer e Lobotka, Tonali e Zambo Anguissa, Krunic e Zielinski. L’atteggiamento difensivo del Milan non è semplicemente orientato sull’uomo da “prendere in consegna”, ma predilige lo scivolamento per dare copertura in una determinata zona o portare un raddoppio verso l’esterno. Questo atteggiamento è stato particolarmente evidente proprio per i tre “abbinamenti” tra i centrocampisti del Napoli e quelli del Milan, sempre abili ad adattarsi ai movimenti fluidi e alternati degli avversari senza mai lasciare spazi.

Pressing aggressivo del Milan che riesce a orientare verso l’esterno e chiudere il centro il giropalla del Napoli, la cui azione si spegne poi con un lungolinea per Kvaratskhelia che, marcato alle spalle da Calabria, tenta di saltarlo facendo un velo, che viene però intercettato dal centrale di parte di Pioli.

Il Napoli, soprattutto all'inizio, ha avuto più difficoltà del solito ad assorbire questo pressing del Mian e a costruire le proprie azioni. Il risultato è stato un utilizzo meno funzionale delle vie centrali del campo e forse un’eccessiva tendenza a ricercare la verticalizzazione lungolinea per Kvaratskhelia (autore, comunque, di una partita rilevante in termini di giocate e opportunità) e Politano. Senza poi la possibilità di appoggiarsi su Osimhen, la squadra di Spalletti ha in generale faticato a impensierire Maignan, finendo per concludere spesso dalla lunga distanza.

Anche se non è stata all’altezza della sua stagione, va detto però che la partita del Napoli non è stata poi così negativa, al di là del risultato, soprattutto dal punto di vista del controllo del pallone e della capacità di far abbassare il Milan. In particolare un fattore a cui bisognerà fare attenzione per le prossime due partite sarà la capacità del Napoli di sfruttare le capacità di palleggio ravvicinato dei suoi tre centrocampisti per manipolare le marcature e aprire spazi per i movimenti tra le linee e “tra i corpi”, come dice Spalletti.

Qui sopra vediamo tre esempi chiari di possibilità di “sfondamento centrale” del Napoli, sfruttando la vicinanza dei centrocampisti e gli inserimenti tra le linee dei terzini: Zambo Anguissa che riceve da Zielinski e orienta sull’accorrente Lobotka (che arriva poi a un tiro insidioso); Mario Rui che riceve un cambio gioco dopo un consolidamento sul lato opposto, inserendosi diagonalmente; lo stesso Mario Rui che si muove all’interno, questa volta sul lato forte, ricevendo il filtrante da Zielinski e andando poi in area a concludere su assist di Kvaratskhelia, servito in isolamento.

L’applicazione difensiva di tutti i giocatori avanzati di Pioli ha contribuito a rendere meno pericolose queste circostanze in cui il Napoli riusciva a sconfinare sulla trequarti avversaria. Il primo gol, per esempio, è nato in seguito a una verticalizzazione imprecisa di Kim verso la fascia sinistra, dove c’erano tre giocatori azzurri, ma su cui è arrivato prima Calabria; a quel punto, il ripiegamento profondo di Giroud è stato decisivo per ripulire il possesso e scappare in avanti con una triangolazione, prima del raffinato gioco di suola di Brahim Diaz.

Ciò che il Napoli ha patito di più - e dunque probabilmente quello su cui avrà più margine di intervento in vista della prossima sfida col Milan - è stata però la sua capacità di limitare il palleggio avversario. Le stesse contrapposizioni centrali che hanno portato il Milan a essere in grado di sostenere momenti di pressing più alto non sempre hanno invece funzionato per il Napoli. In possesso sulla sua trequarti, il Milan portava uno dei due mediani, spesso Krunic, ad abbassarsi lateralmente o in mezzo ai centrali, alzando molto i terzini. Zielinski, che aveva Krunic come riferimento, iniziava la pressione in avanti sul centrocampista del Milan per poi rimanere spesso sulla stessa linea di Simeone; il posizionamento avanzato di Calabria e Theo sin dai primi momenti dell’azione costringeva Kvaratskhelia e Politano a stare bassi, mentre Zambo Anguissa e Lobotka rimanevano al centro. Il risultato è stato un 4-4-2 a tratti abbastanza piatto che ha visto il Milan riuscire a muovere bene la palla sfruttando le ricezioni tra le linee.

In questo spazio, il Milan poteva contare su Leao che tendeva a partire largo per poi reagire agli spazi che si aprivano dentro o fuori (lo stesso Leao dopo la partita ha ammesso di preferire questo posizionamento di partenza), dei movimenti incontro di Bennacer e Giroud, e della fluidità di movimento di Diaz, che a volte si è trovato persino ad appoggiare dei palloni sul centrosinistra pur partendo da destra.

L’azione più rappresentativa di questa superiorità del Milan è sicuramente quella del secondo gol.

Il giro palla del Milan da destra a sinistra ha tagliato fuori la prima pressione napoletana, portata da Zielinski (tirato fuori da Krunic) e Simeone. Tomori ha avuto quindi spazio per portare palla, mentre Theo si accentrava attirando Politano e Zambo Anguissa, che a quel punto era troppo distante per coprire la palla. Con questa disposizione Leao, che si era abbassato in fascia per ricevere, ha potuto controllare indisturbato e girarsi verso l’interno, sfruttando il movimento di Bennacer che allo stesso tempo a tagliato verso l'esterno portando via Lobotka. Dopo la triangolazione successiva con Giroud, la posizione aperta di Bennacer è tornata molto utile per mettere il pallone in mezzo, in una circostanza che, infine, ha visto dentro l’area i due terzini del Milan, la punta e i due esterni. La giocata di Diaz - che ha fintato prima di tirare mandando a vuoto il recupero di Mario Rui - è stata decisiva, ma il modo in cui il Milan si è creato questa opportunità sfruttando e manipolando gli spazi avrà evocato ai tifosi milanisti i momenti migliori di questo ciclo, e così come altre situazioni nel corso della partita, può essere un trampolino per un Milan capace di riassestarsi su questo tipo di produttività creativa per il finale di stagione.

Il risultato finale potrebbe essere considerato particolarmente severo per il Napoli, che ha chiuso la partita dando da un lato l’impressione di avere il carattere per reagire colpo su colpo, cercando di segnare a tutti i costi soprattutto all'inizio del secondo tempo e sfogando le azioni offensive in maniera abbastanza varia, ma d’altro canto esponendo un aspetto inedito di se stesso in questa stagione: trovatosi a dover rimontare uno svantaggio netto per quasi tutta la partita, e dunque ad allungarsi parecchio, ha finito poi per esporre il fianco alle letali transizioni di Leao e compagni.

In definitiva è stata una partita intensa e anche abbastanza spettacolare, in cui c’è stato spazio per alcuni colpi di genio sia dagli uomini più attesi che da alcuni meno aspettati (Diaz e Saelemakers). Il Milan è riuscito a creare più occasioni pericolose del Napoli e a convertirle, ma al tempo stesso ha scoperto le proprie armi dando probabilmente modo al Napoli per prendere le contromisure in vista della Champions; un quarto di finale che sarebbe stato in ogni caso storia a sé, ma che adesso assume anche altre chiavi di lettura, soprattutto per chi sarà in campo ad affrontarlo.

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